mercoledì 30 gennaio 2019

I gelati del 2019

Mentre alla EOI di Sagunt ci apprestiamo ad andare a far visita alla prestigiosa gelateria Véneta, del Puerto di sagunto, oggi vi parliamo un po' di gelati e delle tendenze del 2019. 

E i gelati del 2019 puntano sullo stupore (e sulla salute)
(foto da www.repubblica.it)


Conquistano occhi e palato i nuovi gusti che strizzano l’occhio ai sapori d’Oriente o quelli che spaziano dall’aloe al sambuco per finire alle guarnizione di quinoa, passando per i mix di frutta, verdura e fiori. Istanze diverse tra loro: da una parte si predilige l'aspetto esteriore e lo stupore - magari puntando al target dei bambini o dei fashion addicted - dall'altro il salutismo.

Si spiegano così i gusti unicorno, azzurro e rosa acceso senza dubbio con la spintarella dei coloranti, che impazzano al Sigep 2019, cui fanno da contraltare delicati gelati che si rivolgono a un pubblico salutista: al tè verde, alla camomilla, al cacao grezzo base acqua di cocco, vegan, gluten free, senza lattosio.


E i gelati del 2019 puntano sullo stupore (e sulla salute)
(foto da www.repubblica.it)


Se n'è avuta prova durante la gara del Gelato d'Oro 2019, organizzata dal comitato Coppa Mondo della Gelateria per selezionare il miglior gelatiere d'Italia (che l'anno prossimo rappresenterà il nostro Paese ai mondiali). Sui 12 finalisti, a loro volta vincitori di altrettante gare locali in giro per la Penisola, quasi nessuno ha rinunciato a oli essenziali, erbe aromatiche e spezie. A partire dal vincitore, Eugenio Morrone, 32nne calabrese titolare a Roma della gelateria "Cannolo Siciliano".

Tra le proposte presentate alla giuria presieduta dal maestro Giancarlo Timballo, il gusto Ribes nero con un estratto di rosmarino e lime, poi la coppa bigusto di sorbetto di mandarino tardivo allo zenzero e menta piperita con un gelato di pistacchio con crumble di noci e una spadellata di pere william, profumate alla vaniglia del Madagascar.

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(foto da internet)



In linea con lui gli altri gelatieri in gara. Ecco allora il gusto cappuccino alla cannella per Taila Semerano, il caffè bianco ianco all'essenza di anice stellato per Marco Adinolfi, il melograno all'estratto di lime per Marco Reato, l'albicocca al timo per Federico Sinibaldi, il mascarpone con olio essenziale al caramello per Luca Manini o il gusto ananas mango maracuja alla maggiorana per Marco Nicolino.

Anche il binomio frutta e ortaggi è in crescita, dal gusto mango e peperoni rossi presentato da Gian Paolo Porrino all'intera linea Greenfruit dell'azienda Giuso: Frutti di bosco, carota nera e violetta; Pere, finocchio e gelsomino; albicocca, carota e camomilla;  lime, zenzero e zagare di limone. Questi ultimi certificati senza lattorio, senza glutine e vegan ok.



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(foto da internet)

Il che riporta a un'altra tendenza, sempre più in crescita, quella dei gelati vegani e per chi ha intolleranze. Così l'azienda Rubicone presenta il gusto Black Hawaii, già noto e amato su Instagram, in una nuova versione vegana, a base di cacao grezzo, acqua di cocco e carbone vegetale (una curiosità: per promuovere il gelato nero è stata composta anche una canzone, Black Hawaii Song, che l’azienda punta a far diventare una hit dell’estate 2019. Staremo a vedere).

All’insegna del benessere anche le novità in casa Fabbri. In vetrina hanno piazzato il gusto Aloe, pianta nota per le proprietà antinfiammatorie, depurative e idratanti. E poi il Variegato Zenzero e Sambuco, il Pesto di pistacchio naturale e Honey&Quinoa, "una variegatura healthy" - spiegano - perfetta in abbinamento al gusto yogurt. Poi il bizzarro Vaniglia Nera (a base di cenere di cocco).

