mercoledì 31 gennaio 2007

La merenda va fatta così

(Foto da Internet)

Regola numero uno: la merenda è un pasto fondamentale, saltarla è tassativamente vietato. Regola numero due: si fa a ore precise (quattro e mezza d’inverno, un po’ più tardi d’estate). Regola numero tre: è una faccenda riservata ai bambini. I grandi, di pomeriggio, «non fanno merenda»: loro, poverini, «mangiano». Regola numero quattro: salvo compleanni e feste varie, quella che si fa a casa è più buona delle altre. Regola numero cinque: il menù non si improvvisa. Dev’essere vario, sano, «non grasso» ma soprattutto prevedere cose che non si vedono in tavola in altri momenti. Il che vuol dire, per esempio, niente latte e cereali che è roba da colazione. Lo spuntino del pomeriggio, secondo i bambini, funziona così. Il decalogo è dettagliatissimo e severo come pochi. Norme, divieti, eccezioni e postille che è tassativamente vietato infrangere, pena garantito trauma infantile. Perché la merenda è una questione seria, non un gioco: c’è quella giusta e quella sbagliata. E i bambini non transigono. Almeno non quelli intervistati da Michela Filippi, studentessa di Marketing Management alla Bocconi, che al rito dello spuntino pomeridiano dei piccoli ha dedicato la sua tesi di laurea. Lo studio discusso con la relatrice Stefania Borghini, intitolato «I bambini e i consumi: analisi del rituale merenda», presto diventerà un libro. La ricerca ha uno scopo serio: fornire alle aziende alimentari indicazioni utili per elaborare strategie mirate di promozione e vendita. Ma le confessioni dei bambini raccolte dalla Filippi, prima che uno strumento di marketing, sono una tenerissima rivendicazione dell’unico momento a misura di bambino nella vita piena di regole dei grandi. E sono anche la spiegazione di quella magia che trasforma la merenda in un carnevale quotidiano in cui i ruoli si invertono e, per un attimo, le gerarchie non valgono più. Le regole La premessa da non dimenticare è che la merenda è un diritto esclusivo dei bambini. Le leggi le dettano loro, dalla preparazione all’orario. I grandi, se vogliono, possono guardare. Al limite controllare, per gentile concessione. Luisa, nove anni, con mamma e tata fa così. «Può capitare che vogliano aiutarmi, perché dicono che fanno più in fretta e fanno meno pasticcio, ma secondo me non è che loro sono più brave, ma io glielo lascio fare così non si lamentano e poi magari capiscono che non combino disastri!». La seconda fondamentale questione è che non tutte le merende sono uguali. Alcune sono «giuste» altre «sbagliate»: buoni e cattivi, i bambini ragionano così. Per ottenere quella giusta le regole sono indispensabili ma ognuno è libero di scegliere le sue (il che significa sostanzialmente una cosa: le merende degli altri tutte sbagliate e quella che si fa a casa propria l’unica degna di essere mangiata). Gli «errori», ovviamente gravissimi e imperdonabili, sono sempre questioni di menù. Per le merende «sbagliate» non c’è pietà. Non ce l’ha nessuno dei bambini intervistati, tanto meno Filippo, dieci anni, che racconta: «Ho sentito che un mio amico invece di mangiare pane e marmellata mangia patatine in scatola. Non ho parole…». Tutti, in ogni caso, valgono complicati tabù alimentari. C’è chi non mangia le merendine confezionate e chi snobba miseramente i compagni che arrivano a scuola col panino. Per tutti però vale un principio: è vietato mangiare quello che si trova in tavola a colazione, pranzo o cena. Per il resto, via libera. In generale, dicono di preferire cibi sani e genuini, poi però snocciolano approfonditi elenchi di quanto più malsano si trovi in circolazione. E la compagnia? Quella interessa solo ai più grandi. Per i piccoli lo spuntino del pomeriggio è un piacere del tutto personale. Quel che conta è farlo. Perché la merenda, come dice la televisione, aiuta a crescere. E questo, i bambini, l’hanno imparato benissimo.

(Tratto da La Stampa)

martedì 30 gennaio 2007

A QUALCUNO PIACE GIALLO



Che cosa leggono gli italiani? Soprattutto libri gialli, almeno secondo le inchieste di mercato e le preferenze dei lettori.
Dan Brown contro Andrea Camilleri? Niente di più distante dell'ipertecnologico autore nordamericano dal calorico scrittore siciliano. Eppure sono proprio loro i re delle classifiche generali della stagione letteraria. Al primo posto c'è Brown, con la Verità del ghiaccio (1068 punti), thriller ambientato al circolo polare artico. A pochissima distanza segue La vampa d'agosto (1066 punti), romanzo di Camilleri con il commissario Montalbano pronto a combattere in una torrida estate le «parentele perigliose» che collegano mafia e politica. Il responso sulle preferenze degli italiani (i dati sono ricavati dalle graduatorie settimanali realizzate per conto di Tuttolibri dall'Istituto Demoskopea) è offerto dal nuovo numero di Tirature '07.

Al terzo posto, poi, ecco ancora Brown: torna il Codice da Vinci (1020) riportato in auge dal film di Ron Howard. Anche se quelle di Brown, con i suoi algidi robot telecomandati, e quelle di Camilleri, ai cannoli e agli arancini, sono storie agli antipodi, appartengono alla stessa famiglia: quella del brivido.

E' il giallo il principe delle graduatorie di quest'annata letteraria. Lo conferma Il broker di John Grisham (648 punti e settimo posto), che si svolge sotto i portici bolognesi da tempo diventati il set di molti thriller che scelgono l'Italia come luogo privilegiato per il delitto. Il thriller piace poi in tante salse. Che sia storico, fantapolitico, legal thriller, il genere più appetito stimola e appaga la nostra curiosità più ansiosa. Ma il noir più moderno ci attira anche perché oggi l'eroe è quasi sempre positivo. Nonostante le differenze, Brown e Camilleri un tratto in comune ce l'hanno. Nei loro libri tutto ruota intorno a un paladino della giustizia. Magari è un personaggio inquieto e disilluso - come il 55enne Montalbano della Vampa d'agosto o come il carismatico professor Michael Tolland della Verità del ghiaccio. Magari è pigro, e indolente, portato all'azione più dalle circostanze che da una personale determinazione. Ma è pur sempre di un cavaliere senza macchia e senza paura, capace di scavare nelle più perigliose zone d'ombra, che il lettore ha bisogno. Perché il nuovo giallo funziona così: esorcizza paura, ribrezzo, orrore, ma anche li stimola e li sollecita. Guarda caso, il revival del thriller si è verificato, dicono i ricercatori, a partire dagli anni della fine della guerra fredda. I nuovi giallisti sono fioriti all'ombra degli anni Novanta. Prima le emozioni erano alimentate dal travaglio della storia e dalla paura della bomba atomica.
Un’altra sorpresa dell'anno è il successo dei testimoni d'eccezione, per esempio Tiziano Terzani, al quinto posto con il suo testamento letterario, La fine è il mio inizio (883 punti), in cui ripercorre la propria biografia e racconta le grandi trasformazioni di Vietnam, Cina, India e Giappone (vedi>>).

