venerdì 11 maggio 2018

Haiku sull'albero del prugno



(foto da internet)


Probabilmente i nostri studenti ricorderanno con piacere misto ad emozione l'incontro che si tenne, nella nostra città, due anni or sono, con Dacia Maraini. In quell'occasione la scrittrice italiana parlò, a ruota libera, di se stessa, e narrò, fra il silenzio stupito del pubblico presente, le vicissitudini della sua famiglia durante la prigionia in Giappone
Ebbene, il 2 maggio u.s., si è tenuta a Roma, presso il cinema Farnese Persol, una serata promossa da Roberto Coin per la presentazione del film Haiku sull’albero del prugno (vedi>>) di Mujah Maraini-Melehi che narra proprio quella vicenda.
Assieme con la regista, hanno preso parte all'evento Dacia e Antonella (Toni) Maraini. Alla fine della proiezione si è tenuto un incontro con il pubblico presente in sala.


(foto da internet)


Il film-doc è un viaggio nella memoria della famiglia Maraini che ripercorre un frammento della loro storia. Mediante il film, la regista rivisita, in chiave di documento storico, le vicende dei nonni Topazia Alliata e Fosco Maraini i quali giunsero in Giappone nel 1938 dove Fosco Maraini studiò dapprima la gli Ainu nell'isola di Hokkaido, e, posteriormente, ebbe l'incarico di lettore di lingua italiana presso l'Università di Kyoto

Nel 1943, i Maraini furono internati in un campo di prigionia a Nagoya, insieme alle giovani figlie Dacia, Yuki e Toni, a seguito del loro rifiuto di aderire alla Repubblica di Salò

Il film ripercorre i lunghi mesi di prigionia della famiglia Maraini attraverso le pagine del diario che Topazia Alliata- scomparsa nel 2015 all’età di 102 anni!- scrisse e custodì segretamente durante i mesi di reclusione. 


(foto da internet)

La colonna sonora del film è stata firmata dal Premio Oscar Ryuichi Sakamoto e le scenografie -ispirate al teatro di schermi giapponese dogugaeshi- sono state realizzate da Basil Twist, uno tra i più grandi master-puppeteer del mondo.
La nipote-regista Mujah, rilegge quelle pagine insieme alla madre Toni, in  un viaggio personale che lega nipote, figlia e madre, alla ricerca del passato familiare, mediante un percorso di comprensione e di riconciliazione. 
il film è stato costruito su materiali fotografici e documenti di archivio inediti, interviste e testimonianze dirette che restituiscono allo spettatore una realtà già in parte nota a quanti hanno avuto l’opportunità di leggere gli scritti della famiglia Maraini.



(foto da internet)


Haiku sull' Albero del prugno è stato scritto da Mujah Maraini–Melehi e Deborah Belford, ed è stato prodotto da Maurizio Antonini e Mujah Maraini–Melehi, con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Direzione Generale Cinema, la Regione Lazio, l’Istituto Italiano di Cultura Tokyo, la collaborazione del Gabinetto G.P. Vieusseux e dell’Archivio Alinari.
Il mese scorso, il film è stato presentato con successo, in una prima internazionale, a New York

p.s. cari chiodini vicini e lontani, siamo ormai giunti alla fine dell'anno scolastico. Il nostro blog chiuderà venerdì 11 maggio, per gli esami finali. Torneremo on line, come sempre, a settembre. 
In bocca al lupo! Buone vacanze!













mercoledì 9 maggio 2018

A proposito della pizza...arriva il MoPi

Risultati immagini per pizza originale margherita
(foto da internet)


Non solo gli americani ne divorano ogni giorno l’equivalente di 50 ettari, ma negli Stati Uniti la pizza diventa sempre più un cibo di culto e un feticcio da gourmet: come dimostra il successo nella Little Italy di Manhattan del napoletano Gino Sorbillo, nella cui pizzeria si fa vedere persino il sindaco della Grande Mela, Bill De Blasio. Ad approfittare di questo “revival” sarà ora il nuovo Museo della Pizza, soprannominato MoPi, che aprirà il 13 ottobre in un luogo ancora segreto di New York, per iniziativa di Kareem Rahma, capo della Nameless Network, una società di Brooklyn.


