lunedì 31 maggio 2010

Un'estate italiana

(foto da internet)




Credo che siamo tutti d'accordo che, nonostante tutto e tutti, sta arrivando l'estate, momento di godere delle piccole cose della vita. È una stagione che, spesso, è accompagnata da una sensazione di spensieratezza, di evasione e, come no, di eccessivo calore, e una certa leggerezza si impossessa delle lunghe giornate estive.

È questo l’ultimo post dell’anno scolastico che si sta concludendo. Ci rivedremo a settembre, ma..., prima di augurarvi una buona estate, abbiamo pensato di farvi compagnia con delle canzoni … leggere, estive, (alcune ballabili, altre solo divertenti, e altre più meditative) che vi potranno accompagnare sia in viaggio, che a casa, sia in vacanza che al lavoro.


Da Abbronzatissima




a Una Rotonda sul mare,



ogni estate ha avuto il suo tormentone musicale. È vero che i termometri di gradimento non sono più i giradischi o i jukeboxe, ma la voglia di cantare e ascoltare canzonette spensierate rimane invariata.

Il vocabolario estivo si comincia a fare esiguo e si riduce a tre parole:




Ma, sempre auspichiamo una brezza che ci permetta di respirare:



Poi, nella lunga notte di San Juan, con il sapore di sale sulla pelle:



attorno ad un falò, sorseggiando 7000 caffè



potremmo canticchiare:



Potremmo ballare persino il Ballo del mattone:



Aspetteremo l'alba:



Per poi intonare la mitica Canzone del sole:



E, prima di rincasare, gustare un gelato al cioccolato:




Tra tante canzoni, arriviamo a luglio:




Certo, sono solo “canzonette”:



Ma, in estate, si ricordano sempre con simpatia, visto che ci permettono di canticchiare e di sorridere un po’.

Ricordano quelle storie che succedono nella vita di ognuno di noi



Per chi studierà:



E..., permetteteci, ci auguriamo una finale dei Mondiali di calcio Italia-Spagna con il seguente risultato:



Con queste melodie vi faremo compagnia e ci revedremo a settembre con un po' di nostalgia per l'estate che finisce:




Per poi darci un appuntamento per l'anno prossimo:



Tra una canzonetta e una canzone di cantautore vi lasciamo una canzone per l'estate:




Buone vacanze!

venerdì 28 maggio 2010

Il Blasco story


(foto da internet)

Una buona notizia dal mondo editoriale italiano: il nostro Vasco nazionale (Rossi, ovviamente) si trasforma in un supereroe a fumetti grazie ad un corto animato intitolato Ho fatto un sogno, un video dalla grafica futuristica tratto dalla collana il Blasco Story che uscirà con il Corriere della Sera e con Tv Sorrisi e Canzoni.
Il Blasco Story, in edicola dal 28 maggio, è una raccolta di volumi con numerosi materiali, alcuni dei quali completamente inediti, e preziose chicche per tutti gli appassionati.
Il punto di partenza la storica rivista intitolata Il Blasco, nata nel 1992 e ideata dal cantautore.
La nuova pubblicazione sarà, quindi, un punto di vista ideale e privilegiato sul lavoro di Vasco Rossi.
Il dvd speciale conterrà il nuovo video di Ho fatto un sogno e tantissimi materiali extra che conterranno le parole dirette dell’artista, le immagini e le testimonianze di chi gli sta più vicino.




I volumi della collana offriranno ai lettori i maggiori successi del cantante, dalla nascita dell’album Senza parole (vedi>>) fino a Buoni o cattivi (vedi>>), passando per il concerto di San Siro del 2003.

E poi ancora le immagini inedite di alcuni backstage girate direttamente dall'artista e le incisioni remix di alcune delle sue canzoni.

Ogni uscita, composta da un volume e un cd o un dvd, sarà in edicola a 10,90 euro, oltre il costo del quotidiano o del settimanale.

Insomma, un'occasione da non perdere per i fan del grande Vasco.

Per chiudere, poco prima di andare in vacanza (lunedì 31 pubblicheremo il nostro ultimo post di quest'anno scolastico), vi lasciamo con la particolare versione de La compagnia del nostro Vasco, cantata, più volte, a squarciagola, con i nostri studenti.

