venerdì 31 maggio 2013

La 'nduja

A Franca Rame e a Don Andrea Gallo, in memoriam



(foto da internet)

La 'nduja, probabilmente sconosciuta ai più,  è uno dei più famosi prodotti alimentari tipici calabresi. E' un salame morbido, spalmabile e piccantissimo.
La 'nduja nasce nel paese di Spilinga, località in provincia di Vibo Valentia, in Calabria. Ha una consistenza morbida e gusto particolarmente piccante. Viene preparata con le parti grasse del maiale, e con l'aggiunta del peperoncino piccante calabrese, per venire, poi, insaccata nel budello cieco (orba), e, per ultimo, essere affumicata.
Si consuma spalmandola su fette di pane abbrustolito, meglio se ancora calde, o utilizzata come soffritto per la base di un ragù o di un sugo di pomodoro, con aglio; può essere usata per guarnire la pizza; si può consumare su fettine di formaggi semi-stagionati o può entrare nella composizione di frittate.
Storicamente la 'nduja è un piatto povero, nato per utilizzare gli scarti delle carni del maiale: milza, stomaco, intestino, polmoni, esofago, cuore, trachea, parti molli del retrobocca e faringe, porzioni carnee della testa, muscoli pellicciai, linfonodi, grasso di varie regioni, ecc. 


(foto da internet)

Il nome 'nduja, o più semplicemente 'duja, può trarre origine dal termine latino inducere, e cioè introdurre, o dal francese andouille, che vuol dire salsiccia.
La 'nduja ha un colore tendente al rosso dovuto alla presenza del peperoncino, e una consistenza che neanche dopo la stagionatura diventa dura.
È quasi superfluo sottolineare come la 'nduja, grazie al gusto squisito e al piccante dovuto a tanto peperoncino, viene da alcuni considerata afrodisiaca e ha benefici effetti sul sistema cardiocircolatorio. 
Per finire vi proponiamo una gustosa ricetta della cucina calabrese: i filei (o fileja) alla 'nduja.
(Se non trovate i filei potete usare un altro tipo di pasta corta)

Buon appetito!

p.s. Vi ricordiamo che il nostro blog, come consuetudine, chiude per qualche mese. Torneremo online a settembre.
Buone vacanze!

mercoledì 29 maggio 2013

Un Erasmus in viaggio

(foto da internet)

Questo è il mio Erasmus è il racconto per immagini di Alex Torres, uno studente spagnolo arrivato a Napoli per studio . Un città che lo ha fatto innamorare dell’Italia e gli ha regalato “una delle esperienze più belle” della sua vita. 

(foto da internet)

Il video postato sul suo account Vimeo ha fatto in poche ore il giro del web e ci sono state migliaia di condivisioni sui social network.
Il filmato ispirato al famoso viral video “The Hosteel Manifesto” è una raccolta di sequenze registrate in giro per l’Italia tra il giugno del 2011 e il 2012.

 

Con la speranza che ci siano ancora Erasmus!!!

lunedì 27 maggio 2013

Polpette (di saggezza linguistica XXXIV)






(foto da internet)

Avere il bernoccolo per qualcosa, significa avere una particolare predisposizione per qualcosa, ad esempio una scienza, gli affari, un mestiere, un'abilità determinata, ecc. Esempio: Carlo ha il bernoccolo per la matematica.
Il termine proviene da una scienza di moda ai primi del 1800, la frenologia, fondata dal medico tedesco Gall e presto spogliata di ogni credibilità scentifica. Secondo tale teoria le facoltà mentali erano localizzate in punti ben determinati della corteccia cerebrale, e lo sviluppo di una particolare facoltà portava all'ispessimento della parte corrispondente, formando una bozza nella scatola cranica. Gall aveva identificato ventisette facoltà diverse, riconducibili ad altrettanti bernoccoli.
Il bernoccolo è una piccola protuberanza della testa, dovuta a conformazione naturale o a tumefazione traumatica.

venerdì 24 maggio 2013

La fine del tressette?




