venerdì 29 gennaio 2016

Pistoia capitale della cultura





(foto da internet)
Pistoia, una città della Toscana di 90 mila abitanti, probabilmente una grande sconosciuta ai più, sarà, nel 2017, la capitale italiana della cultura.
Culturalmente legata a Pinocchio e alle rassegne di strada  tra cui fa spicco il Pistoia Blues Festival, dall’anno prossimo sarà il laboratorio nazionale della creatività e dell’innovazione. E’ stata scelta fra nove città in lizza: Aquileia, Como, Parma, Pisa, Spoleto, Terni, Ercolano e Taranto.
La candidatura della cittadina toscana, secondo le motivazioni della giuria, si basa su diversi elementi: un'area centrale urbana, le relazioni con il territorio circostante, l'ampiezza dei settori e la gestione del sistema bibliotecario.

 (foto da internet)

Il 2017 si presenta, dunque, con un calendario assai ampio: è prevista una mostra sull’artista pistoiese Marino Marini, che verrà realizzata con la Fondazione Guggenheim, lAssociazione teatrale pistoiese ha programmato vari spettacoli dal vivo, e poi ancora ci sono spettacoli di danza, con il coreografo Virgilio Sieni, ecc. 
Si studierà anche la figura del gesuita pistoiese Ippolito Desideri, pioniere del dialogo interreligioso, di cui quest’anno ricorre il 300esimo anniversario del suo arrivo a Lhasa, in Tibet.
La città punterà anche sulla riqualificazione delle mura urbane e dei percorsi pedonali immersi nel verde del centro storico e si ristrutturerà l’antico ospedale cittadino del Ceppo con lo splendido loggiato rinascimentale. 


 (foto da internet)

Per chi volesse visitare Pistoia (vedi>>), raccomandiamo la splendida Piazza del Duomo, esempio della città toscana, che coniuga sacro e profano: la città di Dio e quella dell’uomo; e poi ancora  la chiesa di San Zeno, il campanile romanico, il Battistero gotico di San Giovanni in corte con i marmi bianchi e verdi; il Palazzo dei vescovi, Palazzo Pretorio sede del tribunale, e Palazzo del Comune, ancora sede del municipio. 
Merita il viaggio la pieve di Sant’Andrea, dove Giovanni Pisano un pulpito esagonale appoggiato su sette colonne. Pistoia, nascosta e discreta, è fatta della stessa materia, dalle stesse mani, da cui scaturirono Firenze, Lucca e Siena



(foto da internet)
 
Nei dintorni, le Terme di Montecatini meritano un viaggio, e anche il borgo di Collodi, il paese della madre del fiorentino Carlo Lorenzini, noto ai più, appunto, come Carlo Collodi, autore del celeberrimo Pinocchio (ascolta>>). Il borgo accoglie il Parco di Pinocchio.
Insomma, la vittoria di Pistoria è una notizia importante per la cosiddetta Toscana minore, lontana dallo sviluppo involutivo di Firenze, una terra alla ricerca di modelli alternativi, sostenibili e democratici. 
Complimenti!

 

mercoledì 27 gennaio 2016

Strane notizie da Roma Termini

(foto da repubblica.it)

Lo scorso lunedì si è seminato il panico a Roma Termini a causa di un uomo presuntamente armato che dalla stazione della metro B1 di Jonio è arrivato ad Anagni attraversando indisturbato otto fermate di metropolitane e, soprattutto, Termini, con un fucile in bella vista. 
L'arma, però, è risultata poi finta e innocua.
Il signore è un pizzaiolo di 44 anni, residente a Roma, separato, che ogni settimana si reca ad Anagni per incontrare il figlio, che vive con i nonni, al quale aveva comprato il fucile giocattolo. Identificato, è stato portato in caserma per essere ascoltato, avrebbe raccontato di aver aspettato per mezz'ora a Termini senza che nessuno gli dicesse nulla, e quando il treno è partito, di non essersi accorto del clamore che si lasciava dietro. Ha confermato poi di essere arrivato ad Anagni e di aver preso il pullman che lo portava a casa dei genitori dove ha regalato il giocattolo al bambino. "Tanto clamore solo per aver portato un'arma-giocattolo da regalare a mio figlio" avrebbe detto.