Interessanti anche i casi di Beppe Grillo con Tutto il Grillo che conta (posizionamento niente male: all'ottavo posto), antologia dei suoi monologhi teatrali-televisivi (vedi>>) e quello del libro bianco sulle promesse disattese di Silvio Berlusconi (vedi>>), le Mille balle blu di Peter Gomez e Marco Travaglio, o quello di Roberto Saviano che, con Gomorra, si addentra nei sistemi di potere della camorra. Insomma paura (nel giallo) e indignazione (nel saggio) fanno novanta, ovvero sono le due molle fondamentali nell'acquisto di un libro.
E voi che cosa leggete?
(Tratto da La Stampa. Foto da Internet)

lunedì 29 gennaio 2007

La donna che non c'è

Mentre a Parigi, nella settimana dell'alta moda, Re Giorgio e la maison Dior fondono l’oriente con l’occidente, Chanel e Lacroix fanno sfoggio di ampie gonne di tulle, tailleur mini, fiori nei capelli e scarpe in raso, Valentino Givenchy e Gaultier propongono signore in bianco, sirene misteriose o madonne barocche, a Roma, nella settimana dell’alta moda, la maison Gattinoni, con stile provocatorio, scaraventa in passerella abiti dipinti, come se si trattasse di graffiti pop, con le facce di Ségolène e Hillary, ovvero le due primedonne elette icone del potere femminile. Insieme a loro sfilano anche Condolezza Rice, la regina d’Inghilterra e una misteriosa signora infagottata in un completo pantalone che evoca l’epoca del fascio: è la donna di potere italiana, quella che non c’è, quella che dovrà venire, ma quando non si sa.
I vestiti ispirati alle lady sono dei veri quadri alla Wharol, mentre quelli che interpretano le diverse anime dell’universo rosa (la moglie, l’amante, l’intellettuale, la seduttrice) sono anni Sessanta: molto ricamati, preziosi, giocati su tonalità neutre. E c’è anche l’omaggio alla donna che ha avuto più potere nella storia: la Madonna, con una tunica-peplo bianca, virginale, con cappuccio.
Insomma l’immaturità della politica in rosa di casa nostra rappresentata tra pizzi e merletti della couture. «Ci abbiamo pensato tanto ma non abbiano trovato nessuna italiana all’altezza di stare accanto a Ségolène, Condolezza e Hillary», spiega il direttore creativo della maison, Guillermo Mariotto. Si tratta, forse di una provocazione per denunciare il maschilismo imperante e le difficoltà per le donne di farsi strada nel bel paese?
(foto da www.lastampa.it)

domenica 28 gennaio 2007

EGO TE ABSOLVO A PECATIS TUIS

(Foto da Internet)

Il giornalista "infiltrato" va di moda in Italia? Sembra proprio di sì. Dopo gli scoop di Fabrizio Gatti che abbiamo segnalato su questo blog, abbiamo letto su L'Espresso che un inviato del famoso settimanale è andato in giro per l'Italia a confessarsi (leggi>>).

Sì, avete letto bene: a confessarsi. Ha girato 24 parrocchie, da nord a sud, e ha raccontato a preti e frati dei problemi (falsi) su questioni vere: l'uso del preservativo, l'eutanasia, le cellule staminali, l'omosessualità.

Ebbene, ne vien fuori un quadro complessivo della Chiesa cattolica assai diverso dalla linea ufficiale proclamata da Benedetto XVI.

Forse chi deve fare i conti con la realtà quotidiana dei fedeli ha una sensibilità diversa da chi, invece, vede il mondo da una finestra (anche se dà su una piazza bellissima)?

sabato 27 gennaio 2007

Ancora... Battisti


(Foto da Internet)

Cosa può aver portato una studentessa di Scienze della Comunicazione poco più che ventenne ad intitolare la propria tesi di laurea (Battisti) È ancora vivo? Probabilmente la stessa ragione che avrà ispirato Andrea Mingardi a scrivere le parole “sotto questo cielo solo tu resisti, sei come una canzone di Mogol e Battisti”. Sicuramente lo stesso motivo avrà spinto Ramazzotti, Zucchero, Ligabue, Baglioni, De Gregori e Vasco Rossi ad ammettere apertamente che Lucio Battisti è stato per loro esempio e fonte di ispirazione.

Risulta praticamente impossibile enumerare i cantanti e i cantautori dell’attuale panorama musicale italiano il cui modo di cantare o di comporre ricorda, volutamente o meno, Battisti: la critica ha indicato in particolare Massimo Di Cataldo, Gianluca Grignani, i Tiromancino, Tiziano Ferro, Max Gazzè, Daniele Silvestri, Audio 2 e Francesco Renga.

Numerosissime anche le cover di sue canzoni interpretate da famosi artisti italiani, alcune bellissime ed altre assolutamente prescindibili: La canzone del sole (Ligabue), Emozioni (Elisa), Acqua Azzurra, Acqua Chiara (Raffaella Carrà), Nessun dolore (Giorgia), Pensieri e Parole (Fiorello e Massimo Ranieri), I giardini di Marzo (Eugenio Finardi), E penso a te (Iva Zanicchi e Dolcenera) ed infine Il mio canto libero (Laura Pausini).

E voi, quale di queste cover preferite?

venerdì 26 gennaio 2007

"Le figurine dei vip"

Cose dell’altro mondo: calciatori che fanno i fotomodelli, toreros che sfilano per grandi stilisti, e adesso il mondo dello spettacolo formato stickers. Davvero non c’è più “rispetto” (come diceva Zucchero alcuni decenni orsono).
Dopo gli scandali di Tangentopoli, Calciopoli, Paparazzopoli e Vallettopoli si credeva che l’odierna società italiana avesse già dato abbastanza. E invece no: dopo le intercettazioni, i ricatti, gli scoop ecco ora il vero colpo di teatro: “le figurine dei vip”.
All’inizio dell’estate bellezza, monarchia e sport equivalevano a scandalo, ma, poi, la nazionale azzurra, con la coppa del mondo, ha fatto dimenticare l’indecenza a cui tutti abbiamo assistito, i rappresentanti di casa Savoia sono andati nel dimenticatoio, e quel marchio d’infamia si era stampato su una larga categoria femminile, caratterizzata dalla desinenza in 'ine': veline, letterine, vallettine, soubrettine etc. Ma Giugno era un’estate fa e la la morale degli italiani è sempre precaria: ha un contratto a tempo determinato. Quindi, dopo l’abisso delle intercettazioni, ecco le "ine" di nuovo in ballo. L’ideatore di questo colpo di scena, Lele Mora, così spiega questa trovata: "La società è cambiata. Oggi la gente è sempre più attratta dai volti che vede in tv".
E così dal 5 Febbraio sbarca in edicola lo star system. Vi ricordate le figurine panini che si barattavano a scuola? Ormai, al posto dei calciatori ci saranno i vip e le veline della televisione: tutti insieme nel nome del business. Vi immaginate il rituale di “ce l’ho-ce l’ho-manca” con Briatore, Sabrina Ferilli, Valeria Marini etc. E chi potrai mai essere il pezzo da novanta, ovvero la figurina più appetitosa?
Cose dell’altro mondo o cose da pazzi!
Che ve ne pare?
Foto da

giovedì 25 gennaio 2007

Il Bidone di Fellini su Punt 2

(Foto da Internet)

Giovedì 25 gennaio alle 00:30 andrà in onda su Punt 2
Il bidone
di Federico Fellini

Interpreti: Franco Fabrizi, Giulietta Masina, Richard Basehart, Broderick Crawford, Giacomo Gabrielli, Alberto De Amicis, Lorella De Luca, Riccardo Garrone, Amedeo Trilli, Ada Colangeli, Tullio Tomadoni, Maria Zanoli, Mario Passante, Gino Buzzanca, Irene Cefaro, Xenia Valderi. Genere Drammatico, b/n, 135 minuti. Produzione Italia 1955.