(foto da internet)

Dicono che sia tutta colpa della crisi, ma, sta di fatto, che anche  le carte da gioco made in Italy stanno soffrendo. Una delle ditte  più famose dedicata alla fabbricazione di carte,  la Modiano di Trieste, ha annunciato che  la quasi totalità dei lavoratori  è stata messa in cassa integrazione fino a metà agosto. Eppure la Modiano, che si è sempre spartita con la ditta Dal Negro il mercato italiano, aveva orientato,  con successo, le esportazioni e aveva definito una strategia commerciale mirata alla collaborazione totale con i grandi clienti che richiedevano carte ad hoc, con i loro brand e i loro slogan, da usare come alternativa alle inserzioni pubblicitarie o agli spot in tv. 
Purtroppo, però, anche il mercato delle promozioni è crollato per colpa della crisi e dei tagli alle spese operati soprattutto dalle aziende produttrici di bevande alcooliche. 
Oltretutto, la  delocalizzazione di alcune ditte minori delle carte da gioco fabbricate in paesi a basso costo del lavoro ha fatto il resto.
Il mercato delle carte in Italia si è tradizionalmente  incentrato sui frequentatori dei bar o dei circoli. Grazie a loro c'è stata finora una buona rotazione degli acquisti. Si calcola che un mazzo di carte in un bar duri poco più di un mese e ogni punto vendita  ne deve avere nel cassetto almeno una dozzina. 
Chi conosce questo mondo sostiene che l'offensiva dei videopoker e delle slot machine non ha scalfito l'amore per la briscola, il tressette (ascolta la mitica interpretazione di Nicola Arigliano sui gesti di questo gioco>>) e la zecchinetta
E del resto nei bar di paese è facile ancora trovare il farmacista o l'avvocato che giocano ore assieme al bidello o al maresciallo. 
Le carte, quindi, rappresentano una forma di ludopatia soft e poco dispendiosa visto che la posta in palio, quasi sempre, è una consumazione al bancone.
La nascita della Modiano risale al 1868, quando Saul David Modiano arrivò da Salonicco nella città giuliana con l'idea di sviluppare il traffico commerciale con l'Oriente e invece avviò un'impresa che all'inizio produceva e commerciava cartine per sigarette. Al tempo Trieste era nota per le fabbriche di carte da gioco e Modiano fiutò l'aria, superò in qualità i suoi concorrenti e aprì fabbriche anche a Fiume e Budapest. Alla vigilia della prima guerra mondiale il gruppo dava lavoro a 1000 dipendenti. Notizia a parte, vogliamo presentarvi un gioco molto diffuso, specialmente al sud d'Italia: la zecchinetta. Iniziamo dalle carte che si usano e che consistono in mazzi da 40 con 4 diversi . I semi, detti italiani o spagnoli, sonobastoni, coppe, denari e spade, e le figure, sono fante (o donna), cavallo, re e in ogni seme troviamo i numeri 2, 3, 4, 5, 6, 7, più l'asso e le figure.



 (foto da internet)

La zecchinetta è un gioco d'azzardo il cui nome deriva dai lanzichenecchi che nel XVI secolo lo introdussero nel nostro paese. Si prende un mazzo di 40 carte, e prima che le carte vengano distribuite si procede con la fase di scommessa. Il banco (il mazziere) decide a suo piacere l’ammontare della puntata e la ripone nel piatto. Partendo poi dal giocatore alla sua destra chiede ai partecipanti quanto essi vogliano puntare, fino al raggiungimento della somma così scelta. Una volta terminata la prima fase, si passa a quello che si potrebbe definire la distribuzione delle carte, il banco volta una prima carta, la ripone alla sua sinistra dicendo ”per me“, e ne rivolta una seconda alla sua destra dicendo “per voi”, le carte rimanenti costituiscono "il tallone". Se le due carte rivoltate sono uguali in valore, il Banco vince subito e ritira tutte le puntate dei giocatori. Il banchiere comincia a ribaltare, una alla volta, tutte le carte rimanenti nel tallone. Se estrae una carta uguale, in valore a quella riposta alla sua sinistra, vince e ritira le puntate di tutti i giocatori. Se invece estrae una carta uguale a quella riposta alla sua destra, vincono i giocatori, ritirano la puntata del banco e la suddividono proporzionalmente alle loro stesse puntate. Cambio del banco: quando il banchiere perde, toccherà al giocatore alla sua destra  fare le veci del Banco. Se il banchiere vince, il ruolo rimarrà alla medesima persona. Se il banchiere vince durante la distribuzione, ribaltando a destra e a sinistra due carte dello stesso valore, passerà il ruolo al giocatore successivo. Buon divertimento!

mercoledì 22 maggio 2013

Isole per vacanze estive



(foto da internet)

Parte la corsa alle vacanze estive, ed è un testa a testa tra Italia e Spagna. A stilare la top 10 delle isole più ricercate per l’estate, sulla base delle ricerche del periodo, il motore di ricerca prezzi Trivago che raccoglie le richieste di pernottamento da oltre 35 Paesi e mercati internazionali. Le isole più cliccate e prenotate dai turisti del web sono le Baleari. 





