mercoledì 31 gennaio 2018

Una prestazione da capogiro

(foto da www.lastampa.it)


Usato per pagare il conto dell’idraulico. Nessuno alla corte di Carlo I d’Inghilterra si sarebbe mai sognato che dopo circa quattro secoli quel quadro di Tiziano usato come merce di scambio sarebbe valso una fortuna: all’incirca 3 milioni di dollari. 
Almeno è questa la stima fatta dalla casa d’aste Sotheby’s, che il prossimo 1 febbraio la aggiudicherà al miglior offerente dalla sua sede di New York.

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(foto da internet)

Quando il sovrano venne decapitato per alto tradimento, nel 1649, l’idraulico John Embry volle esigere il pagamento di quanto dovutogli dal governo repubblicano, che spodestò il monarca. Una parcella altissima per l’epoca, di cui l’idraulico recuperò «solo» 903 sterline dell’epoca, oggi pari a 165 mila euro, più il quadro, allora valutato 100 sterline, ovvero 18 mila euro odierni. E a dire il vero sembrerebbe che carlo I d'Inghilterra fosse un precursore

Santa Margherita e il drago di Tiziano era uno dei tanti quadri posseduti da Carlo I d’Inghilterra. La «galleria» di corte poteva vantare anche il Salvator Mundi di Leonardo Da Vinci, battuto all’asta dalla stessa Sotheby’s per la cifra record di 450 milioni di dollari.

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(foto da internet)

Sfortunatamente per loro, gli eredi dell’idraulico di corte cedettero il quadro, che nei secoli ha cambiato diversi proprietari, più o meno illustri. Ora si aspetta l’esito dell’asta, per capire quale sarà il suo destino e se seguirà quello del quadro di Leonardo, acquistato da un principe saudita che lo vuole esporre al Louvre di Abu Dhabi. 

Come spiega Sotheby’s, l’opera d’arte sarebbe stata dipinta da Tiziano Vecellio negli anni Sessanta del Sedicesimo secolo. Al centro del dipinto c’è la vergine di Antiochia che tenta di fuggire da un drago, brandendo una croce. Il proprietario attuale dell’olio su tela è un collezionista che ha scelto di rimanere anonimo. 
Ma è certo che presto riceverà un bonifico con molti zeri.



lunedì 29 gennaio 2018

La Giornata della Memoria



(foto da internet)


Il 27 gennaio si celebra la Giornata della Memoria in cui vengono ricordate le vittime dell’Olocausto, del nazismo e del fascismo. Il 27 gennaio del 1945, infatti, le truppe sovietiche dell’Armata Rossa arrivarono nei pressi della città polacca di Auschwitz (Oświęcim in polacco) e vi scoprirono l’enorme campo di concentramento e sterminio utilizzato nel corso del genocidio nazista.
Molti gli eventi organizzati in Italia, tra i quali la pubblicazione da parte del Ministero dei beni culturali, sui propri canali social, dei documenti originali dell'Archivio Centrale dello Stato e della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, per ricostruire la discriminazione di decine di migliaia di cittadini italiani espulsi dalle scuole e dai luoghi di lavoro, l'esproprio dei loro beni e infine la deportazione e la morte di molti di loro nei campi di concentramento. 




(foto da internet)

A Torino si è tenuto un concerto per commemorare Carlo Angela, il padre del noto giornalista Piero Angela, insignito Giusto tra le Nazioni” dallo Yad Vashem, l’ente che si occupa della memoria della Shoah. Angela fu un medico psichiatra che, durante le persecuzioni razziali, nascose nella clinica che dirigeva ebrei, uomini e donne perseguitati, accogliendoli sotto falso nome. Li istruì su come fingersi falsi malati, facendoli passare per matti, e in questo modo li salvò. 
La Rai ha mandato in onda il film Tutto davanti a questi occhi, in cui Sami Modiano, deportato nel campo di sterminio di Auschwitz, narra la sua terribile esperienza.
Poi, però, non poteva mancano le noti discordanti: la Figc, ossia la Federazione Italiana Giuoco Calcio, l'organo di organizzazione e controllo del calcio in Italia, ha sanzionato la squadra della Lazio con un'ammenda di soli 50mila euro per quanto accaduto in occasione della partita casalinga con il Cagliari, il  22 ottobre 2017, quando alcuni tifosi avevano introdotto e affisso, all'interno della curva Sud dello stadio Olimpico, diversi adesivi riportanti l'effige di Anna Frank con indosso la maglia della Roma.  Il procuratore della Figc, Giuseppe Pecoraro aveva chiesto oltre alla multa, anche 2 turni a porte chiuse per la Lazio, ma il tribunale ha accolto solo in parte la richiesta della procura sanzionando il club soltanto con la pena pecuniaria. La Lazio ha annunciato che presenterà ricorso...