(foto da internet)




Ma ieri, per il sistema della sicurezza, c'è stato il materializzarsi della paura più temuta: la possibilità del terrorista solitario. Rintracciato solo dopo 15 ore. La prima segnalazione al 112 è arrivata da una donna, alle 19.42: "Sono a Termini. C’è un uomo armato in metropolitana, l’ho visto dalla fermata Bologna". La donna fornisce anche la descrizione di quel potenziale terrorista, ignaro del caos che si stava scatenando attorno a lui: cappellino bianco, scarpe a punta, giubbotto celeste, fucile che spunta dalla giacca. Cinque minuti dopo, alle 19.47, dalla sala operativa della questura vengono spedite 14 volanti a Termini. La stazione viene “cintata”, è questo il termine tecnico degli operatori della sicurezza, i binari bloccati da 70 agenti, e da Doppia Vela, il nome in codice della polizia in radio, arriva anche la suddivisione dei compiti tra gli equipaggi delle volanti. La Polfer intanto scandaglia le immagini delle telecamere e individua le immagini giuste dell’uomo che intanto sta facendo tremare i passeggeri di Termini. Sui social network c’è chi twitta le immagini dei treni bloccati.


lunedì 25 gennaio 2016

Elogio del silenzio

-->




(foto da internet)
Camaldoli è una località situata nel territorio del comune di Poppi, in provincia di Arezzo, in Toscana, ed è all'interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi,Monte Falterona e Campigna
Il borgo sorse intorno a un monastero fondato da San Romualdo (952-1027) per ospitare alcuni monaci provenienti dall'ordine benedettino. Secondo la leggenda fu Maldolo d'Arezzo (da cui il nome di Ca' Maldoli) a donare a S. Romualdo il suddetto luogo.
Nel monastero si trova la foresteria, la grande sala capitolare, l'antica farmacia, in cui i monaci lavoravano spezie e piante medicinali per curare i malati dell'antico ospedale. Nel '500 era attiva una tipografia dalla quale uscirono le Costituzioni Camaldolesi, contenenti norme per la conduzione delle foreste. Pregevoli sono i chiostri e la chiesa dei santi Donnino e Ilariano, con bei dipinti del Vasari; l'antica farmacia conserva alambicchi, mortai, fornelli e preziosi testi provenienti dal laboratorio galenico dei monaci.


(foto da internet)

A pochi chilometri di distanza si trova l'Eremo di Camaldoli, nato poco dopo la fondazione del monastero per ospitare i monaci desiderosi di abbandonare totalmente la vita comunitaria per la clausura in mezzo alla foresta, e dove si può ammirare la cella di San Romualdo
I monaci camaldolesi seguono la regola benedettina e sono riuniti nella cosiddetta Congregazione Camaldolese dell'ordine di San Benedetto.
I monaci che vivono all'eremo sono attualmente nove.
Costoro vivono in modeste celle in cui passano gran parte della loro giornata nel personale impegno fatto di lavoro, studio e preghiera.
La struttura delle celle è a chiocciola. Tale struttura è il risultato di secoli di esperimenti volti a trovare la migliore forma architettonica per difendere i monaci dai rigori del clima.


(foto da internet)

Le costruzioni sono ad un piano, con annesso un orto recintato. Tutte le celle si rifanno a quella di San Romualdo, l'unica visitabile, con accesso dal piazzale della chiesa. In questa cella San Romualdo visse per circa due anni.
Attorno all'Eremo si sviluppa la splendida Riserva Biogenetica di Camaldoli, gestita atturalmente dal Corpo Forestale dello Stato, ma alla cui cura hanno provveduto per molti secoli i monaci camaldolesi. La Riserva, con montagne che vanno dai 750 ai 1300 metri, offre ai visitanti delle magnifiche escursioni tra gli abeti bianchi e i faggi. Tra le specie faunistiche presenti nell'area, troviamo il lupo, l'aquila reale, il cervo, il daino e il capriolo.

