giovedì 31 ottobre 2013

Visita alla Domus Baebia




Lunedì 28 ottobre, la Domus Baebia di Sagunto ci ha offerto un interessante workshop sulla cucina della Roma antica.
Le magistre Charo e Amparo, con la collaborazione di Josep, ci hanno guidato nell'affascinante mondo della cultura classica, mediante un percorso culinario molto divertente.
I nostri studenti hanno potuto (ri)vivere una cucina romana, hanno interpretato magistralmente i ruoli dello schiavo, della signora della casa, del ricco faccendiere, della cuoca, della danzatrice, ecc.
Più tardi, abbiamo degustato alcuni piatti tipici della cucina romana tra cui il Moretum, il vino di rose, il formaggio alle erbe, il pane azzimo, ecc.



Il Moretum (la focaccia) deve il suo nome a un poemetto in 122 esametri in cui un contadino si prepara la colazione prima di recarsi nei campi. Il testo in questione forma parte della cosiddetta Appendix Vergiliana, una raccolta di otto piccoli componimenti, attribuiti a Virgilio, che però la critica contemporanea è quasi unanime nel ritenere apocrifi e risalenti al sec. I d.C.
Oggi si ritiene che soltanto un paio di epigrammi (il V e l'VIII) dei 14 compresi nell'Appendix, possano, con buona probabilità, esser considerati autenticamente virgiliani. 
Tra gli scritti, ricordiamo il Culex (La zanzara), un epillio di circa 400 esametri in cui una zanzara rimprovera in sogno un pastore di averla uccisa e di non averla sepolta.



La Ciris (L'airone bianco) è un epillio di 540 esametri sulla leggenda di Scilla che, avendo tradito per amore il padre, viene trasformata in un uccello marino.
Le Dirae (Le imprecazioni) sono due carmi di circa 100 versi: nel primo un pastore inveisce contro il proprio podere che gli è stato confiscato, nel secondo un pastore lamenta l'assenza della donna amata.
Il Copo (L'ostessa) è un breve idillio in distici elegiaci in cui un'ostessa invita i viandanti a entrare nel suo locale.

La ricetta del Moretum (da fare a casa): erbe, formaggio fresco, sale, olio ed aceto (insomma, una specie di pesto). Opzionalmente, si potevano aggiungere diversi tipi di noci. Il composto si pesta in un mortaio, dal quale prende il nome. Si spalma sul pane.

mercoledì 30 ottobre 2013

Personalizziamoci!!!

(foto da internet)
 
In questo tempo della piazza globale virtuale, dove si è collegati sempre e con chiunque si voglia, perché il mondo è tutto intorno a noi, a portata di mouse o di touch, si sta facendo largo, però, un’esigenza di differenziazione e di personalizzazione di cui la pubblicità si è fatta immediatamente interprete: si ha paura dell’anonimato, e addirittura assale il panico all’idea di sprofondare nel gorgo dell’oblio anonimamente.  
 
Ha cominciato la Coca Cola a proporre lattine con i nomi di battesimo, poi a seguire la Nutella ha sfornato vasetti personalizzati. Immediatamente questo tipo di operazioni fidelizzano il cliente, come si dice nel gergo del marketing, ingenerando negli individui un piacevole senso di unicità, illudendo magari che la bibita con il nome sia migliore di quella del vicino di tavolo, che la cioccolata che si spalma sul nostro panino sia fatta meglio e sia più buona di quella contenuta in uno dei milioni di anonimi barattoli. 
 
(foto da internet)

Ma gli effetti collaterali non tarderanno a manifestarsi: immaginate una famiglia con bimbi sotto i 7 anni: «Marta la Coca la beve solo dalla sua lattina», e se per caso finisce si mette a piangere che ne vuole dell’altra, allora il papà dice al fratellino Maurizio di offrigliene un po’ della sua, ma Marta urla ancora di più perché lei vuole la Coca dalla lattina con su scritto Marta, e Maurizio non vuole offrirla a Marta perché sulla lattina c’è scritto Maurizio. Allora al papà viene un colpo di genio e offre a Marta un sorso dalla sua lattina con scritto «Papà Andrea», ma Marta si strazia ancor di più perché la coca di papà è light e a lei non piace. A risolvere queste serate da incubo in genere ci pensa la nonna che offre la sua lattina con scritto sopra «M», perché lei si chiama Maria e come tutte le nonne è astuta e parsimoniosa, perché sa che una lattina può andar bene, e basta per tutta la famiglia, anche per la «Mamma». 
 