(foto da internet)

Dall'ottobre scorso, si è tornato a parlare di Anna Frank, la ragazza ebrea che tenne un diario durante le persecuzioni naziste dei primi anni '40 pubblicato in tutto il mondo alla fine della guerra.  I famosi adesivi, attaccati dagli ultras della Lazio, notoriamente molto vicini all’estrema destra, scaturirono un'accesa polemica sui giornali italiani e la Figc decise di far leggere una pagina del Diario di Anna Frank prima delle partite, la settimana dopo i fatti, il 24 ottobre 2017. La storia s'inserì nella lunga scia di odio fra le tifoserie delle due squadre di Roma che condividono la sede dello Stadio Olimpico.



(foto da internet)

La polizia identificò 16 persone in relazione agli adesivi, fra cui tre minori, che, secondo le indagini, farebbero parte degli Irriducibili, uno dei principali gruppi della tifoseria organizzata della Lazio. In un comunicato diffuso dagli ultras, essi dichiarano di non essere stati loro ad attaccare gli adesivi, ma al contempo hanno difeso i responsabili sostenendo che l'azione è stata un’iniziativa di scherno e sfottò (sic).
La polemica si estese a macchia d'olio: i principali giornali ne parlarono e, lo scorso 24 ottobre, il quotidiano La Repubblica pubblicò in prima pagina un fotomontaggio di Anna Frank con le principali magliette delle squadre italiane di calcio e un editoriale del direttore Mario Calabresi intitolato: “Siamo tutti Anna Frank.
Gli adesivi furono condannati dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dal Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, da Matteo Renzi – il quale propose che tutte le squadre di Serie A scendessero in campo con la Stella di David sulla maglia – e dalla ministra israeliana dello Sport, Miri Regev.


(foto da internet)

La Lazio provò a rimediare portando una corona di fiori davanti alla Sinagoga. In una registrazione audio, effettuata prima della deposizione dei fiori, si sente il presidente della Lazio, Claudio Lotito, lamentarsi dell’assenza delle autorità della comunità ebraica alla cerimonia.
La notizia fece il giro del mondo e alcuni media internazionali, come se ne interessarono. Alcuni giocatori della Lazio, nella partita in trasferta contro il Bologna, decisero di indossare, nel riscaldamento, una maglia con la foto di Anna Frank.


(foto da internet)

E poi ancora la sindaca leghista di Gazzada Schianno (in provincia di Varese), Cristina Bertuletti, che ci ha regalato una vera e propria perla nella sua bacheca privata di Facebook: "Visto che è il giorno della memoria... ricordate d’andare a pijarlo ‘nculo”.
Ai tifosi laziali e alla sindaca, consigliamo vivamente di vedere il film Son morto che ero bambino - Guccini va a Auschwitz, che narra il racconto del viaggio del cantautore modenese in Polonia, nel campo di sterminio simbolo della tragedia della deportazione e del sacrificio degli ebrei.  Il viaggio di Guccini volle ricordare, 50 anni dopo, l’uscita della sua canzone Auschwitzdedicata allo sterminio degli ebrei, divenuta un classico della nostra storia e della nostra cultura. Durante le riprese del viaggio, insieme a un gruppo di giovanissimi studenti e a monsignor Matteo Maria Zuppi, vescovo di Bologna. Un urlo nel vento per non dimenticare mai quel che è successo, da ascoltare ogni mattina prima di andare in Municipio (o allo stadio). Chiediamo troppo?