Buon divertimento!


mercoledì 26 maggio 2010

Vietato ridursi lo stipendio!



Non tutti affrontiamo la crisi allo stesso modo: c’è chi si lamenta per la riduzione del 5% della busta paga c’è invece chi a questo 5% ci rinuncerebbe volontariamente. Sempre che questo sia possibile ovviamente! Eppure sembra che le cose non siano così semplici: in Friuli Venezia Giulia ridursi lo stipendio è vietato, c'è una legge che lo impedisce, come ha avuto modo di constatare il sindaco di Gorizia Ettore Romoli, ex deputato berlusconiano, quando ha deciso di ridurre l’indennità alla giunta comunale. Romoli spiega il perché del suo gesto:

Non amo la demagogia e so bene che la nostra scelta non è una misura decisiva per il bilancio. Ma credo giusto che chi amministra la cosa pubblica, in un momento in cui tutti devono tirare la cinghia, dia un segnale. È quello che io e i miei assessori abbiamo voluto fare auspicando che l'esempio venga seguito.

E aggiunge:

E' incredibile, ma vero. Mi hanno detto che per legge io lo stipendio me lo devo incassare tutto anche se non voglio. E dev’essere successo anni fa, quando evidentemente noi politici nemmeno lo immaginavamo che qualcuno un giorno avrebbe pensato di decurtarsi anche un solo euro.

Soluzione? Al momento, una sola, spiega Romoli:

Viviamo nel regno dell'assurdo, ci appelleremo al buonsenso della Regione perché ci venga permesso di ridurci lo stipendio a partire dal primo luglio. Diversamente siamo pronti a percorrere l'unica strada possibile: ritirare l'intera indennità e successivamente devolvere la percentuale corrispondente alla riduzione a un fondo istituito ad hoc.

E voi, pensate che questo gesto possa invogliare altri politici a fare altrettanto?

lunedì 24 maggio 2010

Un rito intramontabile


(foto da internet)





Globalizzazione permettendo, se, in Italia, invitate un ospite straniero ad un aperitivo, non è scontato che sappia come comportarsi. Innanzitutto si potrà domandare di cosa gli è dato servirsi, in che quantità e come può tenere a mente tutto quello che ha mangiato se il cameriere segna solo quello che ha bevuto…

Allora gli dovete una piccola spiegazione, e ricordategli che l’aperitivo è il più delle volte un invito informale, in cui gli ospiti non rischiano di essere in anticipo o in ritardo, possono accomodarsi dove vogliono, vicino all'invitato che preferiscono, lontano dal più antipatico e mangiare in piedi o seduti, senza posate, semplicemente misurando il proprio appetito.

Tutti saranno a proprio agio e, adesso … all’attacco.

Con aperitivo si intende l'usanza di ritrovarsi prima della cena per consumare stuzzichini e cocktail solitamente analcolici o a contenuto alcolico non troppo elevato.
Fin dall’antichità molti popoli facevano precedere la cena da una bevanda aromatica, più o meno alcolica, con lo scopo di stuzzicare l’appetito, una funzione questa che si intuisce anche nell’etimologia della parola “aperitivo”, che deriva dal latino “aperire”: aprire, iniziare appunto.






(foto da internet)


Da sempre l’aperitivo è stato anche un momento di incontro, un’occasione per socializzare sorseggiando qualcosa di gustoso. Infatti, oggi, con il termine aperitivo si intende il cocktail che si consuma, più in generale, prima del pasto. Perciò, con il tempo, alla bibita si sono aggiunti oltre ai classici salatini, anche verdure sott’olio e sott’aceto, pizzette e focaccine e, più in generale, tartine elaborate.
L'aperitivo è nato a Torino, legato all'abitudine di frequentare i “caffè”, luoghi di ritrovo e di cultura dove chiacchiere e discussioni si accompagnano ad intermezzi alcolici e stuzzichini.Qui Antonio Benedetto Carpano, alla fine del 700, inventò il Vermut, prodotto con vino bianco addizionato ad un infuso di oltre 30 tipi di erbe e spezie. Da allora la “speciale bevanda” è stata esportata in tutta Europa e successivamente prodotta da Cinzano e Martini & Rossi, divenendo con l’appellativo di “Martini” l’aperitivo per eccellenza, da bere liscio o come base di tanti cocktail come il Negroni o il Manhattan, da bere anche nel dopo cena.
Nelle altre città italiane si è diffuso negli ultimi anni del 1800, legato alla moda dei caffè che erano particolarmente attivi nelle grandi città italiane. E le bibite più diffuse sono state il Negroni, il Pirlo, lo Spritz, il Campari, il Rossini e il San Pellegrino.