(foto da internet)


Quattro isole spagnole in classifica seguite da altrettante isole italiane che vedono la Spagna, con le Baleari, in testa alle preferenze dei turisti europei. L’Italia segue con Ischia, la Sicilia e la Sardegna. Grande assente di quest’anno nella top 10, la Grecia, che negli anni passati aveva occupato, con alcune delle sue isole più famose come Mykonos e Santorini, la seconda metà della classifica europea. 

L’isola più amata, soprattutto dal turismo internazionale, oltre che da quello domestico spagnolo, è l’isola di Maiorca, che occupa la prima posizione e resta la prima scelta per le vacanze al mare soprattutto per i turisti tedeschi e inglesi.  




                                                                   (foto da internet)



Segue la meno affollata delle Baleari, Minorca, preferita dagli italiani a Maiorca, e isola gettonata anche dagli stessi spagnoli. Quarta posizione occupata da un’altra isola delle Baleari, Ibiza. Dal quinto al settimo posto, brillano le isole italiane con Ischia, l’isola di casa più amata dagli italiani; Sicilia e Sardegna, rispettivamente sesta e settima posizione, che raccolgono in periodi diversi l’interesse dei mercati esteri nel periodo aprile-maggio, in particolare i mercati tedesco e francese e l’interesse del mercato domestico nell’alta stagione, luglio e agosto. Chiudono la classifica, Corsica, Malta e Capri. 



                                                                    (foto da internet)


E gli italiani? L'isola più amata dagli italiani è Formentera. Che l'isola sia in mano a italiani non è un segreto: cartelli e menù monolingue, spritz e aperitivi alla milanese sulla sabbia candida, pasta, pizza e caffè ad ogni angolo. Almeno il 30% degli stabilimenti di ristorazione sono gestiti da italiani, gli altri sono più che preparati per un turismo tricolore, visto che costituiscono il 60% della popolazione estiva dell'isola. 
Certo, è un peccato: l'isola meravigliosa e idilliaca di un tempo sarà in grado di resistere a questa invasione? La pace e la tranquillità che hanno reso famosa Formentera negli anni '90 sono rimaste un ricordo per nostalgici. Ormai gli invasori cercano uno stile di vacanza che non ha niente a che fare con la storia di questa meravigliosa isola. 
Sarà possibile vincere la lotta con il Dio denaro?


lunedì 20 maggio 2013

Polpette (di saggezza linguistica XXXIII)




(foto da internet)

Una polpetta dedicata -per ovvi motivi- alle magistrae Mariló Limo e Ana Ovando: la locuzione alle calende greche, proveniente dal latino ad kalendas graecas, frase attribuita da Svetonio all'imperatore Augusto, il quale, a quanto sembra, ne avrebbe fatto uso di frequente per indicare persone che non intendevano pagare un debito. 
Il significato  deriva dal fatto che le kalendae esistevano solo nel calendario romano ma non in quello greco: protrarre, dunque, un pagamento fino alle calende greche, voleva dire riportarlo ad una scadenza inesistente.  
Infatti il calendario greco, a differenza di quello romano, non prevedeva le calende; data importante - il primo giorno del mese-,  per i Romani poiché era il momento in cui i creditori potevano sollecitare il pagamento dei debiti...

venerdì 17 maggio 2013

Cinema (nostrano)





(foto da internet)

Cari chiodini vicini e lontani, dopo l'esperienza cinematografica di due anni fa col cortometraggio intitolato L'uomo che chiamava Teresa, liberamente tratto da un racconto di Italo Calvino, quest'anno abbiamo voluto cimentarci di nuovo con l'affascinante mondo del cinema e abbiamo girato, in occasione della Giornata internazionale del libro, tenutasi nella nostra scuola, il 23 aprile u.s., un altro cortometraggio intitolato La poubelle agréée, anch'esso tratto da un racconto di Calvino.
Abbiamo voluto complicare un po' le cose e abbiamo sovrapposto alla storia dello scrittore italiano una seconda storia sorta (un po' alla Bergman) con un gioco di carte inventato da un insegnante di letteratura della Sorbona, con cui abbiamo costruito un romanzo giallo.
Facendo confluire i due lavori, abbiamo scritto un copione che, grazie alla collaborazione dei nostri ex allievi registi Christian Feijóo e Mariola Ponce abbiamo potuto materializzare nel nostro secondo cortometraggio (vedi>>), che oggi, con piacere, vi presentiamo.
Ci auguriamo che sia di vostro gradimento!






