mercoledì 27 febbraio 2019

Leonardo, il genio di tutti i tempi

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Un genio instancabile, un talento universale, una mente agitata sempre in movimento. È stato artista, architetto, naturalista, stratega militare, ingegnere. Ma più di tutto è stato un osservatore: la natura ha ispirato i suoi progetti fantastici e lo ha spinto costantemente alla ricerca di nuove scoperte, appuntate in una miriade di schizzi e disegni. Nel 500esimo anniversario della sua scomparsa, Leonardo Cinquecento ripercorre, con immagini in 8K, le opere e l'eredità scientifica di Leonardo da Vinci. Il documentario di Francesco Invernizzi - inserito del palinsesto ufficiale del Comune di Milano per le celebrazioni della ricorrenza Milano Leonardo 500 - è il quarto appuntamento della stagione L'arte al cinema, in sala dal 18 al 20 febbraio distribuito da Magnitudo Film con Chili.

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(foto da internet)

Il film si apre con le immagini della Gioconda, quel sorriso enigmatico e misterioso che non ha mai smesso di sollevare domande, ma che viene considerato il punto d'arrivo dell'opera di Leonardo, il riassunto perfetto della sua storia iniziata nel 1452. Da qui parte il viaggio che fa tappa a Firenze, alla bottega di Verrocchio, per spostarsi poi alla corte di Ludovico il Moro, passando dalla pittura alla scienza, dalla tecnica all'architettura. Leonardo Cinquecento ricompone le migliaia di pagine dei Codici Leonardeschi mettendo a confronto l'ingegno e le sue intuizioni con le applicazioni contemporanee del suo immenso lavoro, con il contributo di storici, ingegneri e tecnici.

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A Firenze Leonardo respira le novità del Rinascimento, spiega Paolo Mazzarello, professore di Storia della medicina all'università di Pavia, soffermandosi sulla novità dei suoi disegni: "Parlano, comunicano, ci mettono di fronte alla realtà naturalistica in maniera diretta, è qualcosa di nuovo che nasce nella scienza". Antonio Natali, direttore emerito del museo degli Uffizi, racconta il lavoro alla bottega del Verrocchio. Lo storico dell'arte Claudio Giorgione spiega invece il celebre Uomo vitruviano"È un semplice ed efficace commento a uno dei trattati antichi più studiati, il trattato di architettura di Vitruvio, in cui l'architetto romano mette in relazione le proprorzioni dell'uomo con quelle di un perfetto edificio".

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(foto da internet)

A Milano, dove si trasferisce nel 1492, Leonardo diventa famoso come pittore di corte ma volendo ampliare il suo raggio d'azione, usa il disegno per fantasticare e progettare fossati, canali, bastioni, strade, macchine da guerra. Tra le mura del castello sforzesco immagina Milano come una città ideale, a misura d'uomo, come spiega l'architetto Stefano Boeri: una città disposta verticalmente in più strati sovrapposti (in alto le residenze, poi la vita civile e più in basso il transito di merci e servizi) ma i suoi progetti rimangono sulla carta perché non ci sono macchine in grado di realizzarli. Molti secoli dopo il traffico è diventato sotterraneo e il sogno di Leonardo si è realizzato. All'alba del ventesimo secolo è stato sodddisfatto anche il bisogno di alzarsi da terra, che lui aveva immaginato attraverso un aliante e la vite aerea.

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(foto da internet)

Per tutta la vita Leonardo non ha mai smesso di cercare in ogni campo di scienza e disciplina: una ricerca "inquieta e insoddisfatta" spiega Massimo Cacciari, descrivendo la mente e il pensiero del genio come una "natura agitata". Il lungo viaggio si chiude lì dove era iniziato, sul volto della Monna Lisa, potente, misteriosa e sensuale: "rappresentazione perfetta della natura, armonia tra uomo e universo, una sete di sapere mai sazia e che mai dovrà esserlo".

lunedì 25 febbraio 2019

Buon compleanno Negroni!



