mercoledì 23 dicembre 2015

Il Monviso Italian Café di Valencia




Iniziamo una nuovo rubrica di interviste a dei connazionali che vivono e lavorano nella nostra città. 
La maggior parti di essi, si dedica al settore alberghiero, gastronomico e turistico.
Con sommo piacere, iniziamo quest'oggi da un'intervista che abbiamo fatto ad Alessandro Saglietti, proprietario del Monviso Italian Café di Valencia, un bar/ristorante che vi consigliamo vivamente.  

(D): Da quanto tempo siete a Valencia?
(R): Il mio collega Paolo è arrivato a Valencia in primavera, dopo aver lavorato per otto anni in varie isole spagnole, io sono arrivato solamente ad inizio settembre, per dare vita al Monviso Italian Café. 
(D): Dove si trova il vostro bar-ristorante?
(R): La Caffetteria - Vinoteca (questa sarebbe l'indicazione più adeguata) si trova in Calle Barcelona 17, adiacenti alla Plaza Alfonso el Magnánimo. Siamo vicinissimi al Corte Inglés di Colon e facilmente raggiungibili poichè abbiamo la feramate degli autobus di Pintor Sorolla, la stazione Metro di Colón a meno di un minuto... senza contare la fermata dei taxi a 50 mt. 

(D): Che cosa offre il vostro locale?
(R): Il Monviso Italian Café è specializzato in caffetteria italiana ma, serviamo anche tutte le preparazioni di caffetteria spagnole, pasta fresca e dolci fatti in casa.
L'offerta viene completata con le bruschette piemontesi, le insalatone, vari tipologie di panini e focacce e taglieri di salumi e formaggi, idealli per accompagnare un buon calice di vino, rigorosamente del Piemonte.

(D): Perché avete scelto di chiamarlo Monviso?
(D): Senz'altro il Monviso è uno dei simboli del Piemonte, insieme alla Mole Antonelliana, che però, secondo me, identifica maggiormente Torino. Così ho pensato al Monviso, che tra l'altro si vede nitidamente dalla zone di provenienza mia e del mio collega Paolo. Credo che all'interno di questo nome si possa racchiudere ed identificare tutte le tradizioni culturali ed eno-gastronomiche della nostra regione. 

(D): Che tipo di caffè offrite al pubblico?
(R): Il caffè che viene offerto è una nostra miscela esclusiva, studiata nell'arco di un anno di prove su prove e grazie alla collaborazione, passione e professionalità del nostro mastro torrefattore abbiamo creato la miscela Classica 75/25 che viene servita qui a Valencia. Si tratta di una miscela con il 75% di caffè Arabica e il 25% di caffé Robusta. Tutte le varietà presenti all'interno sono di altissima qualità, tanto è vero che ogni volta che serviamo un nostro caffè, poniamo sul tavolo a disposizione del cliente un cartellino che indica le singole varietà utilizzate nella nostra miscela e le modalità di torrefazione che abbiamo seguito. Sino ad ora è stata una mossa vincente, la gente è entusiasta e noi siamo lieti di dimostrare la reale qualità del prodotto. 