(foto da internet)


Ma a Milano, l'aperitivo si è trasformato in fenomeno sociale, e il classico bicchiere di vino, accompagnato dalle olive “infilzate”, si va arricchendo sempre più e la lista dei drink si allunga e, prende ad arricchirsi anche quella degli stuzzichini. Negli anni ottanta la città ha ereditato la formula statunitense dell'Happy Hour e l'aperitivo è decollato definitivamente come formula mondana per eccellenza. La cultura dell'Happy Hour inizialmente è stata caratteristica del businessman che, nella caotica Milano, capitale degli affari, si rilassava all'uscita dell'ufficio in compagnia di amici e colleghi per discutere, come no, di lavoro, ma davanti a uno spumante e stuzzichini. Adesso l’happy hour è molto più globale ed eterogenea. Esistono, infatti, tantissimi locali che propongono infinite variazioni sul tema, restando comunque fedeli, o almeno provandoci, ad una sola regola: a buon prezzo.





(foto da internet)


La consolidata abitudine invade persino luoghi normalmente non deputati al consumo di bevande, tingendosi sempre più spesso di cultura. È il caso della fortunata iniziativa voluta dall’editore Fabio D’Ambrosio che propone presso una libreria milanese, un aperitivo «deviante» che appaga gola e mente. Deviante nella sostanza e nei contenuti, poiché si discosta dal classico happy hour. Un appuntamento che prevede una vera e propria lezione sulle avanguardie letterarie e artistiche dal ‘300 al contemporaneo, accompagnata da un gustoso aperitivo fatto di prelibatezze enogastronomiche preparate con prodotti provenienti da gruppi di acquisto solidale, ottimi vini e gustosi gelati Rivareno. Prodotti biologici, caserecci, provenienti da una filiera corta o da terre confiscate alle mafie, per una ricerca «deviante» anche per quel che riguarda il consumo quotidiano. Un aperitivo diverso quindi sia per la proposta culturale che per quella gastronomica.

Insomma un’occasione ghiotta anche per gli appassionati di letteratura!

venerdì 21 maggio 2010

Ridere




L'università di Loma Linda, in California, ha pubblicato uno studio secondo il quale ridere è come fare ginnastica. Ridere, dunque, secondo lo studio sopraccitato, riduce gli ormoni dello stress, fa bene al sistema immunitario, riduce la pressione e il colesterolo cattivo, aumenta quello buono e aumenta un po' l'appetito, proprio come l'esercizio fisico.
Il cosiddetto esercizio del sorriso, ribattezzato in inglese Laughercise, aumenta l'ormone dell'appetito, la grelina, e riduce l'ormone spezza-fame, la leptina.
Gli esperti lo hanno dimostrato chiedendo a un gruppo di volontari di guardare, per alcune settimane, degli spezzoni di film drammatici o delle commedie divertenti.
Le analisi del sangue alle quali sono stati sottoposti i volontari hanno stabilito il vincolo fra l'effetto ginnastica della risata e l'effetto sull'appetito.
L'esercizio del sorriso ripetuto potrebbe dunque essere utile per una serie di malattie in cui l'appetito si riduce: per esempio per gli anziani che soffrono di debilitazione perchè sedentari e senza appetito.