 
(foto da internet)
 
Se la notte passa tranquilla grazie alla nonna, al risveglio c’è la colazione e ovviamente ogni bimbo ha il suo vasetto di Nutella nominale: Marta, Maurizio, Maddalena, Tommaso e Francesco; il papà ha il diabete di tipo 2 e quindi mangia le gallette di riso integrale; è l’unico che le mangia in casa ma la confezione porta il suo nome a caratteri cubitali. La mamma ha lo yogurt magro con scritto «Mammina», la nonna invece mangia pane raffermo con il caffellatte, i nipotini hanno scritto a pennarello sulla sua tazza «Schifezza anonima».

Una volta quelli che potevano permetterselo si facevano mettere le iniziali sulla camicia. Va bene gli abiti e le T-shirt personalizzate, le borse, le valigie, la propria bibita, la propria cioccolata, ma se ci venisse voglia di marchiare il proprio panino? La televisione? La Tachipirina? I fusilli? Certo così si saprebbe chi è che avanza sempre a tavola, ma non è un po’ strano tutto ciò?





lunedì 28 ottobre 2013

Luoghi d'Italia ( IX)



(foto da internet)

Il nostro viaggio ci porta ancora verso est, in Friuli Venezia Giulia, alla volta di Cordovado (Cordovat, in friulano), in provincia di Pordenone.
Il toponimo del borgo proviene da Curtis de Vado che è il nome latino che designa una corte – ossia un grande complesso agricolo – posta vicino a un guado (vadum) sul fiume Tagliamento
Da non perdere l'area fortificata di Cordovado, nota come il Castello (secolo XI), che è il risultato di modifiche e stratificazioni che si sono succedute nel tempo, in particolare tra il '600 e l' '800.
Nel basso Medioevo le mura, con terrapieno, fossato e due torri, ancor oggi presenti, racchiudevano uno spazio interno costituito dal castello vescovile, che, a sua volta, era munito di mura e fossato con ponte levatoio.



(foto da internet)

La Cordovado medievale si concentra nell’area castellana, al cui interno trovano spazio alcune interessanti costruzioni come Palazzo Ridolfi, Palazzo Bozza Marrubini, l’elegante Palazzo Agricola dalle forme rinascimentali con ampie arcate e trifore.
Dentro la cerchia murata si erge Palazzo Freschi Piccolomini (1669-1704), una struttura imponente di linee rinascimentali, a tre piani con ampio portale d’ingresso, immersa nel verde di un parco secolare.
Vicino alla porta nord, sorge la Chiesa di San Girolamo (XIV secolo).
Alla fine del '600 parte dell’apparato fortificato fu abbattuto o trasformato in residenza civile, dando così vita al Palazzo Freschi Piccolomini.
Si può terminare il giro con la visita all’antico convento francescano di Santa Maria di Campagna diventato Villa Freschi, e con l’Oratorio di Santa Caterina che conserva affreschi del XV secolo.


(foto da internet)

Da assaggiare lo spaccafumo, un dolce artigianale che Cordovado ripropone da alcuni anni, fatto con fichi secchi, uvetta, noci, nocciole, pinoli, mandorle, arancini e miele.
La cucina tradizionale di quest’area è fortemente legata alla terra: anatra, oca, fagiano, volatili da cortile, erbe selvatiche con la polenta, bigoli, gnocchi con l’oca...
Un altro piatto tipico, esteso un po' in tutto il Friuli,  è il cosiddetto muset e brovada: e cioè il cotechino con contorno di rape bianche coperte con vinaccia di uva nera bagnata in acqua calda.
Buon viaggio! 

venerdì 25 ottobre 2013

Un taxi diverso





(foto da internet)