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(foto da internet)

Sapori 100% naturali e rispettosi delle altre culture, con gusti molto amati nell'area mediorientale, sono quelli di Fugar: nelle loro vetrine ecco la Rosa (gusto che iomnpazza negli Emirati), come pure il pistacchio, i fichi caramellati e due selezioni di sesamo, bianco con variegato al caramello oppure nero con semi di sesamo tostato. Fanno parte di una linea certificata Halal, Bio e VeganOK. Tra le linee vegane e naturali anche quelle che utilizzano come grasso l'olio d'oliva.

lunedì 28 gennaio 2019

La cattedrale di sale


(foto da internet)

Realmonte è un piccolo centro abitato della provincia di AgrigentoIl suo territorio presenta aspetti paesaggistici forti e mutevoli per caratteri orografici e tipo di vegetazione.
La fascia costiera è abbastanza omogenea, ma, nello stesso tempo, è cromaticamente molto varia, in quanto, procedendo da est verso ovest, la colorazione della costa assume toni che vanno dal bianco, al grigio-azzurro, al rossiccio, con il variare del tipo di roccia. 
La località è nota soprattutto per un elemento di notevole interesse paesaggistico: la cosiddetta Scala dei Turchi (vedi>>), uno sperone di marna bianca prominente sul mare, le cui falde digradanti a strato conferiscono un aspetto molto suggestivo dai forti contrasti cromatici: l'azzurro del mare e del cielo contrapposto al bianco accecante della roccia.


(foto da internet)

La forma che questo monumento della natura assume è quella di una scalinata, dove, secondo la leggenda, durante le invasioni moresche che imperversarono nel '500 i turchi (così erroneamente chiamati), approdassero nel territorio dell'odierna Realmonte. Le invasioni delle coste siciliane furono molto favorite per contrastare i sovrani cattolici ed incutere terrore nelle popolazioni rivierasche nel tentativo di facilitare una possibile invasione in massa con la conquista dei territori cristiani. La grande sconfitta della flotta turca nella Battaglia di Lepanto fu determinante per lo spegnersi delle incursioni rivierasche corsare. 
Un altro elemento di interesse in questa zona è la Torre di Monterosso, una torre del XVI secolo pressoché intatta, ubicata sul medesimo promontorio con una posizione panoramica eccezionale.
L'attuale cittadina di Realmonte nacque grazie ai Monreale, Duchi di Castrofilippo, che acquistarono, nel 1681, il feudo dai Marchesi Suriano di Ramursura, e vi trasferirono 250 persone.



(foto da internet)

Realmonte è anche nota per un monumento unico nel suo genere: la cosiddetta Cattedrale di sale (vedi>>). Infatti, nell’area appena fuori dal centro abitato, si trova una miniera di salgemma particolarmente antica, risalente a sei milioni di anni fa! Oggi resta una delle maggiori fonti di estrazione locale, gestita da una azienda che è nota nel settore per la produzione di sale. Questo luogo può essere visitato e si permette ai turisti, grazie a un bus navetta che passa tra gallerie che i minatori scavavano, di arrivare fino al suo cuore. 
La struttura fu realizzata proprio lavorando il sale: ha una larghezza di 20 metri, è alta 8 e lunga 100 ed ha un'acustica eccezionale. Viene anche utilizzata ogni anno il 4 dicembre, per la messa di Santa Barbara, protettrice dei minatori. 





(foto da internet)

Sempre col sale,  sono scolpite diverse rarità come i bassorilievi che raffigurano Santa Barbara, la Sacra Famiglia e Gesù Crocifisso
Per le visite è necessaria la prenotazione, dato che non possono accedervi più di 30 persone accompagnate e dotate dell’attrezzatura di sicurezza necessaria per gli ambienti sotterranei. 

venerdì 25 gennaio 2019

I barracelli


(foto da internet)


Che Salvini ami le divise, ed usarle impropriamente, è cosa risaputa, dato che ha sfoggiato, in più occasioni e senza pudore, quella della polizia e quella dei vigili del fuoco. Qualche giorno fa, il leader della Lega è stato in Sardegna per dare manforte alla campagna elettorale delle suppletive e per la vicina scadenza delle elezioni regionali. Ad Alghero, in provincia di Sassari, ha indossato l'ennesima divisa: quella della compagnia dei barracelli
In molti ci hanno chiesto: ma chi sono i barracelli? Ebbene, si tratta di un corpo tipico della Sardegna e l'uniforme in questione era stata regalata a Salvini da Michele Pais, rappresentante del sindacato autonomo dei barracelli e candidato leghista al Consiglio regionale. 
L'iniziativa del candidato però non è piaciuta al comando dei barracelli, che ha preso le distanze da Pais



(foto da internet)

Ma torniamo ai barracelliIstituiti, in Sardegna, con legge del 1897, rappresentano un antico corpo il cui scopo è cooperare ai servizi di sicurezza pubblica e reprimere l'abigeato ed il pascolo abusivo nell'isola.
I barracelli erano composti da cittadini di buona condotta, proprietari di beni stabili al netto da ipoteche, armati di fucile e di rivoltella, al comando di un capitano.
Non costituivano corpo militarmente organizzato ma i loro componenti erano equiparati agli agenti della pubblica sicurezza.
Le Compagnie Barracellari sono oggi regolate da una legge Regionale della Sardegna del 1988, che ne stabilisce le seguenti funzioni:
a) salvaguardare le proprietà affidate loro in custodia dai proprietari assicurati, verso un corrispettivo determinato secondo le modalità previste dalla medesima legge regionale;
b) collaborare, su eventuale richiesta di queste, con le autorità istituzionalmente preposte al servizio di protezione civile;
c) prevenzione e repressione dell’abigeato;