Il Monastero di Camaldoli è stato inserito tra gli itinerari consigliati per chi volesse fare una vacanza diversa. 
Gli ospiti, sacri per la Regola di San Benedetto, vengono considerati come un sacramento di Cristo.


 (foto da internet)

La Foresteria del Monastero   accoglie coloro che -uomini e donne, laici e religiosi, singoli, famiglie e gruppi- vogliano condividere qualche momento della loro esperienza umana e spirituale. La comunità apre le sue porte a credenti e non credenti, desiderosi di confrontarsi e di ospitarsi reciprocamente nel rispetto delle propri cammini personali.
Le modalità di accoglienza all’Eremo e al Monastero di Camaldoli sono:
a) periodi di condivisione dei ritmi della vita monastica, con la possibilità di partecipare alla preghiera liturgica ed, eventualmente, di colloqui personali; 
b) accoglienza nei tempi di Quaresima, Pasqua, Avvento e Natale per momenti di ritiro e di preghiera; 
c) proposte spirituali e culturali;
d)  accoglienza di gruppi autogestiti; e) in un raggio di circa 10 Km dal Monastero sono dislocate delle case coloniche di proprietà della comunità monastica. Alcune di esse sono strutturate per accogliere nuclei familiari per periodi di vacanza, altre possono ospitare gruppi fino a quaranta persone. Essendo sufficientemente lontane da centri abitati, l’ambiente nel quale si inseriscono le case garantisce la tranquillità, il silenzio e il contatto con la natura.
Le case coloniche dispongono di angolo cottura o cucina, sala da pranzo e soggiorno, camere con servizi a letti singoli o a castello. Vi sono inoltre loggiati, ampi spazi verdi e parcheggio.

Una maniera diversa di conoscere il nostro Paese!


venerdì 22 gennaio 2016

La Barbera





 (foto da internet)

In una vecchia canzone, il compianto Giorgio Gaber narrava come la Barbera poteva consolare un avventore di un bar triste e solo (ascolta>>).  
La Barbera (al femminile, per favore), è probabilmente il vitigno piemontese per eccellenza. E’ un vino piacevole, dal colore intenso, dai profumi di frutta rossa, fiori e con un tocco di spezie. Ha tannini decisi e un corpo snello. La sua forza sta nella sua versatilità: si può accompagnare bene a un aperitivo, o ai classici antipasti piemontesi, al vitello tonnato, oppure ai salumi. La Barbera può essere affinata in legno, e si può abbinare a piatti più elaborati come il risotto o la selvaggina. Questo vino va servito a una temperatura di 15-17 gradi. 


 
 (foto da internet)

I cosiddetti produttori tradizionalisti puntano sulla Barbera affinata in botte grande, con un invecchiamento lento di almeno due anni. Altri, più moderni, preferiscono, invece, le barriques nuove e degli affinamenti brevi per ottenere vini più elettrizzanti. 
Il vitigno ha una forte capacità di adattamento, il che ne ha permesso l’espansione in tutto il mondo, al seguito degli immigrati italiani, tanto che in Argentina è uno dei vitigni più coltivati. Anche in California e in Uruguay si produce la Barbera
In Italia, meglio se in autunno, quando i vigneti del Monferrato, la zona storica della Barbera, sono in pieno splendore, vale la pena visitare le cantine di questa splendida zona del Piemonte.







(foto da internet)

Vino robusto e ricco di personalità, la Barbera ha rappresentato il classico vino rosso da pasto, molto apprezzato in origine dai consumatori piemontesi, poi da quelli lombardi, ed ora in molta parte del territorio italiano. 
La Barbera ha tre DOCG, Nizza, Barbera d'Asti e Barbera del Monferrato Superiore, e numerose DOC, tra cui Monferrato, Alba, Coste del Sesia, Pinerolese e Canavese. Dal 2000 sono state inserite tre sottozone che delimitano le aree qualitativamente più importanti della Barbera d'Asti: Nizza (la più rappresentativa), Colli Astiani e Lauretum