Aveva un taxi nero che andava col metano, cantava il compianto Jannacci.
Non sappiamo se il taxi di Zia Caterina vada a benzina o a gasolio, ma quel che sappiamo è che l'autovettura di Caterina Bellandi accompagna gratuitamente, ormai da circa dodici anni, i bambini  malati di tumore all'ospedale e, a volte, li porta in giro per Firenze. 
Zia Caterina ha 48 anni, ed è una specie di Mary Poppins dell'Arno. Guida una macchina che sembra un veicolo da Luna Park. 
Nel 2001 perse il marito Stefano, tassista di professione, a causa di un tumore. Con la licenza in eredità, e la sigla Milano 25, Zia Caterina decise di continuare l'attività del compagno. Lasciò l’impiego da venditrice e, nel giro di pochi mesi, iniziò a percorrere le vie di Firenze. 
Per caso, e poco tempo dopo, salirono sul suo taxi, Paolo e Barbara e la loro figlia Costanza di tre anni. Chiacchierando con loro, Caterina scoprì che un loro altro figlio, Tommaso, era morto per un tumore celebrare, e che i genitori avevano fondato un’associazione per sostenere la ricerca sul cancro. 
La coraggiosa tassista decise allora di mettere a disposizione degli altri la sofferenza vissuta in prima persona. Per dare speranza ai bambini malati colorò l’auto e se stessa. Iniziò a offrire corse gratuite per i giovanissimi pazienti dell’Ospedale pediatrico Meyer




(foto da internet)

Nel giro di pochissimo tempo il suo taxi diventò un punto di riferimento Fu (ri)battezzata col nome di Zia Caterina. Quando i bambini e gli adolescenti malati di cancro devono rimanere a Firenze per un anno, e successivamente continuano a venire in città per i controlli e le visite, Zia Caterina li va a prendere in stazione, li accompagna a mangiare un gelato, va a trovarli a casa. Oggi il suo taxi si è trasformato in una vera e propria Onlus




(foto da internet)

Zia Caterina è disponibile 24 ore su 24: in ogni momento è pronta ad accendere il motore, a indossare un costume in grado di strappare un sorriso al primo sguardo. E mentre ingrana la prima, afferma: "Il mio taxi è un qualcosa da prendere al volo, perché il viaggio è meglio della meta". 
Buon viaggio!

mercoledì 23 ottobre 2013

Una squadra internazionale


 
(foto da internet)
 
Eh sí di nuovo con il tema calcio, non perché siamo degli accaniti tifosi di questo sport, ma perché il calcio diventa sempre più argomento sociale.
Questa volta, però tocca all'Inter, o meglio all'Internazionale, squadra della città di Milano, insieme al Milan.
Argomento della settimana: l’Inter, ormai, appartiene per il 70% all’indonesiano Erick Thohir. L’annuncio del tanto atteso signing è arrivato da Massimo Moratti: “E’ stato firmato tutto. I tempi sono stati lunghi ma alla fine ci siamo arrivati, la cosa sembra essere equilibrata”. Le casse dell’Inter nei prossimi giorni si riempiranno di denaro che servirà per coprire i debiti e per garantire un futuro migliore. L’operazione si aggira intorno ai 250 milioni di euro. Tecnicamente mancano ancora dei passaggi. 



Tra una ventina di giorni, infatti, ci sarà il closing e verrà indetta un’assemblea straordinaria. 
Moratti è pronto a farsi da parte: “Non so ancora se sarò presidente, credo che la scelta dipenderà da me, ma vedremo.” Anche Thohir ha voluto confermare l’accordo: “In Indonesia oggi si celebra l’Eid al-Adha - ha detto - Si spera che questa firma possa essere una benedizione”. L’Eid al-Adha è la festa del sacrificio, in Indonesia.  




Nei prossimi giorni verranno definite anche le cariche del nuovo cda che sarà composto da otto persone. Nel club nerazzurro entreranno anche altri soci di Thohir, ovvero Roeslani e Soetedjo, l’obiettivo di Moratti, invece, è avere almeno tre membri tra cui il figlio AngeloMario che ambisce al ruolo di vicepresidente. All’interno dell’accordo ci sono varie clausole che permetteranno di vigilare seppur per un periodo limitato sull’operato dell’indonesiano, ma al massimo tra tre anni se tutto filerà liscio è prevista l’uscita di scena del petroliere milanese che dovrebbe cedere anche il rimanente trenta per cento delle sue azioni.  

lunedì 21 ottobre 2013

Luoghi d'Italia (VIII)