venerdì 26 gennaio 2018

Gianni Schicchi





(foto da internet)

Iniziamo dalla letteratura. Gianni Schicchi fu un cavaliere fiorentino, vissuto nel XIII secolo. Egli fu garante delle promesse di grano per il rifornimento dell'esercito. Dante gli riservò un posto nell'Inferno, giacché fu un falsificatore di persona, sul cui crimine vi sono copiose notizie di antichi commentatori.
Scrive Dante (Inf. XXX, vv. 32-22): 
"Quel folletto è Gianni Schicchi,
e va rabbioso altrui così conciando"
Schicchi è nella bolgia dei falsari per aver imbrogliato gli altri prendendo il posto di messer Buoso Donati.
Lo Schicchi, infatti, famoso per le imitazioni delle persone, quando morì senza prole il ricchissimo vedovo Buoso Donati, su richiesta dell'amico Simone Donati, nipote di Buoso, si intrufolò nel letto del defunto poco dopo la sua dipartita e, chiamato un notaio, dettò testamento a favore di Simone, che venne puntualmente ratificato. 






(foto da internet)

L'episodio di cui fu protagonista Gianni Schicchi è fortemente novellesco. Scrive il cronista Iacopo: "(...) di due qui si ragiona d'i quali l'uno fu un cavaliere di Firenze nominato Gianni Schicchi de' Cavalcanti, il quale, tra l'altre sue operazioni, alcuna volta, a petizione d'un altro cavaliere di Firenze nominato messer Simone de' Donati, in un zio del detto messer Simone nominato messer Buoso, in fine di morte stando in sul letto, falsamente trasformato, il testamento di lui a suo modo fece, lasciando reda della maggior parte del suo il detto messer Simone, nel quale testamento finalmente una sua cavalla di pregio d'alcun suo armento a sé medesimo diede".
L'abile messa in scena e l'esecuzione della truffa da parte del falsario Schicchi consistette nell'indossare la cappellina del defunto Buoso Donati, e testare piccole somme all'Opera di Santa Reparata, ai frati minori, ai predicatori... e poi, da maestro, assegnò  cinquecento fiorini a sé stesso (!), contro la volontà di Simone, oltre ad avere anche "migliore mula di Toscana" e un credito di altri cento fiorini; il falso Buoso Donati designò altresì il nipote Simone a erede universale, con l'obbligo di dare esecuzione al testamento entro quindici giorni. 





(foto da internet)

Da questa storia, e con caratteri stilistici più lievi e ameni, Giacomo Puccini compose l'opera omonima, in un atto unico, sul libretto di Giovacchino Forzano, che venne rappresentata nel 1918 al Metropolitan Opera House di New York
I personaggi principali sono: Gianni Schicchi (baritono), Lauretta (soprano) e Rinuccio (tenore).
Gianni Schicchi fu l'opera che ebbe più successo del cosiddetto Trittico. Puccini puntò tutto sulla comicità del testo, mettendo in risalto l'avidità senza scrupoli dei parenti di Buoso Donati e la sfrontatezza dello Schicchi nel mettere a punto la beffa.
L'opera suscitò l'apprezzamento pieno del pubblico e della critica.  In essa, Puccini esprime tutto il suo talento: in alcuni passaggi musicali, il compositore toscano tenne in scena tutti i parenti di Buoso Donati: ben nove solisti con cui formò un piccolo coro per scandire i vari momenti dell'azione.
Nel testo pucciniano, alla morte di Buoso Donati, sorge un grave dubbio ai parenti del defunto: la diseredazione. Il ritrovamento della pergamena conferma ogni timore. Rinuccio vede sfumare così il suo progetto di vita con l'amata Lauretta. 