I personaggi principali son tre: Augusto (Crawford), Roberto (Fabrizi) e Picasso (Basehart). Sono truffatori da quattro soldi. Il primo bidone lo tirano a due vecchiette facendo loro trovare un tesoro nel loro podere (per averlo devono pagare mezzo milione di dollari di messe), poi truffano dei benzinai lasciando a garanzia un vecchio cappotto. Augusto ha una figlia deliziosa che non vede mai, Picasso una moglie (Masina) sottomessa e disperata. Roberto, assolutamente cinico, è forse il peggiore di tutti, pensa solo a imbrogliare e alle donne. Tentano ancora una volta la truffa del tesoro nascosto. Una delle truffate è una ragazza paralizzata che si confida con Augusto, vestito da prete. Al momento della spartizione Augusto dice di non avere i soldi: non ha avuto il coraggio di imbrogliare la poveretta. I complici non gli credono, lo insultano e lo picchiano e poi gli trovano, nascosti in un calzino, i soldi. Augusto cadendo ha battuto la schiena. Abbandonato, dopo una notte terribile muore sulla strada, mentre lontano passa una famiglia di contadini. Fellini era al sesto film e aveva trovato la sua identità riconoscibilissima. Pochi anni dopo, con La Dolce vita avrebbe fatto l'ultimo salto di qualità. Ma la poesia c'è tutta, e ci sono i contenuti ancora robusti dell'età migliore, quella dell'energia. Augusto porta sua figlia al cinema, è contento, possiede un valore che aveva persino dimenticato, ma al cinema viene riconosciuto da qualcuno che aveva truffato, e finisce in prigione. E la figlia assiste a tutto. Inserito temporalmente fra Le notti di Cabiria e La strada, storie di squisito mondo e di fantasia felliniana, il film è una sorta di intervallo di realismo, ultimo richiamo in questo senso. Amaro e vedibile a posteriori, va rivalutato rispetto a una critica che lo ha inteso come "opera minore".

(Tratto da Mymovies.it)

mercoledì 24 gennaio 2007

ZAPATERO(mania)?



Il Presidente del Consiglio spagnolo è di moda in Italia? Sembrerebbe proprio di sì. Ecco a voi le prove.

Ieri, un nostro affezionato lettore, ci ha inviato il link di un articolo molto divertente di satira politica -pubblicato su L'Espresso-, in cui si prendeva a bersaglio José Luis Rodríguez Zapatero (leggi>>).

Com'è noto, Sabina Guzzanti, scelse per titolo del suo documentario satirico l'ormai famoso "Viva Zapatero" (vedi trailer>>).

Il comico Maurizio Crozza, in una puntata della trasmissione Rockpolitick, condotta da Adriano Celentano, interpretò, in una sorta di itagnolo, una famosa canzone di Julio Iglesias, in cui si lodava la figura di ZP (vedi>>).

Qualche giorno fa, gli scanzonati conduttori della trasmissione radiofonica "Il ruggito del coniglio" reagirono, a modo loro, alla provocazione di Zapatero secondo la quale l'economia spagnola, tra due o tre anni, avrebbe superato quella italiana (leggi il post pubblicato dai nostri colleghi di Oblò(g) e ascolta la trasmissione>>).

Insomma: moda, satira, tendenza politica, critica, presa in giro, o miraggio?

(foto da internet)

martedì 23 gennaio 2007

CONFERENZA



Il Centro Giacomo Leopardi di Valencia, ha il piacere d'invitarvi alla conferenza:

"Stradivari, il liutaio magico"

Venerdì 26 gennaio, alle ore 19.00, presso il Saló d'Actes del Museu de Belles Arts di Valencia (S. Pio V).

Nota importante: una nostra allieva, Beatriz B., interpreterà, al violino, alcuni brani musicali. Vi aspettiamo!

Per ulteriori informazioni su Stradivari, fate click qui>>.
(foto da internet)

lunedì 22 gennaio 2007

Buon compleanno Fellini!

Sabato, 20 Gennaio, sarebbe stato il compleanno di Federico Fellini, e, in clima di nomination agli Oscar e di cocenti esclusioni per il cinema italiano, ricordiamo il regista e la sua città, Rimini, con I Vitelloni, film determinante nella sua carriera, e rappresentativo del cinema italiano con echi di autori della generazione precedente come De Sica, Rossellini e Visconti.
I Vitelloni, perla anomala nello stile del riminese è, probabilmente, la sua unica opera realista: racconta storie di gente comune, piccole storie di provincia, senza trasfigurazioni di colori e di caratteri. Fellini si fa interprete di una borghesia italiana di fine guerra (1953): un interprete malinconico e nostalgico, come malinconica e nostalgica, appunto, è la borghesia italiana dell’epoca. Ma un interprete a cui l’ironia e la beffa non dispiacciono, anzi, se ne vale ogni qualvolta malinconia e nostalgia sembrano portarlo troppo in là, verso le soglie del sentimentalismo e della retorica. I suoi personaggi riflettono il suo stesso animo, quel ragionato oscillare fra i due opposti sentimenti di allegria e di tristezza. Si chiamano “i vitelloni”, quei giovani di famiglia borghese, che, in provincia, passano le loro giornate nell’ozio più completo, dividendosi accuratamente le ore fra il caffè, il biliardo, la passeggiata e la piccola festa mondana. La vita monotona di provincia ha steso su di loro una coltre opaca di noia e li ha velati di tristezza. Non sono ancora sposati (il matrimonio trasforma necessariamente l’inutile in un uomo su cui pesano responsabilità più precise) e i loro amori hanno sempre il sapore dell’avventura che non lascia tracce, salvo non accada qualcosa di serio. E in tutto questo il clima cittadino e borghese della provincia italiana giunge quasi a diventare un altro personaggio per l’incisività di ogni suo elemento: sia che si tratti di case e piazze notturne, di un veglione di carnevale, di un’alba, di un caffè fuori moda, di un treno che parte, di una spiaggia o di un teatro di terz’ordine. Il film è un autentico poème en prose della provincia italiana, una testimonianza felice di un costume, di un ambiente e di un’epoca passati.
Per ricordare, appunto, questo scorcio di Italia, vi proponiamo la degustazione di un’appetitosa piadina romagnola, in omaggio alla terra di Fellini.
(Foto da Internet)