(foto da internet)

Il nostro viaggio continua ancora verso nordest, alla volta di Vipiteno (in tedesco Sterzing), in provincia di Bolzano, nel Trentino Alto Adige.
Il toponimo tedesco Sterzing si fa risalire alla presenza di un ospizio in tempi antichissimi; potrebbe, infatti, collegarsi al mitico Sterzl o Starz, un pellegrino storpio, mendicante e vagabondo, che è raffigurato nello stemma della città. 
Secondo altri, nella romana Vipitenum -da qui il nome del borgo in italiano- ci doveva essere una zecca dove si coniavano i sesterzi, da cui, per assonanza, Sterzing
Il nucleo abitato si è sviluppato lungo la strada del Brennero, la via di comunicazione più importante tra l'Italia e la Germania. 
La struttura urbanistica è rimasta pressoché inalterata dalla fine del XIII secolo. La cittadina è divisa dalla torre civica in due nuclei, Città Vecchia e Città Nuova, allineati lungo la via principale (Reichstrasse) con negozi e alberghi al posto delle antiche botteghe artigiane e delle locande. 


(foto da internet)

La Torre Civica, del 1469, fungeva da porta della città. E' stata ricostruita nella sua forma attuale dopo l´incendio del 1868. Il Palazzo Comunale (1524) ha all'interno inferriate, rivestimenti in legno e una stube gotica con la singolare lumiera a forma di donna. 
Da vedere anche  la chiesa gotica di S. Spirito (XIV secolo) che faceva corpo unico con l'Ospedale. Nei pressi del borgo, su uno spuntone di roccia, si erge l´imponente Castel Tasso (Reifenstein), menzionato già nel XII secolo. 
La popolazione di Vipiteno, di oltre 6000 abitanti, è per circa 3/4 di madrelingua tedesca.


(foto da internet)

Fra i prodotti tipici, segnaliamo il  latte, il burro e lo yogurt prodotti dalla celebre Latteria sociale di Vipiteno
Da assaggiare lo speck, i canederli, i funghi e i krapfen.

Buon viaggio!

venerdì 18 ottobre 2013

Una mamma imperfetta




(foto da internet)

Di mamma ce n'è una sola, cantava il maestro Francesco Guccini. 
Senza dubbio, ma noi vorremmo parlarvi di una mamma che corre...
Ci riferiamo a una simpatica serie (siamo già al secondo anno!) che Il Corriere e Rai2 hanno lanciato, intitolata Una mamma Imperfetta diretta da Ivan Cotroneo, e composta da 25 episodi di soli 8 minuti ciascuno. 
Le puntate sono pubblicate sul sito Corriere.it una volta al giorno, dal lunedì al venerdì. 
La trama è assai semplice: ruota attorno al personaggio principale, Chiara, interpretato da Lucia Mascino
La serie assume la forma di un video-diario nel quale Chiara affronta i problemi di una mamma moderna alle prese con figli, lavoro e marito. 



 (foto da internet)

La protagonista è affiancata da tre amiche Irene (Anna Ferzetti), Claudia (Vanessa Compagnucci) e Marta (Alessia Barela), con le quali fa colazione per pochi minuti nel bar di fronte alla scuola dei bambini.
La serie ha avuto un tale successo che i diritti d'autore sono stati -udite, udite- venduti anche alla Disney!
Una mamma imperfetta si può seguire facilmente in streaming, e ci è parsa un'occasione fantastica per migliorare il vostro livello d'italiano.

Ecco i personaggi:

Chiara - Lucia Mascino: è la protagonista della serie. Sposata con Davide e madre di Antonio e Maria. Lavora in uno studio di ricerche statistiche, e tiene un video-diario.
Irene - Anna Ferzetti: sposata con Luigi. Ha una figlia, Carolina.
Claudia - Vanessa Compagnucci: sposata con Gustavo, hanno una bambino in adozione.
Marta - Alessia Barela: è moglie scostante di Giacomo e madre disattenta di tre gemelli.
Davide - Fausto Sciarappa: è il marito di Chiara, e padre di Antonio e Maria. Ha un madre apprensiva, un lavoro soddisfacente, e si dimentica sempre tutto.
Giacomo - Biagio Forestieri: è il marito di Marta e padre dei suoi tre gemelli. È innamoratissimo di Marta, che però lo trascura.
Luigi - Sergio Alibelli: è il marito di Irene e papà di Carolina, è narcolettico.
Gustavo - Luciano Scarpa: è il marito di Claudia, con la quale ha un bambino in adozione.