(foto da internet)

Laura Toffolo, maestra di hasha yoga in Italia, difende, da tempo, la teoria dei ricercatori americani. Secondo la Toffolo, un minuto di esercizio giornaliero del cosiddetto yoga della risata, equivale a mezz'ora di palestra. L'hasha yoga consiste in una serie di tecniche basate su esercizi di respirazione profonda, propri dello Yoga, abbinati ad esercizi di risata stimolata, di stretching e di gioco.
L'organismo può così trarre beneficio di tutti gli effetti positivi prodotti da una risata spontanea; a forza di simulare ci si ritrova a ridere sul serio, rieducando il senso dell’umorismo. Infatti, se il senso dell’umorismo porta alla risata (effetto), è anche vero il contrario: provando a ridere in gruppo senza motivo le inibizioni si sciolgono e il senso dell’umorismo viene alla luce.
Insomma, ridiamo (a lezione, al lavoro o a casa)!

mercoledì 19 maggio 2010

Fra i migliori ristoranti del mondo



Ferrán Adrià ha ceduto dopo quattro anni consecutivi lo scettro come miglior chef del mondo all'allievo rivale René Redzepi. Redzepi, trentaduenne chef del ristorante danese Noma, gestisce il miglior ristorante del mondo secondo la classifica stilata dalla rivista inglese Restaurant Magazine che, in partnership con l'italiana S. Pellegrino, ogni anno pubblica una graduatoria dei primi 50 ristoranti del mondo sulla base delle valutazioni di 800 esperti internazionali di gastronomia.



Nella lista anche cinque ristoranti italiani, con in testa L'Osteria Francescana di Massimo Bottura, al sesto posto tra i migliori posti di tutto il pianeta. L’Osteria Francescana nasce a metà degli anni ’90, nel cuore di Modena e inizia il suo lungo e complicato percorso con una provocazione: applicare una tecnica di avanguardia alle materie prime della regione. Bottura sostiene:
Nella mia cucina – che amo definire “in punta di piedi” - la tecnica serve per nobilitare la materia prima. Cerco di interpretare i prodotti del territorio rispettandoli ed esaltandoli, come nel mio piatto “Cinque stagionature di Parmigiano-Reggiano in consistenze e temperature". (...) Diversi sono i piatti che mi rappresentano. Il croccantino di foie gras con cuore di aceto balsamico tradizionale ricoperto di mandorle di Noto e nocciole è uno dei miei cavalli di battaglia. E’ divertente il contrasto: l’austerità e il rigore della materia, il gioco delle forme, la piacevolezza di mangiare un classico con le mani come un gelato. E, tra le ultime creazioni, il bollito…non bollito. Ho ricostruito la tradizione emiliana per eccellenza – i bolliti – cercando di salvaguardare al massimo le proteine, le vitamine, le qualità organolettiche della carne. I bolliti non toccano l’acqua, la cottura sottovuoto a bassa temperatura ne mantiene intatto il gusto e il colore della carne rimane vivo, sbalorditivo.

Massimo Bottura ammette che, pur avendo avuto la fortuna di incontrare grandissimi maestri come Ducasse, Adrià e Coigny, la vera passione gli è stata trasmessa dalla sua famiglia che sin da piccolo lo ha abituato ai sapori buoni, portandolo a pranzo da Gualtiero Marchesi, da Peppino Cantarelli, da George Coigny. Inoltre sostiene che secondo lui le etichette non hanno senso, in quanto la cucina può essere solo di due tipi: buona o cattiva.

E per finire, vi invitiamo ad una cena virtuale nel miglior ristorante d'Italia. Buon appetito!

lunedì 17 maggio 2010

I luoghi del cuore

(foto da internet)



Antenne telefoniche selvagge, cartelloni pubblicitari che ostruiscono la vista di un paesaggio, scritte sui muri, costruzioni abusive. Il FAI (Fondo per l'ambiente italiano) e Intesa San Paolo ripropongono la quinta edizione di "I luoghi del cuore: cancelliamo insieme le brutture d'Italia", caratterizzata da un tono alquanto patriottico, visto che si avvicina l'anniversario dei 150 anni dell'Unità d'Italia.

Attenzione! Al centro della campagna non solo monumenti famosi o opere d'arte, ma i luoghi che più stanno a cuore, e sono deturpati da piccoli grandi brutture che ne offuscano la bellezza.