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Siamo a Firenze, nel 1919: un aristocratico fiorentino, il conte Camillo Negroni, si reca al Caffè Casoni, in via de' Tornabuoni, per l'aperitivo. Il Nostro, stanco del solito Americano (Vermouth rosso e bitter), chiede al barman, Fosco Scarselli, una spruzzatina di gin in sostituzione del seltz, a ricordo degli ultimi viaggi londinesi.
Nacque così il Negroni, uno dei pochi cocktail italiani famosi internazionalmente. Il cocktail piacque subito e ricevette un nome perifrastico: "l'Americano alla maniera del conte Negroni", un po' troppo lungo e impreciso. Più tardi prese, giustamente, il nome dell'inventore: Negroni. Facilissimo.
Il cocktail in questione è un mix di gin e vermouth rosso, dal colore caldo, fresco in gola, semplice da preparare; un alleato perfetto per gli aperitivi e per i cocktail tra amici.
Il Negroni si è talmente diffuso da avere, attualmente, un incredibile numero di fan. Sul Negroni si scrivono libri, si tengono convegni per illustrare dei piatti che hanno il drink come protagonista, e si è costituito un Club che organizza periodici raduni internazionali.
Inoltre, il cioccolatiere Paolo Montanelli ha lanciato i cioccolatini ripieni di Negroni, bocconi fondenti che appena morsi inondano la bocca dell'aromatico drink.



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Sono passati 100 anni: in mezzo c'è stata una guerra mondiale, il fascismo, i ribaltoni politici, le crisi, le nuove tecnologie e i gusti degli italiani sono cambiati. Il Negroni, però, agguanta. Ha travalicato le mode e si è consacrato col passar del tempo. Oltre alla ricetta tradizionale, il cocktail è stato rivisitato in vari modi: ad esempio, Mirko Stocchetto, al Bar Basso, nel lontano 1972, grazie ad uno sbaglio, creò il celebre Negroni Sbagliato. Al posto del gin, versò lo spumante. Se vi fermate, ancor oggi, in via Plinio a Milano, scoprirete che nulla è cambiato.


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Ma come si prepara il Negroni? Ecco gli ingredienti della ricetta classica:
Ingredienti: bicchiere pieno di cubetti di ghiaccio, 1/3 di Gin, 1/3 di Vermouth Rosso, 1/3 di Bitter Campari, mezza fetta di arancia.
Procedimento: mettere 2-3 cubetti di ghiaccio nel bicchiere (ideale un tumbler basso) pre-raffreddato e aggiungere gli altri ingredienti. Mescolare bene con l'apposita asticella e guarnire con la mezza fetta d'arancia.

Salute!

venerdì 22 febbraio 2019

Renzo Piano, Carlos Saura e la luce



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Carlos Saura è un regista spagnolo, noto per film quali  Frappé alla menta (1967), che vinse al Festival di Berlino l'Orso d'argento, Lo stress è tre, tre (1968), Anna e i lupi (1973), e, in special modo, per la pellicola  Cría cuervos, che nel 1976 vinse a Cannes il premio speciale della giuria. Con Mamà compie 100 anni (1979) ricevette una nomination all'Oscar al miglior film straniero. Saura ha dedicato alcuni suoi film alla danza, quali Bodas de sangre - Nozze di sangue del 1981, Carmen Story del 1983, L'amore stregone del 1986, Flamenco del 1995 e Tango del 1998.
Nel 2016 girò un documentario sull'architetto italiano Renzo Piano, intitolato Renzo Piano, an architect for Santander (vedi>>).