sabato 20 gennaio 2007

Muccino sbarca a Hollywood


FILM di Vittorio De Sica, come "Ladri di biciclette" e "Umberto D.", erano già intrisi del grande sogno americano. Parola di Will Smith, che ha presentato a Roma "La ricerca della felicità", diretto da Gabriele Muccino, prodotto da Columbia, campione d’incassi in Usa, dove in meno di un mese ha realizzato 130 milioni di dollari. «In questi film di De Sica - ha spiegato Smith - c’è gente che lotta per la propria famiglia e per un futuro migliore: questo è il sogno americano. Poi vedendo le pellicole di Muccino, ho capito che era proprio lui il regista adatto a raccontare le emozioni e i sentimenti di una storia vera come quella di Chris Gardner che io ho interpretato... (Tratto da www.iltempo.it)

Diteci un po', credete che Umberto D. e Ladri di biciclette abbiano qualcosa a che vedere con il "grande" sogno americano?


venerdì 19 gennaio 2007

LEONARDO (con webquest) E LA MONNA LISA

(Foto da internet)

La Repubblica di ieri ha pubblicato un'interessante notizia, secondo la quale la Monna Lisa venne sepolta nel cuore di Firenze. Il professor Giuseppe Pallanti, dopo aver studiato delle carte di un archivio fiorentino, ha affermato che la sepoltura della Gioconda si trova nel Convento di Sant'Orsola.

Noi, per celebrare l'evento, ricordiamo Leonardo da Vinci con un webquest (fate click qui>>) allestito dalla collega Paloma Alonso Alberti, del dipartimento d'italiano della EOI di Alcorcón.

Ringraziamo l'amico Toni Navarro, del Cefire di Sagunt, che ci ha fatto pervenire il webquest che vi proponiamo.

Buon divertimento!

giovedì 18 gennaio 2007

NUOVOMONDO ESCLUSO DAGLI OSCAR

(Foto da Internet)

LOS ANGELES - «Nuovomondo» non ce l'ha fatta: l'opera di Emanuele Crialese, insignita del Leone d'Argento Speciale all'ultimo Festival di Venezia, era stata scelta per rappresentare l'Italia nella corsa al premio Oscar 2007 per il migliore film straniero, ma non ha superato la pre-selezione dell'«Academy», che ha ridotto a nove la rosa delle pellicole in lizza per la nomination, da ridurre poi ulteriormente alle cinque candidature finali.

DELUSIONE - Un'esclusione che delude le speranze di quanti giudicavano la saga di Crialese sull'emigrazione italiana d'inizio '900 adatta a concorrere per il prestigioso riconoscimento: perché racconta la storia universale della lacerazione che l'abbandonare la propria terra comporta, perché rappresenta un viaggio dentro se stessi in cui ogni americano può ritrovarsi (guarda la videorecensione di Mereghetti). Deluse le speranze dello stesso protagonista, Vincenzo Amato, che intervistato da Corriere.it quando si era appresa la notizia di Nuovomondo candidato italiano aveva commentato: «Ogni americano ha un padre, un nonno, qualcuno che ha vissuto la storia che rappresento io nel film. Quindi l'America è il posto dove "Nuovomondo" verrà capito e apprezzato, almeno spero» (ascolta l'intervista | leggila).

IN GARA - Per la Spagna l'ha invece spuntata «Volver» di Pedro Almodovar, già vincitore del riconoscimento nel 2000 con «Tutto su mia madre». Tra i prescelti spiccano poi «Il labirinto del fauno» del messicano Guillermo del Toro, «Black Book» dell'olandese Paul Verhoeven e «La vita degli altri» del tedesco Florian Henckel von Donnersmarck. Clamorosa invece l'esclusione di «The Curse of the Golden Flower» del grande regista cinese Zhang Yimou, che molti davano addirittura come scontato vincitore dell'ambito riconoscimento.

PROSSIME TAPPE - Almodovar e i suoi colleghi dovranno comunque attendere il 23 gennaio per sapere se le rispettive opere faranno parte o meno della cinquina che si contenderà l'Oscar straniero. La cerimonia di consegna dei premi è in programma per il 25 febbraio prossimo. Il cinema italiano in una certa misura può comunque consolarsi giacché sa già che una statuetta la riceverà: per merito del maestro Ennio Morricone, al quale è stato assegnato l'Oscar alla carriera.

(Tratto da Il corriere della sera)

mercoledì 17 gennaio 2007

Quando i bambini fanno oh

(Foto da Internet)

Giuseppe Povia nasce a Milano il 19 novembre del 1972, comincia a suonare la chitarra all'età di 14 anni e approfondisce lo studio del medesimo strumento sempre da autodidatta.

Ascoltando i più grandi cantautori della musica italiana per tanti anni, si scopre anche lui autore di testi e di canzoni.

Insegue il suo sogno con i piedi per terra e cioè mantenendosi con un lavoro parallelo: il cameriere, che lo aiuta ancora di più nella ricerca della comunicazione attraverso i testi.

Dopo essersi iscritto a varie manifestazioni canore in una di queste conosce Giancarlo Bigazzi che insieme ad Angelo Carrara produce il primo singolo dal nome "È vero".

Nel 2003 Giuseppe vince la quattordicesima edizione del premio Recanati ,questo gli dà l'opportunità di realizzare il suo primo album "Evviva i pazzi che hanno capito cos'è l'amore" che uscirà poi nel marzo del 2005 dopo la partecipazione fuori gara a Sanremo con il brano "I bambini fanno oh" che rimarrà primo in classifica per un anno intero nel quale Povia ritirerà molti premi per la solidarietà e parteciperà allo storico Live 8.

Nel 2006 vince Sanremo con il brano "Vorrei avere il becco" (clicca qui per leggere il testo della canzone) e pubblicherà il suo secondo album " I bambini fanno oh la storia continua... "attualmente Giuseppe Povia è in studio a realizzare un nuovo lavoro che si chiamerà " i bambini fanno oh la storia continua.. Terza puntata.

Questo sarà il titolo che lo accompagnerà per sempre.

(Tratto da www.povia.net)

martedì 16 gennaio 2007

La febbre della Formula 1


Fernando Alonso, ieri sera, ha presentato a Valencia, nella Ciudad de las Artes y las Ciencias, in anteprima mondiale, la nuova monoposto della McLaren ed ha scatenato l’euforia de los aficionados spagnoli alla Formula 1. Le macchine dei piloti della McLaren bombardavano con un rumore assordante le strade valenziane del Paseo de la Alameda, il ponte di Monteolivete e l'"autopista del Saler", con l'intenzione di promuovere anche un tanto desiderato circuito urbano. Se la febbre della Formula 1, in Spagna, è alquanto nuova, visto che è legata soprattutto al fenomeno Alonso, in Italia, da sempre, il cavallino rosso -alias Ferrari- ha attratto milioni di persone, che non perdono occasione per recarsi ai circuiti di Monza e Imola e vibrare con la scuderia di Maranello.
E proprio nel circuito di Imola, il 1 Maggio 1994, il grandissimo pilota brasiliano Ayrton Senna ha perso la vita. Vi proponiamo l'ascolto di una canzone del cantautore italiano Lucio Dalla dedicata al pilota scomparso. Buon ascolto!