(foto da internet)


Disperato, propone ai parenti di chiedere consiglio su come aggirare le imposizioni testamentarie affidandosi al parere del di lei padre Gianni Schicchi, uomo astuto ed accorto. Questi si reca alla casa dei Donati ma non viene ricevuto in maniera altezzosa dai parenti. Lo Schicchi si offende ed è pronto a lasciare la casa, ma la figlia lo implora affinché resti e trovi una soluzione per farle coronare il suo sogno d'amore. Nel frattempo, il dottor Spinelloccio è venuto ad informarsi sullo stato di salute di Buoso Donati, che è già morto. Cosicché Gianni  Schicchi si infila nel letto e prende il posto del defunto; risponde alle domande del dottore e chiede subito che sia chiamato il notaio per dettare il testamento. L'astuto Schicchi si fa lasciare i beni più preziosi del patrimonio tra cui la casa di Firenze, la mula, i mulini di Signa. I parenti sono così beffati dal beffatore... Alla fine, Schicchi scaccia tutti da casa, ormai divenuta sua per testamento di Buoso Donati (!), e si riappropria dei suppellettili che i parenti avevano cercato di rubare. Lauretta non è più di famiglia plebea, dato che suo padre ha acquisito una notevole fortuna. 
Lo Schicchi osserva Rinuccio e Lauretta amoreggiare e, rivolgendosi al pubblico, giustifica la propria astuzia spiegando di aver osato tanto solo per il bene dei due fidanzati e reclama l'attenuante.
Alcune arie dell'opera sono famosissime. Ricordiamo:
O mio babbino caro (Lauretta),  Si corre dal notaio (Gianni Schicchi), Avete torto! (Gianni Schicchi), Lauretta mia, staremo sempre qui! (duetto Rinuccio-Lauretta).




















mercoledì 24 gennaio 2018

Ristoranti o ambasciate?

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(foto da internet)


Si stima che a Londra vivano stabilmente circa 250.000 italiani, più o meno come a Verona, dodicesima città italiana nella classifica della popolazione residente. È forse proprio questa la ragione per cui la cucina italiana si è affermata al di là dei consueti stereotipi, fatti di spaghetti alla bolognese e pizza con l’ananas. Da qualche anno, poi, nella City sono sempre più i ristoranti che propongono esclusivamente piatti e vini delle varie regioni d’Italia: un fenomeno amato dai connazionali che vivono lì, ma apprezzato anche da tutto il melting pot che a Londra vive, lavora, fa turismo.

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(foto da internet)



A questa realtà enogastronomica ha dedicato molto spazio Vogue, la stessa cosa l’hanno fatta Londonist.com, vero punto di riferimento per i londinesi, e LoveItalianLife, piattaforma web dedicata all’Italian Food & Lifestyle. Proprio questo sito ha lanciato un concorso per il miglior ristorante italiano di Londra, alla cui elezione hanno concorso chef, critici e lettori. A conferma del successo delle cucine regionali, il titolo è andato a RossoDiSera, ristorante marchigiano di Covent Garden. 

Igor Iacopini, fondatore e manager del locale, è partito da Fermo dodici anni fa. In tasca una laurea in economia bancaria, nel cuore la passione per il mangiar bene e nella testa la volontà di promuovere le eccellenze enogastronomiche della sua terra. “Quando viaggiavo all’estero non trovavo mai un prodotto delle Marche, al massimo qualche bottiglia di Verdicchio. Lavoravo nel campo del marketing e ho subito capito che quel vuoto andava riempito.” Riempito di cose di casa. In senso letterale, visto che le mura interne di RossoDiSera sono rivestite con i mattoni ricavati dalla ristrutturazione di un casale di famiglia dell’Ottocento.


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(foto da internet)

L’inizio è stato complesso, ma la burocrazia britannica è stata una vera alleata: poche procedure, tutte disponibili in rete. “Piano piano abbiamo ottenuto la fiducia dei clienti e quella, altrettanto importante, dei fornitori. Per quanto riguarda i prodotti freschi siamo costretti a rivolgerci al mercato locale, che comunque è ricco di prodotti italiani, ad esempio il pesce dell’Adriatico. Per tutto il resto, ci riforniamo direttamente dalle Marche: vino, olio, salumi, formaggi, confetture. Non mancano prodotti di nicchia come le cicerchie, il lonzino di fichi, l’anice Varnelli, la sapa.” però, probabilmente, la clientela eterogenea potrebbe portare a qualche compromesso, cercando di assecondare il gusto comune, a rischio di snaturare i sapori originali. “Se un piatto non piace preferisco non proporlo, piuttosto che cambiarlo. I vincisgrassi, ad esempio, devono avere la parte superiore bruciacchiata. Ma la cosa non è apprezzata e allora li serviamo solo raramente”
Consenso unanime, invece, per olive ascolane, cremini fritti, piatti al tartufo, salumi, formaggi.


