venerdì 29 novembre 2013

E' stata lei



(foto da internet)

Cari chiodini vicini e lontani vi proponiamo il docufilm di Francesca Archibugi, intitolato E' stata lei  (il film inizia subito dopo la pubblicità) che Il Corriere ha lanciato lo scorso 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
La regista romana è entrata dentro un carcere e ha ritratto la vita e i pensieri di un uomo violento. Un cortometraggio che pone domande scomode, ma capace anche di regalarci, alla fine, persino un sorriso e una speranza. Già lo scorso anno, con un altro docufilm intitolato Giulia ha picchiato Filippo (vedi>>) , la Archibugi partecipò all'evento.

(foto da internet)


Quest'anno, con È stata lei, interpretato da ClaudioSantamaria e Benedetta Buccellato, racconta la violenza che si nasconde dietro la facciata di una famiglia apparentemente idilliaca; la regista parla di violenza sulle donne dal punto di vista degli uomini, mostrando un punto di vista inedito del problema, carico di interesse e di spunti di riflessione.
Per la prima volta si pone al centro della scena una domanda scomoda, soprattutto in un periodo in cui si parla invece di inasprimento delle pene: cosa fare di questi uomini?


(foto da internet)


Il film si svolge interamente in carcere dove il protagonista è rinchiuso da sei anni per violenza. Non ha carattere documentaristico, ed è una sorta di novella cinematografica.
Un altro aspetto di cui si parla poco, ma a cui la Archibugi accenna con realismo e delicatezza, è quello della violenza assistita: il  danno psichico che subiscono i minori che assistono a violenza.

Molto interessante nel film è il ruolo della magistrata di sorveglianza, una mamma che ha un rapporto particolare con il figlio.

mercoledì 27 novembre 2013

Sentimeter



(foto da internet)

Sono sempre più diffuse le analisi che si propongono di “misurare”  l’evoluzione dell’umore di una collettività in base al monitoraggio dei messaggi che sono pubblicati ogni giorno, ora e minuto in quella gigantesca Agorà virtuale che oramai è diventata la Rete, concentrandosi, ad esempio, sul livello di stress che in essi traspira, o sulla relativa diffusione di sentimenti quali rabbia o felicità.  Questi lavori, che hanno a loro volta implicazioni per le scienze mediche e per la psicologia, danno adito anche a possibili utilizzi più ampi, legati alla valutazione, ad esempio, del grado di benessere soggettivo dei cittadini. In Italia, e non solo, il dibattito a riguardo è ancora all’inizio. Ma analizzando i messaggi pubblicati ad esempio su Twitter durante le 24ore di una tipica giornata autunnale italiana, qualche cosa di interessante si può dire. Distinguendo tra tweet che esprimono un sentimento positivo (di felicità, ottimismo, ecc.: in verde nel video), uno neutro (in giallo), e un sentimento negativo (di tristezza, arrabbiatura, ecc.: in rosso), scopriamo che, nonostante le tante preoccupazioni che gli italiani stanno vivendo in questo 2013, la maggior parte dei tweet presenta comunque un contenuto positivo. Fanno parzialmente eccezione città come Milano, Roma, Napoli e Torino, che nel corso della giornata vedono crescere in modo non marginale la densità di “rabbia” sotto forma di puntini rossi, concentrati in particolare nelle ore di ufficio. Tenendo presente il (sovrappiù di) stress tra traffico, lavoro e inquinamento che il vivere in grandi metropoli normalmente comporta, questo dato non dovrebbe sorprendere (troppo).

(foto da internet)

E se si considerassero tutti i messaggi assieme? Dalla mappa che emerge, e che riportiamo qui di seguito, si nota che a “twittare” non sono solo alcune zone del paese. Al contrario, l’utilizzo di Twitter appare diffuso in tutta Italia. Gli unici “buchi” nella mappa corrispondono alle aree in cui la copertura di rete è minore, ovvero quelle rurali, così come quelle boschive e montane. Solo da queste zone, a quanto sembra, non si registrano cinguettii, almeno nei giorni che si sono considerati. Insomma, dalle Alpi alla Sicilia, la voce dei social media in Italia si fa sentire.