(foto da internet)


Antonio - Edoardo Eboli: è il figlio primogenito di Chiara e Davide e fratello di Maria, ha dieci anni e gioca a calcetto.
Maria - Gaia Panicci: è la seconda e ultima figlia di Chiara e Davide, è sorella più piccola di Antonio.
Mariolina - Gilda Postiglione: è la madre "perfetta", che fa di tutto per farsi amare da tutti, tranne che dalle mamme meno perfette di lei, che snobba.
Eugenio - Fabrizio Romano: è l'unico esempio di padre "perfetto" della piccola Nora, sua figlia, la cui madre l'ha abbandonata.
Elisabetta - Orsetta Borghero: è la giovane collega di Chiara, convive con un uomo, finché non capisce di non essere più innamorata di lui. Viene chiamata anche 'Betta'.

Roberto - Fabio Camilli: è il capo di Chiara e Elisabetta.

Buon divertimento!

mercoledì 16 ottobre 2013

Una canzone per il Napoli di don Rafa

(foto da internet)
 
 
Dopo il fenomeno don Rafa (Benítez) e le ambiguità linguistiche del mondo del calcio, quest'oggi vi proponiamo il nuovo inno dellla squadra del Napoli: O vient. Eh sì, vola, sulle ali del vento, anzi di O' vient, il pezzo più amato del disco Mea culpa, che ha consacrato l'autore ai vertici del rap, un pezzo che ora è diventato l'inno dello stadio San Paolo prima delle partite del Napoli.


 
(foto da internet)
 

Lui è Clementino, da Nola, oggi stabilmente a Milano, dopo anni di girovagare, campione di freestyle, rapper pungente e scatenato: "Il rap c'è sempre stato, ma negli ultimi due anni è esploso".




E così anche un artista undeground come lui gode di un successo impensabile, lo fermano per strada, gli bussano a casa, ovviamente soprattutto quando sta dalle sue parti, premiato da un rap cadenzato sul dialetto napoletano ("e del resto la lingua napoletana è riconosciuta anche dall'Unesco", dice ridendo) e capace di duettare con Fabri Fibra econ Jovanotti.




La sua storia è quella di tanti rapper cresciuti nei centri sociali, tra gare e sfide, scuola durissima dalla quale si esce forti, o spazzati via per sempre.
"Prima facevo i graffiti sui treni, ero un vandalo, ma ho fatto un sacco di cose, ho studiato recitazione, laureato con 110 e lode alla scuola di Eduardo, i miei sono attori, sono un ex chitarrista, ho fatto 13 anni l'animatore, ho imparato a comunicare con tutti, dallo spacciatore di Scampia al Presidente della Repubblica, però soprattutto tutto questo mi ha insegnato a stare in scena".
E sul palco ci sa stare, e anche molto bene, arriva dritto al pubblico, affilato e convincente: "se devo pensare che i miei pezzi possono avere un qualche effetto sul pubblico, me ne accorgo soprattutto dal vivo. Credo che sia la mia forza, credo di uscire meglio quando mi senti dal vivo che su disco, e vedo le reazioni, quello che mi scrivono dopo un concerto è molto più forte di quando mi ascoltano su disco, e lì mi rendo conto che magari qualche messaggio è arrivato".

 

lunedì 14 ottobre 2013

Luoghi d'Italia (VII)



(foto da internet)

Il nostro viaggio continua verso nordest, alla volta di Bienno (Bièn in dialetto), il paese dei magli, in provincia di Brescia, in Lombardia.
A Bienno, grazie alla ricchezza di boschi che fornivano il combustibile, e all’abbondanza d’acqua dalla quale si generava la forza motrice, si sviluppò una fiorente attività economica legata alla lavorazione e al commercio dei manufatti di ferro.
Sin dall’anno 1000 venne costruito il Vaso Re, un canale artificiale che convogliava le acque per fornire l’energia alla ruote idrauliche che muovevano  sia i pesanti magli utilizzati per la forgiatura del ferro, sia mulini e segherie.
Bienno presenta al viaggiatore importanti palazzi, pregevoli chiese, stretti vicoli, detti tresendei, scalinate, possenti muri e imponenti portali.