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d) prevenzione e repressione delle infrazioni previste in materia di controllo degli scarichi di rifiuti civili ed industriali;
e) collaborare, con gli organi statali e regionali, istituzionalmente preposti alle attività di vigilanza e tutela nell’ambito delle seguenti materie: salvaguardia del patrimonio boschivo, forestale, silvopastorale, compresi i pascoli montani e le aree coltivate in genere;
f) salvaguardia del patrimonio idrico, con particolare riguardo alla prevenzione dell’inquinamento;
g) tutela di parchi, aree vincolate e protette, flora, vegetazione e patrimonio naturale, caccia e pesca;
h) prevenzione e repressione degli incendi;


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i) salvaguardia del patrimonio e dei beni dell’ente comune di appartenenza, siti fuori dalla cinta urbana; 
l) amministrazione dei beni di uso civico e di demanio armentizio.
Alle dipendenze dell'Arma dei Carabinieri, o dell'autorità locale di polizia, i barracelli esercitano vigilanza assidua per reprimere i delitti contro la proprietà mediante perlustrazioni notturne e collaborano ad operazioni di ricerca di malfattori o di evasi.

mercoledì 23 gennaio 2019

La paranza dei bambini

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(foto da internet)

Ancora Napoli e la camorra. Dopo la notizia di pochi giorni fa dell'esplosione alla famosa pizzeria Sorbillo di via dei Tribunali, in pieno centro, per motivi poco chiari, Napoli è di nuovo di scena al cinema con la guerra degli adolescenti. 

La paranza dei bambini narra la storia di un gruppo di fuoco che sfreccia sugli scooter e spara all'impazzata con pistole semiautomatiche e AK47 per sottomettere strade e quartieri. "I soldi li ha chi se li prende, non chi sta ad aspettare che qualcuno glieli dia". Il libro di Robero Saviano, caso letterario del 2016, storia di una banda di adolescenti decisi a conquistare Napoli, è diventato un film diretto da Claudio Giovannesi, e sarà in concorso al Festival di Berlino, in programma dal 7 al 17 febbraio. 





"Nel gergo camorristico 'paranza' significa gruppo criminale, ma il termine ha origini marinaresche e indica le piccole imbarcazioni per la pesca che, in coppia, tirano le reti nei fondali bassi, dove si pescano soprattutto pesci piccoli per la frittura di paranza. L'espressione 'paranza dei bambini' indica la batteria di fuoco, ma restituisce anche con una certa fedeltà l'immagine di pesci talmente piccoli da poter essere cucinati solo fritti: piscitiell', proprio come questi ragazzini". Così Roberto Saviano spiegava a Repubblica il titolo del suo libro. 

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(foto da internet)


Paranza sono “le barche che vanno a caccia di pesci da ingannare con la luce”. Come nella pesca a strascico, la paranza va a pescare persone da ammazzare. Il film racconta ragazzini guizzanti di vita come pesci, adolescenti “ingannati dalla luce”, morti che producono morti. 
Crudo, senza scampo il romanzo di Saviano, fedele il film di Claudio Giovannesi, regista quarantenne già autore di Alì ha gli occhi azzurri (2012), anche qui vita di due adolescenti ma in una borgata romana, Premio speciale della Giuria e Premio alla Migliore opera prima e seconda al Festival di Roma; e di Fiore (2016), il futuro difficile visto da un carcere minorile, in concorso nella sezione Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes, due Nastri d'argento, un David di Donatello e due Ciak d'Oro.

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(foto da internet)

La paranza dei bambini è stato girato a Napoli l'estate scorsa, prodotto da Palomar con Vision Distribution che lo distribuirà nelle sale dal 13 febbraio. Giovannesi, che ha anche diretto due puntate di Gomorra - La serie, ha lavorato con un cast tutto di giovani esordienti selezionati nei rioni della città. Nonostante siano molto giovani, hanno già le idee chiare. Vogliono fare i soldi: per comprare abiti firmati, scooter di marca, per "giocare" con le armi ma quelle vere e conquistare il potere nel Rione Sanità. Sono uniti da un legame fraterno, dall'incoscienza che non fa loro temere la morte o il carcere, dalla convinzione che bisogna giocarsi tutto e subito.

