lunedì 29 settembre 2014

Gaber (m/f)






(foto da internet)

La canzone La libertà (ascolta>>), scritta da Giorgio Gaber nel 1972, è un testo potente con un ritornello che è un vero e proprio manifesto: 
"La libertà non è star sopra un albero / non è neanche il volo di un moscone / la libertà non è uno spazio libero / libertà è partecipazione" (vedi il testo completo>>). 
E se il cantautore milanese afferma, a mo' di incipit: "Vorrei essere libero, libero come un uomo"anni dopo, abbiamo sentito cantare, provocatoriamente, lo stesso testo al femminile: "Vorrei essere libera, libera come una donna" che non guasta affatto (ascolta>>). 





(foto da internet)

La sfida, la provocazione gaberiana, è, dunque, ancora viva. La figlia di Giorgio Gaber, Dalia, alma mater della Fondazione Gaber,  ha permesso che nascesse questa versione al femminile de La libertà appositamente per Il
tempo delle donne, un maxi spazio fatto di incontri, feste e dibattiti che si è tenuto alla Triennale di Milano, dedicato alle donne (e agli uomini), da venerdì 26 a domenica 28 settembre, e ideato dalla Fondazione Corriere, ValoreD e Women for Expo.
Dalia Gaber sostiene che, nella mitica canzone di suo padre, si è cambiato uomo con donna per poter offrire una versione ironica a questo brano (attualissimo) che ha più di quaranta anni. 
Il peso di portare il testo di Gaber al femminile è toccato ad Andrea Mirò, una raffinata cantautrice, compositrice, musicista e direttrice d’orchestra. 




(foto da internet)

La Mirò, affascinata dall'idea, ha raccolto l'idea insolita cantando la canzone con la sua elegantissima voce. 
La cantautrice sostiene: "Viviamo in una società ambivalente: da una parte c’è una donna ultra liberata, qualche volta sopra le righe e dall’altra parte ci sono femminicidi, soprusi, luoghi dove le donne sembrano vivere ancora nel Medioevo. Ci sono concetti che vanno ancora ribaditi. È una cultura al femminile che deve essere sviluppata nelle menti e nei cuori degli uomini, ma anche delle donne". 
La cosa più bella di questa libertà gaberiana al femminile? Forse la sua forte provocazione. 
L'indimenticabile Gaber (Giorgio) ne andrebbe fiero.

venerdì 26 settembre 2014

Due meraviglie (restaurate) di Roma








(foto da internet)

Dopo alcuni anni di lavori, i turisti che visitano Roma potranno ammirare due gioielli dell'immenso patrimonio culturale della capitale.
Il primo di essi è la cosiddetta Natatio delle Terme di Diocleziano, le più grandi del mondo antico. 
Oltre alla Natatio,  e dopo circa sessant’anni di chiusura, è stato riaperto il cosiddetto chiostrino Ludovisi, attribuibile a Giacomo del Duca assistente di Michelangelo, testimonianza delle trasformazioni che nei secoli hanno coinvolto le terme imperiali. 

La Natatio era la più grande piscina scoperta dell'antichità. Si estendeva per oltre 4mila metri quadrati, fino all’attuale via Cenaia (oggi la sua parte centrale è occupata dal suddetto chiostrino Ludovisi). 



(foto da internet)

Profonda poco meno di un metro e mezzo, conteneva cinquemila metri cubi d'acqua. Spettacolare è la facciata di oltre venti metri concepita come una scenografia teatrale che tanto ha suggestionato gli artisti dal ’500 al ’700, dal Palladio a Piranesi. In tutto le terme, utilizzate fino al V secolo, ricoprivano 14 ettari di superficie, con tanto di Frigidarium, Tepidarium e Calidarium
Pur essendo un luogo a destinazione anche popolare (non vi era separazione tra schiavi e patrizi, né tra uomini e donne), erano ricoperte di preziosissimi marmi policromi e mosaici, statue e trabeazioni, tutte espoliate nei secoli. 
A testimoniarlo, la ricostruzione in 3d ispirata agli acquarelli ottocenteschi di Edmond Paulin