(foto da internet)

L'itinerario per la visita del borgo, parte proprio dal Vaso Re; seguendolo si può ripercorrere la storia industriale dell’antico borgo dei magli, incontrando via via le antiche fucine ora Scuola di Fucinatura, Ludoteca del Ferro, Fucina Museo.
Lungo Via Ripa una scalinata in selciato scende al seicentesco Mulino Museo capace di produrre, con le macine di pietra mosse dall’acqua del Vaso Re , dell’ottima farina da polenta. Proseguendo per Via Re si raggiunge l’antico lavatoio e, più avanti,  una fucina che ancora utilizza il maglio ad acqua,  tratti di canale sopraelevato, lavatoi e paratoie, sino all’opera di presa sul torrente. 



(foto da internet)

Di ritorno al borgo, si possono ammirare le torri, la piazza su cui si affaccia la Chiesa di Santa Maria Annunziata, costruita nel Quattrocento, tra i vicoli stretti e le alte case.
A Brenno la testimonianza storica del ferro è  rintracciabile ovunque nel centro storico, la sua lavorazione ha condizionato pesantemente l’urbanistica e l’architettura dell’intero nucleo storico, e tuttora operano in paese abili artigiani capaci di manipolare il ferro sotto i colpi del maglio.


(foto da internet)

Il piatto del borgo sono i Casoncelli, una specie di ravioli di notevole dimensione ripieni di lesso o arrosto di carne, salsiccia, pane, formaggio grattugiato, uova, sale, prezzemolo e conditi con il burro fuso e formaggio spesso prodotto nel periodo estivo negli alpeggi sui monti attorno al paese.


(foto da internet)

Il dolce tradizionale è la Spongada, una soffice focaccia di farina, uova, burro, zucchero, sale, latte, lievito.
Buon viaggio!

venerdì 11 ottobre 2013

Di tabú linguistici (nel calcio) e di altre sciocchezze (sportive)



(foto da internet)

Probabilmente i chiodini appassionati di calcio sapranno che il Getafe ha prelevato un nuovo attaccante: il romeno Ciprian Marica. 
Fin qui niente di strano. Il problema è sorto quando l'ex giocatore dello Schalke ha dovuto scegliere la maglietta con il relativo numero, e poi farsi stampare il nome sulla schiena.
I dirigenti del Getafe l'hanno subito sconsigliato di farsi apporre il suo cognome; un cognome che in Romania non significa niente ma, e qui sta il problema, in Spagna è un termine volgare per definire un omosessuale. 
Il termine in questione, com'è noto, è il diminutivo di maricón, appellativo poco gentile per definire un gay. L'equivalente in italiano sarebbe checca o frocetto.
Florian Marica, secondo i dirigenti della sua nuova squadra, si sarebbe tirato addosso gli sberleffi delle tifoserie di tutti gli stadi di Spagna.  Quindi, il nostro ha deciso di farsi chiamare solo con il suo nome di battesimo (Florian): da una settimana infatti, i tifosi avversari si erano già scatenati con le prime ironie su siti e sui social network.

Esponenti della forte comunità romena presente in Spagna hanno fatto sapere di non condividere la scelta del calciatore, mentre le associazioni gay non si sono ancora espresse. 




(foto da internet)

Un altro problema linguistico è presente, da anni, nel seno del Barça: infatti, il miglior giocatore del mondo, Lionel Messi, viene chiamato, da queste parti, Leo, mentre che in Argentina, in maniera affettuosa è, per tutti, Lío
Orbene, lío, nello spagnolo della penisola iberica,  sta per confusione, casino, problema grosso. Quindi, meglio che i gol vengano segnati da Leo e non da un tal Casino...
Lasciando da parte il calcio, ci ha colpito la notizia di un atleta italiano, il quale, per aggirare un test antidoping ha pensato bene di ripulire l'urina mediante un pene falso! 
Incredibile ma vero!  Si tratta di un pene di plastica che, con la semplice pressione di un bottone, espelle l'urina, senza sostanze dopanti, inserita in precedenza dentro un'apposita capsula. L'inganno, nel più puro stille Totò truffa, è stato denunciato dalla Wada, l'Agenzia mondiale antidoping. 