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(foto da internet)

Per chi fa impresa a Londra non mancano le preoccupazioni legate alla Brexit, al terrorismo, a un costo della vita in costante aumento che limita la capacità di spesa di chi vive e lavora a Londra. “Bisogna fare fronte comune” – conclude Iacopini – “per dare forza a realtà come la nostra. Noi siamo l’unico ristorante marchigiano di tutto il Regno Unito, il nostro staff è tutto della nostra terra, facciamo conoscere a una clientela cosmopolita vini e cibi dei quali non hanno mai sentito neanche il nome”. Ristoranti, d’accordo. Ma anche ambasciate regionali a Londra.


lunedì 22 gennaio 2018

Il Vov





(foto da internet)

Siamo a Padova, nel 1845, esattamente in Via de’ servi, e il pasticcere Gian Battista Pezziol, a cui erano avanzati dei tuorli dalla preparazione del torrone ebbe un'idea geniale:  aggiungere zucchero e marsala ai tuorli, ottenendo così il più rinomato liquore di tutto il Veneto: il Vovi (uova, in dialetto veneto). Ben presto il liquore varcò i confini veneti, e cambiò nome, diventando così l'attuale Vov
La corte di Vienna conferirà al liquore il brevetto regale che verrà sempre raffigurato sull’etichetta della bottiglia e sui manifesti pubblicitari accanto all’immagine dell'aquila a due teste.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il Vov fu prodotto quasi esclusivamente per le forze armate.  Il liquore venne ribattezzato VAV2 (Vino Alimento Vigoroso). 
Dal dopoguerra in poi il Vov conquistò il mercato italiano ed europeo e anche se la sua etichetta, confezione e grafica pubblicitaria evolveranno, si manterrà comunque sempre ben riconoscibile.


(foto da internet)


Il liquore ebbe un notevole successo tra gli anni '60 e gli anni '80, ed ancor oggi è presente sul mercato specialmente per la preparazione di alcuni dessert (il gelato affogato allo zabaione, ad esempio) e di alcuni cocktail (il bombardino).
Il Vov si può preparare facilmente in casa.  La ricetta prevede il solo utilizzo dei tuorli. 
Ingredienti:
4 tuorli
350 gr di zucchero 
100 ml di Marsala
500 ml di latte intero
100 ml di alcool puro
1 gr di vanillina 


Preparazione (vedi>>):
mettete in una terrina i 4 tuorli con metà dello zucchero e la vanillina. Con una  frusta mescolate bene fino ad ottenere una crema densa e omogenea. Versate il latte in una pentola, con la metà dello zucchero rimasto. Portate a ebollizione e fate raffreddare. Unite il latte ai tuorli sbattuti e aggiungete, un po' alla volta, l’alcool e il marsala. Continuate a mescolare con la frusta. fate raffreddare il composto. 



(foto da internet)

Imbottigliatelo e conservatelo in frigorifero. Prima di assaporarlo, agitate bene la bottiglietta per miscelare bene il liquore. Una volta aperto è consigliabile consumarlo entro 3 settimane al massimo.

Idee per un cocktail (ma solo per coloro che abitano in posti freddi): il bombardino, che è sì uno strumento musicale in uso nelle bande appartenente alla famiglia dei flicorni, ove funge da baritono, ma è anche una bevanda alcolica calda a base di Vov, brandy, talvolta anche caffè e panna, molto diffusa specialmente nelle località sciistiche.