(foto da internet)

Per l'occasione, la Sovrintendenza capitolina, ha appena inaugurato ai Mercati di Traiano, la mostra Le chiavi di Roma. La città di Augusto, in gemellaggio contemporaneo con Alessandria d’Egitto, Sarajevo e Amsterdam
Il filo rosso conduttore dell'esposizione è il racconto della Roma trasformata in impero sotto la guida, l’estro e l’intelligenza di Augusto. Si possono visitare virtualmente tutti i monumenti legati all’imperatore, dall’Acquedotto Vergine al Teatro di Marcello. Si può ascoltare mentre parlano Agrippa, il braccio destro di Augusto, e Livia la moglie dell'imperatore. 


(foto da internet)

Un'altra gioia che riapre i battenti, o meglio, le cannelle, è la 
fontana della Barcaccia del Bernini. 
Nel 1627, il papa Urbano VIII incaricò Pietro Bernini, che già lavorava all’ampliamento dell’acquedotto romano, di realizzare una fontana nella piazza sottostante la chiesa della Trinità dei Monti che allora, in mancanza della scalinata, sorgeva sul bordo di una scarpata. L'opera fu completata nel 1629, e il Bernini fu aiutato anche dal figlio Gian Lorenzo, che probabilmente la completò alla morte del padre.
La sua realizzazione comportò il superamento di alcune difficoltà tecniche, dovute alla bassa pressione dell'acquedotto dell'Acqua Vergine in quel luogo, che non permetteva la creazione di zampilli o cascatelle. 
Il Bernini  risolse l'inconveniente ideando la fontana a forma di barca semisommersa in una vasca ovale posta leggermente al di sotto del piano stradale, con prua e poppa, di forma identica, molto rialzate rispetto ai bordi laterali più bassi, appena sopra il livello del bacino. 
Era la prima volta che una fontana veniva concepita interamente come un’opera scultorea, allontanandosi dai canoni della classica vasca dalle forme geometriche.



Secondo una versione popolare molto accreditata, la sua particolare forma potrebbe essere stata ispirata dalla presenza sulla piazza di una barca in secca, portata fin lì dalla piena del Tevere del 1598.
La Barcaccia torna a essere il centro di gravità permanente di piazza di Spagna, punto di riferimento per romani e turisti. Il restauro del monumento in travertino, iniziò a fine ottobre 2013 e venne finanziato con la concessione di spazi pubblicitari.
Il lavoro ha previsto la disinfestazione, la pulitura delle superfici, il consolidamento, la rimozione delle stuccature inidonee e non più funzionali, la stuccatura delle mancanze e delle fessurazioni, l'applicazione di un protettivo finale e l'impermeabilizzazione delle vasche, oltre alla risistemazione dei sampietrini nello spazio circostante la fontana. 
Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha annunciato che nei primi mesi del 2015 inizierà il restauro della celeberrima scalinata di Trinità dei Monti
Insomma, buone nuove...




mercoledì 24 settembre 2014

OK Venice!


(foto da internet)

OK Venice! è una nuova guida interattiva per la visita della città di Venezia: un’app per Google Glass che permette di vivere un’esperienza unica dove conoscenza e gioco si intrecciano in una sorta di caccia al tesoro lungo un itinerario di luoghi e monumenti insoliti e secondo tre tematiche principali - storia, arte e artigianato - che hanno reso Venezia unica al mondo. 
Con Ok Venice! il visitatore si troverà immerso in una nuova dimensione che lo guiderà, tramite una mappa interattiva e georeferenziata a tappe, attraverso le calli di Venezia. A ogni luogo è associata un’esperienza di esplorazione e approfondimento - grazie a una speciale user interface - che trasforma ogni tappa in un’occasione di meraviglia. 
Il progetto ha visto coinvolti partner di diversi ambiti e competenze che hanno messo in comune le proprie esperienze di creazione contenuti, tecnologie e user experience, ed è un esempio innovativo di utilizzo della tecnologia a supporto della cultura e del turismo. L’esperienza potrà in futuro essere riprodotta non solo in diverse città ma anche all’interno di musei e luoghi chiusi, replicando le dinamiche di engagement e di apprendimento con modalità ludiche. 