Sabato 30 gennaio p.v., si terrà a Valencia, presso il bar-ristorante Monviso Italian Café, una degustazione di vini a cura dell'enologo Andrea Gerbi.
L'evento (in italiano) inzierà alle ore 20.30 e i partecipanti potranno degustare quattro vini dell'Azienda Agricola Alessandro S.S. di Agliano Terme, in provincia di Asti.
La degustazione prevede un bianco  (Chardonnay) e tre rossi (tre varietà della Barbera d'Asti).
Ogni vino verrà accompagnato da piatti tipici piemontesi.
Il prezzo è di 20 euro/persona (sono previsti degli sconti per gli studenti delle EOI!!). 
E' gradita la prenotazione. 
Cin cin!!

mercoledì 20 gennaio 2016

"Quo vado?" Film italiano dei record


(foto da internet)

Vi ricordate "Che bella giornata! O Sole a catinelle? Dal primo gennaio è uscito il nuovo film di Checco Zalone: Quo vado? In dodici giorni (dall'1 al 12 gennaio) ha totalizzato 52.166.450 euro (7.347.131 presenze in sala certificate Cinetel): un risultato che si trasforma nel maggiore incasso - per un film italiano - di tutti i tempi. Sole a catinelle si era infatti attestato a 51.948.550 euro di incasso.



(foto da internet)

Quo vado?, il quarto film con Checco Zalone per la regia di Gennaro Nunziante, racconta di... Checco. La trama è stata svelata dall'attore stesso: "Il tema è un uomo, che sono sempre io, Checco, l'ultimo fortunato che ha il posto pubblico fisso, inamovibile, finché arriva la riforma e viene messo in mobilità. Racconto l'odissea di quest'uomo che pur di non lasciare il suo posto fisso è disposto ad andare sino in Norvegia. Da un ufficio a tre metri da casa affronta un cambio radicale di vita che lo porterà in una cultura totalmente diversa da quella italiana, fatta di gente virtuosa, civile, efficiente, dove il welfare è molto forte. Però sono tutti depressi. E si uccidono. Perché?".




Ma davvero Zalone racconta l'Italia di oggi? 

lunedì 18 gennaio 2016

Ho perso la chiave...




(foto da internet)

Nel lontano 1962, Fabrizio De André e Paolo Villaggio scrissero una canzone contro la guerra (ascolta>>): si trattava di una sorta di pastorella che, in un linguaggio volutamente aulico, sottolineato dall'accompagnamento musicale giocosamente solenne, ribaltava la rustica vitalità della tradizione medievale, e cristiana, fatta di crociate, onore e cavalleria. 
In essa, vi si narrano le vicende di Carlo Martello, il quale,  tornando vittorioso dalle gesta contro i Mori, per soddisfare i suoi appetiti sessuali, non trova di meglio da fare che comportarsi da maschio cialtrone con una ragazza del popolo.
Il brano si rifà ad un antico genere popolare francese diffuso all'epoca dei  trovatori, che trattava degli incontri tra cavalieri e popolane, e delle proposte amorose che ricevevano queste ultime. L'ambientazione era bucolica e pastorale  e gli incontri avvenivano perlopiù vicino a ruscelli e laghi; nel caso in questione, Villaggio-De André usano una chiara fontanella


(foto da internet)
Ma prima che il misfatto avvenga, il re Carlo della canzone, in sella al suo destriero, si chiede sgomento, se, dopo tanto tempo fuori casa, e dopo mille battaglie, qualcuno non abbia perso la chiave della cintura di castità della consorte:
Se ansia di gloria, sete d'onore
spegne la guerra al vincitore
non ti concede un momento per fare all'amore.
Chi poi impone alla sposa soave
di castità la cintura, ahimé, è grave
in battaglia può correre il rischio di perder la chiave

La cintura di castità, com'è noto, era un mezzo di contenzione fisica, mediante il quale si impediva a un soggetto di avere rapporti sessuali. Il suo uso era legato strettamente al sesso femminile.
La tradizione vuole che l'uso risalga al tempo delle crociate, collegandola alla necessità dei cavalieri che partivano per il Santo Sepolcro, di assicurarsi la fedeltà delle proprie mogli, evitando così i rischi legati a una prolungata assenza.