Il regista e l'architetto, entrambi appassionati dei loro mestieri, innamorati della luce come strumento di creazione artistica, sono paladini convinti della missione civile della professione e si definiscono come due animali in via di estinzione



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Il film parte dalla realizzazione del Centro Culturale Botín di Santander, in Spagna, ed esplora il processo creativo del grande architetto offrendone un ritratto inedito dove Piano si racconta a partire dall'infanzia vissuta nei cantieri del padre costruttore, passando per la passione per il cinema (l'incontro con Roberto Rossellini), la letteratura (Italo Calvino) arrivando a fornire la sua visione dell'architettura: "Questo tipo di bellezza può salvare il mondo. È un'utopia, ma cos'altro possiamo fare?".
Per Carlos SauraRenzo Piano è un grandissimo artista, il cui suo pensiero è in costante evoluzione. L'architetto, che da sempre si occupa di edifici con un ruolo culturale e sociale importante: il Centre Pompidou, l'Auditorium di Roma o il Los Angeles County Museum of Art, crede fortemente alla centralità della cultura, e al fatto che l'arte possa effettivamente cambiare il mondo.



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Il punto di collegamento tra il lavoro dei due artisti è senza dubbio la luce che per Piano è il materiale di costruzione più importante: più dell'acciaio, del cemento e del vetro, e per Saura è alla base del suo lavoro. E per il regista è la stessa cosa: il cinema è fatto di luce e di controllo della luce.
La narrazione, in presa diretta, delle fasi della costruzione del Centro Botín, da parte di Renzo Piano, diventa così riflessione sul processo creativo, per giungere alla conclusione che l’arte, sia essa cinema o architettura, non è un atto prevedibile.

lunedì 18 febbraio 2019

I luoghi del cuore





(foto da internet)

Si è conclusa la nona edizione del censimento I luoghi del cuore, un'iniziativa promossa da Fai-Fondo Ambiente Italiano in collaborazione con la banca Intesa Sanpaolo.
I cittadini e le loro comunità hanno espresso il loro voto per salvaguardare piccole e grandi bellezze del nostro Paese, in pericolo o fortemente compromesse, per proteggerle dal degrado e per farle conoscere ai più. 


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Ha vinto, con circa 115mila voti, il Monte Pisano, situato nel territorio dei comuni di Calci e Vicopisano, in provincia di Pisa. Al secondo posto, con circa 84mila voti, il fiume Oreto a Palermo, e al terzo, con circa 75mila voti, l'Antico Stabilimento Termale a Porretta Terme, in provincia di Bologna. Completano la classica il Santuario della Madonna della Cormabusa a Sant'Ombono Terme (in provincia di Bergamo) e il borgo di Rasiglia, in provincia di Perugia. 


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Quindi, non ci sono solo monumenti in classifica; infatti, nell'ultima edizione del censimento, si è registrata una forte presa di coscienza dell'importanza dei beni paesaggistici e ambientali, soprattutto quelli a rischio o danneggiati da calamità naturali e dall'incuria. Oltretutto, ci sono stati 2 milioni e 200mila voti in più -pari ad un incremento del 41,6% rispetto alla precedente edizione- indice dell'aumento della sensibilità verso l'iniziativa da parte degli italiani, sempre più consapevoli dei benefici che ne possono scaturire. 
Puglia, Toscana, Sicilia e Lombardia sono state le regioni con il maggior numero di voti, e i votanti sono stati al 59,5% donne e al 40,5 % uomini. 



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Il vincitore, il Monte Pisano, venne colpito da un disastroso incendio, probabilmente doloso, che ne mandò in fumo oltre 1200 ettari, di cui 200 di coltivazioni, e che per miracolo risparmiò la Certosa di CalciI danni stimati ammontarono a 15 milioni di euro e saranno necessari decenni per ottenere una piena rinaturalizzazione dell'area. 
Il secondo classificato,  il fiume Oreto a Palermo, è un corso d'acqua a carattere torrentizio la cui sorgente si trova nella Conca d'Oro, che per parte della sua lunghezza si estende su un sito di interesse con grande valore naturalistico. Purtroppo il fiume, che sfocia nel Mar Tirreno dopo aver attraversato la città, risulta particolarmente inquinato per la presenza di numerosi scarichi fognari abusivi e perché viene spesso utilizzato come discarica a cielo aperto. Da più di vent'anni si parla dell'istituzione di un parco, mai concretizzata. Il comitato Salviamo l'Oreto vuole attirare l'attenzione sullo stato di degrado del fiume e ne chiede la rivalutazione come bene paesaggistico e culturale. 