(Foto dal sito http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?IDmsezione=11&IDalbum=1205&tipo=FOTOGALLERY)




lunedì 15 gennaio 2007

Enzo Jannacci: "The best"

(foto da internet)

Tempo fa abbiamo dedicato un post ad Enzo Jannacci, lo stralunato cantautore-medico-filosofo-cabarettista milanese (vedi>>).

Oggi vogliamo offrirvi un concerto registrato nel mese scorso a Roma, in cui Jannacci ha interpretato alcuni brani del suo ultimo disco "The best".

Buon ascolto!

domenica 14 gennaio 2007

Non ci resta che... mangiarci su





In “Italia si sta male”: non è solo il titolo di un inedito di Rino Gaetano (vi ricordate del post del 19.12.) che Paolo Rossi canterà a Sanremo, ma è anche la realtà che emerge dai quotidiani e dai telegiornali. E’ vero, non è una novità, ma soprattutto in Italia si sta male negli ospedali: polvere, polveroni, infezioni, ispezioni, sporcizia nei corridoi e nelle anime, e addirittura furto di occhi... (cfr. post di ieri, 13.01). Sarà che la condizione di disagio in cui ha sempre versato il Mezzogiorno si è ormai espansa a tutto lo stivale?
Cristo si è fermato ad Eboli, libro di Carlo Levi, e frase più volte ripetuta per indicare i continui disservizi del meridione, forse potrebbe pronunciarsi anche più al nord, vicino alla MittelEuropa.
Cristo si è fermato ad Eboli è una testimonianza di una preveggenza e saggezza straordinarie per capire la situazione non solo del Mezzogiorno, e della questione meridionale, ma di tutta l'Italia. Il romanzo è, infatti, un reportage degli anni in cui Levi, medico intellettuale, fu confinato tra il 1935 ed il 1936, durante il regime fascista, prima a Grassano e poi ad Aliano, (da qui Galiano del libro) provincia di Matera, in Basilicata, ex-Lucania. Levi associa la geografia della città con l’anima della gente: "Nelle grotte dei Sassi si cela la capitale dei contadini, il cuore nascosto della loro antica civiltà. Chiunque veda Matera non può non restarne colpito, tanto è espressiva e toccante la sua dolente bellezza".
Il libro, metà diario, metà romanzo, ritratta l’esperienza di un torinese a contatto con una popolazione abbandonata dalla storia, che viveva in condizioni di vita disumane. Era gente schiacciata dalle ingiustizie sociali e dalla indifferenza politica, poveri contadini dimenticati ai margini dello Stato, ai quali neppure la parola di Cristo sembrava essere mai giunta. Il perché del titolo lo spiega lo stesso Levi nelle prime righe, riportando le parole di un uomo del posto: Noi non siamo Cristiani. Cristiano vuol dire, nel loro linguaggio, uomo.
E se è il caso di dire Non ci resta che piangere (dal film di Roberto Benigni e Massimo Troisi), visto che finché c’è vita c’è speranza consoliamoci con un bel piatto di pasta, alla maniera lucana, cioè con abitudini semplici, da contadini, ma con un cibo dai sapori genuini ed immutati nel tempo: i fusilli con la mollica.
P.S. : Se non sapete fare i fusilli, usate quelli comprati. Se li trovate freschi bene, altrimenti con un altro tipo di pasta: fusilli ricci, spaghetti, bucatini etc.

(Foto da Internet)

sabato 13 gennaio 2007

Giornata sull'attualità italiana

Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur

(Policlinico Umberto I di Roma. Foto da Internet)

Un nostro affezionato lettore ci ha scritto una mail in cui manifesta sorpresa e indignazione per un articolo apparso su El País su uno dei tanti scandali che colpiscono la politica italiana. L'articolo in questione riprende uno nuovo scoop realizzato da Fabrizio Gatti, un giovane giornalista che, qualche mese fa, si era distinto per un servizio realizzato come "infiltrato" tra i braccianti stranieri reclutati nel sud d'Italia (in una zona della Puglia) per la raccolta dei pomodori.

Questa volta, però, Gatti si è "infiltrato" nell'ospedale Umberto I di Roma, uno dei più grandi nosocomi d'Europa. Ha lavorato nel suddetto impianto per circa un mese senza essere disturbato da nessuno, travestito da uomo delle pulizie. Nessuno gli ha mai chiesto un tesserino di riconoscimento, nessuno gli ha mai domandato che cosa facesse. Gatti ha gironzolato indisturbato per quasi tutti i reparti dell'ospedale e ha girato delle scene agghiaccianti: laboratori incustoditi, escrementi nei corridoi, personale sanitario che fuma dappertutto, impianti fatiscenti, e chi più ne ha, più ne metta. Ma non è tutto: l'ultimo servizio di Fabrizio Gatti sul Policlinico di Roma è da brividi; s'intitola Qui rubavano gli occhi ai morti. Vi si narra che i malati deceduti in ospedale dovevano essere piantonati da agenti di custodia affinché nessuno potesse avvicinarsi alle salme, dato che era stato scoperto un traffico illegale di cornee!
Il ministro della Sanità, Livia Turco, ha inviato i carabinieri in tutti gli ospedali italiani per controllare la situazione sanitaria degli impianti: sinora più di 60 sono fuori legge!

Ci siamo ricordati di un frase scritta da Tito Livio che studiavamo a scuola e che abbiamo inserito come titolo di questo post. La sanità italiana è davvero la Sagunto di questi anni?

venerdì 12 gennaio 2007

DANTE ALIGHIERI (VOLTO E MUSICAL)



Due notizie su Dante:

a) abbiamo appreso in questi giorni che il profilo di Dante Alighieri non avrebbe niente a che vedere con i ritratti alquanto spigolosi che conosciamo. Una cosa è certa: il Sommo Poeta non era un bell'uomo, ma il suo volto non aveva i tratti duri e l'espressione torva e accigliata dei ritratti a tutti noti. Insomma, Dante era meno brutto di quel che si crede. Almeno così appare nelle elaborazioni al computer dei tecnici del Laboratorio di realtà virtuale della II Facoltà di ingegneria dell'Università di Bologna, sede di Forlì. Hanno creato addirittura vari possibili aspetti del volto del poeta: più magro, normale, più grasso. Ma sempre e comunque senza il mento prominente che tutti disegnano. E col naso grande e storto, ma non proprio aquilino. Il classico "profilo dantesco" è sparito quasi del tutto.
I ritratti che ci sono pervenuti volevano far emergere lo spirito del poeta; erano più psicologici che reali. Furono realizzati a partire dalla descrizione del Boccaccio che fornì lo stereotipo per tutta l'iconografia successiva: "Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccoli, le mascelle grandi, e dal labbro di sotto era quel di sopra avanzato (...) e sempre nella faccia malinconico e pensoso".