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(foto da internet)

Per il momento La paranza dei bambini è l'unico film italiano in concorso al Festival di Berlino. "Un film contemporaneo ed emozionante, capace di interpretare con realismo una deriva del nostro tempo", commenta l'amministratore delegato di Vision. 

lunedì 21 gennaio 2019

Che cosa succederebbe se...







(foto da internet)

In Grammatica della fantasia, lo splendido libro di Gianni Rodari, c'è un capitolo dedicato alla tecnica delle ipotesi fantastiche. Lo scrittore si chiede: Che cosa succederebbe se un giorno un uomo si risvegliasse trasformato in scarafaggio?, ed ecco che Kafka scrive Metamorfosi. Niente male...

La tecnica fantastica consiste nel prendere un soggetto (ad esempio: Milano) e un predicato (circondato dal mare); e quindi avremmo: Che cosa succederebbe se Milano si trovasse circondata dal mare? E qui ci possiamo sbizzarrire a piacimento. 


(foto da internet)

La parte più divertente di questo processo è, secondo Rodari, la formulazione della domanda. Per mantenere il divertimento, lo scrittore consiglia di coinvolgere l’esperienza personale dei bambini così da permetter loro un approccio insolito a una realtà già carica di significato. Questo permette di rileggere la realtà con occhi nuovi; secondo lo scrittore italiano, infatti, nella realtà si può entrare dalla porta principale o infilarvisi – è più divertente – da un finestrino.





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Anni dopo la pubblicazione del testo sopraccitato, il comico Natalino Balasso, di cui abbiamo già parlato in questo blog, ha riformulato l'ipotesi fantastica (alla Rodari) e si è chiesto: 

che cosa accadrebbe se governasse davvero il popolo?
La sua risposta la potete trovare qui (>>). 
Orbene, a noi sembra che tale ipotesi non sia poi così fantastica e che, purtroppo, la realtà si sia ormai mascherata da finzione... 

venerdì 18 gennaio 2019

La Fócara di Novoli


(foto da internet)


La grande venerazione per Sant’Antonio Abate si celebra, in Italia, il 17 gennaio, con numerosi eventi in suo onore, a ricordo della sua morte, dalla Lombardia alla Sicilia. Eppure il santo non ebbe alcun legame con il nostro Paese: fu, infatti, un eremita egiziano, vissuto nel IV secolo dopo Cristo, a cui si deve l’inizio del cosiddetto monachesimo cristiano, ovvero della scelta di passare la vita in solitudine per ricercare una comunione più intensa con Dio. Evidentemente bastò questo primato per diffondere il culto in tutta Europa, a cui si aggiunsero, nel tempo, molti tratti popolari.
Fin da epoca medievale, Sant’Antonio viene invocato in Occidente come patrono dei macellai, dei contadini e degli allevatori e come protettore degli animali domestici; questo, forse, perché dal maiale gli antoniani (i seguaci di Antonio) ricavavano il grasso per preparare emollienti da spalmare sulle piaghe. 



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Sant'Antonio, dice la tradizione, era anche un taumaturgo capace di guarire le malattie più atroci. E poi, c’è la credenza popolare che vuole che il santo aiuti a trovare le cose perdute. Al nord si dice Sant'Antoni dala barba bianca fam trua quel ca ma manca e al sud Sant'Antonio di velluto, fammi ritrovare quello che ho perduto
Sant'Antonio è anche il santo del fuoco. A Novoli (vedi>>), in Puglia,  il 16 e il 17 gennaio, si tengono delle interessanti manifestazioni che richiamano migliaia di visitatori e pellegrini, in una festa che affonda le proprie radici nell'antica venerazione dei novolesi per il Santo del fuoco.



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In paese si allestiscono delle fócare (dei  falò), che, un tempo,  si iniziavano il 17 dicembre, esattamente un mese prima della festa. Tra i vicoli del paese girava un carretto, condotto da un ragazzo, che raccoglieva legna secca, rami d'alberi, tralci di vite legati in fasci, ma anche oggetti combustibili in disuso, rovinati o rotti che contadini, proprietari terrieri o semplici cittadini offrivano in devozione al santo. 
Legate alla fócara ci sono la benedizione degli animali e la processione. La cultura popolare, infatti, attribuisce a Sant'Antonio la facoltà di proteggere tutti gli animali da stalla e da cortile. Il santo, infatti, secondo la leggenda, fu un porcaro e nell'iconografia è rappresentato con accanto un maialino e con in mano un bastone con un campanello, utile per richiamare gli animali. 
In passato, a Novoli, si teneva anche la distribuzione da parte del parroco dei cosiddetti panini di S. Antonio: sul sagrato della chiesa i panini venivano consegnati ai contadini e agli allevatori, e si davano agli animali malati, i quali, nella maggior parte dei casi, guarivano! 