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L'Antico Stabilimento Termale di Porretta Terme, situato nell'Appennino, alle pendici del Monte della Croce, è in abbandono da vent'anni. All'interno del complesso si trova un capolavoro liberty: la Sala Bibita, le cui pareti sono rivestite da migliaia di piastrelle in maiolica realizzate agli inizi del '900 dal pittore Galileo Chini. Il bene, in stato di forte degrado, è attualmente di proprietà di un gruppo privato. I piccoli comuni dei dintorni vorrebbero promuovere un progetto di rilancio dell'intero Appennino bolognese che si incentri proprio sulla famosa stazione termale.
In bocca al lupo!

sabato 16 febbraio 2019

I Repair Café





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Aggiustotutto, è il nome di uno dei due Repair Café che hanno aperto le porte a Roma: dei locali in cui si può bere qualcosa, parlare di tutto un po' e in cui si possono riparare degli oggetti che altrimenti -ahimè- verrebbero buttati via. L'Aggiustatutto fa parte di un ambizioso progetto innovativo e sostenibile per la capitale: i cosiddetti Repair Café che vogliono (ri)proporre in Italia un’idea fondamentale, nata in Olanda e già diffusa in diverse città d’Europa: non si spreca niente! 

Il Repair Café non è una comune officina per le riparazioni e nemmeno il solito bar, ma è uno spazio di aggregazione dove tutti i soci possono aiutarsi reciprocamente e condividere utensili e delle conoscenze relative ai lavori artigianali. Oltretutto, ci si può affidare alla figura del socio esperto per ridare vita ad un oggetto che da soli non si è in grado di riparare.




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Quindi, in questi locali, si può imparare a migliorare la propria manualità e a riparare degli oggetti,  si può affiancare chi sa lavorare in questo campo per apprendere, si possono frequentare dei corsi che, via via, verranno organizzati e che riguardano, appunto, il recupero, il riuso e le piccole riparazioni. 
Verranno organizzate anche delle serate che propongono discussioni su tematiche ecologiche e sociali, e  ci si organizzerà per proporre preventivi e riparazioni a domicilio, in particolare nel caso in cui vi siano degli oggetti che siano possibile portare nel locale.
In Italia i Repair Café sono già una quindicina sulla scia del fenomeno nato in Olanda nel 2009; in dieci anni i punti Repair Café sono diventati già 1500 in tutto il mondo.
La filosofia su cui si basano è quella di ottenere una serie di vantaggi sia per il singolo cittadino che per la comunità. I vantaggi economici sono il risparmio a livello personale, grazie alla riparazione gratuita e alla mancanza di acquisto di un nuovo apparecchio. Gli innegabili vantaggi ambientali sono la produzione di un minor numero di rifiuti, e quindi di materie di scarto, e i vantaggi sociali, giacché intorno all'attività della riparazione si creano comunità e relazioni.



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I Repair Café dispongono di un punto di accoglienza, in cui le persone che portano un oggetto da riparare vengono accolte da un esperto capace di fare una prima diagnosi del guasto, oppure ricevono un numero che stabilisce l'ordine di arrivo. Successivamente, i volontari cominciano la riparazione. I volontari spiegano al proprietario dell'oggetto come si cerca il guasto, come si smonta l'apparecchio, come si cerca di aggiustare eventuali parti rotte o se sono da sostituire. Si cerca di coinvolgere le persone nella riparazione, dato che l'idea fondamentale è quella di trasmettere le capacità manuali alla persona che ha portato l'oggetto, con l'idea che, la volta successiva, in caso di medesimo guasto, quella persona può provare da sola a fare la riparazione.
Finite tutte le riparazioni i volontari si riuniscono per parlare di com'è andata la sessione e si confrontano sulle varie riparazioni effettuate e sulle difficoltà riscontrate.
Meditate, gente, meditate...