(foto da internet)
Sono esistiti svariati tipi di cintura di castità ma il meccanismo si componeva, essenzialmente, di una banda in vita ed una fascia pubica che copriva completamente i genitali. Il materiale utilizzato era il ferro battuto, con un rivestimento interno di velluto o di pelle.
Per impedire la rimozione della cintura venivano applicati dei lucchetti. E lì risiede il grave problema che afflisse re Carlo, nella canzone sopraccitata...
Orbene, a volte la realtà supera la finzione: a Padova, pochi giorni fa -udite, udite-, una signora ha chiamato i pompieri al grido di: "Aiuto, apritemi la cintura di castità!".
Quando i baldi giovanotti sono giunti sul posto, c'era ad aspettarli una signora di mezza età che ha abbassato i pantaloni e ha mostrato una cintura di castità, in ferro e  sigillata! 
I vigili del fuoco, increduli, ma da veri professionisti, hanno hanno tranciato il lucchetto, limitandosi solo a indagare se la signora avesse subito violenza. 
La malcapitata ha spiegato loro che l'indossava per libera scelta e che non era stata costretta da nessuno. 
De gustibus...




venerdì 15 gennaio 2016

Lessico e arte XV (addenda)



(foto da internet)
 

Non abbiamo potuto rinunciare a un'addenda al nostro tour sul lessico e l'arte italiana. 
Gironzolando su internet, abbiamo scoperto la pagina di Facebook  di Stefano Guerrera, un informatico italiano, che ha per titolo Se i quadri potessero parlare.  
La pagina in questione, nata per gioco, ha più di un milione di seguaci! 
Dal 2013 mescola cultura classica e popolare, Picasso, Tiziano (e tanti altri maestri della pittura) col dialetto romanesco, un dialetto facilmente comprensibile che ha riscosso un forte successo in tutta Italia (vedi>>).



(foto da internet)
 
Dopo il successo della pagina di Facebook, Guerrera ha scritto un libro che ha per titolo Mai 'na gioia, una raccolta di quadri con didascalie in dialetto romanesco, che vuol essere una specie di reinterpretazione della storia dell’arte da un'ottica molto peculiare.
L'idea è molto semplice: dar voce ai personaggi immortalati in celebri dipinti, aggiungendo una didascalia ironica, diretta, e irrivirente. 
Bisogna dire che Guerrera con l’arte non ha nulla a che fare:  è laureato in Ingegneria informatica, e ha una forte passione per internet. L'idea  di cimentarsi con dei quadri parlanti  è nata per caso: mediante l'uso di  Snapchat, un’applicazione che consente di aggiungere didascalie alle foto. 
Dalle foto ai quadri famosi  il passo è stato breve, e così si è ritrovato a ritoccare Il Bacio di Francesco Hayez e La dama con l’ermellino di Leonardo Da Vinci



(foto da internet)
 
I quadri, secondo Guerrera, sono uno strumento per raggiungere due obiettivi: far ridere e divulgare il sapere artistico.
I quadri parlanti nascono, nell'immaginazione del giovane informatico, un po' per caso e un po' per studio; a volte è una battuta che va alla ricerca del quadro giusto e altre volte, invece, è un quadro che ricerca una battuta pertinente. 
Uno dei quadri parlanti che ha avuto più condivisioni sui social network è stato La verità esce dal pozzo di Jean-Léon Gérome
Alla donna raffigurata nell’opera, Guerrera fa pronunciare la frase in romanesco: “A maaaaa! La caldaiaaaaaa!" (mamma, la caldaia!!).  
Mica male!!!

mercoledì 13 gennaio 2016

I pensionati italiani dicono addio alle tasse

(foto da internet)

Per capire quello che sta succedendo, basta andare a chiedere a Rosa Cavaliere dell’agenzia «Canarie per te, la casa degli italiani». Presidia un ufficio nuovo di zecca nel centro storico di Puerto de la Cruz. «Ogni giorno ricevo in media dieci nuovi contatti. Sono persone che vogliono scappare. Ma se fino a qualche tempo fa, erano quasi tutti pensionati. Ora mi cercano giovani coppie. Madri anziane che vorrebbero piazzare i figli laureati e disoccupati. Come se qui fosse facile trovare lavoro…».  