mercoledì 15 maggio 2013

La moda dello stare in forma

 (foto da internet)
 
Si è appena conclusa l'ottava edizione del Rimini Wellness. Dopo il NIA, il Zumba adesso c'è il Piloxing, il Bokwa, il Rolfing e altro ancora.
Insomma il fitness non è più soltanto un allenamento per tenersi in forma, ma uno strumento che si arricchisce di varie, nuove discipline olistiche grazie alla presentazione di presenter russi, giapponesi, israeliani, americani e brasiliani.
 
 
 
(foto da internet)
 
Secondo e primi dati forniti dalla manifestazione, il mercato del benessere ha un giro d'affari annuo da oltre 21 miliardi, e coinvolge più di 30mila imprese tra centri benessere, trattamenti estetici e palestre. Numeri "importanti", che non sono stati scalfiti dalla crisi economica.
Tra le varie tipologie di centri benessere, al primo posto ci sono gli istituti di bellezza, che rappresentano circa il 70% delle imprese del settore; seguono gli hotel e gli agriturismo: centri idrotermali e stabilimenti per il benessere fisico, con piscine, palestre e stabilimenti balneari attrezzati.

 (foto da internet)

In Italia, la Lombardia è la regione con il più elevato numero di imprese che si dedicano alla cura del corpo, ed in particolare si concentrano nella città di Milano. Gli italiani che praticano con frequenza un'attività sportiva sono circa 40 milioni. Per quanto riguarda il più specifico settore del wellness, il 23% della popolazione frequenta regolarmente un centro fitness e l'8,7% le strutture per la cura del corpo, mentre quasi 11 milioni di italiani si dichiarano disposti a spendere fino a 1.200 euro all'anno per prodotti e servizi per il proprio benessere fisico.

 
(foto da internet)
 
E il culto del corpo e della estetica non coinvolge soltanto alle donne. Infatti i capelli che cadono o che ingrigiscono sono spesso un dramma per molti uomini. Sembra che per 7 italiani su 10 la perdita dei capelli fa più paura della pancetta o delle rughe sul viso. Un buon motivo che ha fatto diventare gli uomini over 30 i principali consumatori di prodotti cosmetici e di bellezza. È emerso che, dopo i timori legati alla salute, che toccano 8 italiani su 10, ciò che più preoccupa rispetto agli anni che passano è il dover mettere in discussione le abitudini consolidate, dal mangiare al lavorare in un certo modo fino ai cambiamenti che impediscono di divertirsi come una volta, così come tutti quei segni e quelle tracce fisiche che non si possono nascondere e che, inevitabilmente, indicano l’età che avanza.
 
 
(foto da internet)


Ma che cosa, a detta delle donne, gli uomini devono assolutamente evitare per contrastare o nascondere la pelata? Proibizione assoluta per il parrucchino. Bocciati anche i capelli lunghi sulle spalle quando si incomincia a essere calvi o anche solo stempiati. No ai capelli tinti, ai quali si preferisce sempre e comunque la capigliatura sale e pepe o addirittura grigia ma naturale, e ovviamente bandito anche il riporto, sopportato soltanto dalle over 50.
Però, non disperate e leggete un po' qua! 


lunedì 13 maggio 2013

Polpette (di saggezza linguistca XXXII)



(foto da internet)

Cari lettori, la polpetta di questo lunedì di maggio è l'espressione, con valore scherzoso, rompere gli zebedei. 
Il termine zebedei è equivalente a testicoli, specialmente nell'espressione sopraccitata.
L'etimo sembra provenire dal nome di Zebedeo, padre degli apostoli Giacomo e Giovanni, spesso citati nei Vangeli come filii Zebedaei. 
Però perché si dice, in italiano, ad una persona che ci secca e/o ci infastidisce: non rompermi gli zebedei?
Probabilmente perché i due apostoli appaiono (quasi) sempre nel Vangelo in un ordine ben definito: prima Giacomo e poi Giovanni.
Coppia inseparabile, quindi, un po' come le gonadi maschili che accompagnano da sempre, secondo il volere di madre natura, la vita di chi scrive queste ciance. 

venerdì 10 maggio 2013

Laboratorio di ceramica

 
 
Martedì scorso gli alunni e professori della EOI di Sagunt hanno avuto davvero un'esperienza molto divertente. Siamo andati in un laboratorio di ceramica a lavorare. Ovviamente utilizzando il lessico specifico in italiano.  

