(Foto da Internet)
A pochi giorni dall’inizio del Giro d’Italia, il ciclismo ritorna sulle prime pagine dei giornali sportivi e non. E non proprio per parlare di sport. Si tratta della cronaca di una morte annunciata: di nuovo e sempre il doping. I ciclisti di ieri, con i loro duelli agonistici, sembrano lontano anni luce: la sfida nell’Italia del dopoguerra tra Bartali, l’atleta a misura d’uomo e Coppi, il primo atleta con un approccio scientifico e metodico all’allenamento, sembra una utopia, così come le corse, negli anni ’70 e ’80, tra Moser, il corridore italiano con più vittorie, e Saronni, un giovanissimo che, a soli ventun'anni, vinse praticamente tutto.
Il ciclismo di oggi non ha niente a che vedere con lo sport di ieri. Negli ultimi giorni il Coni ha sfoderato le armi: pressioni, trattative e test a sorpresa per convincere il ciclista Ivan Basso, e farlo diventare un alleato. E Ivan Basso ha ammesso le sue colpe, o presunte tali. È' il primo campione a denunciarsi e buca così l'omertà del ciclismo. È vero, Basso era alle strette, ormai alle corde. Ma quanti sono gli atleti che continuano a gridare alla congiura?
Basso ha denunciato quello che tutti negano, quello che tutti si rifiutano di ammettere: la pratica del doping. «Sì, ero un cliente di Fuentes, vi spiego come e perché». Basso, 29 anni, atleta in attività, l'ultimo vincitore del Giro d'Italia, un protagonista del Tour, oggi l'uomo da battere. Escluso dal Giro di Francia 2006 proprio perché sospettato di essere uno dei 50 clienti dell'Operazione Puerto, il più grosso scandalo del ciclismo moderno (sacche di sangue congelato che servivano da scorciatoia verso il successo). Basso non coinvolge altri nella sua denuncia, ma lascia immaginare. Pagherà, con la speranza di tornare a correre. In realtà avrebbe potuto difendersi, magari male, magari in maniera affannata. Poteva lasciare tutti nel dubbio, farsi dimenticare, nascondersi dietro il silenzio di tutti. Come fece Marco Pantani nel '98, troppo orgoglioso e introverso. Il pirata, un mito del ciclismo, uno scalatore che non sarebbe mai voluto scendere dalla sella, perse l'occasione di ripulire questo sport per paura. Forse per paura degli altri e di se stesso. Ma, probabilmente, è stata la sua vicenda, con quel carico di dolore, ad aver mosso dietro le quinte le strategie del palazzo dello sport. C'era questo tragico precedente che bruciava nella testa dei dirigenti del Coni che, questa volta, sono riusciti a tentare un'operazione rivoluzionaria, a cui hanno lavorato per settimane: far diventare un corridore dopato, destinato a un ritiro inglorioso, la bandiera del rinnovamento, l'immagine della svolta e un esempio da seguire per altri corridori.
Il ciclismo di oggi non ha niente a che vedere con lo sport di ieri. Negli ultimi giorni il Coni ha sfoderato le armi: pressioni, trattative e test a sorpresa per convincere il ciclista Ivan Basso, e farlo diventare un alleato. E Ivan Basso ha ammesso le sue colpe, o presunte tali. È' il primo campione a denunciarsi e buca così l'omertà del ciclismo. È vero, Basso era alle strette, ormai alle corde. Ma quanti sono gli atleti che continuano a gridare alla congiura?
Basso ha denunciato quello che tutti negano, quello che tutti si rifiutano di ammettere: la pratica del doping. «Sì, ero un cliente di Fuentes, vi spiego come e perché». Basso, 29 anni, atleta in attività, l'ultimo vincitore del Giro d'Italia, un protagonista del Tour, oggi l'uomo da battere. Escluso dal Giro di Francia 2006 proprio perché sospettato di essere uno dei 50 clienti dell'Operazione Puerto, il più grosso scandalo del ciclismo moderno (sacche di sangue congelato che servivano da scorciatoia verso il successo). Basso non coinvolge altri nella sua denuncia, ma lascia immaginare. Pagherà, con la speranza di tornare a correre. In realtà avrebbe potuto difendersi, magari male, magari in maniera affannata. Poteva lasciare tutti nel dubbio, farsi dimenticare, nascondersi dietro il silenzio di tutti. Come fece Marco Pantani nel '98, troppo orgoglioso e introverso. Il pirata, un mito del ciclismo, uno scalatore che non sarebbe mai voluto scendere dalla sella, perse l'occasione di ripulire questo sport per paura. Forse per paura degli altri e di se stesso. Ma, probabilmente, è stata la sua vicenda, con quel carico di dolore, ad aver mosso dietro le quinte le strategie del palazzo dello sport. C'era questo tragico precedente che bruciava nella testa dei dirigenti del Coni che, questa volta, sono riusciti a tentare un'operazione rivoluzionaria, a cui hanno lavorato per settimane: far diventare un corridore dopato, destinato a un ritiro inglorioso, la bandiera del rinnovamento, l'immagine della svolta e un esempio da seguire per altri corridori.
6 commenti:
Era bello il ciclismo tempo indietro: forse Pantani ha stato l'ultimo grande.
Pantani, povero Pantani, ed era così forte, così bravo. E così debole, così fragile.
Ma questo Basso non solo si è pentito di doparsi, anche si è pentito di pentirsi. Al meno cosi sembra secondo i giornali di ieri.
Io non mi pentirò di amare il ciclismo e quest'anno li seguo tutti: il giro, il tour, la vuelta e anche i mondiali.
Molto bella è la canzone "Bartali" di Paolo Conte.
Questa volta Basso non s'è comportato da cane e ha respinto calpestare le strade d'alloro fatte dal Coni, alla fine Basso è sbottato perchè è una persona.
Ancora ricordo le sfida tra Indurain e Bruno.
Saluti
Alberto
Un poco basso questo Basso. Parlando della fonte del Dottore Fuentes. Cosi il ciclismo arriverà nel fondo dei pantani. Speriamo questo tour finisca o al meno gire, de la vuelta.
Ricordo ancora con vera emozione l'anno che Il Pirata ha vinto nel Giro. Mi piaceva vedere quell'uomo senza capelli, questo piccolo scalatore , che aveva una forza strana nei suoi occhi e nelle sue gambe . Mi ha colpito quando è stato licenziato per doping, e non mi credeva tutto quello che hanno pubblicato della sua morte. Qualcuno ha detto che era debole; ma io lo ricordo facendo dei sforzi che poche persone possono fare. Spero che almeno siano rispettate le sue prodezze sulla bicicletta.
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