(foto da internet)





Lo slogan è "Segnala ciò che rovina". Fai e Intesa San Paolo segnaleranno le rovine più votate alle amministrazioni comunali affinché prendano provvedimenti. «Scheletri di cemento abbandonati, selve di cartelli e gazebi improvvisati nei centri storici, manifesti che deturpano il paesaggio, parcheggi abusivi, scritte su monumenti artistici, boschi di parabole e antenne televisive: sono solo alcuni esempi di come uno sviluppo non pensato e progettato con coerenza danneggi continuamente i luoghi in cui viviamo. E noi – scrive il Fai - finiamo per diventare due volte vittime: non solo perché il paesaggio che abbiamo negli occhi e nel cuore è pieno di queste ferite, ma anche perché talvolta finiamo addirittura per non accorgercene nemmeno più».





(foto da internet)


Sembra che il miglioramento dell'ambiente stia davvero a cuore agli italiani, visto che a rispondere sono stati migliaia di cittadini: una mobilitazione personale che diventa collettiva e va a incidere direttamente su ciò che circonda. Le risposte individuano un'Italia ferita in molteplici modi: non solo si sono evidenziate le brutture del Belpaese, ma i partecipanti hanno preso "possesso" dei luoghi, monumenti e paesaggi del censimento, interpretando la chiamata del FAI come un modo concreto per salvare i luoghi che amano e restituire loro l'integrità originaria. Quindi non solo cancellare gli elementi di disturbo, ma anche segnalare le urgenze che rischiano di compromettere la bellezza che circonda, una bellezza coniugata in tante diverse forme: castelli e chiese abbandonati, negozi storici che rischiano di scomparire, aree verdi condannate alla cementificazione, paesaggi rovinati da antenne abusive e da scheletri di costruzioni in disuso.










Sono già in molti i personaggi del mondo della cultura, delle istituzioni e dello spettacolo ad aver aderito alla campagna. C'è Beppe Grillo che chiede che sia rimossa la centrale a carbone sotto la Lanterna, simbolo della sua Genova. E poi Lucio Dalla che non sopporta parabole e condizionatori nei centri storici delle città; chi, invece, chiede di togliere le vecchie cabine, inutilizzate da anni, dal lungomare di Riccione e altri che vorrebbero che il Castello Sforzesco di Milano non fosse «illuminato come un lunapark». E non dimentichiamo i napoletani che vituperano contro la spazzatura che fa da adorno alla loro città.







Nella scorsa edizione, in testa ai luoghi segnalati dai cittadini, con 6.992 voti, il Castello della Colombaia di Trapani. Non una bruttura, anzi, un capolavoro le cui fondamenta risalgono addirittura ai Cartaginesi. Ma la "bruttura" sta nell'intrico burocratico che ritarda da anni il recupero e causa di conseguenza un degrado sempre più accentuato.
Al secondo posto 5.258 segnalazioni contro la possibile scomparsa della storica Libreria Bocca di Milano, che rischia di essere chiusa perché il nuovo contratto d'affitto - la libreria ha sede in Galleria Vittorio Emanuele - è insostenibile per un piccolo negozio "piccolo".













O la perplessità dei veneziani che quotidianamente vedono il bacino di San Marco offeso dalle gigantesche navi da crociera e dallo sfrecciare dei motoscafi. Lo stupore di chi vede una delle spiagge più belle d'Italia - la baia dei Turchi a Otranto - deturpata dallo scheletro di uno stabilimento balneare.

(foto da internet)



Il censimento, come spiega il FAI dimostra che «la sensibilità della gente è aumentata e che si è fatta largo nella mentalità degli italiani la consapevolezza che esistono beni di tutti, beni comuni di cui ciascuno è "comproprietario". L'aria, l'acqua, il paesaggio sono un patrimonio in pericolo che è dovere dei cittadini difendere a ogni costo, alleandosi con le istituzioni o esortandole a intervenire là dove invece latitano».