(foto da internet)

Il kit pene-falso-capsula-siringa-tubo è in vendita su Internet, a 130 euro. E' disponibile in cinque tonalità di pelle, dal bianco albino fino al nero, e in unica misura!  
Va fissato al pube con un cerotto, mentre quello vero, udite, udite, si dovrebbe nascondere come si può. 
Durante il controllo antidoping, l'atleta deve solo premere un pulsante per provocare l'espulsione dell'urina ripulita. 
L'espediente, sostengono i suoi ideatori, è infallibile perché anche i giudici più scrupolosi di solito omettono l'unico passaggio necessario per scoprire se il pene è vero o falso: toccare con mano! 
Come direbbe il compianto De Coubertin: l'importante è pisciare.... 

mercoledì 9 ottobre 2013

La Rivoluzione di Papa Francesco

 
(foto da internet)
 
Il dialogo tra Papa Francesco e Eugenio Scalfari.
Si sono incontrati il 24 settembre nella residenza papale di Santa Marta.: ne è nato un dialogo in cui papa Francesco racconta al fondatore di Repubblica, eminenza laica italiana, la sua “Chiesa”.
 


(foto da internet)
 
L'arte del dialogo tra un uomo di fede e un uomo laico, o meglio un dialogo da uomo a uomo.
 

 
(foto da internet)
 
Un'apertura alla modernità che ha interessato tutti i siti stranieri.


lunedì 7 ottobre 2013

Luoghi d'Italia (VI)


(foto da internet)

Il nostro viaggio continua ancora verso nord, in Val d'Aosta
Ci dirigiamo a Bard (Bar nel patois valdostano),  il comune più piccolo della regione. Il borgo è situato presso una gola posta vicino all'ingresso della valle, dove la Dora Baltea tocca il suo punto più stretto. Nel punto in cui il fiume compie una brusca svolta, si innalza una roccia su cui si situa la fortezza ottocentesca. Tra Verrès e Pont-Saint-Martin, il forte domina lo sperone roccioso che sovrasta il borgo di Bard, passaggio obbligato della via romana consolare delle Gallie.



(foto da internet)

La zona attorno all'odierno borgo venne abitata sin dal Neolitico, come testimoniano incisioni su pietre molto grandi.
Il piccolo villaggio, per la sua posizione strategica, al centro di una profonda ed angusta gola, è stato considerato, sin dall'antichità, un sicuro baluardo contro le invasioni.


Oltre allo storico forte, il borgo presenta ancor oggi il tipico assetto urbano del borgo medioevale, con apprezzabili edifici risalenti al XV. e XVI secolo, fra cui la Casa del Vescovo, Casa Valperga, Casa Ciucca e Casa della Meridiana. Di particolare eleganza il palazzo dei nobili Nicole, ultimi conti di Bard, risalente al '700.



(foto da internet)

Nella piazza ove è situato il moderno edificio del nuovo municipio si erge anche la chiesa parrocchiale, intitolata all'assunzione di Maria, la cui storia risale al XII secolo. 
Intorno alla metà di ottobre, si tiene a Bard il Marché au Fort, una vetrina enogastronomica di presentazione, degustazione e vendita dei prodotti della cultura alimentare valdostana; una sagra che s’inserisce in un programma di appuntamenti, feste locali ed eventi dedicati alla tradizione agro-silvo-pastorale e gastronomica locale che attira molti visitatori. 




(foto da internet)


Da degustare in questa zona la fontina, formaggio DOP fabbricato con latte intero di mucca di razza valdostana, e la zuppa con fontina e pane nero. Il “pan ner” è il pane di segala e frumento che era la base dell’alimentazione della famiglia valdostana. Questo pane si conserva a lungo sui ratelì (le rastrelliere del pane). 