Gino Sorbillo apre a New York e la prima pizza la sforna il sindaco
(foto da www.repubblica.it)

Il Museo permetterà ai visitatori di “conoscere la storia della pizza”, spiega Rahma, ricostruendone le origini e la diffusione in tutto il mondo. E, di là dei riconoscimenti dell’Unesco come “patrimonio dell’umanità”, offrirà una carrellata interattiva sul ruolo del piatto nella cultura pop e nel costume. Come il Museo del gelato, quello della pizza sarà una iniziativa pop-up, cioè a tempo, salvo poi verificare se riuscirà a generare abbastanza utili per rimanere aperta. Il biglietto di ingresso costerà caro, 35 dollari, ma offrirà la possibilità di ricevere una fetta di pizza gratis. “Ricordatevi però che saremo sempre un Museo, non un festival del cibo”, avverte l’ideatore del progetto. Comunque vada Arthur Bovino, esperto del settore food intervistato dal Wall Street Journal, già prevede che ci saranno lunghe file di fronte ai botteghini.

(foto da internet)

Non è un caso che MoPi sorgerà proprio a New York: grazie anche al forte influsso di emigranti italiani, nella metropoli sono concentrate il 10 per cento delle pizzerie americane, in tutto più di 61mila, e il Museo cercherà di attirare anche i turisti di passaggio. Anche nel resto degli Stati Uniti, da Boston a Los Angeles, da Miami a Seattle, la pizza è onnipresente, generando un fatturato complessivo di 30 miliardi di dollari all’anno. E gli americani ne continuano a mangiare quantità sempre maggiori: 350 fette al secondo a livello nazionale, 12 chili pro-capite all’anno.

Un po' strano, no????

lunedì 7 maggio 2018

Gita e Kilo


(foto da internet)

Addio valigie e carrello della spesa! Tra poco, la Piaggio Fast Forward, la società fondata dal gruppo Piaggio (nota casa produttrice di veicoli a due ruote a motore, fondata nel 1884, che vanta, tra i suoi prodotti, la celeberrima Vespa) vi aiuterà. La ditta, con sede a Boston, capofila nel settore della smart mobility di persone e merci, ha lanciato due nuovi prototipi elettrici:  Gita, presentato qualche giorno fa a Pontedera, e Kilo (vedi>>). 
Gita entrerà in produzione alla fine dell’anno; possiede un vano capace di portare un peso fino a 18 kg e attraverso un complesso sistema ottico, ed è capace di muoversi autonomamente e di seguire uno o più utenti umani ad esso collegati.



(foto da internet)


Jeffrey Schnapp, il direttore della Piaggio Past Forward, ha spiegato che l'idea dell'azienda italiana è quella di liberare le strade dalle auto e fornire alle persone che si possono muovere camminando un’alternativa al portabagagli. Integrando tecnologie innovative ed elaborando i futuri progetti di trasporto, la Piaggio Fast Forward risponde così al rapido cambiamento del mondo. Gita e Kilo sono veicoli intelligenti, ideati per migliorare la produttività della mobilità nei complessi sviluppi urbani, con un’autonomia di 20 km. Possono accompagnare una persona, mappare l’ambiente che li circonda e controllare ciò che si muove intorno; possono essere di supporto agli spostamenti individuali di tutti i giorni e un valido aiuto per chi soffre di disabilità motorie. 