(foto da internet)

Se in Bulgaria e in Tunisia la tassazione per i pensionati è pari a zero, se anche il Portogallo ha appena introdotto una legge che permette di incassare l’intero assegno lordo per i primi dieci anni di residenza, questa delle Canarie è un’altra storia. È qualcosa che assomiglia a una rivincita, se non proprio a una vendetta. Tutti cercano una seconda vita. La tassazione parte dal 15%. I titolari di pensioni minime non devono fare la dichiarazione dei redditi. Non c’è l’Iva sui beni di consumo, essendo considerata una «zona ultra periferica». La benzina costa 80 centesimi al litro, una cena al ristorante 12 euro. E si capisce bene che nel 2016 possa essere una rivoluzione anche ricominciare a mangiare pesce fresco.  

(foto da internet)

Il Nord è verde. Meno devastato dal cemento. Il Sud è pieno di palme piantate contro la desertificazione. Giganteschi transatlantici scaricano croceristi pallidi in ciabatte. Su tutta l’isola non esistono termosifoni. A gennaio la temperatura non scende sotto i 14 gradi. Tutte le novità più rilevanti vengono raccontate agli italiani dal mensile «Leggo Tenerife», 7 mila copie cartacee e 35 mila digitali. L’ha fondato nel 2013 Bianca Leonardi con il marito Franco, due imprenditori scappati dal Lago di Garda. «Abbiamo deciso di partire alla terza rapina, quando abbiamo constatato che neppure le inferriate e le telecamere servivano a scoraggiare i ladri». Il giornale va bene. Ma ultimamente neanche a Tenerife si può vivere completamente in pace: «Stanno arrivando anche italiani poco seri. Ladri di polli. Che truffano sulle case in affitto. Che si vendono gli arredamenti degli altri. Sono triste quando gli amici spagnoli me lo fanno notare».  
(foto da internet)

È la moltiplicazione degli esuli. Pensionati. Disperati. Imprenditori. Vincenzo Spizzichino, fiscalista internazionale, è partito da Roma per venire a fare consulenza qui. «Nel giro di due anni, ho aperto tre uffici. I clienti sono in aumento. Non più i soliti ristoranti. Ma produzione di cachemire, import-export di vino, distribuzione di prodotti alimentari, web marketing. Molti imprenditori, strangolati dalle tasse italiane, si stanno trasferendo alle Canarie».  
(foto da internet) 

Una volta, erano solo persone come Giacomo Augugliaro, con quello sguardo dolce e ironico alla Mastroianni. «Ho fatto tutta la vita l’insegnante di matematica. Mia moglie ha nostalgia di Ladispoli, io nessuna. Con 1300 euro di pensione, la mia, stiamo bene in due. Per 500 euro affittiamo una casa stupenda in un condominio con tre piscine. Vado personalmente a fare la spesa e ho notato che, con la giusta razionalità, qui risparmi fino al 40 per cento rispetto all’Italia». Eh poi l’Italia è ovunque. Le pizzerie con il forno a legna. Le canzoni alla radio, racconta. 
 ç
(foto da internet)