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Attualmente, la processione in onore a Sant'Antonio, che si tiene subito dopo la benedizione degli animali, viene salutata da artistiche bengalate e lancio di palloni aerostatici. La fine della processione porta al momento culminante della festa con la fócara, il simbolo più conosciuto della festa del fuoco.
La costruzione della fócara inizia il 7 gennaio, anche se la raccolta del materiale da ardere ha già inizio nel mese di dicembre. In media una fócara ha circa venti metri di diametro per altrettanti di altezza.
Oggigiorno la fócara si allestisce con i fasci di vite ed essa può assumere forme diverse: ci sono le fócare piramidali, a torta, con la galleria, con oblò e pinnacoli.



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Per la costruzione di una fócara occorrono circa cento persone abbastanza abili per restare ore in piedi sui pioli delle lunghe scale e per passarsi, al di sopra della testa, i fasci, che poi, giunti in cima, vengono sistemati perfettamente dal costruttore del falò. 
Sulla cima viene issata un'artistica bandiera, sulla quale vi è un'immagine del santo e che successivamente brucia insieme al falò. L'onore dell'accensione del falò spetta al presidente del comitato della fócara o al Sindaco. L'accensione avviene attraverso una fiaccolata; una volta accesa, la fócara arde per tutta la notte tra le migliaia di persone che, tra musica popolare e fumi di arrosti delle bancarelle presenti in piazza, assistono allo spettacolo delle faville che volano nell'aria. 
In onore al santo, i novolesi, il 17 gennaio, pranzano a base di pesce e si astengono dal mangiare carni e latticini. I piatti tipici del giorno sono gnocchi in zuppa di baccalà o di pesce, scapece (pesce condito con zafferano, pangrattato e aceto), frutti di mare, dolci delle festività natalizie, tutto accompagnato dal moscato o dal rosolio locale.
Buon viaggio!
 

mercoledì 16 gennaio 2019

Alla scoperta della città dei sassi


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(foto da internet)

Qualche tempo fa una fiction, adesso alla scoperta della capitale europea della Cultura è la volta di un libro, perché i sassi hanno emozioni: "I sassi hanno una doppia valenza: destabilizzano come l'amore e sono come i cuori dei miei protagonisti. La prima volta che li vedi non ci credi, il magnetismo del Mediterraneo rupestre ti rapisce e ti fa innamorare di loro. E i sassi dormienti sono come i cuori dei miei protagonisti che tornano a battere, a danzare"

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Quel battito è il ritmo che si ascolta lungo tutta  "La Ballata dei Sassi" (Sperling & Kupfer, , romanzo del giovane scrittore, fotografo e artista Carlos Solito. Un libro che parla di scelte, d'amore per la propria terra, di poesia e silenzi, ritorni e sorrisi che non "potranno cambiare mai", ma soprattutto di Matera, cittadina del Sud, di  tutte "quelle contrade, quei borghi fantasma" che compongono "la bellezza dell'assenza" racconta Solito,  scrittore nato a Grottaglie in provincia di Taranto, che dopo il successo di Sciamenesciá (2016) da cui sarà tratto un film torna in libreria a pochi mesi dalle celebrazioni di Matera capitale della cultura 2019. 

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L'amore per Matera, per il tufo, per quei paesaggi di "Cristo si è fermato a Eboli" intaccano ogni pagina di un romanzo dove l'autore lascia come sassolini tante tracce della sua vita, fatta di "carne, ossa, vuoti" raccolti nei paesi dove è cresciuto. 

La Ballata è l'incrocio di due storie, quella di Ettore, esperto di finanza,  poeta cresciuto fra i sassi a pane (o meglio dolci, quelli dei forni paradisiaci) e semplicità, che a 40 anni dopo una vita passata a viaggiare, accumulare esperienze e  lasciare piccoli versi su bigliettini incastrati negli anfratti delle città affinché altri possano fruirne, ha la mancanza dei silenzi in cui è cresciuto. Lo stesso viaggio lo compirà Maria, cuore pietrificato da un amore perduto, direttrice editoriale cresciuta al Nord ma destinata, per inseguire il suo battito, a ritrovarsi fra i Sassi e incontrare l'amore. 