mercoledì 13 febbraio 2019

Il nuovo codice della strada

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Sì alle bici contromano nei centri abitati. I ciclisti ai semafori avranno la precedenza e potranno circolare sulle corsie riservate agli autobus e ai taxi. E per gli automobilisti aumenta il limite di velocità sulle autostrade a tre corsie che viene elevato a 150 km/h. Il testo poi prevede parcheggi 'rosa' per le donne in gravidanza, niente fumo e telefonini alla guida e l'aumento delle sanzioni per i trasgressori. Ecco alcune delle novità del nuovo codice della strada firmato Lega e Movimento 5 Stelle. Il testo, non ancora del tutto blindato, è in discussione alla commissione Trasporti della Camera dove sono in corso le audizioni ma già i cambiamenti prefigurano una "rivoluzione" per le due ruote. 

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I ciclisti, agli incroci o davanti ai semafori, non saranno più costretti ad accodarsi alle auto incolonnate ma avranno la precedenza. Una novità in Italia ma non in altri Paesi come l'Olanda dove la nuova regola è già prassi. Il nuovo regolamento prevede per le biciclette uno spazio ad hoc, "una striscia di arresto avanzata" e saranno i comuni a dover indicare una doppia linea (una anche per le bici) davanti ai semafori e agli stop.

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Poi nei centri abitati dove il limite di velocità è di 30 km/h le biciclette potranno andare contromano, "indipendentemente dalla larghezza della carreggiata e dalla massa dei veicoli autorizzati al traffico". La misura è già stata sperimentata in Europa e secondo gli studi dei ricercatori non comporta un aumento dei rischi per incidenti stradali. Tuttavia per la Lega e il M5s prevedono che sia il sindaco a dover emanare un'ordinanza e che la possibilità di "circolare anche in senso opposto a quello di marcia rispetto agli altri veicoli" sia segnalata da un pannello.

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I ciclisti avranno anche la possibilità di circolare nelle corsie ora riservate solo ai taxi e agli autobus e di parcheggiare in aree adibite dal Comune o sui marciapiedi e all'interno delle zone pedonali. Diversi emendamenti presentati in Commissione prevedono inoltre l'obbligatorietà dell'utilizzo del casco e incentivi per l'acquisto.

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Per quanto riguarda i motociclisti la maggioranza si sta confrontando sull'eventualità di inserire l'obbligo di dotarsi di un abbigliamento 'tecnico' di sicurezza. In più le moto elettriche potranno circolare anche in autostrada. Con questo nuovo disegno di legge gli skate, i monopattini e gli hoverboard entrano a far parte per la prima volta del codice della strada (il dibattito in corso è se potranno circolare solo nelle piste ciclabili).

lunedì 11 febbraio 2019

Il tumulo del Tasso (sbagliato)





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Annunciazione Annunciazione! (vedi>>) è un famosissimo sketch della Smorfia il cui il titolo ufficiale è Natività.
Lo sketch fu proposto nella famosa trasmissione televisiva No Stop, nella seconda metà degli anni '70. La  trama è la seguente: il compianto Massimo Troisi interpreta la parte della moglie di un modesto pescatore; la donna viene coinvolta per errore nella scena dell'Annunciazione, in quanto l'Arcangelo Gabriele, interpretato da Lello Arena, pressoché semi-cieco, la scambia per Maria, la futura madre di Gesù. Partecipa all'equivoco anche un Cherubino (Massimo De Caro), che Maria scambia per un venditore di libri.
Lo sketch viene ricordato col nome di Annunciazione Annunciazione!" per il chiassoso e ripetuto ingresso di Lello Arena  -l'Arcangelo Gabriele- in scena e per la battuta che l'attore ripeteva come un mantra: "Annunciazione! Annunciazione!", il tutto accompagnato dal suono di una trombetta e dallo sbattere violento delle scarpe per terra.