b) La Divina Commedia diventa un musical! Monsignor Frisina, direttore della cappella lateranense ha firmato lo spartito della "Divina Commedia" in scena in autunno in un teatro romano. Ha utilizzato delle musiche punk, rock, jazz e metal per raccontare l'Inferno; il Purgatorio viene descritto con note ispirate in prevalenza alla mistica gregoriana, ma che con l'avvento del Paradiso esplodono in un trionfo di arie di musica lirica e sinfonica, sia classica che moderna.
Questa, in estrema sintesi, la colonna sonora della Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione musical di monsignor Frisina, autore, tra l'altro, delle colonne sonore di alcune delle più note fiction trasmesse negli ultimi tempi da Rai e Mediaset ("Papa Luciani, il sorriso di Dio"; "Giovanni Paolo II"; "Callas e Onassis"; "San Pietro", "Don Bosco", "Abramo").

La Divina Commedia musical, non è un'opera nel senso classico del termine e, tantomeno, un'opera rock, ma una rappresentazione teatrale in grado di raccontare i canti del poema dantesco attraverso una commistione di più generi artistici che, accanto alla danza, alle scenografie, alla recita e al canto, avrà il suo motivo conduttore in un commento sonoro ispirato a più generi musicali, plasmati sui momenti più significativi del poema dantesco.

Sottotitolo dell'opera: "L'uomo che cerca l'amore". La prima assoluta sarà rappresentata - col patrocinio del Vaticano, del Senato e della Camera dei deputati - in autunno in un grande teatro di Roma. Dopo, inizierà una lunga tournée attraverso i più grandi teatri italiani e che toccherà anche importanti città europee. Due gli atti composti da Frisina, il primo con il prologo e l'Inferno; il secondo con il Purgatorio e il Paradiso.

Agli ordini della regista Elisabetta Marchetti opererà un team teatrale formato da 20 cantanti attori, 30 ballerini diretti dalla coreografa Anna Cuocolo, oltre 50 comparse.
Colossale sarà anche lo spazio entro cui agiranno gli attori: 18 metri per 24 per un totale di 650 metri quadrati. Tutto il racconto dantesco sarà rappresentato da un totale di 150 immagini, proiettati da sei impianti grazie ai quali tutto il pubblico avrà la sensazione di agire accanto agli attori e ai ballerini.

La scelta dei protagonisti (Dante, Virgilio, Beatrice, ma anche personaggi come Paolo e Francesca, Pia dè Tolomei, San Bernardo, Ulisse, Caronte..) è ancora top secret.
"L'unica cosa certa" spiegano i produttori "è che Dante sarà interpretato da un notissimo cantante attore italiano. Non è escluso che saranno scritturati anche importanti nomi internazionali".

(Tratto da La repubblica. Foto da internet)

giovedì 11 gennaio 2007

A caccia di saldi!



Dopo le feste natalizie arrivano i saldi... e via ..., finalmente si può acquistare quel capo di abbigliamento che fino a questo momento era sembrato troppo caro...
Ma... se il Corte Inglés diventa tra i locali pù affollati di tutta la Spagna, con fiumi di persone che si recano nello stabilimento sin dalle 10.00 del mattino per paura che il tanto agognato affare lo possa portar via qualcun altro, (manco se i saldi fossero sinonimi di regali!) e ne escono alcune ore più tardi con in mano le inconfondibili buste rosse, sapete che cosa è successo a Milano, nel tempio della moda? A via Montenapoleone gli show room, come Gucci, Versace, Valentino, Hogan sono stati i più affollati: in coda anche tanti stranieri, molte giovani russe e giapponesi desiderose di comprare borse e altri oggetti di pelletteria. Addirittura in molte boutique l'ingresso dei clienti è stato regolato da body guard...
Anche il Vaticano, più moderno che mai, ha iniziato gli sconti di fine stagione; ma, attenzione, per l’ingresso ai magazzini d'Oltretevere è necessario un apposito tesserino che viene rilasciato dal Governatorato solo ai dipendenti vaticani, al personale del corpo diplomatico o alle congregazioni religiose.
(Foto dal sito www.prada.com)

mercoledì 10 gennaio 2007

MARIA MONTESSORI



Vi ricordate delle vecchie mille lire? E del volto femminile che vi era stampato?


Ebbene, l'immagine in questione era di Maria Montessori. Con grande piacere vi segnaliamo la celebrazione, proprio in questi giorni, del centenario del primo asilo aperto in Italia: la "Casa dei Bambini", sorta nel quartiere San Lorenzo di Roma, funzionante con un metodo che si è diffuso in tutto il mondo, ideato da Maria Montessori.
La Montessori non era una donna comune. Quando fondò la prima "Casa dei bambini" era già nota per essere una delle prime donne laureate in medicina in Italia, per le sue lotte femministe e per il suo impegno sociale e scientifico a favore dei bambini disabili. Roma celebra l'evento dell'apertura del primo asilo con una convention internazionale di due giorni in corso all'Auditorium, che raduna montessoriani di tutto il mondo. Ricordiamo che i metodi della Montessori furono fermamente combattuti sia dal regime fascista che da quello nazista, costringendola all'espatrio e aiutandola così a diffondere anche all'estero le sue teorie innovative.

"La scuola italiana ha un grande debito di riconoscenza nei confronti di Maria Montessori, esemplare figura di educatore che ha precorso i tempi ed ha avuto il coraggio di avviare un progetto pedagogico innovativo, basato sulla centralità dell'alunno e sull'idea del bambino come persona completa". Così la ricorda il ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni nell'anniversario della prima "Casa" sottolineando come il principio ispiratore, e la grande novità, delle sue teorie fu quello di "conoscere e valorizzare gli spontanei interessi del bambino come leve prioritarie per il suo apprendimento".
Due volte candidata al premio Nobel per la pace, Maria Montessori nacque a nacque a Chiaravalle (Ancona) il 31 agosto 1870. Trascorse infanzia e giovinezza a Roma dove decise d'intraprendere studi scientifici per diventare ingegnere. Ma questa strada era preclusa alle donne. Le fu però concesso di iscriversi alla facoltà di Medicina e chirurgia dove si laureò nel 1896 con una tesi in psichiatria. Intorno al 1900 cominciò un lavoro di ricerca presso il manicomio romano di S. Maria della Pietà dove, tra gli adulti malati di mente, si trovavano bambini con difficoltà o con turbe del comportamento. Erano rinchiusi e trattati alla pari degli altri, in stato di grave abbandono affettivo. Generosa ed energica, Montessori decise di dedicarsi al loro recupero e ottenne, con l'aiuto di materiali adatti, risultati inaspettati. Con calore si battè per i loro diritti nei congressi di quegli anni e al tempo stesso lanció il primo asilo, il 6 gennaio 1907, creando una scuola armoniosa e a misura del fanciullo, anche nell'arredamento - con i piccoli banchi bianchi fra pareti colorate, librerie e lavandini ad altezza di bambino - e introducendo nuovi materiali di sviluppo. Nel 1924 fondò l'Opera Nazionale Montessori per l'attuazione e la tutela del metodo ma nel 1936, ostile al regime fascista che tentò di farne uno strumento di propaganda politica, lasciò l'Italia per seguire lo sviluppo delle scuole montessoriane in diverse parti del mondo, in particolare negli Stati Uniti. Al rientro in patria, nel 1947, la Montessori si preoccupò innanzi tutto di ricostruire l'Opera. Nel 1952 morì in Olanda, a Noordwijk, dove si era ritirata. E sempre in Olanda, 14 anni fa, morì il suo unico figlio Mario. Se infatti molti ricordano il suo volto stampato sulle vecchie mille lire, quando sostituì l'immagine di Marco Polo e dove rimase fino all'avvento dell'euro, pochi sanno che la Montessori ebbe una relazione con un suo giovane assistente di psichiatria all'università, Giuseppe Montesano, da cui nacque un bambino che la pedagogista fu costretta a dare in affido per evitare lo scandalo. Alla sua storia, le sue ricerche scientifiche, è ispirata una miniserie in onda nei prossimi mesi su Mediaset dove la parte della pedagogista è interpretata da Paola Cortellesi.