(foto da internet)

Sentimeter è la misurazione dei sentimenti "al centimetro", con l'accuratezza del metodo scientifico. Si propone di raccontare il sentimento della rete sui temi caldi discussi sui social media cercando di anticipare o cogliere ciò che i metodi di indagini tradizionali non sono in grado di catturare per quantità e velocità di dati raccolti. Sentimeter è un blog curato dai ricercatori di Voices from the Blogs, un gruppo di ricerca dell'Universìtà degli Studi di Milano. 


lunedì 25 novembre 2013

Luoghi d'Italia (XIII)



(foto da internet)

Il nostro viaggio prosegue ancora verso sud, in Molise, alla volta di Oratino, in provincia di Campobasso
Il toponimo del  borgo potrebbe derivare dal  latino Oratenus, che starebbe per “visibile dappertutto”, quindi “luogo panoramico”.
A Oratino, tra il '600 e l'800, grazie soprattutto al mecenatismo dei duchi Giordano, sorse un'ntensa attività artigianale che diede lustro a portali, balconi, balaustre delle dimore gentilizie, così come agli interni delle chiese,  opera di fabbri, scalpellini, doratori, vetrai e pittori. 
Non esistono  altri centri del Molise che possano vantare una tale concentrazione di artisti e artigiani. Molti di loro, formatisi in ambiente napoletano, hanno lasciato tracce sino in Campania e in Abruzzo. 
La visita del paese inizia dalla Chiesa di Santa Maria Assunta, nel centro storico, che risale al XIII secolo. e che conserva, nella volta della navata centrale, l’Assunzione della Vergine, un affresco di CiriacoBrunetti terminato nel 1791. 



(foto da internet)

Per ammirare l’arte applicata all’intaglio del legno, bisogna uscire dal borgo e recarsi alla Chiesa di Santa Maria di Loreto. Qui troviamo due interessanti statue, la Madonna del Rosario dello scultore secentesco Carmine Latessa, e quella di Sant’Antonio Abate di Nicola Giovannitti, datata 1727. 
Torniamo ora nel borgo per continuare il nostro giro. Uno sguardo merita il Palazzo Ducale, nato come castello fortificato nel XIV secolo, trasformato in residenza gentilizia nel XVIII, e oggi  di proprietà privata. 
Magnifici portali in pietra, come quelli di Palazzo Ducale e di Casa Giuliani, ci inducono a ricordare alcuni artisti oratinesi: lo scalpellino Domenico Grandillo, lo scultore Silverio Giovannitti, gli indoratori Giuseppe Petti, Agostino Brunetti, Modesto Pallante, i pittori Benedetto Brunetti. 




(foto da internet)

Passeggiando per via Piedicastello, o lungo piazza Giordano, o ancora affacciandosi al belvedere, si può ammirare  la vallata del Biferno, luogo di transumanze, di antichi percorsi delle greggi,  vie d’erba che scendevano dall’Appennino seguendo la naturale conformazione dei luoghi. 
I prodotti tipici del paese sono i ceci e le cicerchie, ingredienti, che sono alla base del piatto che viene cucinato sul sagrato della chiesa il 17 gennaio, mentre arde il falò acceso in onore di Sant’Antonio abate.



(foto da internet)

Tutta la Valle del Biferno è zona di grande tradizione gastronomica. Tra i primi, ricordiamo la minestra di laganelle (piccole lasagne fatte a mano) e fagioli. Tra i secondi, menzione speciale per il tipico cacio e ova con salsiccia, un composto di formaggio di capra e uova cotto nel sugo di salsiccia.
Buon viaggio!

venerdì 22 novembre 2013

Salviamo Via Gluck?