(foto da internet)

“Dopo più di un anno di attività di ricerca e sviluppo sui Google Glass – spiega Giulio Caperdoni, Head of Innovation di Vidiemme Consulting , che con Muvo e Rokivo ha dato vita all’app –questo progetto è per noi motivo di orgoglio e di stimolo allo stesso tempo. Poter mettere a frutto le competenze già acquisite con l’esperienza al Museo Egizio di Torino, aprendole a una città preziosa come Venezia, ci ha permesso non solo di sperimentare nuovi approcci di geolocalizzazione, ma anche di utilizzare i Glass per quello che sanno fare meglio: aggiungere informazioni alla realtà, senza invadere in campo visivo e distogliere lo sguardo da ciò che veramente conta”

La mappa interattiva visualizzabile sui Google Glass a volo d’uccello vive attorno a un sistema personalizzato di navigazione che utilizza il GPS. Grazie all’integrazione con la bussola, è anche in grado di ruotare all’istante in modo da allinearsi all’orientamento dell’utente nello spazio. L’esperienza è simile a quella di un normale navigatore, ma la resa è ottimizzata per il dispositivo wearable e pienamente integrata con le altre funzionalità dell’app. 


(foto da internet)

Una volta che l’utente raggiunge un punto di interesse (POI o point of interest) i contenuti sono attivati automaticamente: grazie al giroscopio, è sufficiente che l’utente focalizzi il proprio sguardo sul punto reale di cui vuole avere le informazioni, affinché i Glass “riconoscano” in automatico il POI e facciano partire l’esperienza di realtà aumentata. In ogni tappa si possono scoprire uno o più contenuti multimediali e interattivi, in modalità slideshow o interrogabili secondo un approccio guidato di domande-risposte. 
Il progetto OK Venice! nasce e si appoggia su due pilastri principali, la metafora esplorativa e lo storytelling. 
(foto da internet)

La prima si incentra sulla costruzione di un percorso guidato in una porzione del Sestriere Cannaregio di Venezia: tramite meccanismi simili a quelli di una caccia al tesoro, l’utente verrà invitato a intraprendere un percorso a tappe per le calli. A ciascuna tappa sono associati contenuti aggiuntivi e multimediali da scoprire attraverso lo schermo dei Google Glass. 

(foto da internet)

Lo storytelling invece racconta delle sei tappe sulla base di ciò che ha reso famosa la città nel mondo. L’arte: Venezia non solo è stata dimora di alcuni tra gli artisti più importanti del Rinascimento, ma è stata essa stessa oggetto di moltissime opere; la sua storia come luogo di accoglienza che ha trasformato la città in un melting pot di genti in cerca di fortuna e contemporaneamente ha reso ricca e famosa Venezia nel mondo grazie al fiorire degli scambi commerciali promossi dagli stranieri; l’artigianato d’eccellenza, dal vetro di Murano agli squeri dove si fabbricano le gondole.  
Tutto questo viene vissuto e raccontato attraverso luoghi e scorci non battuti dal turismo di massa.  

tratto da la www.lastampa.it

lunedì 22 settembre 2014

Gilberto Govi




(foto da internet)


Cari chiodini, vorremmo presentarvi un grande attore teatrale genovese: Gilberto Govi. A quasi cinquanta anni dalla sua scomparsa, il pubblico e la critica stanno giustamente rivalutando la maschera comica di Govi
L'irresistibile attore ligure diffuse i tic, i difetti, i modi espressivi più tipicamente legati alla sua terra di origine, e li dotò di un carattere di universalità senza limiti di spazio e di tempo.
Sono genovesi fino all'osso, i suoi avari, i suoi furbi maldestri, i bugiardi (vedi>>), che possiedono soprattutto la sua maschera straordinaria di interprete-autore, i suoi movimenti, le pause stralunate, il linguaggio incerto e le battute fulminanti.
Nei suoi personaggi, l'attore si immedesimava completamente anche dal punto di vista fisico realizzando egli stesso le proprie truccature. Per ogni ruolo inventava una maschera, spesso grottesca. E in quella maschera il suo volto ogni sera, prima di andare in scena, si trasformava. 
Govi ci ha lasciato tipi irresistibili: la sua mimica originalissima, ricca di strizzatine di occhio e di sguardi di sbieco, ci regala un'inconfondibile recitazione, costruita anche utilizzando il genovese diritto al mugugno (vedi>>) e le risatine di gola che nascondono, sotto un'apparente spontaneità, un calcolatissimo lavoro espressivo.