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Alla fine dello sketch, l'Arcangelo Gabriele informato dal Cherubino del grossolano errore, dice affranto: "Avvime sbajate casa!" (abbiamo sbagliato casa!).
Ora è proprio il caso di dire, alla Lello Arena: "Abbiamo sbagliato tomba!”. Il partito politico Fratelli d'Italia, capitanato da Giorgia Meloni, ha denunciato, a Ferrara, l’incuria della tomba del grande scrittore Torquato Tasso, l'autore del capolavoro Gerusalemme liberata... 
L'unico (grande) problema che il sepolcro in questione è di un medico omonimo! Il consigliere comunale di Fratelli d'Italia, Alessandro Balboni, aveva puntato il dito contro l'amministrazione di centrosinistra, ma il sindaco ha smontato l'assurda polemica. Infatti, il Torquato Tasso sepolto a Ferrara è un omonimo vissuto circa tre secoli dopo il poeta di Sorrento, che a Ferrara trascorse buona parte della sua vita.


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Il partito di destra ha fatto girare una foto che ritraeva il sepolcro del presunto poeta denunciandone le condizioni indegne di uno dei nomi più grandi della cultura italiana! 
Il consigliere comunale di FdI Alessandro Balboni ha scritto nella denuncia: “Ci siamo sentiti dire che siamo dei rozzi e dei bifolchi senza cultura da una sinistra che per anni si è arrogata il ruolo di depositaria della Cultura. Se questa è la risposta che danno, c’è da interrogarsi ampiamente sul loro operato”.
La tomba segnalata da FdI, ha spiegato il primo cittadino di Ferrara, non ha nulla a che vedere con il Torquato Tasso poeta che è tuttora sepolto nella chiesa di Sant’Onofrio al Gianicolo di Roma dall’anno del suo decesso, avvenuto nel 1595! 
Itaglietta nostra...

venerdì 8 febbraio 2019

Oltre Marcovaldo


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Il quotidiano La Repubblica ha lanciato un'interessante iniziativa: una webserie (vedi>>incentrata sulla solitudine, o il piacere, del viaggiatore di città. 
Pendolare, com'è noto, è colui il quale, non risiedendo nel luogo in cui svolge la propria attività, deve recarvisi ogni giorno, e ritornarne ogni sera, servendosi, in genere, di mezzi di trasporto pubblici, ma anche di mezzi privati. 
Pensieri pendolari è  il titolo della webserie curata da Marc Augé, antropologo francese, l'autore di Un etnologo nel metrò, in cui s'indaga sul più comune dei tragitti. 
Andare al lavoro ogni giorno e rientrare a casa, spesso significa rimanere soli in uno spazio circostante sempre simile, di cui il pendolare di una linea d'autobus, ferroviaria o della metro conosce e riconosce ogni minima sfumatura. Il passeggero fa, dunque, un'esperienza intima del paesaggio urbano. 



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La domanda che gli autori della webserie si sono chiesti è la seguente: a cosa pensano i pendolari? Esiste un paesaggio interiore e un paesaggio esterno? 
Di solito, la stanchezza, le preoccupazioni, fanno sì che il viaggiatore non conceda al paesaggio esterno che un'attenzione distratta, in cui l'ormai consueta abitudine diviene noia. 
Possono esistere, però, anche dei momenti di quiete  in cui l'abitudine diventa piacere giacché il paesaggio urbano può riservare delle sorprese:  ad esempio, lo spettacolo quotidiano della gente che viene osservata da un finestrino di un autobus,  gli edifici, gli alberi che costeggiano viali, le piazze. A volte la natura si insinua nella città e il suo manifestarsi  (un albero rigoglioso, lo scorrere lento di un fiume), suscita sorpresa e piacere. 
E poi la storia, l'arte, la bellezza in bella mostra, così vicina nelle città italiane, da apparirci persino familiare, che ci porta ad attraversare i secoli...





mercoledì 6 febbraio 2019

Esci il cane!!!