(foto da internet)


L'idea è semplice: un trolley per la spesa che si muove da solo e che segue il proprietario come un cane fedele. 
Gita (vedi>>) è il più piccolo dei due prototipi. Può raggiungere 35 km/h e, grazie ad un percorso mappato preimpostato, può muoversi autonomamente. È in grado di trasportare 18 kg di peso e ha una forma sferica e un design molto lineare. Gita è una macchina a metà strada fra un drone terrestre, un robot da cargo e uno sherpa su ruote: un dispositivo intelligente che impara a conoscere il contesto in cui si muove mentre lo attraversa con il suo padrone umano. 
Kilo, invece, è un veicolo a tre ruote che può essere impiegato in tragitti più impegnativi; ha un vano da 120 litri di volume per carichi fino a 100 kg di peso. 
Insomma, Gita e Kilo sono una fusione perfetta tra robotica, ingegneria meccanica e design che vuol creare prodotti in linea con i bisogni degli uomini del nostro tempo. 



venerdì 4 maggio 2018

I 70 anni di Ladri di biciclette




(foto da internet)

Ladri di biciclette, uno dei film simbolo del Neorealismo, compie 70 anni. La pellicola viene restituita al suo splendore originario grazie all’opera di restauro del laboratorio L’immagine ritrovata della Cineteca di Bologna. La nuova edizione sarà presentata nella sezione Classici del Festival di Cannes (vedi trailer>>). 
Il capolavoro di Vittorio De Sica venne girato interamente con attori non professionisti e vinse l’Oscar, nel 1950, come migliore opera straniera. Scritto da Cesare Zavattini e dallo stesso De Sica, tratto dall'omonimo romanzo di Luigi Bartolini, divenne un punto di riferimento del cinema italiano di quegli anni e riscosse l’ammirazione di generazioni di cineasti in tutto il mondo. 
Il regista spiegò che volle rintracciare nel film il drammatico nelle situazioni quotidiane, il meraviglioso nella piccolissima cronaca. Nella vita cittadina –secondo De Sica- la perdita di una bicicletta poteva essere un avvenimento importante, tragico e addirittura catastrofico.




(foto da internet)

Il film è ambientato a Roma, pochi anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Antonio Ricci, disoccupato, vive in un quartiere periferico con la moglie Maria, il figlio Bruno e una figlia neonata. Finalmente trova lavoro come attacchino municipale, impiego per il quale è necessaria una bicicletta, che Antonio e Maria riescono a riscattare dal monte di pietà. Ma già il primo giorno di lavoro la bicicletta di Antonio viene rubata. Avvilito, l'uomo chiede consiglio a Baiocco, un netturbino che gli promette di aiutarlo. Il giorno seguente Antonio, insieme a Bruno, Baiocco e altri spazzini, inizia a cercare nei mercati romani dove i ladri vendono la refurtiva. 
La ricerca è infruttuosa; Antonio e il bambino rimangono soli a Porta Portese, sotto un violento nubifragio. Antonio intravvede il ladro in sella alla sua bicicletta e si lancia all'inseguimento, ma il ragazzo si dilegua. Ormai disperato, Antonio decide di rivolgersi a una veggente: l'incontro è inutile, ma uscendo dalla casa della santona di nuovo Antonio e Bruno si imbattono nel ladro e lo inseguono sino a casa sua, dove vengono accerchiati dalla folla ostile dei vicini. Bruno chiama un carabiniere, che però, senza prove, dichiara di non poter far nulla. Antonio e Bruno se ne vanno umiliati e, dopo un lungo pellegrinare, finiscono di fronte allo stadio, dove si sta disputando una partita. 



(foto da internet)

Antonio ruba una delle tante biciclette dei tifosi e scappa, ma viene subito acciuffato dal proprietario e da alcuni passanti: questi vorrebbero denunciarlo, ma, di fronte al pianto del piccolo Bruno, il proprietario decide di lasciar perdere. Padre e figlio si incamminano verso casa, mischiandosi alla folla.
Il film rappresenta, sotto molti aspetti, il centro ideale del Neorealismo; possiede, infatti, tutte le caratteristiche di fondo del movimento: ambienti reali, attori non professionisti, una vicenda drammatica sulla durezza della vita quotidiana delle classi popolari, nonché una sorta di radiografia dell'Italia del Dopoguerra,  un paese violentemente spaccato in due, tra il Fronte democratico popolare e la Democrazia cristiana. 
De Sica scelse una serie di situazioni e personaggi rappresentativi del clima sociopolitico dell'epoca: la stazione di polizia, con il reparto che parte alla volta di un comizio, la riunione della cellula sindacale, le dame di carità che offrono un pasto ai poveri, ma solo dopo che questi hanno ascoltato la messa, i ricchi del tavolo accanto nella trattoria, il cui banchetto, innaffiato dallo spumante, lascia esterrefatti Antonio e Bruno. 