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È un ode a un luogo, quello che nell'anno a venire celebrerà la Cultura d'Italia, che "50 anni fa era la vergogna del Paese ed oggi è il simbolo della bellezza e dei silenzi. I calanchi, i paesini, le grotte, hanno il valore aggiunto della lentezza, del silenzio. E' così difficile arrivare in Basilicata - dice l'autore -. Il nostro hub rimane Bari, è da lì che ci si sposta per Matera. Perché Matera rimane un posto ai margini, è un luogo dove arrivare è scomodo, dove devi ridurre le marce, per entrarci non puoi andare alla stessa velocità di Roma o Milano: ecco, è un luogo di lentezza, che come l'assenza è il lievito madre dei nostri paesaggi. Serve l'assenza, il silenzio per contemplare un'opera d'arte: lo stesso vale per i Sassi di Matera"

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Nel romanzo, che scorre fra le vicissitudini di un gruppo di ragazzini cresciuti nelle grotte e ora adulti, fra i profumi dei dolci della Basilicata e i campi di grano, c'è infatti spesso un racconto con dettagli geografici, dato dall'impronta di un autore-reporter.  
Dettagli che si trasformano in riferimenti storici, come per quel  "bisogno che è diventato un sogno. Nelle cave che oggi milioni di visitatori osservano a Matera c'è tutto il sudore e la sofferenza di uomini e donne che scavarono per ottenere le loro case, i loro rifugi. Quelle fatiche oggi ci hanno dato un luogo incredibile da contemplare, i Sassi"


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Perché in qualunque luogo della Ballata e della Basilicata chiunque possa rivivere l'emozioni sprigionate dai sassi: "Vento in faccia, a superare pietre incerte, tappeti di rosmarino e uno due e tre salti fino all’ultimo centimetro di terra prima del vuoto assoluto, prima del grande spettacolo della Gravina".


domenica 13 gennaio 2019

Omaggio a De Andrè

"Cantata anarchica", un concerto in piazza Duomo per ricordare De Andrè Eventi a Milano


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L'11 gennaio si tiene a Milano, da alcuni anni, in piazza del Duomo, una cantata anarchica in memoria di Fabrizio De Andrè, scomparso l'11 gennaio del 1999. Quest'anno, a venti anni dal giorno della morte, è stato organizzato un concerto, aperto a chiunque, che è durato fino a tarda notte, sul sagrato della Cattedrale, con chitarre, fisarmoniche, flauti, violini, cajón, djembè, mandolini, bouzouki, kazoo . 
Poco lontano dalla cantata si è tenuto un altro evento per ricordare Faber. In piazza San Fedele è stata organizzata, la ballata per De Andrè dalla Mazurka Klandestina, e durante la serata si sono suonati i brani del cantautore genovese per permettere a tutti di ballare sulle sue note. 




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Le iniziative in omaggio a Fabrizio De Andrè sono cominciate nell'ambito di Umbria Jazz Winter #24, manifestazione musicale che, da anni, si tiene ad Orvieto. Oltre al cantautore genovese, nell'edizione del Festival jazz di quest'anno si è voluto rendere omaggio a un altro grande della musica italiana: Lucio Dalla, scomparso nel 2012.
Brani quali L’ultima luna, Anna e Marco, La sera dei miracoli, Caruso, Ho visto Nina volare, e poi ancora Il pescatore, La canzone dell’amore perduto, Don Raffaèhanno (ri)visitato il Teatro Mancinelli di Orvieto. Il progetto legato ai due cantautori s'intitola Le Rondini e la Nina ed è stato uno dei fiori all'occhiello di Umbria Jazz Winter# 24, dedicato a due artisti che il jazz lo hanno suonato, chi più (Dalla) chi meno (De Andrè, da giovanissimo) e che del jazz restarono sempre innamorati. 


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Le canzoni dei due autori italiani sono state rivisitate dal trombettista Paolo Fresu, dal sassofonista Raffaele Casarano, da Gaetano Curreri e Fabrizio Foschini, rispettivamente voce e leader degli Stadio e tastierista collaboratore della band emiliana. 
Per ricordare, a modo nostro, Faber e le sue indimenticabili canzoni, vi proponiamo il brano La canzone di Marinella, interpretato da Paolo Fresu e da Danilo Rea (ascolta>>), e 
e la canzone Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers (ascolta>>), scritta da De Andrè con l'amico fraterno Paolo Villaggio, il quale diede al cantautore genovese il soprannome di Faber, in omaggio a quei pastelli che tanto amava.


venerdì 11 gennaio 2019

Alex Zanardi



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Alessandro (Alex) Zanardi è  un pilota automobilistico e maglia azzurra nell’handbyke paralimpicoSin da piccolo manifestò la passione per i motori e dopo una carriera di successo nel mondo delle auto da corsa, perse entrambe le gambe nella gara di Lausitzring, in Germania, nel 2001, in cui la sua vettura, probabilmente per la presenza di acqua e olio in pista, fece un testacoda e venne investita dal pilota Alex Tagliani. Nell’impatto l'auto di Tagliani colpì perpendicolarmente il bolide di Zanardi all’altezza del muso, spezzandolo in due. 