(foto da internet)


La leggenda narra che un giovane genovese che lasciò il mare per andare a vivere in montagna, ebbe in gestione il rifugio del Mottolino. Con degli amici seduti al bar del rifugio pensò ad un possibile cocktail che potesse riscaldare i suoi clienti dal freddo dell'inverno. Nacque così una miscela a base di latte, whisky e zabaione, il tutto scaldato fino a renderlo quasi bollente. Un cliente lo provò e disse: "Accidenti! È una bombarda!". Nacque così il Bombardino.
Cin cin...


venerdì 19 gennaio 2018

Selinunte (hi-tech)





(foto da internet)

Dice la nostra amica Carmen Pinedo che la Sicilia non smette mai di stupirci. È vero. 
Pochi giorni fa, con una termocamera ad alta sensibilità termica caricata su un drone, i geologi dell'Università di Camerino hanno rilevato, sul terreno dell'area archeologica di Selinunte, in provincia di Trapani, alcune anomalie termiche riconducibili ad importanti strutture sepolte risalenti  a circa 2700 anni fa. I risultati del lavoro sono stati illustrati dall'intera équipe di ricercatori, tra cui il direttore del Parco Archeologico di Selinunte, Enrico CarusoFabio Pallotta, geoarcheologo consulente dell'Università di Camerino e da Gilberto Pambianchi, presidente nazionale dei geomorfologi e coordinatore del gruppo di ricerca dell'università marchigiana. 

Il lavoro svolto, frutto di un anno di letture e di sopralluoghi, permetterà di procedere alla conoscenza degli strati più profondi del terreno su cui i greci decisero di insediarsi.




(foto da internet)

La rivoluzionaria tecnica utilizzata dagli esperti si basa su un connubio fra geomorfologia e archeologia che permette di delineare quella che era la disposizione del terreno e degli edifici nell'antichità. Dopo 14 voli effettuati sull'area del parco archeologico,  il drone ha rilevato le strutture sepolte.
Parimenti, è stato possibile ricostruire in 3D l'ambiente della città di allora e la sua evoluzione nei secoli.
Selinunte (Σελινοῦς) fu un'antica città greca, sorta nella parte occidentale della costa meridionale della Sicilia. Fu fondata nella seconda metà del VII secolo a.C. da popoli greci provenienti dalla colonia di Megara Hyblaea, una delle prime della Sicilia. Distrutta due volte, dai Cartaginesi nel 409 a.C., e dai Romani nel 250 a.C., la città continuò ad essere abitata fino al XIII secolo circa, quando venne progressivamente abbandonata e ricoperta da sedimenti sabbiosi e vegetazione costiera. Dopo l'anno 827 d. C. vi si stabilirono tribù di Arabi, le cui sepolture sono disseminate negli strati superficiali dell'acropoli. Nel 1551 un monaco domenicano, Tommaso Fazello, la riportò alla luce.



(foto da internet)


L'attuale Parco Archeologico è tra i più grandi in Europa: comprende al suo interno un'intera città e due zone suburbane destinate ad accogliere a occidente piccoli santuari ed a oriente i grandi santuari. 
Il nome della città deriva dalla pianta di σέλινον (appio) che vegeta sulle colline dove essa ebbe sede; con la medesima voce era denominato dagli antichi anche il fiumiciattolo, oggi detto Modione, che sfociava a nord della città.
Importanti scavi, eseguiti dal 1873 al 1925, scoprirono che una parte dell'acropoli era fortificata. Selinunte ebbe il suo porto, oggi interrato, ad est dell'acropoli. Presso la spiaggia emergono avanzi di magazzini e qualche muro forse avanzo di banchina e nel tratto più pianeggiante dell'area archeologica sorgevano i templi.




(foto da internet)

Prima degli scavi del 1920-25, dell'acropoli si conoscevano solo i cinque templi e il megaron; oggi conosciamo le fortificazioni della primitiva acropoli, la pianta di altri edifici sacri, quasi tutto il temenos dei templi, il secondo altare del cosiddetto tempio C, qualche casa ellenistica e l'edificio ellenistico che serviva per il mercato, e che aveva un portico sull'agorà.
Studi recenti hanno rivelato l'esistenza a Selinunte di piccoli templi (οῖκοι) molto più antichi di quelli sopraccitati, con caratteri primitivi e con peculiarità proprie dell'architettura greca della seconda metà del sec. VII.
Le immagini offerte dal drone hanno permesso agli studiosi di ricostruire templi e vasche colme di limpida acqua sorgiva che scorreva verso il mare per offrire un prezioso ristoro ai viaggiatori. 