(D): Proponete nel menù dei piatti tipici italiani? Che cosa c'è del Piemonte nel vostro ristorante?
(R): Sì, ogni giorno proponiamo un "Menú del día" ad un prezzo molto ragionevole (€ 10.00) con alcune piccole variazioni al sabato dove oscilla tra i 12 e i 15 €. Teniamo inoltre un menú alla carta.  Tutto il cibo che viene proposto è preparato  rigorosamente nella nostra cucina da Paolo, che oltre ad occuparsi della cucina è anche il responsabile del locale di Valencia. Dalla pasta fresca agli gnocchi di patata, dagli antipasti ai dolci, tutto il lavoro di preparazione dietro le quinte è molto lungo ed impegnativo ma, la gente inizia a capire che realmente è tutto fatto in casa ed inizia a premiare questa nostra scelta. Ovviamente non abbiamo la varietà di piatti di un ristorante, infatti non lo siamo, vogliamo che la gente venga a trovarci per trascorrere qualche momento in compagnia, sia per un caffè che per un calice di vino ed in ogni caso troverà il giusto abbinamento. Ciò che viene proposto deriva da ricette piemontesi, a volte sono direttamente quelle storiche quindi sì, potete assaggiare preparazioni tradizionali, come la pasta fatta in casa con i tuorli d'uovo o la focaccia con il nostro lievito madre. 
(D): I clienti possono acquistare dei prodotti tipici italiani nel vostro locale?
(R): Si, certamente, innanzitutto i vini che sono rigorosamente piemontesi, ma anche la crema di nocciole e cacao che a breve arriverà anche in formato casa da 
gr. 250. Prossimamente (nel 2016) avremo anche il caffè in confezioni da gr. 500 per casa e sicuramente andremo pian piano ad aggiungere prodotti particolari ed interessanti per i nostri clienti.
Ricordo che oltre essere aperti dalle 7:30 sino alle 20:30, c'è la possibilità di trascorrere anche la serata con noi, è sufficiente prenotare utilizzando il nostro sito internet oppure direttamente da Facebook. Basterà compilare il form (semplicissimo) e la riserva sarà fatta. 
Detto questo non mi rimane che aspettarvi al Monviso Italian Café per conoscerci e trascorrere bei momenti insieme!
p.s.  il nostro blog chiuderà per le feste. Torneremo online l'8 gennaio 2016
Tanti auguri!!

  


lunedì 21 dicembre 2015

Lessico e arte (XIII)




 (foto da internet)

"Ora parla!", avrebbe detto Michelangelo al suo Mosé, scagliandogli un martello contro il ginocchio destro...
Sarà? Sta di fatto che la statua ha una fessura proprio lì...
Il ginocchio (f. pl. le ginocchia) è, per dirla col dizionario, "nell’uomo, la regione dell’arto inferiore, in cui si compie l’articolazione tra coscia e gamba".
Quello del Mosé di Michelangelo è forse il ginocchio più famoso nell'arte italiana.
A Roma, nel rione Monti, uno dei quartieri più belli della capitale, c'è la scalinata di via San Francesco di Paola che immette nella piazza di San Pietro in Vincoli, in cui si trova l'omonima chiesa.


 (foto da internet)

San Pietro in Vincoli fu fondata nel V secolo dall’imperatrice Eudossia, per custodire una preziosa reliquia: la catena con cui era stato legato San Pietro, prigioniero a Gerusalemme, e che oggi è conservata sotto l’altare maggiore, e viene esposta ai fedeli il primo agosto di ogni anno.
Ricostruita nell’VIII secolo, è stata rimaneggiata nel 1500, mentre l’interno è stato modificato nel ‘700.
L'interno della chiesa, a pianta basilicale, è diviso in tre navate, separate da 20 colonne doriche di marmo greco.
Dal 1545, nel transetto di destra della chiesa si può ammirare uno dei capolavori dell’arte cinquecentesca, il Mosè di Michelangelo (vedi dal minuto 7:27>>).


(foto da internet)
La colossale statua, scolpita nel 1513 per ornare il monumento funebre che Giulio II aveva commissionato al Buonarroti, fu completata solo alla morte del papa che, di fatto, è sepolto nella basilica di San Pietro in Vaticano
L’opera ritrae un maestoso Mosè seduto, con le Tavole della Legge sotto il braccio, mentre con l’altra mano accarezza la sua lunga barba.
La figura del profeta, disceso dal Sinai con le Tavole della Legge, è maestosa e terribile: egli trova gli israeliti intenti ad adorare un  vitello d’oro.  Le vene e i muscoli risaltano come se tutta la statua palpitasse sotto l’impulso dell’ira; il viso esprime la solennità e il furore.
A questa magnifica statua, e al suo significato, Freud dedicò un interessante lavoro: L'uomo Mosè e la religione monoteistica (1939), che suscitò reazioni contrastanti. 
Ed ecco a voi i modi dire con il termine ginocchio (leggi>>).


venerdì 18 dicembre 2015

Il nonno? Sta bene grazie...