 
Un po' di storia:
La parola ceramica deriva dal greco keramos (significa vaso di creta) e indica tutti i manufatti utili o ornamentali che sono stati fatti con argilla e poi cotti. Terracotta: è il nome che si dà, in quasi tutte le lingue, alla ceramica non dipinta. La terracotta è soprattutto espressione di attività manuale volta alla costruzione di oggetti d'uso. La ceramica come espressione d'arte fa parte della storia dell'uomo da oltre 35.000 anni. 


 Quasi tutte le società, ed in ogni epoca storica, hanno prodotto opere che oggi sono considerate dei capolavori. Alcune di queste società hanno raggiunto livelli di espressioni artistiche molto alti. Non tutte le civiltà dal punto di vista artistico sono però emerse. La fabbricazione delle porcellane in Europa ebbe inizio per opera di J.F.Bottger nel 1709 a Meissen. Augusto il Forte aveva imprigionato un giovane alchimista ordinandogli di trovare la pietra filosofale, capace di trasformare in oro i metalli. Sperimentando e cuocendo varie terre e minerali, Bottger realizzò inizialmente un gres duro di colore rosso. Poi, nel 1708, usando un'argilla bianca che si trova nei pressi di Meissen, al posto dell'argilla rossa, creò una porcellana fine a pasta dura. In un primo tempo Bottger copiava forme e decori cinesi e giapponesi, in seguito viluppò una porcellana di stile europeo che imitava l'oreficeria e veniva spesso montata in metalli preziosi.

 
Il suo segreto venne divulgato ed altre città diedero inizio alla produzione di porcellane come la Ginori a Firenze, quella di Capodimonte a Napoli e di Sevres in Francia, tuttora ben conosciute. Oggi la porcellana è diffusa in tutto il mondo e trova largo impiego in varie applicazioni, come candele dei motori, i sanitari, i chips del computer e tante altre.
 
 
 
 
 

 
Nel nostro laboratorio, ognuno di noi ha fatto, sotto la guida della ceramista, (alunna del dipartimento d'italiano) una piastrella. Abbiamo prima lavorato l'argilla, l'abbiamo ritagliata, decorata e infine abbiamo scritto una parola in italiano.
Quando la piastrella sarà asciutta, verrà messa nel forno, e poi decideremo se applicare degli smalti o esporle in cotto, per decorare con un murales collettivo uno spazio della EOI di Sagunt.  
Grazie per questa nuova avventura linguistica e culturale! 

mercoledì 8 maggio 2013

Il farro (della Garfagnana)



(foto da internet)

Il farro è graminacea coltivata da migliaia di anni nel bacino del Mediterraneo. Il farro (Triticum dicoccum) è, infatti, il capostipite di tutti i frumenti oggi conosciuti, compresi il grano tenero (Triticum vulgare) e il grano duro (Triticum durum), e la sua coltivazione documentata risale al 7000 a.C. in Siria e Mesopotamia, dove veniva utilizzato per la preparazione di polenta e focacce.
E' stato l’alimento base degli Assiri, degli Egizi e di tutti i popoli antichi del Medio Oriente e del Nord Africa: con la farina di farro i Romani preparavano la puls, una polenta morbida di cui si cibavano i soldati e le plebi. Il farro fu, infatti, il cibo preferito di Etruschi e Romani, che per lungo tempo ne fecero il loro pasto quotidiano. Seconde le leggi delle XII Tavole, la costituzione repubblicana di Roma del V sec. a.C., anche i prigionieri o gli schiavi avevano diritto a una libbra (circa trecento gr.) di farro al giorno, e persino i legionari di Cesare partivano con una manciata di farro nella bisaccia, per poi trasformarlo nella suddetta puls nelle lande più sperdute dei domini romani. Con questo grano, dal quale deriva il termine farina, si celebrava il rito matrimoniale (confarreatio) nel mondo classico romano. Una cerimonia molto aristocratica che, dopo il sacrificio a Giove, vedeva donata agli sposi una focaccia di farro (farrum) da spezzare e consumare assieme. 
Con la comparsa del grano, il farro ha subito una crisi  importante, ma non in Garfagnana dove è stato sempre coltivato e ancora viene lavorato negli antichi mulini a pietra.  Il farro della Garfagnana, che ha ottenuto dall’Unione Europea il riconoscimento dell’indicazione geografica protetta ( IGP) nel 1996, deve essere coltivato su terreni idonei, poveri di elementi nutritivi, in una fascia altimetrica fra i 300 e i 1.000 m s.l.m. 