Buon viaggio!


venerdì 4 ottobre 2013

L'aceto




(Questa foto non rappresenta una bottiglia di aceto come era previsto. Chi scrive su questo blog vuole esprimere, in questo modo,  profondo cordoglio per le vittime innocenti del naufragio di Lampedusa)

L'aceto è stato usato sin da tempi remoti non solo come condimento, ma anche a scopo medicinale. All’aceto sono state attribuite numerose proprietà: si dice, in particolare, che agiscano sulle riserve di grasso, che siano antitumorali e utili per il controllo della glicemia. Ma mentre per i primi due effetti non ci sono sufficienti riscontri scientifici, sul controllo della glicemia esistono molti dati. A conferma, possiamo citare uno degli studi più recenti, pubblicato recentemente sul Diabetes Metabolism Journal.
Alcuni ricercatori dell'Università di Seul hanno osservato che quando delle  cavie in laboratorio, venivano sottoposte a diete ad elevato contenuto di grassi, abbinate con aceto balsamico, si attenuavano gli effetti negativi dei grassi sulle cellule beta del pancreas, quelle che secernono insulina quando aumentano i livelli di glucosio nel sangue. 
In pratica, si potrebbe ipotizzare un effetto preventivo nei confronti del diabete, in quanto le cellule che producono insulina sarebbero meno esposte ai rischi di una dieta ricca di grassi. 
L'ingrediente attivo è l'acido acetico, ma i meccanismi non sono ancora chiariti. Per esempio, si ipotizza che l'acido acetico possa rallentare lo svuotamento dello stomaco e inibire l'attività degli enzimi digestivi presenti nell'intestino tenue, limitando la completa digestione dell'amido e, quindi, l'assorbimento del glucosio.  Questo effetto si è osservato sia in soggetti sani sia in diabetici. L'aspetto positivo è che per ottenere il beneficio dell’aceto ne basta la quantità che comunemente si aggiunge all'insalata.
Poche gocce di un buon aceto, quindi, non sono un rischio per lo stomaco, come erroneamente si è creduto in passato, e neppure per la linea, come dimostra il basso contenuto calorico dei vari tipi di aceto.




(foto da internet)

Tra i vari tipi di aceto prodotti in Italia, il più noto è, probabilmente, l'aceto balsamicoun condimento tradizionale della cucina emiliana, prodotto con mosti cotti d'uve provenienti esclusivamente dalla province di Modena e Reggio Emilia, fermentati, acetificati ed in seguito invecchiati per almeno dodici anni.
Pur affondando le proprie radici, probabilmente, già in età romana, la sua produzione è documentata a partire dall' XI secolo. Fu molto apprezzato nel rinascimento dagli estensi, che lo fecero conoscere all'alta aristocrazia e a numerosi regnanti.
L'ingrediente di base è il mosto d'uva cotto. Le uve utilizzate sono i trebbiani, i lambruschi (in tutte le loro varietà), Ancellotta, Sauvignon, Sgavetta, Berzemino, Occhio di Gatta ed in generale le uve dei vigneti iscritti alle DOC delle provincie di Modena e Reggio Emilia. 

Una volta fermentato ed acetificato, il prodotto inizia la fase di maturazione ed invecchiamento, diviso in due parti: la fase di maturazione, che dura all'incirca dieci anni, e la fase di  fermentazione ed acetificazione che ne dra altri due. Quindi, un totale di 12 anni, requisito minimo per questo tipo di aceto.


(foto da internet)

L'aceto così prodotto, viene depositato in  grosse acetaie, con decine se non centinaia di batterie, sono sovente collocate in vecchi fienili riadattati, oppure in moderni capannoni studiati appositamente per garantire l'effetto delle stagioni.



L'impiego generalmente ottimale è come condimento di insalate, ma anche su carni e pesce, bolliti, formaggi (il Parmigiano-Reggiano in primis). 
L'affinato, in ragione della sensazione di maggior acidità dovuta alla maggior presenza di sostanze volatili, viene generalmente apprezzato su carni e piatti a più alto tenore di grassi, utilizzandolo sia come aggiunta a fine cottura, sia come ingrediente per la preparazione di fondi di cottura per la selvaggina e animali da cortile. 





(foto da internet)

L'extra-vecchio presenta un sapore più maturo ed equilibrato che meglio si abbina a verdure e piatti "magri", ma anche in associazione a formaggi importanti, saporiti e piccanti. In tempi recenti si è diffuso il suo utilizzo anche su dolci e frutta (in particolare su fragole, pesche e frutti tropicali).