(foto da internet)
Nel lontano 1962, Fabrizio De André e Paolo Villaggio scrissero una canzone contro la guerra (ascolta>>): si trattava di una sorta di pastorella che, in un linguaggio volutamente aulico, sottolineato dall'accompagnamento musicale giocosamente solenne, ribaltava la rustica vitalità della tradizione medievale, e cristiana, fatta di crociate, onore e cavalleria.
In essa, vi si narrano le vicende di Carlo Martello, il quale, tornando vittorioso dalle gesta contro i Mori, per soddisfare i suoi appetiti sessuali, non trova di meglio da fare che comportarsi da maschio cialtrone con una ragazza del popolo.
Il brano si rifà ad un antico genere popolare francese diffuso all'epoca dei trovatori, che trattava degli incontri tra cavalieri e popolane, e delle
proposte amorose che ricevevano queste ultime. L'ambientazione era bucolica e pastorale e gli incontri avvenivano perlopiù vicino a ruscelli e laghi;
nel caso in questione, Villaggio-De André usano una chiara fontanella.
(foto da internet)
Ma prima che il misfatto avvenga, il re Carlo della canzone, in sella al suo destriero, si chiede sgomento, se, dopo tanto tempo fuori casa, e dopo mille battaglie, qualcuno non abbia perso la chiave della cintura di castità della consorte:
Se ansia di gloria, sete d'onore
spegne la guerra al vincitore
non ti concede un momento per fare all'amore.
Chi poi impone alla sposa soave
di castità la cintura, ahimé, è grave
in battaglia può correre il rischio di perder la chiave
spegne la guerra al vincitore
non ti concede un momento per fare all'amore.
Chi poi impone alla sposa soave
di castità la cintura, ahimé, è grave
in battaglia può correre il rischio di perder la chiave
La cintura di castità, com'è noto, era un mezzo di contenzione fisica,
mediante il quale si impediva a un soggetto di
avere rapporti sessuali. Il suo uso era
legato strettamente al sesso femminile.
La tradizione vuole che l'uso risalga al tempo delle crociate, collegandola alla necessità dei cavalieri che partivano per il Santo Sepolcro, di assicurarsi la fedeltà
delle proprie mogli, evitando così i rischi legati a una prolungata assenza.
(foto da internet)
Sono esistiti svariati tipi di cintura di castità ma il meccanismo si componeva, essenzialmente, di una banda in vita ed una
fascia pubica che copriva completamente i genitali. Il materiale utilizzato era il ferro battuto, con un rivestimento interno di
velluto o di pelle.
Per impedire la rimozione della cintura venivano applicati dei lucchetti. E lì risiede il grave problema che afflisse re Carlo, nella canzone sopraccitata...
Orbene, a volte la realtà supera la finzione: a Padova, pochi giorni fa -udite, udite-, una signora ha chiamato i pompieri al grido di: "Aiuto, apritemi la
cintura di castità!".
Quando i baldi giovanotti sono giunti sul posto, c'era ad aspettarli una signora di mezza età che ha abbassato i pantaloni e ha mostrato una cintura di castità, in ferro e sigillata!
I vigili del fuoco, increduli, ma da veri professionisti, hanno hanno tranciato il lucchetto, limitandosi solo a indagare se la signora avesse subito violenza.
La malcapitata ha spiegato loro che l'indossava per libera scelta e che non era stata costretta da nessuno.
De gustibus...
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