venerdì 14 maggio 2010

I Pugnaloni di Allerona*




Ad Allerona, la terza domenica di maggio, viene celebrata la Festa di S. Isidoro, patrono degli agricoltori.
La tradizione lega a questa festa l’esposizione dei Pugnaloni che rappresentano tutto ciò che riguarda il lavoro dei campi, con oggetti fatti in legno, argilla o altro materiale, preparati dai contadini durante i mesi invernali.
Da questa usanza che alcuni studiosi fanno risalire a prima del cristianesimo con caratteristiche sia mercatorie che di rito propiziatorio, nel riprodurre abitudini di vita del tempo passato, ha subíto nei secoli delle evoluzioni: da rami d’albero con i fiocchi multicolori ad un'asta alta circa tre metri il cui ultimo metro in alto è avvolto da una grossa gabbia ovoidale.
Dal dopoguerra vengono allestiti dei carri allegorici che riproducono scene della vita e dei lavori dei contadini; in essi vengono fissati degli alberelli di pioppo, tagliati di buon ora al mattino della festa, ed ornati con nastri di diversi colori.
Nei Pugnaloni di Allerona sono evidenti gli adattamenti dovuti alla cristianizzazione del rito, in ogni carro infatti è presente la scena del miracolo di S. Isidoro (Isidoro prega mentre un angelo lavora al suo posto). La festa in onore al santo spagnolo (attestato con sicurezza a partire dal 1673, circa un cinquantennio dopo la canonizzazione avvenuta nel 1622) è fissata, com'è noto, al 15 maggio.
S. Isidoro è il santo dei contadini, anzi il santo dei buoni contadini, laboriosi e rispettosi e proprio sotto questo segno il suo culto è stato alacremente diffuso nelle campagne non solo dalla Chiesa ma anche dai proprietari terrieri.



(Allerona. Foto diLuis Gil Pellín)

Il termine Pugnalone si fa derivare dal “pungolo”, unNegrita bastone munito ad una estremità di un puntale di ferro e dall’altra di un raschietto che gli aratori usavano per sollecitare i buoi tardi a muoversi e per pulire l’aratro dalle zolle.
Negli ultimi anni all'esposizione e sfilata dei Pugnaloni ed al relativo corteo storico, con costumi locali della seconda metà dell’800, si accompagnano alcune manifestazioni collaterali quali la rievocazione di antichi mestieri caratteristici del luogo (fabbro, maniscalco, lavorazione del legno, della lana, merletti, prodotti in vimini) che avviene il pomeriggio della domenica negli angoli più caratteristici del centro storico, effettuata da personaggi in costume dell’epoca.
L'introduzione nella festa del corteo storico appare come la rievocazione, la citazione e la rappresentazione della crisi del mondo mezzadrile tradizionale che organizzava in proprio la festa ed al contemporaneo passaggio della sua gestione all’ambiente urbano che, forse anche inconsapevolmente nel tentativo di renderla più appetibile e più fruibile, ha finito di svuotarla del senso conflittuale che possedeva in quanto festa del santo contadino, dei contadini, gestita ed organizzata in proprio dai contadini.


(Allerona. Foto di Luís Gil Pellín)

Un altro aspetto interessante nella festa alleronese è la centralità che vi assume la rappresentazione miniaturizzata della vita e del mondo contadino che viene presentata sui pianali dei diversi carri al cui centro sono issati i Pugnaloni: la costante presenza dell’evento miracoloso di S. Isidoro in ogni allestimento tende anche a destorificare un mondo puntigliosamente documentato in modello ridotto nei fondamentali aspetti della produzione economica e della sussistenza materiale, tende ad affidare alla potenza del sacro gli elementi cardine che permettono alla comunità rurale locale di stare al mondo.
Ma la miniaturizzazione, tipica quella presepiale, permette anche di illustrare e di cogliere nel suo insieme una realtà altrimenti complessa e sfuggente e quindi di manifestarla nella sua dura completezza: non a caso, nel giorno della festa, i carri che salgono dalla campagna sino al borgo, dopo aver sfilato e sostato nella piazzetta antistante la porta principale del paese, vengono dislocati in diversi slarghi presenti entro le mura urbiche, quasi per mettere sotto gli occhi degli altezzosi abitanti del borgo quel mondo del lavoro dei campi da cui traggono il loro benessere.