(foto da internet)

La Via Gluck, o meglio la Via Cristoforo Gluck -in realtà dovrebbe chiamarsi Via Christoph Willibald Gluck-, musicista tedesco del XVIII secolo, noto esponente del classicismo viennese- ,si trova a Milano, nel quartiere Greco. Lì, il 6 gennaio 1938, nacque Adriano Celantano, figlio di Leontino e Giuditta, originari entrambi di Foggia ed emigrati in cerca di fortuna nel capoluogo della Lombardia.
La Via Gluck deve la sua fama ad una nota canzone del molleggiato, intitolata Il ragazzo della  Via Gluck
E' tornata alla ribalta in questi giorni, grazie alla polemica sorta attorno ad una decisione della giunta comunale milanese con la quale il Comune vorrebbe tutelarla con un vincolo paesaggistico. 
Celentano ha emesso un breve comunicato che dice: "Ringrazio gli amici della Martesana (la zona est della città) e tutti coloro che si sono adoperati per dare lustro a Via Gluck, anche se, pur comprendendo la motivazione affettiva nei miei confronti, non sono affatto d’accordo che sia un bene da tutelare come area di notevole interesse pubblico". 



(foto da internet)


Il molleggiato afferma: "si poteva proteggere la via in questione molto tempo fa, quando la Via Gluck era davvero un bene da tutelare, come quasi tutta Milano. Ma oggi no. Oggi la Via Gluck è una delle vie più brutte d’Italia".
La giunta comunale, rappresentata dal vicesindaco con delega all’Urbanistica Ada Lucia De Cesaris, ha ribattuto che è intenzione del Comune riqualificare la zona nel rispetto di questa importante memoria storica, dato che i milanesi hanno una spiccata partecipazione affettiva per questa via immortalata da Celentano (vedi>>).




(foto da internet)

A favore della Via Gluck si stanno muovendo da tempo i circoli milanesi di Legambiente e l’Associazione amici della Martesana. La via è lunga circa 90 metri, e in un palazzo di fine '800, al civico 14, dov'è nato il cantante, alcune associazioni hanno deciso di dedicare una targa all'illustre milanese con alcuni versi della celeberrima canzone: gente tranquilla, che lavorava
Ma, a Milano, oggi, tranquillità e lavoro ce ne sono?

mercoledì 20 novembre 2013

Sole a catinelle inarrestabile


(foto da internet)

Il film di Checco Zalone raggiunge i 43.795.442 euro d'introiti totali con i guadagni dell'ultimo weekend (1° con 6.370.892 euro) e diventa il film del comico pugliese che ha incassato di più (Che bella giornata si era fermato a 43.474.000). Un risultato straordinario, se si pensa che Sole a catinelle è appena alla terza settimana di programmazione e che può ulteriormente incrementare il suo bottino nelle prossime settimane. 



 



Zalone batte se stesso e stabilisce un nuovo record come film italiano più visto di tutti i tempi confermando il soprannome che gli esercenti, provati dalla crisi, gli hanno dato: San Checco. Solo il tempo ci dirà se il film diretto da Gennaro Nunziante riuscirà a battere anche il film che globalmente ha stracciato ogni record: Avatar. Il film di James Cameron infatti in Italia ha incassato più di 65 milioni di euro, seguito dai 50 milioni diTitanic



 



È il dato più significativo del botteghino monitorato da Cinetel dal 14 al 17 novembre, che rivela il momento d'oro per la commedia italiana, visto che al secondo posto troviamo Stai lontana da me di Alessio Maria Federici, commedia romantica con Enrico Brignano e Ambra Angiolini e al 4° posto L'ultima ruota del carro di Giovanni Veronesi, preceduto dal cartoon Disney Planes.

lunedì 18 novembre 2013

Luoghi d'Italia (XII)



(foto da internet)

Il nostro viaggio prosegue verso sud, in Abruzzo, alla volta di Civitella del Tronto, in provincia di Teramo..
Civitella, è la volgarizzazione di civitas, e il termine Tronto si riferisce all’importante fiume delle Marche, che nasce in Abruzzo. 
Il borgo è sospeso su un cucuzzolo tra mare e monti. Elevato su un possente masso granitico sulla strada che congiunge Ascoli e Teramo, il borgo è capace di stupire in ogni stagione, sia quando i boschi presentano colori decisi, sia quando l’inverno imbianca le tegole. 
Da vedere i resti della cerchia muraria del XIII secolo che caratterizza questa città-fortezza, baluardo settentrionale del Regno di Napoli al confine con lo Stato Pontificio. 
Da qui inizia il nostro itinerario:  la Fortezza fu edificata dagli spagnoli nella seconda metà del XVI secolo e incastonata in cima al paese come un’acropoli. 