 (foto da internet)

Spopola sul web un video dell'Edeka (vedi>>),  una catena di supermercati tedesca, che ha puntato su una emozionante storia di Natale: un anziano signore, lasciato solo da figli e nipoti per le feste, si finge morto per riunire la sua famiglia. Il gruppo di videomaker Casa Surace ha parodiato lo spot della ditta tedesca, impostandolo su tutt'altro tono: il nonno di Casa Surace troverà un modo assai efficace per convincere i suoi parenti a raggiungerlo.






Come? Semplice: con una parmigiana di melanzane! Il messaggio dell'anziano signore ai suoi familiari è chiaro: "Se non venite tutti, butto via la parmigiana!", e allora i suoi cari decidono di riunirsi per evitare lo scempio.
Ma che cos'è la parmigiana di melanzane? Il termine parmigiana può trarre in inganno, dato che il noto piatto non ha niente a che vedere con la città di Parma.
Le teorie sulle origini della parmigiana sono fondamentalmente due: a) l'origine napoletana: la prima ricetta riconducibile a quella che noi oggi conosciamo come parmigiana si trova, infatti, nel celebre trattato Il Cuoco Galante di Vincenzo Corrado, che, tra il XVIII e il XIX secolo, prestò servizio nelle più prestigiose casate napoletane. 


 (foto da internet)

b) l'origine siciliana:  il termine parmigiana, secondo alcuni, deriverebbe dalla parola siciliana parmiciana, con cui sono chiamate le liste di legno che compongono una finestra persiana, forma richiamata dalla disposizione a strati sovrapposti delle fette di melanzana fritte. 
La teoria che affermerebbe la paternità della ricetta alla Sicilia orientale trae forza anche dal fatto che in questa parte d'Italia il piatto viene chiamato parmigiana di melanzane, e non melanzane alla parmigiana come in Emilia, quindi il sostantivo principale è parmigiana, e di melanzane ne è la specificazione. 
Il nome di questo piatto potrebbe derivare dall'arabo al-badingian: un piatto molto simile alla parmigiana. Ad avvalorare tale ipotesi il termine siciliano del tipo di melanzana con cui si fa la pietanza: la petronciana
Comunque sia, ecco a voi la ricetta della (vera) parmigiana di melanzane (vedi>>).
Buon appetito!

mercoledì 16 dicembre 2015

Cose che irritano

Potrebbe andare peggio: le situazioni che fanno arrabbiare
(foto da www.repubblica.it)

Spesso sono le piccole cose quelle che riescono a far perdere le staffe. Così, forse per esorcizzare questi piccoli, ma fastidiosi, incidenti che riescono ad intaccare il buon umore, in rete si moltiplicano i post che segnalano le disavventure personali: dalla mozzarella della pizza che si attacca al cartone alla tazza preferita andata in mille pezzi, ce ne sono tanti di esempi delle piccole sfortune quotidiane.

Potrebbe andare peggio: le situazioni che fanno arrabbiare
(foto da www.repubblica.it)

 Eppure, se considerate dal giusto punto di vista, il messaggio potrebbe essere costruttivo: come a dire “inutile lamentarsi, poteva andare peggio”. 