(foto da internet)


Nel 1961 Govi apparve, per la prima volta, sugli schermi televisivi in diversi Caroselli, per una famosa marca di tè, dove interpretava il simpatico personaggio di Baccere Baciccia (vedi>>), un portiere di un caseggiato genovese, conosciuto da tutti per l'estrema avarizia ma adorato dai bambini. 
È rimasta famosa la frase che ripeteva nello spot: "Da quell'orecchio, non ci sento; da quell'altro, così così...". La macchietta che interpretava era ripresa direttamente da un'antica maschera genovese: quella, appunto, del Baciccia.
Govi tentò anche la strada del cinema in quattro film dall'esito piuttosto insoddisfacente. Negli anni '70 conobbe una grande popolarità televisiva anche se essa giunse nella parte finale della sua carriera. Il piccolo schermo gli consentì, però, di avvicinarsi al grande pubblico.
Vi proponiamo un brano significativo del suo repertorio tratto dall'opera Maneggi per maritare una figlia (vedi>>) (vi ricordiamo che in dialetto genovese la gassetta è l'occhiello e il pomello il bottone!), magnifica commedia dell'equivoco con personaggi quasi-goldoniani, che ci offre uno splendido esempio della sua arte.


Buon divertimento!

venerdì 19 settembre 2014

Chicche da Youtube (I)


(foto da internet)

Iniziamo, con questo post, una rubrica settimanale dedicata ad alcune chicche che abbiamo trovato su Youtube. 
La prima che vi proponiamo è Alla mia nazione, di Pier Paolo Pasolini
Forma parte della raccolta poetica La religione del mio tempo (1961), ed è qui recitata da Vittorio Gasmann.
Il tema centrale di tutta la raccolta è costituito dal rapporto tra ideologia e poesia
Pasolini racconta la crisi dei primi anni '60, il vuoto esistenziale provocato dal neocapitalismo e la mancanza di una spinta rivoluzionaria.




Ecco Il testo: 

Non popolo arabo, non popolo balcanico, 
non popolo antico 
ma nazione vivente, ma nazione europea: 
e cosa sei? 
Terra di infanti, affamati, corrotti, 
governanti impiegati di agrari, 
prefetti codini, avvocatucci unti di brillantina 
e i piedi sporchi, 
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti, 
una caserma, un seminario, 
una spiaggia libera, un casino! 
Milioni di piccoli borghesi
come milioni di porci pascolano 
sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese. 
Proprio perché tu sei esistita, 
ora non esisti, 
proprio perché fosti cosciente, 
sei incosciente. 
E solo perché sei cattolica, 
non puoi pensare che il tuo male è tutto il male: 
colpa di ogni male. 
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.

Buon ascolto (e buona lettura!)

mercoledì 17 settembre 2014

Ferrari Perlé campione del mondo


(foto da internet)
Champagne a parte, sono firmate Ferrari le migliori bollicine al mondo .  
Il Trentodoc Ferrari Perlé 2007 è stato infatti incoronato “World Champion Sparkling Wine Outside of Champagne” nella prima edizione del “Champagne & Sparkling Wine World Championships”, concorso internazionale dedicato esclusivamente alle bollicine.  

Lanciata dall’inglese Tom Stevenson, un’autorità mondiale del settore, la competizione ha visto la partecipazione di 650 etichette di 16 paesi. Oltre a questo alloro, che lo consacra tra le migliori etichette del mondo, il Ferrari Perlé 2007 s’è imposto anche come prima bollicina italiana e primo Trentodoc. 