(foto da internet)

Un'ultima sorpresa: il ritrovamento dell’icona di Ecate o Hekate, la dea che regnava sui demoni malvagi, sulla notte e sulla luna in tutto il mondo greco, di alcuni vasi corinzi, oggetti ornamentali, statue ed addirittura un flauto di epoca greca.
Insomma, una ragione in più per andare in Sicilia... 

mercoledì 17 gennaio 2018

Le nuove regole di Ryanair

(foto da ww.corriere.it)

Tutta colpa degli italiani. E degli irlandesi. E degli spagnoli. «Perché le regole, sulle dimensioni dei due bagagli da portare a bordo, sono chiare». L’applicazione, soprattutto da parte degli italiani, sempre un po' riluttanti a rispettare le regole, molto meno. Sicuramente vi è capitato di incontrare persone che al gate si presentano con due valigie vere e proprie — altro che zaini e borse —, s’imbarcano, litigano con le hostess, gli steward, disturbano i poveri vicini di sedile e perdono preziosi minuti per trovare un posto nelle cappelliere. Posto che, poi, viene a mancare per gli altri. Risultato: il volo parte in ritardo. Le performance generali peggiorano. Il vettore finisce per calare nelle classifiche di gradimento e di qualità.

Bagaglio a mano Ryanair, in arrivo le nuove regole
(foto da www.quotidiano.net)


E allora le nuove regole son servite. Infatti, sono scattate da lunedì scorso, 15 gennaio, le nuove regole sulle valigie sui voli di Ryanair, la più grande low cost d’Europa con 128,8 milioni di passeggeri nel 2017. Si chiude così l’era del doppio bagaglio a mano: una volta all’imbarco il più ingombrante dovrà essere lasciato agli addetti per essere caricato in stiva senza costi aggiuntivi. Restano uguali le dimensioni massime sia per il più grande (55 cm x 40 cm x 20 cm, non più di 10 chili), sia per il più piccolo (35 cm x 20 cm x 20 cm). Ma mentre chi acquista l’«imbarco prioritario» (il cui costo parte da 5 euro a viaggiatore) potrà portarsi ancora il doppio bagaglio a bordo, tutti gli altri, a meno che non paghino il sovrapprezzo (da 30 a 60 euro) delle formule Plus, dovranno portare a bordo solo la borsa piccola e lasciare l’altra ai check-in per l’imbarco in stiva. 


Risultati immagini per ryan air nuove regole 15 gennaio 2018
(foto da internet)



Michael O’Leary, ad della compagnia aerea, aveva anticipato già l’idea di cambiare la politica del doppio bagaglio a bordo perché troppi passeggeri si presentavano con entrambe le valigie in un velivolo da 189 posti e con cappelliere che possono tenere al massimo una novantina di bagagli. Questo allora provocava tensioni, rallentava i tempi d’imbarco e quindi la puntualità dei voli. In parallelo la low cost irlandese ha ridotto il costo di trasporto per le valigie in stiva – che si deposita ai nastri dei banconi dei check-in – che passa da 35 a 25 euro (fino a 20 chili di peso).

lunedì 15 gennaio 2018

Modigliani: i granchi e i falsi





(foto da internet)

Prendere un granchio è un modo di dire che significa cadere in un errore grossolano. Però, di granchi, ce ne sono vari. Siamo nel luglio 2017, quando la procura di Genova ordina il sequestro di 21 quadri esposti (fra cui il celeberrimo Nudo disteso (ritratto di Cèline Howard) del 1918, presso la mostra internazionale su Modigliani, organizzata nel capoluogo ligure, a Palazzo Ducale. L'accusa: truffa aggravata, messa in circolazione di false opere d’arte e riciclaggio. Una recente perizia ha rivelato che le opere attribuite a Modigliani, esposte dal marzo 2017 a Genova, erano dei falsi clamorosi! L'intervento delle autorità giudiziarie è scattato grazie alla denuncia di Carlo Pepi, l'esperto che, nel 1984, smascherò la ormai famosa bufala delle teste attribuite a Modigliani e ritrovate nei canali di Livorno