(foto da internet)

Importante opera d’ingegneria militare, è tra le fortificazioni più grandi d’Europa. 
La fortezza faceva anche da guardia al sottostante borgo, dove oggi ci si può perdere nelle stradine – chiamate alla francese rue – tra le quali pare vi sia la più stretta d’Italia: la ruetta. Tra gli edifici di culto, è da vedere innanzitutto la Collegiata di San Lorenzo della fine del XVI secolo, all’interno della quale vi sono notevoli dipinti del XVII secolo. 
Quasi contemporanea è la chiesa di San Francesco.
Quanto agli edifici civili, spicca su tutti il Palazzo del Capitano del XIV secolo, che mostra in facciata le cornici  intagliate a soggetto naturalistico con lo stemma degli Angiò. 
Fuori le mura, merita una visita il Convento di Santa Maria dei Lumi, così detto per i misteriosi avvistamenti di luci, eretto nella prima metà del Trecento dai francescani e ancora condotto dai Conventuali, fu uno dei primi centri benedettini d’Abruzzo 
Notevole l’artigianato locale: ferro battuto, legno tornito e ceramica. 
Civitella è nota anche per i suoi salumi, i formaggi, le patate, i legumi, l'olio e i biscotti, ma anche i tartufi neri, i funghi e il cinghiale.



(foto da internet)


Il piatto tipico sono le cosiddette ceppe: una sorta di maccheroni ottenuti all’inizio con un impasto di sole farina e acqua, cui nel tempo si sono aggiunte le uova. Il nome fa riferimento al bastoncino - la ceppetta, oggi sostituita da un fil di ferro - intorno alla quale si avvolgevano piccole porzioni d’impasto per poi sfilarle in forma di maccheroni. 
Tra i secondi piatti segnaliamo il filetto alla Borbonica, una fetta di pane e una spessa fetta di carne, mozzarella e acciughe.
Buon viaggio!

venerdì 15 novembre 2013

Le bici vanno a ruba



(foto da internet)

C'era una volta Ladri di bicclette, il capolavoro di De Sica, film nel quale Antonio Ricci, un attacchino comunale, per lavorare deve possedere una bicicletta. Il primo giorno di lavoro, mentre incolla maldestramente un manifesto cinematografico, la bicicletta gli viene rubata. Disperato e amareggiato, si mette alla ricerca della bicicletta. Quando, dopo varie peripezie, alla fine del film, Antonio cerca di rubare una bicicletta incustodita per poter continuare a lavorare, viene subito aggredito dalla folla. Solo il pianto disperato del figlio Bruno, gli eviterà il carcere.  
Molti anni dopo, quando ormai le due ruote in Italia hanno, di gran lunga, superato le auto, è aumentata anche la percentuale di furti: quasi due italiani su tre hanno sofferto i ladri di biciclette. Si stima che ne spariscano circa tremila al giorno.  Ma solo 1 su 5 denuncia il furto. 
Il boom delle vendite e la mancanza di una cultura della bici legale hanno dato il via a un circolo vizioso che favorisce i ladri. 



                               (foto da internet)


Con un livello così basso di denunce e senza un sistema di riconoscimento valido del mezzo è difficile recuperare la propria bicicletta. Inoltre, spesso inconsapevolmente, sono ancora molti ad acquistare bici in nero e di dubbia provenienza, allettati dai prezzi stracciati. 
Una bicicletta nuova da passeggio costa all'incirca tra 150 e 400 euro, contro i 30-40 di una rubata. Per dare l'idea del peso economico di quello che sembra un reato da niente, in Italia ogni anno spariscono un milione di biciclette, per un valore medio di oltre 200 milioni di euro. 
Per difendere la propria bici non mancano le invenzioni e le iniziative. Da antifurti, ad applicazioni per Iphone, fino a vere e proprie campagne a livello locale. Sono sempre di più gli italiani che decidono di targare il proprio veicolo: utilizzando un efficace sistema di etichettatura permanente con un numero di identificazione univoco, la possibilità di ritrovare la propria bicicletta sale del 70%. 