* a cura di Giancarlo Baronti. Professore Associato di Storia delle Tradizioni Popolari – Università di Perugia.


mercoledì 12 maggio 2010

Ulisse è un fico


Ho sempre pensato che l’Odissea avesse un unico difetto: l’essere insegnata a scuola. Col mio ultimo libro ho voluto proporla ai giovani, introducendoli con leggerezza nel mondo degli eroi cantati da Omero. Primo tra tutti Ulisse, un personaggio modernissimo che, con i suoi vizi e le virtù, oggi verrebbe definito, appunto, un fico.

Luciano de Crescenzo parla così della sua ultima opera Ulisse era un fico, rilettura in chiave moderna del celebre poema epico. Si tratta della seconda volta che scrive un libro riproponendo quello che lui ritiene “il romanzo più emozionante mai scritto”. Nel precedente, intitolato Nessuno. L’Odissea raccontata ai lettori di oggi, lo scrittore tenta di avvicinare l’opera ai lettori odierni, servendosi di un linguaggio più attuale di quello delle versioni finora in circolazione, in modo da renderlo più accessibile e meno criptico.

Prima di lui, tanti altri avevano proposto la propria rivisitazione di questo classico della letteratura epica. Ve ne elenchiamo alcuni:

Luigi Malerba in Itaca per sempre (Mondadori, 1997) costruisce una storia che inizia con il ritorno di Ulisse a Itaca, incontra Eumeo e il figlio Telemaco e si traveste per non farsi riconoscere dai Proci. Fin qui, la storia è fedele all’originale. Ma a partire da questo momento l'autore si distacca completamente dagli accadimenti originali e inizia un bellissimo racconto che parte da una domanda: come può Penelope non riconoscere suo marito? Secondo la ricostruzione di Malerba, la donna riconosce immediatamente Ulisse e rimane profondamente turbata dalla non rivelazione del coniuge. Decide quindi di vendicarsi non accettandolo e di mentire anche lei.



Anche il film Fratello, dove sei? dei fratelli Cohen si ispira parzialmente al poema, benché gli autori ammettano di non averlo mai letto.

Ne La Penelopeide l’autrice canadese Margaret Atwood riscrive la storia narrandola dal punto di vista di Penelope.

E per ultimo, Ulisse, il capolavoro di James Joyce descrive sul modello dell’Odissea, nelle sue diverse tappe, la giornata di Leopold Bloom, agente pubblicitario dublinese di origine ebraica, che rivive in chiave moderna le gesta dell’eroe omerico e compie anche lui un viaggio, ma all’interno del suo io e della sua coscienza.

lunedì 10 maggio 2010

Occhiali all'avanguardia!

(foto da internet)

Questa settimana al Lingotto, di Torino, ci sarà il Salone Internazionale del Libro.
Torino, in Italia è una città emblematica, sia perché sede della FIAT, sia perché una delle culle della cultura europea moderna: qui hanno vissuto e lavorato scrittori che hanno fatto la storia della letteratura.
A Torino hanno visto la luce importanti editori italiani: Giulio Einaudi fondò nel 1933 l’omonima casa editrice, adunando intorno a sé le migliori energie di un ambiente intellettuale di eccezionale vivacità. Ma l'editoria torinese ha anche dato un contributo fondamentale allo sviluppo civile e culturale con la casa editrice Utet (Unione Tipografico-Editrice), particolarmente attenta al diritto e all'economia, e successivamente alla geografia, alla medicina, alla tecnologia e alle scienze esatte.


(foto da internet)

Se vi accingete a farvi un giro per i corridoi della fiera torinese, e, più in generale, per tutti gli amanti della lettura, vi suggeriamo... un consiglio alla moda per una comoda e piacevole lettura. Guardate questa foto!
(foto da internet)



Ecco, questi sono gli occhiali trend del momento: i Lélé’s® Untie’wear, ovvero, l’occhiale perfetto, trasformista, versatile, pratico. È premontato e, perciò, compagno ideale dei lettori.