(foto da internet)

La semina avviene in autunno, su terreno precedentemente preparato, utilizzando seme vestito derivante dalla popolazione locale di Triticum dicoccum. La produzione di farro della Garfagnana avviene, secondo la normale consuetudine della zona, senza l'impiego di concimi chimici, fitofarmaci e diserbanti: data l'elevata rusticità della pianta, il farro coltivato con la tecnica tradizionale risulta di fatto un prodotto biologico. 
La raccolta del farro avviene in estate. La produzione massima consentita per ettaro è di 25 quintali di farro. Prima dell'utilizzazione la granella di farro deve essere privata dei rivestimenti glumeali; questa operazione (detta brillatura) veniva tradizionalmente effettuata con particolari molini a macine; attualmente vengono utilizzate anche semplici macchine di cui può dotarsi ogni azienda produttrice. La resa del prodotto finale risulta pari a circa il 60-70% del prodotto iniziale, a seconda del metodo impiegato. Il farro viene tradizionalmente impiegato intero per preparare zuppe, minestre con legumi, torte salate; può anche essere macinato per altri impieghi (paste, pane, biscotti, ecc.). 
Il legame geografico del farro con la Garfagnana deriva principalmente dal fatto che la popolazione locale di Triticum dicoccum, essendo stata riprodotta nella zona, ininterottamente, da tempo immemorabile, oltre ad essere geneticamente adattata all'ambiente locale (terreni, clima, tecniche di coltivazione, ecc), forma con esso un binomio inscindibile e presenta requisiti peculiari tali da renderlo perfettamente distinguibile rispetto al farro prodotto in altre zone. 
Il Farro della Garfagnana è stato riscoperto oggi per le sue eccellenti proprietà dietetiche e perché le sue fibre svolgono un'azione benefica per l'apparato digerente. Questo cereale è ricco di amido, quindi particolarmente adatto per preparare torte salate, ma in cucina è utilizzato soprattutto come ingrediente di zuppe e minestre: unito a fagioli e verdure si presenta come piatto semplice ma con gusti e profumi del tutto particolari. Ottimo per insalate fredde, farrotti (risotti) con funghi porcini. Si abbina in maniera eccellente ai vini rossi. Il farro può anche essere macinato per altri impieghi (paste, pane, biscotti ecc.).

lunedì 6 maggio 2013

Polpette (di saggezza linguistica XXXI)


(foto da internet)

Cari lettori, la polpetta di quest'oggi è l'espressione essere alla canna del gasespressione colloquiale che designa  il tubo di erogazione (canna) del gas da cucina o da riscaldamento. Oggi è costituito da metano, ma una volta si impiegava il cosiddetto "gas di città", derivato dalla distillazione del carbon fossile, che conteneva anche notevoli quantità di monossido di carbonio, assai più velenoso del metano.

Attaccarsi alla canna del gas (con la bocca) e inalarlo significava aver deciso di suicidarsi e di avere ottime probabilità di riuscirci.
Quindi, essere "alla canna del gas" del gas significa dunque essere disperati, agli estremi della sopportazione, agli sgoccioli, alla frutta, non avere più alternative, meditare il suicidio.