                               (foto da internet)


Inoltre circa in 100 mila hanno iscritto i veicoli nel Registro italiano bici, un sistema, consultabile anche dalle forze dell'ordine, che permette di identificare il proprietario della bicicletta, di segnalare un furto o un ritrovamento e di verificare se il prodotto che si sta comprando sia stato rubato. 
Torino ha invece istituito il progetto Ladri di biciclette che prevede la creazione di una rete nel territorio e, in particolare, con tutte le associazioni degli amanti delle due ruote per un reciproco scambio di informazioni. Ma alcuni semplici accorgimenti potrebbero comunque salvare la nostra bici: ad esempio in pochi sanno che i lucchetti a spirale sono quasi un incentivo al furto, mentre risultano abbastanza sicuri quelli a U
Inoltre, quando si lega la bici, bisogna assicurarsi di unire telaio e ruota e di bloccarli su di un sostegno fisso. Legare solo la ruota non è infatti sufficiente a scoraggiare i ladri. Infine annotare il numero di telaio e fotografare il mezzo possono facilitare l'identificazione in seguito al suo ritrovamento. Anche la tecnologia contribuisce a complicare la vita ai ladri. 




                               (foto da internet)

Negli ultimi anni sono state inventate app contro il furto. Esasperati dal fenomeno dei furti i cittadini di Montreal hanno creato una vera e propria community app Bike Watch che permette di segnalare bici sospette e rintracciare quelle rubate. 
In Italia, il sito Turbolento.net ha creato una vera e propria carta d'identità per le due ruote con cui è facile rintracciare i mezzi rubati. Da segnalare l'iniziativa degli scatenati.it, un gruppo di ragazzi di Bologna che per combattere il giro di bici rubate, organizza aste dove è possibile comprare a cifre ridotte e insegna a riparare i propri mezzi. 

mercoledì 13 novembre 2013

Il blog dei fallimenti

(foto da internet)


Si chiama Startupover, è curato da un imprenditore, Andrea Dusi, e racconta piccoli e grandi flop aziendali: da quello di Segway, il monopattino elettrico che avrebbe dovuto rivoluzionare il mondo dei trasporti, al salvataggio di Airbnb, il sito per affittare casa o stanze ai turisti a lungo a rischio chiusura. "L'obiettivo  -  spiega  -  è creare una cultura positiva del fallimento". Non tutte le nuove imprese ce la fanno. Anzi, la maggior parte chiude i battenti. Negli Stati Uniti solo una startup su quattro resiste"


(foto da internet)

"Quando si discute di startup, sembra siano tutte idee belle e destinate al successo. In realtà, non è affatto così: su 100 società attive negli Stati Uniti nel 2008, oggi ne sono rimaste solo due. Il tasso di fallimento si aggira intorno al 96 per cento", spiega Andrea Dusi, trentotto anni, veronese. Lui ha rotto il silenzio. Ha deciso di essere onesto. Di sfidare la moda e di aprire un blog, Startupover, dove raccontare di piccoli e grandi insuccessi. Storie di flop con le quali, in meno di un mese, ha già conquistato un piccolo esercito di "fan" sui social network. E in uscita c'è persino una versione in inglese. "L'obiettivo  -  spiega  -  è offrire spunti per imparare dalle sconfitte degli altri come dalle proprie. A mancare nel Belpaese è una cultura del fallimento; in America se non sbagli almeno una volta non hai avuto alcuna lezione e gli investitori non si fidano di te. A fallire, inoltre, non è la persona ma il prodotto. In Italia è diverso: sbagliare è un dramma personale".