(foto da internet)
Il Ferrari Perlé, la cui prima annata risale al 1971, è stato il primo millesimato della casa e rappresenta, con la sua eleganza e armonia, la perfetta icona dello stile Ferrari. Chardonnay in purezza, nasce soltanto da uve coltivate, secondo principi di sostenibilità, nei vigneti di proprietà alle pendici dei monti del Trentino.  


(foto da internet)

“Questo risultato – commenta Matteo Lunelli, presidente delle Cantine Ferrarici riempie di orgoglio e testimonia una volta di più come il Trentino, grazie alla sua viticoltura di montagna, sia un territorio con una vocazione unica e straordinaria per creare bollicine di eccellenza.” 



Solo qualche settimana fa la casa vinicola ha lanciato il nuovo marchio Tenute Lunelli,  a cui si riconduce la produzione di tre aziende in Trentino Alto Adige, Toscana e Umbria che fanno capo alla famiglia proprietaria del brand leader degli spumanti. Un’operazione nata nell’ottica di diversificare la produzione dalle bollicine ai vini bianchi e rossi di territorio. «Con la decisione di “metterci la faccia” e quindi di varare un marchio con il nome della nostra famiglia – ha spiegato Matteo Lunelli – giunge a compimento un progetto complesso e nato con l’acquisizione della tenuta in Trentino nel lontano 1987. Nel 2000 abbiamo rilevato l’azienda toscana e l’anno dopo quella in Umbria.


lunedì 15 settembre 2014

Giraffe, maialini e rondini...



(foto da internet)


Nel film Caro Diario, l'attore-regista Nanni Moretti interpreta se stesso prendendo spunto dalle proprie vicende personali. Il film, com'è noto, è diviso in tre episodi. 
Nel secondo episodio, intitolato Isole, Moretti va a far visita all'amico Gerardo, interpretato da Renato Carpentieri, che da tempo vive a Lipari, nel tentativo di trovare un po' di pace per scrivere. A Lipari, però, il traffico e la confusione sono insopportabili. 
Moretti e l'amico Gerardo decidono, quindi, di andare a Salina, un'altra isola dell'arcipelago delle Eolie
Salina, però, è un luogo surreale, dominato da figli unici esigenti e dispotici. Le conversazioni telefoniche girate da Moretti -tra adulti disperati e bambini- sono esilaranti (vedi>>).
In una di esse, è lo stesso Moretti ad essere alle prese con un bimbo, il quale gli chiede di fargli il verso della giraffa, del maialino e della rondine...


(foto da internet)

Ebbene, un professore dell'Università di Adelaide, Derek Abbott, direttore del Centro di ingegneria biomedica dell'ateneo australiano, ha realizzato uno studio comparato per analizzare in che modo fa miao il gatto danese o come si traduce bau in svedese. 
Lo studio di Derek Abbott affronta anche il cosiddetto Animal Commands, ovvero cosa dire agli animali per dare loro dei comandi. 
Ad esempio, se uno si trova a guidare un calesse a Budapest, è inutile a dire vai, per far aumentare la velocità al cavallo. Bisogna incitarlo con un deciso rà-rà, o (sempre che riusciate a pronunciarlo) gyi, altrimenti nemmeno vi sente. 
Se cavalcate nella steppa siberiana, urlate al destriero poshlà, e filerà via come il vento. 
A Tokyo, nessun cane vi risponderà a un banale vieni qui: ditegli piuttosto wan chan oide. È inutile anche il classico pussa via per il fastidioso gatto svedese: usate shas e ve lo toglierete dai piedi. 