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A Genova, stando alla perizia, l'unico originale della mostra sarebbe solo uno dei disegni esposti!
Palazzo Ducale si è subito dichiarato parte fortemente lesa nella vicenda e gli indagati sono il curatore della mostra, Rudy Chiappini, il presidente di MondoMostre Skira, Massimo Vitta Zelman e il collezionista e mercante d’arte Joseph Guttmann, proprietario di alcune delle opere ritenute false.
Lo scaricabarile era inevitabile e il curatore della mostra, dopo la clamorosa figuraccia, ha dichiarato che l’attribuzione delle opere a Modigliani non è riconducibile al suo operato...
La perizia parla, invece, di opere grossolanamente falsificate, sia nel tratto che nel pigmento e con le cornici provenienti da paesi dell’est europeo e dagli Stati Uniti, per nulla ricollegabili a Modigliani.





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L’esperto che ha denunciato il misfatto di Genova, Carlo Pepi, sostiene che, sin dagli anni ’80, era convinto della falsità dei quadri esposti a Genova. Il Pepi, uno dei massimi esperti di Modigliani, non è nuovo a queste imprese. Iniziò molto giovane a lavorare come libero professionista nel mondo dell'arte e, nel 1984, intervenne denunciando la falsità delle sculture pescate nei fossi di LivornoViterbo, invece, all’inaugurazione della mostra di disegni giovanili attribuiti a Modigliani, sostenne, con ragione, che quei disegni non erano proprio del maestro livornese. Pepi fu anche il fondatore dell’Istituzione Casa Natale Modigliani e vi creò un centro studi con libri e documenti inerenti alla figura dell’artista con importanti mostre.  
Ma torniamo alla cosiddetta beffa di Livorno che ebbe grande risonanza mondiale: nell'estate del 1984 tre sculture furono ritrovate in un canale di Livorno, la città natale di Modigliani, e gli esperti e i critici d’arte, dai famosissimi Giulio Carlo Argan a Cesare Brandi, furono tutti unanimi nell'attribuire le sculture all'insigne pittore. La città toscana, infatti, proprio in quel periodo, commemorava l’attività di scultore dell'artista, in occasione del centenario della nascita. Al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Maria erano in bella mostra 4 delle 26 teste di Modigliani e la direttrice del museo e curatrice della mostra, Vera Durbé, con la collaborazione del fratello Dario, sovrintendente alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, decise di accreditare una vecchia leggenda che girava da tempo nella città toscana: Modigliani avrebbe gettato nei fossi livornesi quattro sculture perché da lui stesso ritenute insoddisfacenti. Iniziò quindi una folle corsa alla dragatura dei canali, un’operazione che ebbe grande risonanza nei media.






(foto da internet)


Tre studenti universitari livornesi Michele Ghelarducci, Pietro Luridiana e Pierfrancesco Ferrucci decisero di scolpire una testa -con un trapano!- con tratti duri e lunghi, tipici alla Modì, e di gettarla nei fossi. 
La scavatrice, finanziata dal comune di Livorno, lavorò per una settimana senza ottenere nessun risultato; poi il miracolo: l’ottavo giorno, sotto i riflettori delle troupe televisive, le ruspe trovarono la testa nel canale.
Per più di un mese l’altezzoso mondo dell’arte -eccezion fatta del Pepi- gridò al capolavoro ritrovato. Poi i falsari decisero di confessare tutto in un’intervista a Panorama e il settimanale pubblicò alcune foto scattate dei tre studenti in un giardino nel momento stesso in cui realizzarono l’opera.
I tre buontemponi vennero anche invitati in televisione, in prima serata, per eseguire in diretta un’altra scultura alla Modì! 






(foto da internet)


Per dovere di cronaca, ricordiamo che alcuni giorni dopo il primo ritrovamento, altre due teste false furono ritrovate nei fossi. Si scoprì, in seguito, che erano opere di un altro livornese, Angelo Froglia, scultore e pittore, che volle evidenziare come, attraverso un processo di persuasione collettiva, mediante la tv, i giornali e le chiacchiere, le convinzioni della gente fossero facilmente condizionabili. 
Insomma, i grossissimi granchi non si prendono una volta e via...