(foto da internet)

La storia dei "perdenti" è strana, va a zig-zag. Racconta Dusi: "Una delle più comuni è: promettere più di ciò che si è effettivamente in grado di fare... Fare una startup digitale non è più facile di creare una normale impresa. Solo che nell'ultimo caso la media di chi riesce a resistere è pari al 20 per cento, mentre nel primo al cinque". E lui lo sa bene. Alle spalle ha una sconfitta, un'azienda di t-shirt con una manica lunga, l'altra corta, ma anche una soddisfazione di nome "Wish days", impresa di regali con 120 dipendenti e 45 milioni di fatturato, che continua a crescere. Com'è lavorare in Italia? "Sicuramente più difficile. I motivi? Burocrazia, costi per le procedure d'avvio, tasse sugli utili e costo del lavoro. Però se si è bravi, ci si riesce anche qui"


Quindi, lo slogan anticrisi tutto italiano: "Non hai lavoro, crea la tua propria impresa" non sembra essere così facile. 

lunedì 11 novembre 2013

Luoghi d'Italia (XI)


(foto da internet)

ll nostro viaggio continua ancora verso sud, in Emilia Romagna, in provincia di Rimini. Ci dirigiamo al borgo di San Leo, che deve il suo nome al Santo Leone che, giunto insieme a San Marino dalle coste della Dalmazia, avrebbe evangelizzato la zona diventandone il primo vescovo. 
Il monte su cui poggia San Leo dà nome all’intero comprensorio: il Montefeltro, storicamente appartenuto alle Marche.
San Leo svetta su 600 metri d’altezza; la rocca domina la vallata e un panorama di boschi, picchi rocciosi e calanchi che si spinge fino al mare. Il borgo è raccolto e compatto, ancora lastricato in pietra e pervaso di una rilassante atmosfera. 
La visita al borgo inizia dall’edificio più antico, la Pieve, che raccoglie intorno a sé il nucleo della città medievale. Costruita in epoca carolingia e rimodernata in età romanica, la pieve sarebbe sorta tra VIII e X secolo nel luogo – sostiene la tradizione – dell’originaria celletta in cui San Leone si ritirava in preghiera. L’interno è a pianta basilicale con tre navate separate da pilastri e colonne.


(foto da internet)

In quello stesso secolo, accanto alla pieve fu eretta la Cattedrale, consacrata al culto del Santo Leone. A partire dal 1173 (la data è scolpita sul pilastro di una navata) la cattedrale fu completamente rinnovata nelle forme romanico-lombarde e unita alla possente torre campanaria di probabile origine bizantina. Nel catino dell’abside centrale del presbiterio è conservato un Crocefisso del XIII secolo, mentre nella cripta le colonne hanno capitelli bizantini. 
Da non perdere la piazza Dante Alighieri con gli edifici civili e la sede municipale, la chiesa della Madonna di Loreto e abitazioni costruite fra il XIV e il XIX secolo.


(foto da internet)

Fuori  dall’abitato, per ragioni difensive, si erge la Fortezza costruita in cima a uno sperone di roccia in quasi miracoloso equilibrio. Il mastio medievale, fu disegnato nel 1479 per volere di Federico da Montefeltro.  La fortezza fu protagonista di importanti vicende guerresche durante il periodo rinascimentale, che alimentarono la fama della sua inespugnabilità. Con la devoluzione del ducato di Urbino allo Stato Pontificio (1631), la rocca perse il suo scopo militare e fu adattata a carcere. Dal 1791 e fino alla morte avvenuta nel 1795, vi fu rinchiuso il conte di Cagliostro, uno dei più enigmatici avventurieri dell’età dei Lumi. Il carcere fu utilizzato anche per molti patrioti antipapalini.
A circa due km dall’abitato si trova il convento di Sant’Igne, la cui fondazione è attribuita a San Francesco



(foto da internet)

Da degustare il celeberrimo coniglio al finocchio selvatico, il cosiddetto balsamo di Cagliostro, un digestivo a base di liquirizia e il miele della zona.

Buon viaggio!


venerdì 8 novembre 2013

Ettore Scola (a Valencia)




 (foto da internet)

Cari chiodini (solo) vicini, la Filmoteca della Generalitat Valenciana, in collaborazione con la Cineteca di Bologna, ha organizzato un interessante ciclo dedicato al regista italiano Ettore Scola.
La presentazione del ciclo si è tenuta mercoledì scorso  a cura di  Andrea Morini.
Ettore Scola è stato protagonista, prima come sceneggiatore e poi da regista, di alcune delle più belle pagine del nostro cinema. 
Nato a Trevico (Avellino) nel 1931, ha cominciato la carriera giornalistica collaborando con la rivista umoristica Marc'Aurelio mentre frequenta la facoltà di Giurisprudenza a Roma. Dalla metà degli anni '50 ha cominciato a scrivere sceneggiature collaborando con Age e Scarpelli, per film come Un americano aRoma (1954), La grande Guerra (1959) e Crimen (1960). 