(foto da internet)

Terzo e per ora ultimo capitolo della ricerca, quello dedicato ai Pet Names, ovvero i nomi che più di frequente vengono assegnati agli animali domestici o con i quali vengono indicati (ad esempio ai bambini) gli animali esotici. 
L'italiano Pussi (per il gatto) corrisponde al francese Felix, al finlandese Kisu e allo spagnolo Micifus
Non brillano per originalità gli inglesi, affezionati (per i cani) ai classici Lassie, Spot e Fluffy
In Spagna -stando a quel che scrive Abbott- le oche si chiamano Pascual, mentre per l'elefante non si può fare a meno di chiamarlo Dumbo.
Per finire: volete sapere, davvero, come fa la giraffa? Cliccate qui>>.
Buon divertimento!

venerdì 12 settembre 2014

La toilette è sempre in fondo a destra?



(foto da internet)

La toilette, scusi? 
È in fondo a destra. La frase, fossilizzata, sembrava quasi una costante matematica, una sorta di pi greco, di numero di Eulero.
Invece, l'eccezione c'è: nella cattedrale di Palermo la toilette è alle spalle dell’altare, dietro il tabernacolo! 
Avete letto bene. Oltretutto dei fogli affissi su dei sostegni grigi, orientano il turista angosciato dall'urgente minzione. 
Vorremmo ricordare che la cattedrale del capoluogo siciliano è tra le principali attrazioni turistiche della città, oltre che luogo di preghiera per migliaia di cittadini. I quali, tra stupore e incredulità, si sono trovati, da un giorno all'altro, la scritta Wc toilette dietro all’altare.
Il parroco, Filippo Sarullo, però, ribatte: "Purtroppo non ci sono spazi, quello è l’unico posto in tutta la cattedrale dove poter mettere il bagno. Mi spiace per le lamentele dei fedeli, ma preferiamo garantire un servizio piuttosto che non fornirlo. Tra l’altro quello è un altare dove non si celebra, il tabernacolo non conserva l’eucarestia. Quello sì che sarebbe grave".

(foto da internet)

Della stessa opinione anche la Curia di Palermo che conferma la presenza da anni del bagno alle spalle dell’altare...


(foto da internet)

Numerosi turisti e fedeli non nascondono il proprio disappunto davanti alla cappella dedicata a Pietro Geremia, il beato che ha ispirato anche la tela settecentesca che sovrasta l'altare di Antonio Manno, tappa obbligatoria della gimkana, tra le navate della cattedrale, alla ricerca del WC.
Una domandina facile facile: ma la pipì, ai turisti, scappa proprio in cattedrale? 

mercoledì 10 settembre 2014

Il Leone d'oro di Venezia


(foto da internet)

Una Mostra di Venezia particolarmente compassionevole quella che ha appena chiuso i battenti. Attenta ai disastri che avvelenano il mondo, curva sulle sciagure personali e cosmiche, più che sensibile al tema dei diritti umani. I premi hanno in alcun modo ignorato i lavori meno pressanti dal punto di vista etico per concentrarsi sulla domande che la crisi mondiale si porta dietro. Così il premio speciale della giuria va al film “Sivas”, uno spaccato dell’Anatolia del combattimento dei cani firmato dal turco Kaan Mujdeci , con tanti bambini che guardano e giudicano. Altro elemento che ha caratterizzato i film, in e fuori concorso, è proprio la presenza di adolescenti che osservano maltrattati dalla vita e dai grandi che stanno loro attorno.  



(foto da internet)

Gran Premio della giuria a “The look of Silence” di Joshua Oppenheimer sul genocidio in Indonesia. In questo modo si è dato conto almeno di un genocidio tra quelli presenti in Mostra, l’altro ha riguardato la tragedia armena. Leone d’Argento ad Andrej Koncalovakij “Le notti bianche del postino”, storia di uno sperduto villaggio russo che vive come un secolo fa, però molto vicino a una modernissima stazione spaziale. Lui si è emozionato per il riconoscimento, tanto da dire che si è sentito come quando un bambino riceve un regalo di Natale.  