Al Sud ci sono intere zona abitate da pensionati italiani. Solo a Los Cristianos, 5 mila. E poi, certo, c’è un signore di Belgrado in carrozzella che fissa il mare azzurro e nero: «Viaggiando ho scoperto una cosa. Tutto il mondo è lo stesso schifo». C’è un’infermiera di Glasgow che sta prendendo informazioni per trasferirsi definitivamente. Le gelaterie, una dietro l’altra, con slavine ai gusti Kinder e Oreo. Due coniugi di Liverpool impegnati con le parole crociate sulla spiaggia. «Long holiday», dicono sorseggiando succo d’ananas. Sono qui per un vacanza di sei mesi, per il momento. Poi si vedrà. Sbarca una comitiva di norvegesi. Passa una signora di Bruxelles, così abbronzata e magra. Tiene il barboncino Lilly in un passeggino per bambini, mentre cammina avanti e indietro per mantenersi in forma. L’affitto di una mobility car - piccole monoposto elettriche onnipresenti - costa 20 euro al giorno. Un massaggio ai piedi, 15 euro. C’è la chirurgia estetica laser. C’è l’osteopata all’angolo con l’ufficio postale. Cure dentarie. Check-up cardiaci. Ci sono guardie di sorveglianza privata e discoteche dedicate, come il Banana.  
Come si è potuto perdere la partita imprenditoriale del secolo? Quella per l’industria che accudisce la terza e la quarta età.


lunedì 11 gennaio 2016

Il boa siciliano e altre storie



 (foto da internet)

Qualsiasi scusa è buona per andare in Sicilia: oggi, però, ve ne offriamo due molto originali.
La prima  è, senza dubbio, per gli amanti degli ofidi; nell'isola, infatti, vive tuttora il boa delle sabbie (Eryx jaculus), che, detto così, fa rabbrividire. 
Si tratta, invece, di un serpente innocuo appartenente alla famiglia Boidae. Il serpente boa delle sabbie (siciliano) è di media taglia, ed è lungo da 30 a 60 cm.; è pigro e trascorre le ore diurne in rifugi scavati nel terreno sabbioso. Proprio grazie al suo comportamento così schivo, è riuscito a sfuggire, per secoli, alla vista di ricercatori e ofiologi. 
Si nutre, perlopiù, di lucertole, topi e lumache. Vive in Nord Africa, in Medio Oriente, nell'Asia minore e nell'Europa orientale. 


 (foto da internet)

La seconda, invece, è per gli amanti della Cultura Classica (ma non solo): il nome scientifico del sopraccitato serpente deriva da Erice (Eryx), una montagna a est di Trapani, nella cui sommità si erge l'eponima città.
La montagna fu abitata nell'antichità dagli Elimi, un antico popolo forse di origine troiana. Fu poi occupata dai cartaginesi e, posteriormente, dai romani che vi veneravano la Venere ericina
Erice  è un personaggio della mitologia greca. Era figlio di Afrodite e di Bute, un argonauta. Regnò su un piccolo territorio della Sicilia occidentale. 
Fu un ottimo pugile, e sicuro della sua forza straordinaria, amava battersi con chiunque. Ebbe il coraggio di sfidare Eracle (l'Ercole romano), che passava per la Sicilia con il bestiame di Gerione. L'incontro finì tragicamente con la morte dello spavaldo Erice, che fu sepolto nel tempio dedicato alla madre Afrodite, e il suo nome fu dato al monte in cui si trovava il suddetto santuario.


(foto da internet)

L'attuale cittadina di Erice, considerata una delle perle della Sicilia, dista 15 km da Trapani, ed è raggiungibile con una comodissima funivia.
E' a  750 m. sul livello del mare, e si trova in una splendida posizione panoramica. La città si è affermata come una delle principali mete turistiche siciliane.


(foto da internet)

Tornando al serpente, la sua presenza è stata accertata, però, nella parte meridionale della Sicilia, nel territorio di Licata, in provincia di Agrigento. La sua introduzione viene attribuita agli antichi Greci, che abitarono a lungo nella zona.
Secondo alcuni studiosi il boa delle sabbie non è nient'altro che il leggendario serpente proiettile usato dagli antichi Greci nelle battaglie navali; esso veniva gettato sulle navi avversarie prima dell'assalto, per creare scompiglio e paura tra i nemici. Proprio l'area di diffusione del rettile è stata teatro di due importanti battaglie nella colonia di Imera, la prima intorno al 405 a.C. e la seconda nel 310 a.C.
La battaglia di Imera fu combattuta dalle truppe dei Sicelioti, comandati da Gelone di Siracusa, contro quelle dei Cartaginesi, comandati da Amilcare I.


 (Ad Ana e Mariló, con affetto)