(foto da internet)
In questo tempo della piazza globale virtuale, dove si è collegati sempre e con chiunque si voglia, perché il mondo è tutto intorno a noi, a portata di mouse o di touch, si sta facendo largo, però, un’esigenza di differenziazione e di personalizzazione di cui la pubblicità si è fatta immediatamente interprete: si ha paura dell’anonimato, e addirittura assale il panico all’idea di sprofondare nel gorgo dell’oblio anonimamente.
Ha cominciato la Coca Cola a proporre lattine con i nomi di battesimo, poi a seguire la Nutella ha sfornato vasetti personalizzati. Immediatamente questo tipo di operazioni fidelizzano il cliente, come si dice nel gergo del marketing, ingenerando negli individui un piacevole senso di unicità, illudendo magari che la bibita con il nome sia migliore di quella del vicino di tavolo, che la cioccolata che si spalma sul nostro panino sia fatta meglio e sia più buona di quella contenuta in uno dei milioni di anonimi barattoli.
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Ma gli effetti collaterali non tarderanno a manifestarsi: immaginate una famiglia con bimbi sotto i 7 anni: «Marta la Coca la beve solo dalla sua lattina», e se per caso finisce si mette a piangere che ne vuole dell’altra, allora il papà dice al fratellino Maurizio di offrigliene un po’ della sua, ma Marta urla ancora di più perché lei vuole la Coca dalla lattina con su scritto Marta, e Maurizio non vuole offrirla a Marta perché sulla lattina c’è scritto Maurizio. Allora al papà viene un colpo di genio e offre a Marta un sorso dalla sua lattina con scritto «Papà Andrea», ma Marta si strazia ancor di più perché la coca di papà è light e a lei non piace. A risolvere queste serate da incubo in genere ci pensa la nonna che offre la sua lattina con scritto sopra «M», perché lei si chiama Maria e come tutte le nonne è astuta e parsimoniosa, perché sa che una lattina può andar bene, e basta per tutta la famiglia, anche per la «Mamma».
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Se la notte passa tranquilla grazie alla nonna, al risveglio c’è la colazione e ovviamente ogni bimbo ha il suo vasetto di Nutella nominale: Marta, Maurizio, Maddalena, Tommaso e Francesco; il papà ha il diabete di tipo 2 e quindi mangia le gallette di riso integrale; è l’unico che le mangia in casa ma la confezione porta il suo nome a caratteri cubitali. La mamma ha lo yogurt magro con scritto «Mammina», la nonna invece mangia pane raffermo con il caffellatte, i nipotini hanno scritto a pennarello sulla sua tazza «Schifezza anonima».
Una volta quelli che potevano permetterselo si facevano mettere le iniziali sulla camicia. Va bene gli abiti e le T-shirt personalizzate, le borse, le valigie, la propria bibita, la propria cioccolata, ma se ci venisse voglia di marchiare il proprio panino? La televisione? La Tachipirina? I fusilli? Certo così si saprebbe chi è che avanza sempre a tavola, ma non è un po’ strano tutto ciò?
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