(foto da internet)

L’esordio alla regia è del 1964, con il film Se permettete parliamo di donne con Vittorio Gassman, che insieme a Nino Manfredi e Marcello Mastroianni, sarà uno degli attori preferiti da Scola. 
Con Il commissario Pepe (1969) e Dramma della gelosia, Scola entra nel decennio più importante della sua carriera. Nel 1974 ha diritto C'eravamo tanto amati, film che ripercorre un trentennio di storia italiana dal 1945 al 1975 attraverso le vicende di tre amici interpretati da Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Stefano Satta Flores, tutti innamorati di Luciana (Stefania Sandrelli). Il film è un il capolavoro che lo consacra definitivamente tra i grandi del cinema italiano regalandogli anche la fama internazionale. Seguono altri titoli imprescindibili quali Brutti, sporchi e cattivi (1976) e Una giornata particolare (1977) con Sophia Loren e Marcello Mastroianni, forse la pellicola di Scola più acclamata anche all’estero. 




(foto da internet)

Nel 1980 il regista ha girato La terrazza, amaro bilancio di un gruppo di intellettuali di sinistra in crisi. Emblema degli anni ’80 di Scola è il film La famiglia (1987), commedia che ripercorre 80 anni di storia (1906-1986) con Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli e Fanny Ardant.
Con il film narrativo Concorrenza sleale ambientato durante il Fascismo e il documentario dedicato a Roma, Ettore Scola ha concluso la sua carriera cinematografica.

Ettore Scola ha fatto parte del governo ombra del PCI nel 1989 con delega ai Beni Culturali.
Insomma, un'occasione unica per conoscere da vicino uno dei maestri del cinema italiano (ah, fate in fretta! La Filmoteca potrebbe chiudere... tira un'arietta!)

mercoledì 6 novembre 2013

Il Bon ton a tavola


(foto da internet)
Un proverbio recitava "a tavola e al tavolino si riconosce il signore e il signorino". Forse per questo  l'Accademia Italiana Galateo ha voluto verificare quanto si conosce del galateo della tavola in Italia. 
Risultato: bon ton alquanto sconosciuto. Dal sondaggio effettuato su più di 500 persone, emerge un disastro. Samuele Briatore, Presidente dell'Accademia Italiana Galateo, illustra gli errori più frequenti e spiega come ci si dovrebbe comportare secondo le regole del galateo.

1) Buon appetito! Errore: l’87% degli intervistati crede che dire “buon appetito” sia un atto di cortesia, ma in realtà è sbagliato iniziare il pasto così.
Cosa dice il galateo: per gli aristocratici, infatti, la tavola era un'occasione per conversare, creare alleanze e sinergie. Il cibo era solo un contorno piacevole alla conversazione. La nobiltà non arrivava mai affamata ad una tavola formale. Ecco perché augurare buon appetito è scorretto. L'inizio del pasto avviene in silenzio e con disinvoltura, seguendo il padrone o la padrona di casa.

2) Cin Cin. Errore: il 74% crede sia giusto che al brindisi venga detto "cin cin" ma anche in questo caso, si tratta di un'abitudine sbagliata.

Cosa dice il galateo:  "Cin cin" è frutto della moda orientale diffusa nello scorso secolo nei salotti borghesi, un augurio che non si addice alle situazioni formali, ma è ben peggiore il milanese "bollicine". Il galateo vuole che i calici vengano alzati con un piccolo e discreto cenno. Se qualcuno vuole fare un augurio che sia almeno sincero e motivato.



(foto da internet)


3) Mai chiedere il sale. Errore: il 95% non sa che per il galateo, nel caso un piatto sia insipido, il sale non deve mai essere chiesto alla padrona di casa.
Cosa dice il galateo: il sale era la moneta dell'antichità. Ancora oggi sulla tavola dovrebbe essere sempre presente, in piccole ciotoline e mai nelle saliere. Chiedere il sale, se non presente sulla tavola, è un gesto scorretto: la richiesta è un'affermazione velata che non apprezziamo il cibo offerto. Inoltre, essendo indice di ricchezza, avrebbe potuto mettere a disagio la padrona di casa nel caso lo avesse finito.