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"Siedi il bambino". O "esci il cane". O ancora "sali la spesa". Formule che adesso si possono dire - in nome della rapidità del linguaggio domestico - ma che la Crusca, dopo una giornata di rumore mediatico su formule che fanno inorridire molti italiani, precisa non si possono ancora scrivere.

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Tutto il dibattito è iniziato da un intervento sul sito dell'Accademia della Crusca, che ha giudicato accettabili espressioni più diffuse nel Sud Italia ma da sempre considerate errate. Tutto parte da un quesito posto sul sito ufficiale dell'istituzione linguistica: "Molti lettori ci chiedono se è lecito costruire il verbo sedere con l'oggetto diretto di persona: siedi il bambinosiedilo lì. Queste domande - si legge nella motivazione scritta da Vittorio Coletti - evocano situazioni, per così dire, tutte di ambito domestico, spesso caratterizzato da rapidità di linguaggio per affrontare determinate circostanze, per esempio quando c’è urgenza di far sedere, mettere seduto, posare su una sedia o un divano un bambino, magari piangente".

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L'immediatezza di queste circostanze permette quindi una maggiore flessibilità nell'utilizzo di espressioni considerate fino a poco tempo fa, errate. "È lecita la costruzione transitiva di sedere? Si può rispondere di sì, ormai è stata accolta nell'uso, anche se non ha paralleli in costrutti consolidati con l'oggetto interno come li hanno salire o scendere (le scaleun pendio). Non vedo il motivo per proibirla e neppure, a dire il vero, per sconsigliarla", continua Coletti.


Non importa se i verbi di movimento sarebbero per loro natura intransitivi: "Diciamo che sedere, come altri verbi di moto, ammette in usi regionali e popolari sempre più estesi anche l'oggetto diretto e che in questa costruzione ha una sua efficacia e sinteticità espressiva che può indurre a sorvolare sui suoi limiti grammaticali".

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E sorvoliamo anche su "esci il cane". L'apertura riguarda infatti altre espressioni: "Una procedura sintetica che riguarda da tempo anche altri verbi di moto come salire scendere ma anche uscire e persino, al Sud, entrare, che in molti italiani regionali (non solo meridionali) ammettono, specie all'imperativo, il complemento oggetto (sali /scendi il bambino dalla nonna, esci il cane)".C'è però chi non ci sta. E la Crusca precisa: "Si può dire, ma non scrivere". E che gli insegnanti continuino a correggere i loro studenti!


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"Il problema è che ogni vota che si trasferisce un discorso scientifico sottile su un piano mediatico si producono risultati perversi" dice Marazzini. "Coletti ha guardato con simpatia a una spinta innovativa che trasferisce un modo di dire popolare, accettandola nell'eccezione della quotidianità e delle situazioni familiari. Naturalmente se viene trasportato nella grammatica della scuola nascono dei problemi perchè l'insegnante sarà comunque chiamato a correggere quelle forme nell'italiano scritto e formale".

"Di fronte alle tendenze del parlato il linguista è sensibile perchè tenta di cogliere il mutamento in atto, ma il grammatico no e si erge a limite invalicabile"
Insomma: si può sorvolare nel linguaggio parlato, ma bisogna assolutamente correggere nell'uso formale e non c'è da preoccuparsi: orrori come qual è con l'apostrofo non saranno mai sdoganati.

domenica 3 febbraio 2019

Viva San Biagio!


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Biagio di Sebaste, più noto  come San Biagio (o San Biase in alcune varietà dialettali) è stato un vescovo e santo armeno del III secolo d.C, venerato come santo dalla Chiesa cattolica (vescovo e martire) e dalla Chiesa ortodossa.
Biagio era medico e venne nominato vescovo della sua città. A causa della sua fede venne imprigionato dai Romani, durante il processo rifiutò di rinnegare la fede cristiana e per punizione fu straziato con i pettini di ferro che si usano per cardare la lana. Morì decapitato.
San Biagio abitò probabilmente nel monte Ardeni e la tradizione vuole che tutte le bestie dei boschi venissero a lui mansuete.  Sanò tutte le infermità degli uomini e delle bestie, ma non con le medicine, bensì con il nome di Cristo. E se qualcuno inghiottiva un osso, o una spina, e questa si metteva di traverso nella gola, il santo con la preghiera l'estraeva...  Le parole che Biagio usava dire in simili casi erano "O ascendi o discendi".