I Léle rappresentano un mix interessante e originale di robotica, scienza, estetica e fantasia: sono lenti dal piglio ingegneristico, completamente snodati, con tanto di brevetto internazionale e, rigorosamente -come no- made in Italy.
Ci sono modelli “wear it easy” completamente ripiegabili, che stanno ovunque (dalla tasca della giacca alla pochette) e che, una volta aperti, grazie al cordino con attacco i-pod, si trasformano in collane glamour da portare al collo o in occhiali veri e propri. Si “montano” in un attimo grazie al filo in nylon che costituisce l’anima di sostegno elastica e resistente e che, messo in tensione, fa montare e smontare l’occhiale in un solo gesto. Sembrano proprio imperdibili!
(foto da internet)


Insomma, un prodotto dell’occhialistica semplice e comodo che rimanda a memorie connesse con la gestualità dei bambini, con i loro occhi, con le loro fantasie: a giocattoli e costruzioni. Infatti, almeno in Italia, il grande successo dei Lélé's consiste nell'aver modernizzato un oggetto divenuto ormai obsoleto: quegli occhiali da vista demodè che, soprattutto, le signore usano portare al collo appesi a collane più o meno appariscenti.



(foto da internet)


Dunque, non più solo occhiali, ma accessori da indossare come fossero essi stessi delle collane, occhiali "mutaforma", accessori fashion da esibire, comodi da portare ovunque, sfiziosi da appendere al collo, versatili nell’utilizzo.
Ce ne sono di varie linee geometriche, proposti in diversi abbinamenti di colore, e, soprattutto, permettono di godere di un buon libro anche sotto il sole primaverile: ogni premontato è infatti venduto con una coppia di cerchi di ricambio con lenti bifocali da sole.

Allora, non ci resta che augurarvi buona lettura!

venerdì 7 maggio 2010

Don Backy



(foto da internet)

Ama definirsi cantainventore, un'etichetta forse un po' stretta, per quest'eterno ragazzo di 70 anni che ha percorso, sin dagli anni '60, le tappe più importanti della musica leggera del nostro paese.
Parliamo di Aldo Capone, in arte Don Backy, un artista che canta, recita e scrive.
Ha pubblicato recentemente Storia di altre storie, (un libro che percorre gli anni ’70 e ’80) e Questa è la storia?, in cui racconta, invece, gli anni che vanno dal ’55 al ’69, attraverso testi, immagini e testimonianze di chi ha vissuto artisticamente quel periodo.
Prima che scrittore, Don Backy ha legato il suo nome ad indimenticabili canzoni, tra cui Casa bianca, L’immensità, Canzone, Amico, Bianchi cristalli sereni, e Poesia.
Alcuni di questi brani sono stati portati al successo anche da altri cantanti tra cui Mina, Milva e Adriano Celentano.
Don Backy esordì nel 1960 con la canzone Volo con te, col nome di Agaton.
In quello stesso anno registrò una particolare versione di Non arrossire di Giorgio Gaber, cantata a due voci con il chitarrista del suo gruppo.
Nel 1961, scrisse La storia di Franckie Ballan, una ballata ispirata alle vicissitudini di un suo amico.
Il cantante venne segnalato ad Adriano Celentano e, per una serie di circostanze fortuite, venne scritturato dal molleggiato.
In questo periodo cambiò il suo nome artistico per quello di Don Backy.
Per il Clan Celentano, del quale fecero parte, oltre al molleggiato, anche Ricky Gianco e Ugolino, compose Pregherò, cover di Stand by me, e Tu vedrai, cover di Don't play that song for me.
Il successo di pubblico arrivò nel 1967 al Festival di Sanremo, quando, in coppia con Jhonny Dorelli, interpretò L'immensità, una delle sue canzoni più famose, ripresa da Mina, Milva e dai Negramaro.



(foto da internet)


Nel 1968 Don Backy ruppe, in maniera clamorosa, col Clan Celentano per problemi legati alle royalties delle sue canzoni. Nel Festival di Sanremo di quell'anno, Celentano cantò un brano scritto da Don Backy (Canzone), interpretandolo svogliatamente e stonando in alcuni passaggi, forse per ripicca col cantante toscano che aveva ormai deciso di lasciare il Clan; ciononostante la canzone arrivò terza.
Vi lasciamo con l'ascolto del brano Vent'anni, scritto in occasione del Festival di Sanremo di quest'anno e clamorosamente bocciato dalla giuria!