Roy Andersson, regista svedese, non ha creduto fino all’ultimo di aver vinto il Leone d’Oro, invece il suo mondo visto dai piccioni ha convinto la giuria che l’ha preferito agli altri venti film in concorso. “A Pigeon sat on a Branch refletting on Existence” racconta di un viaggio in un non meglio precisato paesaggio occidentale, di un venditore e di un ritardato mentale. Il regista, con il suo Leone stretto in mano, ha fatto una dichiarazione d’amore al cinema italiano: “L’Italia ha dato tanti maestri che mi hanno ispirato. Soprattutto il De Sica di “Ladri di biciclette” - segue il racconto dettagliato del film, trama e biciclette conservate comprese - Il suo cinema è empatico, come deve essere, così io continuerò seguendo l’esempio di De Sica”.

lunedì 8 settembre 2014

Machifastefoto?



(foto da internet)

Machifastefoto? Avrebbe detto, parafrasando, la nostra Zazie di Queneau un viaggiatore del metrò di Parigi. Infatti, un'interessante iniziativa, legata al significato/significante di alcuni termini, e che ricorda un po' le proposte del gruppo OuLiPo, arriva dalla capitale della Francia: il fotografo Janol Apin, propone una sorta di viaggio fotografico attraverso delle foto in bianco e nero, realizzate negli anni '90, nella metro parigina.
Il lavoro in questione, denominato Métropolisson, presenta alcune stazioni della metro prese alla lettera (vedi>>). 
E così, ad esempio, la stazione di Abbesses viene raffigurata da due badesse in attesa del convoglio; quella degli Invalides da un invalido con due grucce; quella della Gare du nord da un eschimese e da un pinguino, e così via...


(foto da internet)

Orbene, se volessimo riproporre la stessa iniziativa in Italia avremmo qualche difficoltà: in primo luogo perché la somma (!) delle linee in funzionamento nelle città italiane è minore della totalità delle linee della sola metropolitana di Parigi!
Oltretutto, nel nostro paese abbandonano i nomi delle stazioni legati a personaggi celebri che offrono scarse scelte figurative e i toponimi.
Comunque, qualche eccezione esiste...
Vediamo, però, quali sono le città italiane che dispongono di un servizio di metropolitana. 


(foto da internet)

Al primo posto c'è, senza dubbio Milano, con 4 linee denominate M1, M2, M3 e M5. L'estensione della rete è di 94,5 km e il numero totale delle stazioni è pari a 103.
Le quattro linee sono denominate comunemente con i colori che le identificano: rossa (M1), verde (M2), gialla (M3), lilla (M5). 
E qui ci potremmo sbizzarrire facilmente. Le stazioni di Pero, Crocetta, Porta Venezia, Precotto, Gorgonzola, Lima, ecc., potrebbero far lavorare la nostra fantasia.



(foto da internet)

Roma, invece, ha una metropolitana assai limitata in rapporto alle dimensioni della città. La capitale ha, infatti, solo due linee
A Roma il nostro giochetto potrebbe contare sulle stazioni di Porta Furba, Piramide, Arco di Travertino, Ponte Lungo, Spagna, ecc. 
A Napoli è in funzionamento, attualmente,  una sola linea  (linea 1), che dalla periferia settentrionale scende verso il centro storico dopo aver attraversato i quartieri dell'Arenella e del Vomero. La linea 1 ha in esercizio 17 stazioni.
Qui potremmo usare le stazioni di Materdei e Quattro giornate (a Napoli è un po' complicato l'esperimento).
Nel 2006, è stata inaugurata la prima linea della metropolitana di Torino che collega la periferia occidentale della città con il centro cittadino.
Poca scelta anche qui: si potrebbero usare le stazioni di Pozzo Strada e Paradiso (!).


(foto da internet)

A Catania nel 1999, è stato inaugurato un primo tratto di metropolitana con quattro stazioni sotterranee e due in superficie. Sola la stazione di Fontana si presta al nostro gioco...
Genova, la metropolitana  ha in servizio solo 8 stazioni. Anche qui avremmo qualche difficoltà: l'unica stazione utilizzabile sarebbe quella di Principe.
Per finire, a Brescia, nel 2013, è entrata in funzione una metropolitana leggera che attraversa tutta la città da sud-est a nord. 
Anche in questo caso avremmo poca scelta: le stazioni di Europa e Vittoria, però, si potrebbero utilizzare a tale scopo.