(foto da internet)

In piena epoca natalizia, avremo tanta bisogno di pazienza con il traffico e non dovremo dimenticare di non perdere mail la calma!
A voi quali piccole cose vi fanno innervosire?

lunedì 14 dicembre 2015

Lessico e arte (XII)





 (foto da internet)

Oggi parliamo delle braccia (m. s. il braccio),  e delle mani (f. s. la mano). 
Per farlo, vi proponiamo il gruppo scultoreo in marmo di Apollo e Dafne (di 243 cm di altezza), realizzato da Gian Lorenzo Bernini tra il 1622 e il 1625. 
L’opera, commissionata per la sua villa dal cardinale Scipione Borghese, nipote di PapaPaolo V,  è conservata presso la Galleria Borghese a Roma. 
Il soggetto  scultoreo, com'è noto, è stato tratto dalle Metamorfosi di Ovidio,
Il mito attribuisce al dio Apollo, figlio di Zeus, la superbia manifesta di saper usare come nessun altro arco e frecce.  Eros, come punizione per l'affronto subito, lo colpisce con uno dei suoi dardi facendolo innamorare della bellissima ninfa Dafne (alloro, in greco), figlia del dio Peneo e di Gea (la Terra), la quale però aveva consacrato la sua vita alla dea Artemide e alla caccia.





 
Apollo cerca disperatamente di raggiungere l’amata Dafne che chiede aiuto al padre per custodire la propria innocenza. Peneo, per evitare che i due giovani si possano congiungere, fa in modo che la forma umana della figlia si dissolva al tocco del dio.  
Apollo, infatti, insegue Dafne fino a quando, raggiungendola e toccandola, non la vede trasformarsi in un albero di alloro che, da quel momento, diventerà sacro per Apollo.
-->Bernini rappresenta fedelmente il momento della trasformazione della ninfa in pianta.



 (foto da internet)

La scena è spettacolare e terribile al tempo stesso. Rincorsa da Apollo, Dafne si protende in avanti, la sua metamorfosi si compie ed è visibile nella braccia bellissime che sfociano in mani che prendono forma di rami e di foglie, mentre i capelli e le gambe si trasformano in tronco e i piedi in radici. Apollo la guarda incredulo ma rimane impassibile; lo sguardo della ninfa è invece al contempo sbigottito e pieno di terrore.
Si noti il braccio sinistro di Apollo, proteso in avanti ad afferrare il fianco della ninfa, che è, a sua volta, spinto all’indietro; dall’altro il braccio destro del dio è aperto in direzione opposta, e al contrario il braccio destro di Dafne è sollevato in avanti.
La presenza di questo gruppo scultoreo, raffigurante un mito pagano, in casa di un cardinale, venne giustificata per mezzo di un distico moraleggiante, posto alla base della statua e composto dal cardinale Maffeo Barberini che riassume la metafora della vanità nell'inseguire la bellezza:

Quisquis amans sequitur fugitivae gaudia formae

fronde manus implet baccas seu carpit amara
           
 (Chi amando insegue le gioie della bellezza fugace
riempie la mano di fronde e coglie bacche amare)


venerdì 11 dicembre 2015

A teatro!





 (foto da internet)

Sapete che cos'è una barcaccia? E un fondale? No, non stiamo parlando del lessico marittimo! 
Parliamo di teatro.
Il Teatro dell'Opera di Roma è un teatro dedicato all'opera lirica e al balletto. Dal 2011, Riccardo Muti ne è il Direttore Onorario a vita.

Costruito nella seconda metà del XIX secolo dall'architetto Achille Sfondrini in stile neorinascimentale, fu inaugurato alla presenza del re Umberto I di Savoia e della regina Margherita di Savoia il 27 novembre 1880, con la Semiramide di Rossini.
Durante il fascsmo, nel 1926, il Comune di Roma acquistò il Teatro e ne assunse la gestione. L'architetto Marcello Piacentini diresse i lavori di completamento e di ampliamento.  Fece installare uno straordinario lampadario di cristallo di Murano, oggi considerato il più grande del mondo. Il teatro assunse il nome di Teatro Reale dell'Opera e fu reinaugurato il 27 febbraio 1928 con il Nerone di Arrigo Boito.

