(foto da internet)
Sciuscià è un termine usato nella lingua napoletana, oggi in disuso, che stava ad indicare i lustrascarpe del secondo dopoguerra, ed è la forma italianizzata dell'inglese shoe-shine.
Sciuscià, è anche il titolo di un noto film del 1946, diretto da Vittorio De Sica, considerato uno dei capolavori del neorealismo italiano. Vi si trattano tematiche legate ai bambini e alla difficile vita che sono costretti a portare avanti per sopravvivere al complicato dopoguerra (vedi>>).
De Sica narra la storia di Pasquale e Giuseppe che lavorano come lustrascarpe sui marciapiedi di via Veneto a Roma. I due ragazzini, appena possono, corrono a Villa Borghese e affittano un cavallo bianco chiamato Bersagliere e lo cavalcano in due.
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I due amici si trovano coinvolti senza volerlo in un furto a casa di una chiromante, alla quale volevano rivendere delle coperte americane sotto commissione di uomo che trafficava oggetti illegalmente. Prima di essere arrestati e portati in un carcere minorile riescono a realizzare il loro sogno: comprare Bersagliere...
Orbene, quasi settant'anni dopo il film di De Sica, a Palermo sono tornati gli sciuscià!
Con il 25% di disoccupazione e un giovane su due senza un impiego stabile, Palermo è tra le città più povere d’Europa. chi non è partito per il Nord o all’estero ha deciso di reinventarsi. L’idea è nata in seno alla Confartigianato locale e così sono tornati per le strade gli sciuscià.
In molti hanno raccolto la sfida: "qualsiasi lavoro, se fatto con onestà, ti dà la dignità di dire: io lavoro!”, affermano orgogliosi gli sciuscià siciliani.
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Per ora sono nove uomini e due donne, che potranno essere contattati dai clienti tramite i social network più diffusi, Facebook, Twitter, Instagram ed un sito internet. Sarà possibile chiedere la consegna a domicilio e rintracciare il lustrascarpe più vicino tramite un'app che presto sarà attiva e scaricabile da smartphone e tablet. Sarà possibile contattarli per la partecipazione ad eventi privati con un angolo tutto per loro.
I lustrascarpe palermitani hanno dai 23 ai 61 anni. Arrivano da vari settori lavorativi e hanno deciso di mettersi in gioco perché affascinati da un mestiere scomparso, ma rimasto nella nostra memoria collettiva. Enza Lo Giudice, ha perso il lavoro in un calzaturificio, suo padre era calzolaio e lustrascarpe. Vincenzo Croce, è un ex consulente immobiliare. Sebastiano Alicata, lavorava presso l’ufficio di un notaio. Giorgio Chifari, il più giovane dei lustrascarpe palermitani, è iscritto alla facoltà di Scienze della Comunicazione e fa l'animatore nelle feste per bambini.
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Renzo Del Maschio, era da tempo in cerca di un lavoro. Giuseppe Erpete, da Foligno, si è trasferito a Palermo quando ha saputo di essere stato selezionato. Patrizia La Rosa, mamma di due figli, ha lavorato come addetta alla segreteria e all'amministrazione in aziende di informatica. Vittorio Novelli, 61 anni, il senior del gruppo, è un ex agente pubblicitario e Giovanni Stassi, ha lavorato per 18 anni in un noto negozio di calzature nel centro città.
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È sorta anche una cooperativa, la ShoeShine 2.0, di cui fanno già parte i nove lustrascarpe e che potrà essere aperta a nuovi iscritti. Gli sciuscià sono stati selezionati tra centinaia di candidati e poi seguiti da un esperto del settore, lo storico calzolaio palermitano Piero Caccamo.
Le loro postazioni sono state realizzate artigianalmente e dispongono di scomparti per la custodia del kit di lavoro e per tutto il necessario per effettuare le riparazioni di calzature, borse, oggetti di cuoio, ecc. Alcune di esse si trovano in centro e la loro collocazione sulla strada publica è stata autorizzata dal Comune di Palermo.
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