Lo schianto gli provocò l'amputazione di entrambi gli arti inferiori e rischiò di morire dissanguato. Dopo sei settimane di ricovero, e una quindicina di operazioni subite, Zanardi lasciò l’ospedale per cominciare il processo di riabilitazione.
Dopo l’incidente iniziò a partecipare a varie manifestazioni per atleti disabili e intraprese una nuova carriera sportiva nel paraciclismo, nella specialità di handbike. Vanta ben 8 titoli mondiali e alle Paralimpiadi di Londra del 2012 conquistò 2 medaglie d’oro e una d’argento nella staffetta a squadre miste.




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Ai Mondiali di Nottwill del 2015, in Svizzera, Zanardi salì sul primo gradino del podio in tutte le gare a cui prese parte: nella crono, nella prova in linea e nella staffetta.
Nel 2016, vinse la Maratona di Roma, aggiudicandosi la gara nella categoria handbikes con il tempo record di 1:09’15”.
È stato ed è tutt'ora un esempio di volontà. Ha affermato che "la vita è come il caffè: puoi metterci tutto lo zucchero che vuoi, ma se lo vuoi addolcire devi girare il cucchiaino. A stare fermi non succede niente". L'anno scorso, a 52 anni, decise di ritornare in pista, in una competizione di livello mondiale: Zanardi corse a Misano, nell'unica tappa italiana del DTM in programma nell'agosto scorso con una BMW M4 DTM adattata alle sue esigenze.




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Il prossimo 26 gennaio, prenderà parte alla 24 ore di Daytona accanto a grandi piloti quali Fernando AlonsoJuan Pablo Montoya e Rubens Barrichello.

Zanardi è davvero un personaggio straordinario e popolare, sia in Italia che all'estero. La sua vita e il suo esempio, la sua grande umanità e il forte ottimismo, ispirano forza a milioni di persone. 
A lui è dedicata la stupenda canzone T'insegnerò a volare (vedi>>) scritta da Roberto Vecchioni (cantata a duo con Francesco Guccini), inclusa nell'album L'infinito, l'ultimo lavoro del cantautore milanese.

mercoledì 9 gennaio 2019

Tassa di sbarco


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Venezia non sarà più gratis per i vacanzieri "mordi e fuggi". A mettere un "prezzo" al capoluogo lagunare, per chi si ferma solo una giornata e non dorme in albergo nella Serenissima, ci penserà la "tassa di sbarco", un contributo, alternativo all'imposta di soggiorno, che il Comune potrà chiedere a chi arriva "con qualunque vettore" (nave, treno, forse auto) nella città antica. 

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Il “contributo di sbarco” esiste già da alcuni anni e fu pensato per ovviare ai problemi dell’imposta di soggiorno, quella che quasi tutti i turisti si trovano a pagare in vacanza quando prenotano un albergo: un piccolo sovrapprezzo (non superiore ai 5 euro, spesso inferiore ai 2,50 euro a notte) che gli albergatori delle località turistiche versano poi integralmente ai comuni, che usano i fondi raccolti per investimenti legati al turismo. L’idea dietro l’imposta era far partecipare anche i turisti al pagamento delle spese per i servizi della città – la raccolta dei rifiuti e la pulizia delle strade, per esempio – di cui di fatto usufruivano gratuitamente. La tassa di soggiorno, però, viene pagata solo da chi pernotta in un certo comune, e non da chi quel comune lo visita in una giornata: un tipo di turismo – spesso chiamato “mordi e fuggi” – molto comune a Venezia.

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Riguarderà solo i turisti, non chi lavora, studia o si ferma poche ore per motivi professionali. L'obiettivo è chiaro: far pagare un contributo a chi usa i servizi di Venezia, ma si porta il panino da casa e se ne va alla sera senza lasciare un euro. Chi pernotta in hotel, infatti, versa già 30 milioni l'anno con l'imposta di soggiorno. 
La norma è prevista dal comma 1129 del maxiemendamento alla Legge di bilancio, approvata dalla Camera.


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Tra i destinatari anche i passeggeri delle grandi navi da crociera. Anche se l'ipotesi è che la nuova tassa di sbarco per Venezia funzioni con sostituto d'imposta: a pagare, come sovrapprezzo sui biglietti, dovrebbero essere le compagnie che fanno servizio di trasporto a fini commerciali in arrivo a Venezia. 

Risultati immagini per venezia tassa di sbarco
(foto da internet)


Secondo le prime stime, dalla nuova tassa potrebbe maturare un gettito annuo tra i 40 e 50 milioni di euro. Una cifra , peò, tutta da verificare, per eccsso o per difetto, computabile solo quando verrà emanato un regolamento sulle modalità e le categorie oggetto del contributo. 
L'imposta di soggiorno pagata oggi da chi dorme nelle strutture ricettive veneziane genera invece oltre 30 milioni di euro l'anno, 33 milioni il dato del 2018. 

lunedì 7 gennaio 2019

Rome is more (?)