(Tratto da La Repubblica. Foto da Internet).

martedì 9 gennaio 2007

Neffa


Giovanni Pellino, nasce a Scafati, in provincia di Salerno, il 7 Ottobre 1967. Esordisce come batterista verso la fine degli '80, con lo pseudonimo di Jeff Pellino, insieme ad alcuni gruppi hard-core italiani tra cui vale la pena ricordare i "Negazione", punk band che all'apice della carriera riuscì ad aprirsi persino un varco nelle classifiche americane.
Dagli esordi come cantante, al punk rock e al rap degli anni ‘90, fino alle produzioni degli ultimi album, la carriera di Neffa è caratterizzata da una costante ricerca e sperimentazione musicale.
Il suo nuovo album si intitola "Alla fine della notte", un piccolo capolavoro in cui l'autore esibisce le più diverse fonti di ispirazione: l'electropop ne Il mondo nuovo, l'urban blues ne La notte, il funk in Luna Nuova...
Diteci un po', Il mondo nuovo non vi ricorda il sound di un famoso gruppo musicale spagnolo? Se è così, diteci quale. Ah, e se volete cantare la canzone, cliccate qui.


lunedì 8 gennaio 2007

COCHI E RENATO


"Stiamo lavorando per noi" è il titolo della trasmissione – quattro puntate su Raidue dal 10 gennaio – che segna il ritorno di Cochi e Renato in tv, coppia storica prima del cabaret italiano, poi della Rai che amava inventare e sperimentare.
La decisione di tornare sul piccolo schermo è stata presa dopo la tournèe che ha portato in giro per l'Italia la ditta Ponzoni-Pozzetto con "Nuotando con le lacrime agli occhi".
Ha affermato Renato Pozzetto: "siamo stati riscoperti da un pubblico giovane che, mischiato a quello del nostro zoccolo duro, riempie regolarmente i teatri dove ci esibiamo. È questo che ci ha convinti a tornare sul video, perché il popolo televisivo può essere sterminato, anche se quello del teatro ti fa subito capire se ti vuol bene".
Cochi e Renato sono nati artisticamente nel 1964, prima in un locale popolare che si chiamava Osteria dell’oca, poi trasferita in un cabaret, il Cab 64 di Milano, fino al trionfo nel mitico Derby.
"Stiamo lavorando per noi", è ambientato nella piccola piazza di una città qualunque, dove si esibisce una compagnia stravagante che recita a soggetto; una strada percorre la piazza per tutta la sua lunghezza e vi passano auto, taxi, biciclette, tifosi urlanti e persino un carro funebre. Ci sono anche due botteghe, una panetteria (gestita da Stefano Chiodaroli) e un ortolano (l’insegna è "Non solo cachi" e il titolare è Bebo Storti) e abitanti che non sempre sono disposti a sopportare gli artisti della piazza. È proprio sulla miscela di queste situazioni, ciascuna di per sé normale, ma in un insieme del tutto anormale, che Cochi e Renato puntano per coinvolgere gli attori che interpretano i bottegai, gli inquilini e il portinaio, l’attore Maurizio Milani, un vigile urbano, Sergio Sgrilli, tutti reduci da Zelig.
Mano a mano la piazza si anima e si fa un tuffo in quella Tv fatta più con l’intelligenza che con i miliardi. Arriva Massimo Boldi col suo telegiornale da Cipollino, ci sono il Mago Silvan con il suo "doppio" Raul Cremona, Lino Toffolo riemerge dal passato come una piacevole sorpresa, Renzo Arbore viene a suonare le sue canzoni senza tempo, Gene Gnocchi porta con sé la sua comicità al vetriolo, mentre Enzo Jannacci, il terzo "cochierenato", gioca con le sue canzoni strampalate, come la sigla finale Italiani, uno spaccato di come siamo fatti ma non ci vediamo. La sigla iniziale, invece è di Dario Fo, Cosa aspettate a batterci le mani, rielaborata nel testo da sembrare scritta oggi. C’è anche un’orchestra, quella dei Good Fellas, specialista in musica degli anni Cinquanta-Sessanta.
Cochi e Renato, sono, a nostro avviso, tra i migliori esponenti del cabaret made in Italy. Sono stati definiti dalla stampa come i "gemelli diversi": amici d'infanzia, compagni di scuola a Gemonio, sul Lago Maggiore; Aurelio "Cochi" Ponzoni era impiegato all'aeroporto di Linate; Renato Pozzetto era titolare di una ditta di raffreddamento. Si sono conosciuti per caso all’Osteria dell’oca ed è stato subito feeling; insieme hanno fatto buona parte della storia del nostro cabaret.

Abbiamo il piacere di farvi conoscere alcune canzoni di Cochi e Renato che sono rimaste nel nostro immaginario collettivo: Come porti i capelli bella bionda, A me mi piace il mare, La canzone intelligente, E la vita la vita e L'uselin de la comare.

Buon divertimento!

(foto da Internet)

domenica 7 gennaio 2007

IL TINTORETTO A MADRID


Vi offriamo una splendida occasione per fare un salto a Madrid: il Museo del Prado inaugurerà il prossimo 29 gennaio la mostra ‘Tintoretto’, con opere del pittore italiano provenienti dai principali musei ed istituzioni europee e americane.
Si tratta della prima mostra antologica dedicata all'artista in Spagna. L'inaugurazione verrà presieduta da Don Juan Carlos e dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
La mostra includerà 49 tele, 13 disegni e tre sculture ed evidenzierà le dimensioni del Tintoretto como pittore narrativo religioso.
Parimenti, il Museo del Prado celebrerà un congresso internazionale sul Tintoretto il 26 e il 27 febbraio che riunirà grandi esperti della pittura veneziana del 'Cinquecento'.