 (foto da internet)


Attualmente, il teatro ha una capienza di circa 1700 posti. 
Sono rimaste memorabili alcune grandi esecuzioni che vi si sono tenute: Le nozze di Figaro di Mozart del 1964 diretta da Carlo Maria Giulini per la regia di Luchino Visconti e il Don Carlo di Giuseppe Verdi diretto da Giulini per la regia di Visconti nel 1965.
Il Teatro ha un suo corpo di ballo e una scuola di danza, ed ha sempre avuto una stagione di balletto molto popolare.
Dal 1937, il Teatro dell'Opera tiene, nei mesi di luglio e agosto, una stagione estiva all'aperto, ambientata nel complesso archeologico delle Termedi Caracalla che divenne il più grande palcoscenico del mondo. 
Ebbene, per i nostri lettori/studenti dei conservatori, e in generale per gli appassionati di teatro, consigliamo un'interessante iniziativa lanciata da Google Cultural Institute che aggiunge, al suo imponente progetto di contenitore virtuale di importanti istituzioni museali e artistiche mondiali, anche il suddetto Teatro. 


(foto da internet)
 
La piattaforma offre la possibilità di navigare all'interno di uno spazio virtuale in cui si possono vedere contenuti speciali: immagini al alta risoluzione di costumi o scenografie, video e approfondimenti fotografici.
La sezione raccoglie più di 100 immagini dell’archivio storico, un’immagine gigapixel del sipario realizzato da Giorgio de Chirico per l'Otello di Gioachino Rossini e delle immagini Street View che permetterono al visitatore di scoprirne gli interni. 
La mostra digitale permette di ripercorrere la storia della stagione estiva alle Terme di Caracalla dal 1937 a oggi. 
Buon divertimento!


mercoledì 9 dicembre 2015

Alberi di Natale? Ce ne sono per tutti i gusti...

Coloro che usano questi giorni di riposo per cominciare a addobbare le case con adorni natalizi, possono riflettere su cosa preferiscono. 

In Italia,  per il momento ci sono alberi e adorni natalizi per tutti i gusti. 
A Salerno è già da qualche anno che la città richiama il turismo con le famose o famosissime luci d'artista. Senz'altro bellissime, ma la vivibilità della città ne risente, e di molto: c'è ressa, non si può uscire e camminare per i tradizionali vicoletti e  i cittadini si lamentano con l'amministrazione comunale perché dicono che gli rubano la città durante le vacanze natalizie.  



Poi invece, nell'altra punta, nell'estremo Nord, a Alessandria, succede esattamente il contrario: per protesta contro l'albero sbilenco e pauperista allestito dal Comune, l'albero più brutto del mondo, era persino nata la pagina Facebook che invitava i cittadini a portare una pallina decorativa da casa nel disperato tentativo di migliorare l'aspetto dell'abete sistemato in piazza della Libertà, proprio davanti all'ingresso del municipio. Nei giorni scorsi sui social network si era scatenata la polemica: "Va bene essere in dissesto finanziario, ma un albero così è davvero indegno", hanno scritto molti cittadini. Il sindaco del Pd in carica, Rita Rossa, inizialmente aveva minimizzato, sostenendo che fosse solo una prova tecnica delle luci e che l'allestimento definitivo sarebbe stato meglio, ma alla fine ha dovuto chiedere scusa e ammettere: "La scelta della pianta e anche il primo tentativo di addobbarla non sono degni di una città del livello di Alessandria e probabilmente nemmeno del paese più insignificante". 
Alessandria, l'albero di Natale è troppo brutto: il sindaco chiede scusa














(foto da repubblica.it)

Sono veramente due visioni motlo diverse di vedere il Natale. Certamente, se Alessandria è in crisi, non si può dire che Salerno di problemi non ne abbia... 
Voi di che addobbi siete partidari per la vostra città? 

lunedì 7 dicembre 2015

Lessico e arte (XI)