4) Formaggio e uova: Errore: l'82% non sa che formaggio e uova non devono mai essere tagliate con il coltello.

Cosa dice il galateo: il coltello deve essere utilizzato solo per tagliare e le uova e il formaggio morbido possono essere tagliati con la forchetta, quindi non serve il coltello. Ancora peggiore sarebbe utilizzare il coltello per aiutarsi a raccogliere formaggio, uova o altro sulla forchetta, in questo caso meglio se vi aiutate con un pezzetto di pane.



(foto da internet)


5) Come spezzare il pane. Errore: il 76% non sa che il pane va spezzato con le mani. 
Cosa dice il galateo: per lo stesso motivo del formaggio e delle uova, il pane non va mai tagliato a tavola con il coltello, bensì spezzato con le mani (influisce anche la religione su questo avvertimento del galateo). Il pane va spezzato in piccoli pezzi sul piattino da pane posto alla destra del piatto, senza riempire di briciole la tavola.

6) Mangiare il brodo. Errore: il 93% crede che per raccogliere gli ultimi cucchiai del brodo o del consommé il piatto o la tazza debba essere rivolta verso se stessi, invece che verso l'interno del piatto. Ma è sbagliato.
Cosa dice il galateo: inclinando verso di sé il piatto si ha meno padronanza del gesto ed è possibile rovesciare il tutto. Inclinandolo verso l'esterno si riesce a gestire meglio il gesto senza assumere posizioni a tavola scorrette.

7) Posate. Errore: il 79% crede erroneamente che sia giusto che nelle interruzioni del pasto le posate vadano appoggiate con i lembi al piatto e le basi sulla tovaglia. In realtà, non esiste indizio più evidente di "sgalateo" che le posate appoggiate con i lembi al piatto: sughi o oli possono colare sulla tovaglia e sporcare i manici delle posate.
Cosa dice il galateo: durante le pause le posate vanno messe nel piatto con i lembi rivolti verso il basso, la posizione esatta è raffigurata dalle 20.20 dell'orologio. Finito il pasto le posate sono con i lembi verso l’alto, parallele alle ore 6.30.





(foto da internet)







8) Tovagliolo. Errore: il 56% pensa che il tovagliolo sulle gambe non possa essere utilizzato per la bocca. Ma il tovagliolo è sulla tavola per essere usato e non per decorazione.
Cosa dice il galateo: deve essere utilizzato sopratutto ogni volta che si decide di bere un sorso di acqua o di vino. Sgradevole in una tavola formale vedere i calici degli invitati unti e con l'impronta della labbra.



9) Caffè. Errore: il 68% crede sia corretto mettere in bocca il cucchiaino del caffè dopo aver mescolato.
Cosa dice il galateo: in realtà, il cucchiaino va utilizzato solo per mescolare e viene portato alla bocca solo quando deve portare qualcosa, mai per pulirlo. Il caffè deve essere mescolato con delicatezza meglio se dal basso verso l'alto, il movimento circolare e veloce è molto scorretto. Il cucchiaino, dopo aver mescolato il caffè, va poggiato sul lato del piattino.



10) Posizione di piatti e bicchieri. Errore: apparecchiare una tavola sembra essere una vera sfida per la maggioranza delle persone, soprattutto per via di modelli di riferimento sbagliati. Infatti l'85% non conosce la giusta posizione di piatti, bicchieri e posate.
Cosa dice il galateo: le posate sono ai lati del piatto, e fin qui nessun problema, alla destra vanno i coltelli con la lama rivolta verso interno e per ultimo all'esterno il cucchiaio. Alla sinistra le forchette in ordine di utilizzo, dall'esterno all'interno. I bicchieri vanno posizionati sulla metà a sinistra del piatto alto. Il bicchiere del vino deve stare sopra la punta del coltello e verso il centro il bicchiere dell'acqua. Vicino ai bicchieri va posizionato il piattino per il pane.