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Il corpo di San Biagio fu sepolto nella cattedrale di Sebaste. Nel 732 una parte dei suoi resti mortali, deposti in un'urna di marmo, furono imbarcati, per esser portati a Roma. Una tempesta fermò la navigazione sulla costa di Maratea, dove i fedeli accolsero l'urna contenente le reliquie e la conservarono nella Basilica di Maratea, sul monte San Biagio. 
Un gran numero di località vantano di possedere un frammento del corpo del santo. Ciò è dovuto, oltre all'antica usanza di sezionare i corpi dei santi e distribuirne le parti per soddisfare le richieste dei fedeli, alla pratica della simonia, una delle cui forme consisteva nel vendere reliquie false, o reliquie di santi omonimi ma meno conosciuti.
Ad esempio, ad Avetrana (Taranto) è custodito, in un ostensorio d'argento e d'oro, un frammento della gola di san Biagio, sul quale si legge l'iscrizione "GUTTURRE SANCTI BLASI" (che sta per la gola di san Biagio); a Mercato Vecchio di Montebelluna, in provincia di Treviso, nella chiesa di San Biagio, è custodito un pezzo di veste, e ogni anno, il 3 febbraio, per tutto il giorno vi si benedicono, in onore del santo, pani e arance; a Santa Maria Capua Vetere (Caserta) si trova conservata una reliquia e una statua raffigurante il Santo e il 3 febbraio si benedicono e distribuiscono panini, olio per ungere la gola e candele benedette.


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A San Biagio sono stati attribuiti diversi miracoli, tra cui il salvataggio di un bambino che stava soffocando dopo aver ingerito una lisca di pesce.
I fedeli si rivolgono a san Biagio nella sua qualità di medico, per la cura dei mali fisici e in particolare per la guarigione dalle malattie della gola: è tra i quattordici santi ausiliatori. È anche protettore dei cardatori di lana, degli animali e delle attività agricole. 
In Italia c'è una tradizione tutta meneghina che vuole che 
un frate goloso di nome Desiderio, ricevette da una massaia, poco prima del periodo natalizio un panettone affinché lo benedicesse. Il Nostro, forse troppo occupato o troppo goloso, si dimenticò del dolce per diversi giorni, salvo spiluccarlo, un po' alla volta, fino a non far rimanere che l'involucro. Quando la massaia tornò era il 3 febbraio e il panettone era già finito da un bel pezzo. Ma il religioso non si perse d’animo e cercò di trovare una scusa per la sua scomparsa. Ma con grande meraviglia scoprì che il panettone era riapparso grosso il doppio. Questa sovrannaturale apparizione fu chiaramente attribuita a San Biagio.


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La tradizione vuole che la mattina del 3 febbraio la famiglia faccia colazione con l’ultimo panettone superstite delle feste natalizie. Al dolce vengono attribuite proprietà miracolose in grado di preservare dai malanni della gola.
Secondo la tradizione popolare milanese il panettone mangiato il 3 febbraio benedis la gola e él nas (benedice la gola e il naso).
Nella zona in cui vivo si dice: Sant Blai gloriós, cura´m la gola i lleva'm la tos! (San Biagio glorioso, curami la gola e toglimi la tosse) e a Potries, un piccolo borgo nei pressi di Gandia si tiene, in questi giorni, El Porrat de Sant Blai, una festa in cui, tra le tante attività, è d'obbligo recarsi presso la chiesa dei Sants Joans, nella quale viene conservata una reliquia del santo che una cameriera fa passare abilmente sulla gola dei fedeli. 
Provare per credere...