venerdì 5 settembre 2014

La scapece


(foto da internet)

La scapece,  è un termine adoperato in gastronomia, soprattutto nell’espressione alla scapece, con cui si indica un modo di condire, anche per facilitarne la conservazione dopo la frittura, pesci di piccola taglia o a pezzetti (sarde, baccalà) oppure ortaggi affettati (zucchine, melanzane) con una marinata a base di olio, aceto, aglio (o cipolla) e mentuccia.
Il termine in questione proviene dallo spagnolo escabeche. La parola escabeche, proviene dall’arabo-persiano sikb-bâdj,  designa un piatto tipico della Persia, giunto in Spagna con la dominazione araba. La pronuncia volgare di sikb-bâdj suonava come iskebech, da cui escabeche in castigliano  o  escabetx in catalano. 
La forma castigliana escabeche apparve scritta per la prima volta nel 1525, nel Libro de los Guisados di Ruperto de Nola, edito a Toledo. 
La scapece, diventa in Liguria lo scabeccio: un piatto di pesce marinato assai noto in tutta la regione. 


(foto da internet)


Si usano soprattutto triglie, boghe, acciughe e piccoli pesci in genere, fatti marinare per almeno un giorno in aceto, olio, sale, aglio, cipolle, rosmarino. Il piatto va servito a temperatura ambiente. Guarda>>
Un altro piatto rinomato è la cosiddetta scapece gallipolina: un piatto di pesce che viene fritto e fatto marinare tra strati di mollica di pane imbevuta con aceto e zafferano.

(foto da internet)

In Sardegna il condimento alla scapece (a scabecciu) è tipico della zona meridionale dell’isola e viene impiegato per condire gattuccio, anguille, tonno o anche verdure o carne. 

Per i vegetariani, proponiamo, invece, un piatto molto semplice: le zucchine alla scapece. Guarda>> 

Buon appetito!

mercoledì 3 settembre 2014

Enrico Pieranunzi





 (foto da internet)

Cari chiodini appassionati di jazz, vorremmo farvi conoscere uno dei più grandi pianisti jazz italiani: Enrico Pieranunzi.
Con alle spalle una solidissima formazione classica, Pieranunzi si diplomò giovanissimo al conservatorio Si avvicinò al jazz grazie alla passione del padre, chitarrista jazz e appassionato di Django Reinhardt. L'unione, nella sua formazione, tra il pianoforte classico e il jazz, contribuì a definirne lo stile e il linguaggio musicale.
Iniziò la sua carriera jazzistica verso la metà degli anni '70. 
Come pianista jazz ha registrato oltre 60 cd, spaziando dal pianoforte solo alle varie formazioni con pianoforte. 
Ha suonato e registrato con molti jazzisti di livello mondiale, tra i quali Chet Baker, Art Farmer, Marc Johnson, Joey Baron, Paul Motian e Charlie Haden, e ha partecipato ai più importanti festival italiani (Umbria Jazz, Ravenna, Milano Ciak) e internazionali (Montréal, Copenaghen, Berlino, Madrid). 


(foto da internet)

Nell'annuale referendum indetto dalla rivista MusicaJazz è stato votato miglior musicista italiano del 1989, mentre nel 1993 l'Academie du jazz francese lo ha segnalato fra i primi tre musicisti jazz europei.
Come compositore jazz ha composto oltre 200 pezzi.


(foto da internet)

Vorremo presentarvi due vere chicche musicali: due dischi, di alto livello, registrati con il compianto Charlie Haden: Silence e Special encounter.
Silence, fu registrato in Italia, nel 1987, con un quartetto d'eccezione: Chet Baker (tromba e voce), Charlie Haden (contrabasso), Enrico Pierenunzi (piano) e Billy Higgins (batteria). Ascolta>>.


(foto da internet)



Special encounter, registrato nel 2005, con Charlie Haden (contrabasso) e Paul Motian (batteria), offre livelli di grossa intensità poetica, dimostrando la grandissima modernità e intelligenza del pianismo di Pieranunzi. Ascolta>>.

Buon ascolto!