Figlio di un tintore di panni di seta, Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, cioè il piccolo tintore, per la sua costituzione minuta, nacque a Venezia nel 1519. Irrequieto allievo, per un breve periodo, del Tiziano, che gli sarà sempre avverso, a vent'anni aprì una propria bottega nella città della laguna. Il suo geniale virtuosismo prospettico e la sua innata tendenza a caricare espressivamente le pose e i gesti dei suoi personaggi, risaltano fin dalle sue prime opere come negli Episodi delle Metamorfosi (Modena, Galleria estense), nel Cristo fra i dottori (Milano, Museo del Duomo), nella tela sulla Conversione di San Paolo (Washington, National Gallery) e nelle due tele del 1547 dipinte per la chiesa di san Marcuola, l'Ultima cena e la Lavanda dei piedi, quest'ultima oggi alla Wilton House di Salisbury.
Ma è con la grande tela del Miracolo di San Marco (Venezia, Accademia), che egli si impone all'attenzione dell'ambiente veneziano. In quegli anni Tintoretto cominciò a lavorare per la Scuola di San Rocco (San Rocco che risana gli appestati) e per la Scuola della Trinità (San Giorgio e il Drago, Londra National Gallery).
Nel 1564, i lavori per la Scuola di San Rocco divennero sempre più frequenti. Nacque così uno dei più straordinari e celebri cicli pittorici del tardo rinascimento italiano e di tutta la pittura veneziana con le Scene della Passione di Cristo (1567), Le Storie bibliche, le Storie del Nuovo Testamento (1576), caratterizzati da un vibrante chiaroscuro e da una continua ed esuberante invenzione scenografica. Ad essi seguiranno, nel 1588, le Storie dell'infanzia di Cristo, di tono più lirico e contemplativo. Gli ultimi importanti dipinti furono quelli eseguiti per la chiesa di San Giorgio Maggiore a Venezia, la Caduta della manna, la Deposizione e, soprattutto, l'Ultima cena che, per l'ardito impianto compositivo diagonale e l'intenso pathos chiaroscurale, sigla con la forza di un grande capolavoro tutta l'opera del maestro veneziano.
Jacopo Tintoretto, morì a Venezia il 31 maggio 1594 e venne sepolto nella chiesa conventuale della Madonna dell'Orto.

(foto da internet)

sabato 6 gennaio 2007

Ricominciamo con Mameli!


Speriamo che abbiate trovato tante leccornie nella calza della Befana o che i Re Magi abbiano soddisfatto i desideri dei più grandi e dei più piccini, ma... oggi, a parte “la lotería del niño”, non ci resta che pensare che l’Epifania tutte le feste porta via..., quindi, con in bocca un sapore un po’ amaro, torniamo inevitabilmente alla realtà, e da domani si ritorna alla routine...
E se cominciassimo l’anno lavorativo come se fosse una partita di calcio, cioè, cantando o, forse meglio in questo caso, ricordando l’inno d’Italia? Magari ci portasse la stessa fortuna che ai calciatori azzurri nella finale del Mundial in Germania contro la Francia!...
Ma sulla scia della polemica che in Italia nessuno conosce le parole, che cosa rappresenta l’inno? Ormai collegato quasi esclusivamente a una partita di calcio, l’inno d’Italia è stato scritto, nel 1847 da un ragazzo genovese, Goffredo Mameli, e musicato da Michele Novaro, nel Risorgimento, periodo in cui sotto la guida di personaggi come Garibaldi, Mazzini, Cavour, l'Italia comincia la lotta che la porterà alla sua definitiva unificazione, avvenuta nel 1861. Il canto di Mameli-Novaro, ovvero "Fratelli d'Italia", fu subito accettato dai giovani combattenti del Risorgimento come il loro Inno Nazionale.
Ai tempi moderni il testo sembra molto retorico e la musica sembra una marcetta non troppo solenne, specialmente se suonata da una banda militare. Ma quel testo scritto di getto, spontaneo, appassionato e composto poi da un giovanissimo combattente per la libertà, sembrava il più adatto a simboleggiare la giovane Italia rivoluzionaria. Nonostante sia sempre stato considerato provvisorio, è rimasto definitivo (in un paese come l’Italia non è strano!), ed ha assunto una maggiore importanza, da quando è entrata in politica la Lega Nord, partito che ha sempre ripudiato i simboli del tricolore e dell’unità d’Italia. Allora Carlo Azeglio Ciampi, ex-presidente della Repubblica, ha affidato a dei grandi musicisti quali Salvatore Accardo, Giuseppe Sinopoli, Claudio Abbado, Zubin Mehta, il compito di dirigere l'Inno di Mameli...
In bocca al lupo!
(Foto da Internet)

venerdì 5 gennaio 2007

Pomi d'ottone e manici di scopa...

Vi siete mai chiesti perché a portare i regali ai bambini italiani il 6 gennaio sia una strega? In effetti, risulta alquanto strano che in altre culture i bambini ricevano i regali da Babbo Natale o dai Re Magi, che l’iconografia classica rappresenta sempre sorridenti e bonari, mentre in Italia una vecchia, che fa paura solo a guardarla, sia la visita che i bambini attendono con più impazienza.

Le teorie su questo misterioso evento sono diverse: secondo la versione cristiana la Befana è la vecchia che si rifiutò di seguire i Re Magi nel cammino verso Betlemme, e dopo, pentita, iniziò a vagare per le case portando ai bambini i doni che non riuscì mai a portare a Gesù; la versione pagana invece associa il culto della Befana sia alla Dea genitrice primordiale, signora della vita, della morte e della rigenerazione della natura, sia alla Dea antenata custode del focolare, luogo sacro della casa.

Le origini di questo personaggio risalgono all’antica Grecia: il mito della Befana sarebbe infatti collegato alle tre Moire che determinavano il destino dei bambini che nascevano. I loro nomi erano Clotho, Lachesi e Atropo: la prima filava il filo della vita, la seconda lo legava e la terza lo tagliava. Secondo la mitologia, le Moire appaiono nei tre momenti più importanti della vita: la nascita, le nozze e la morte. Gli antichi Romani le conoscevano con il nome di Parche, antenate delle tre Fate che arrivano il giorno dell’Epifania, per portare regali ai bambini buoni e carbone a quelli cattivi: la Befana, la Maratega e la Rododesa. Le tre Fate, alte circa 90 cm., sono vecchissime, brutte e vestite di stracci: la Maratega è anziana e fragile, così elastica da raggiungere un’altezza incredibile, la Rododesa può trasformare le sue dita in dolci da distribuire ai bambini; la Befana invece è una vecchia che si cala nei camini delle case a giudicare i buoni e i cattivi e a riempire le loro calze di doni: caramelle e giocattoli, ma anche carbone, aglio e cenere. La si può vedere solo il 6 gennaio, perché il resto dell’anno tesse il suo filo in qualche remoto focolare o in qualche oscura caverna.

(Foto da Internet)