Beppe Grillo, recentemente, ha usato questa espressione, per designare l'attuale situazione del nostro paese.

venerdì 3 maggio 2013

Merda artistica


(foto da internet)


Merda d'artista è il titolo di un'opera dell'artista italiano Piero Manzoni. Nel lontano 1961 l'autore sigillò le proprie feci in 90 barattoli di conserva, ai quali applicò un'etichetta con la scritta «merda d'artista» in inglese (Artist's shit), francese (Merde d'Artiste), tedesco (Künstlerscheiße) e italiano. Sulla parte superiore del barattolo è apposto un numero progressivo da 1 a 90 insieme alla firma dell'artista. 
Manzoni mise in vendita i barattoli di circa 30 grammi ciascuno ad un prezzo pari all'equivalente in oro del loro peso. La creazione non mancò di suscitare interesse, sia a causa della radicale rottura con la tradizione artistica del tempo che per l'evidente segnale di degenerazione e decadenza dell'arte moderna. 
Ebbene, molti anni dopo, in piena era di internet, è nata in Francia VDM. L'acronimo sta per Vie De Merde, o meglio www.viedemerde.fr, uno dei grandi successi di internet oltralpe. Come funziona? In media, circa 1.500-2.000 persone inviano ogni giorno il resoconto di una loro disavventura, rigorosamente contenuto in non più di trecento caratteri, tre righe insomma, in una specie di twitter aumentato. Ma, attenzione, solo tre, non una di più, di queste tragedie in tre righe vengono pubblicate. In compenso, le leggono circa 200 mila persone al giorno. 
Ecco a voi un esempio: "Oggi, dopo aver lungamente discusso e scherzato con mia madre, le ho detto che se lei avesse avuto vent’anni di meno sarebbe stata sicuramente una mia amica. Non mi aspettavo che mi rispondesse: “Forse, ma sicuramente tu non saresti mai stato uno dei miei”. VDM».




(foto da internet)

L'idea è venuta a due giovani Maxime Valette e Guillaume Passaglia
I due ragazzi hanno capito che la gente ha voglia di scrivere le sue piccole avventure quotidiane e che, se si tratta di disavventure, altra gente ha voglia di leggerle. 
Il 12 gennaio 2008 è nato www.viedemerde.fr (per tutti oggi VDM) e da lì una tendenza che forse cigola con l'idea della grandeur francese, ma che ha conquistato, in poco tempo, i lettori ed è stata celebrata dai mass media. Basti pensare che il quotidiano Libération le ha dedicato una pagina intera!
Sulla scia di VDM, un anno dopo è nata Fuck My Life, in versione anglosassone, anch’essa gettonata da un pubblico che, secondo gli esperti in comunicazione,  è più giovane e un po’ più volgare di quello francese... 
L'esperimento nei paesi latini -udite, udite-, è invece  fallito. E' molto strano. Motivi ne abbiamo a sufficienza per riempire una VDM iberica ed italiana!  Qualcuno ha sottolineato che, in fondo in fondo, italiani e spagnoli preferiamo di gran lunga farci i fatti degli altri piuttosto che raccontare i nostri. 
Insomma, siamo dei pettegoli incalliti: meglio leggere le disavventure degli altri piuttosto che mettere in bella mostra le nostre. 
Il marchio VDM carbura anche nel mercato editoriale: libri e fumetti targati VDM hanno venduto più di 700 mila copie. 
L’agenda VDM, invece, si attesta su circa 25 mila all'anno. Mica male! 
Il sito web, oltretutto, è pieno zeppo di pubblicità e di merchandising. 
E il mese scorso è nata una serie televisiva, intitolata appunto Vie de merde, che spopola su NT1, per un  fatturato complessivo di circa un milione di euro. Come direbbe Piero Manzoni...  

mercoledì 1 maggio 2013

Una strana domenica

 
(foto da internet)
 
Domenica scorsa, con il Quirinale, come di consueto, aperto al pubblico, nonostante la cerimonia di giuramento del governo Letta. Ma nell'ambiente festivo e rasserenato della politica italiana, la notizia dell'attentato fa calare il gelo.

(foto da internet) 
 
Infatti, durante il giuramento, un uomo in giacca e cravatta ha fatto fuoco davanti alla sede del governo. Poi ha tentato la fuga, ma è stato fermato. L'uomo è un calabrese di 46 anni, Luigi Preiti, disoccupato. Voleva sparare ai politici, invece, ha colpito due carabinieri: uno ha una lesione importante alla colonna vertebrale. La folla è stata fatta allontanare dal Colle immediatamente. Dopo gli spari , avrebbe voluto suicidarsi, ma aveva finito i colpi.
 



Questa è la cronaca di una domenica di sole primaverile in un paese allo sfascio, non solo economico ma anche sociale e morale.