(foto da internet)

Una volta Roma era caput mundi, oggi, con l'arietta che tira, ci si accontenta del più prosaico Rome is more, una pagina che alcuni giovani romani hanno creato su Facebook e che vuol essere un dizionario della romanitàVi si possono trovare modi di dire, slang e frasi in dialetto che vengono tradotte in inglese in senso letterale, con tanto di pronuncia corretta e spiegazioni pragmatiche su quando e come usarle. 
Il risultato è divertente: si va da nerdare (giocare ai videogiochi),  salire il crimine (arrabbiarsi moltissimo), acchittarsi (vestirsi bene),   essere una ceppa (essere brutto/a).  E poi ancora averci la strizza (avere paura), averci l'abbiocco (essere stanco, spossato),  mobbasta (ora basta!), se lallero (sì, certo, ma usato in senso ironico), che gianna! (che vento gelido!) e il noto daje! (dài! Forza!).



(foto da internet)


Questi fenomeni linguistici sono da collegare al cosiddetto giovanilese, cioè un italiano zeppo di parole e locuzioni filtrate dalle varietà di lingua parlate originariamente soltanto dai giovani. Circa vent'anni fa la studiosa Augusta Forconi incluse, nel suo Dizionario dello «slang» italiano, il termine figata, che definì come "cosa, situazione, fatto, ecc. riusciti bene, che piacciono molto, che danno eccitazione, emozione, divertimento. Es.: la festa di ieri è stata una gran figata", considerandolo esclusivamente connotato in senso generazionale. Ma oggi si potrebbe dire che il termine figata è una parola di esclusivo ambito giovanile? Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un consistente travaso dal linguaggio giovanile all'italiano colloquiale e ad un fenomeno nuovo: i giovani non abbandonano più il loro vocabolario quando diventano meno giovani, ma sempre più lo adottano anche le persone d'età più avanzata. 


(foto da internet)

Il linguaggio giovanile influisce direttamente sulla lingua italiana con l'immissione di elementi nuovi che tendono a perdere col tempo la marcatezza diagenerazionale. È il caso del sopraccitato figata
Un altro elemento del linguaggio giovanile è il cosiddetto parlar comodoso: si rafforzano tendenze già presenti nell'italiano contemporaneo. Il suffisso -oso, ad esempio, di lunga e tradizionale produttività. Se ne fa un uso abbondante, rafforzato anche dalla ripresa della pubblicità televisiva (scattoso, risparmioso, comodoso, sciccoso) che esercita un influsso crescente sui giovani e ne promuove la frequenza d'uso anche nell'italiano non marcato generazionalmente. 



(foto da internet)

Parimenti, vanno ricordati una serie di fenomeni presenti nel linguaggio giovanile, spesso caratterizzati da intenti espressivi o espressivo-ludici: 
a. Prelievi da linguaggi settoriali, come il lessico dell'informatica e della rete: un bit (un attimo), è stato un floppy (è andata male); 
b. Tendenza a creare serie parallele di anglicismi, ispanismi e latinismi che coabitano con le corrispondenti forme italiane: boy - ragazzo (fidanzato), girl - ragazza (fidanzata), hola (ciao, salve), domus (casa); 
c. Tendenza a creare ibridi e pseudo-anglicismi, pseudo-ispanismi: paninaro, drugatero (tossico); 
d. Uso di ideofoni americanizzanti, prelevati dal mondo dei fumetti (yum, slurp, smack, gasp); 
e. L'uso di slogan, riciclando tormentoni lanciati in tv dagli spot pubblicitari o dai comici, con un effetto di parlato stereotipato. 
f. Organizzazione sintattica caratterizzata da frammentazione e ricorso a particelle deittiche che hanno valore di rafforzamento ed enfatizzazione (non è che...; no, niente).
Si sta affermando, in certe situazioni comunicative, un italiano sub-standard caratterizzato da informalità e crescente espressività; esso è sempre meno marcato da differenze di strato sociale e dall'influsso dialettale e locale. 



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Un gruppo di studenti della facoltà di Scienze della Comunicazione della Lumsa ha raccolto più di 500 nuove parole in un libro dal titolo Bella cì! Piccolo glossario di una lingua sbalconata. I ragazzi di oggi non si amano ma “si lovvano”, non fumano una sigaretta ma “un drummino”, quando litiganoflammano” e se gli piace una ragazza sono “charmati”. E ancora: "rinco" significa imbecille"smella"  cattivo odore, puzza"a palla de foco" velocemente e "ma che ne sanno i 2000" indica l’ignoranza di coloro i quali sono nati nel XXI secolo