(foto da internet)

E anche attraverso la ricerca della bicicletta emerge uno spaccato ricchissimo della vita nel dopoguerra, con i suoi drammi e suoi piccoli eroismi, tra i segni del conflitto da poco terminato e i segnali di una rinascita che sta per arrivare. 
La vicenda di Antonio è tanto più tragica, quanto più il personaggio sembra essere incapace di far parte di quel miracolo italiano che sta per avere luogo.
Va ricordato che il film non fu accolto molto bene dal pubblico di Roma che, dopo la proiezione al cinema Metropolitan, reclamò la restituzione del prezzo del biglietto! 
Tutt'altra fu l'accoglienza a Parigi, con la presenza di circa tremila personaggi della cultura internazionale. Entusiasta e commosso, René Clair abbracciò al termine della proiezione De Sica. Il film fu salutato con particolare entusiasmo da André Bazin, padre spirituale della Nouvelle vague, secondo il quale Ladri di biciclette rappresenta un modello di cinema senza cinema, capace di far passare la realtà sullo schermo senza mediazioni. 

Buon compleanno!


mercoledì 2 maggio 2018

Anche il design pedala

senso design lifestyle 1
(foto da internet)

Sulla strada del design viaggia anche la bici. Il Salone del Mobile appena tenutosi a Milano ha visto il debutto internazionale di Badgley Mischka Home. Ossia della collezione di arredo che prende il nome da Mark Badgley e James Mischka. I due stilisti americani hanno realizzato la luxury bike Senso che concentra design, arte e tecnologia. Una bici che celebra l'eco-mobilità con un design estremamente innovativo. 

Lusso senza compromessiSenso è una bici veloce e innovativa. È stata creata con nuovi materiali e caratterizzata da una eccellenza ingegneristica. Comunque, è anche in grado di garantire prestazioni eccezionali per una bike da turismo. Senso è stata sviluppata e prodotta in Italia, unendo design e tecnologia. Il tutto impreziosito dal gusto estetico di Badgley Mischka.
bici
(foto da internet)
Al netto dell’oggettiva bellezza di questo prodotto che dà un tocco di stile a uno sport in continua crescita, non è stato tralasciato nulla della parte tecnica, in maniera tale da poter regalare al pubblico un prodotto di qualità assoluta e da poter utilizzare comodamente per strada. Senso è caratterizzata da un’eccellenza di ingegneria e da un lusso fuori dal comune. Il prezzo non è per tutti, proprio perché si tratta di un mezzo di lusso: 20mila e 500 euro. Le sue particolarità sono degne della sensibilità propria di un artista, uno stilista. 
senso design lifestyle
(foto da internet)
I particolari in foglia d’oro nel tubo sella e nelle forcelle, oltre all’utilizzo di Swarovski nel tubo sterzo e nel reggisella, danno un tocco prezioso e chic. Il manubrio e la sella sono realizzati in pelle di razza con la collaborazione del marchio Schedoni, azienda modenese che da anni collabora con il brand Ferrari. Senso è prodotta in collaborazione con PTM Images, azienda californianiana leader nella produzione di prodotti per la casa.
bici
(foto da internet)
Non solo Milano. Nel panorama internazionale spicca anche l’iF Design Award. Si tratta di un riconoscimento che, dal 1953, l’istituto di Hannover assegna come simbolo di eccellenza nel design. Aggiudicarselo non è semplice, dato che si passa da un’analisi di oltre 6 mila proposte provenienti ogni anno da più di 70 nazioni. La bici da strada Canyon Roadlite CF è stata incoronata a Monaco di Baviera per il suo stile pulito e le sue funzionalità all’avanguardia. Inoltre, questo modello è leggero e adatto a tutti: i suoi dettagli  grafici sono bilanciati tra il discreto e il dinamico.