(foto da internet)
Com'è noto, il Giudizio Universale, dipinto da Michelangelo nella Cappella Sistina, venne parzialmente coperto, nel 1564, dopo il Concilio di Trento, per celare alcune figure ritenute oscene. 
L'incarico di dipingere i panneggi di copertura, le cosiddette braghe, fu affidata a Daniele da Volterra, da allora noto come il braghettone. Le braghe di Daniele furono solo le prime, altre, infatti, se ne aggiunsero nei secoli successivi, tra cui quelle di Girolamo da Fano
I cosiddetti correttori di vergogne arrecarono un danno irreparabile all'affresco. Infatti, pur volendolo restituire allo splendore originale, non si può: i pittori braghettoni raschiarono il dipinto originale: sotto le mutande, purtroppo, c'è solo l'intonaco!
Ma che cosa c'era di tanto strano da coprire? Seni, glutei, attributi virili, ecc., insomma tutto ciò che fu inviso alla Controriforma.



 (foto da internet)

Eppure c'è un interessante dipinto del Masolino (forse termminato dal Masaccio), Tentazione di Adamo e Eva, datato attorno al 1424, conservato presso la Cappella Brancacci della Chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze, che non ebbe la stessa sorte. 
Nel dipinto si mostrano Adamo accanto ad Eva in piedi, che si guardano con misurati gesti, mentre lei sta per addentare il frutto proibito, che il serpente le ha appena offerto. Il serpente è avvolto sull'albero e si sporge in alto per assicurarsi che la donna morda il frutto. 


(foto da internet) 

Lo sfondo risalta la sensuale plasticità dei corpi, lasciandoli come sospesi nello spazio. I volti hanno espressioni indefinite, privi di sentimento.
La figura di Adamo mostra un certo canone di bellezza classicista, basato su una forte correttezza anatomica.
E quindi, per il nostro post, segnaliamo che il pene di Adamo, e in Eva il seno e il pube, sono ben visibili. 
Insomma, parafrasando monsignor Garofalo, il quale, riferendosi al Giudizio Universale, affermò: "Michelangelo li dipinse nudi perché non è presumibile che uno si porti i calzoni in Paradiso...", qui, potremmo dire che i calzoni non erano ancora stati inventati... 
Per chi fosse interessato ai vocaboli con cui vengono designati gli organi sessuali in italiano, vi consigliamo di vedere questo noto duetto del 1991 fra Roberto Begnini e Raffaella Carrà (vedi>>)
Buon divertimento!


venerdì 4 dicembre 2015

Fibonacci day (oh yes!)






Il 23 novembre u.s, si è tenuto il cosiddetto Fibonacci day. Secondo la notazione giornaliera america, infatti, la data
 1 1 2 3 è proprio l'inizio della famosa successione di Fibonacci, una serie numerica particolare in cui ogni numero è il risultato dei due numeri che lo precedono. 
La successione prende il nome da Leonardo Pisano (detto Fibonacci), matematico pisano, vissuto tra il XII ed il XIII secolo, che descrisse la successione matematica partendo dalla crescita di una popolazione di conigli. 
Fibonacci fu il più grande matematico del Medioevo e il primo studioso di algebra dell'occidente cristiano. Morì forse a Pisa intorno al 1240, dopo aver scritto il celeberrimo Liber Abaci - un libro fondamentale per la diffusione della matematica nella cultura occidentale- e altre opere notevoli, e dopo avere avuto riconoscimenti e titoli per le grandi novità che apportò nel campo del calcolo matematico.


(foto da internet)
 
Nel Liber Abaci si può leggere un famoso problema matematico ideato che viene considerato come l'origine dello studio che condusse alla serie numerica sopraccitata:

7 vecchie che andavano a Roma, per ognuna c'erano 7 muli, su ogni mulo c'erano 7 forme di pane, per ogni pane c'erano 7 coltelli e per ogni coltello c'erano 7 guaine... 

Questa successione di numeri è una successione di Fibonacci e la soluzione è 137.256 oggetti comprese le donne. 



 (foto da internet)

Lo studio fatto da Fibonacci partì dalla volontà di trovare una legge matematica che descrivesse e ordinasse l'incremento di una popolazione di conigli partendo da una coppia che ogni mese desse alla luce un'altra coppia di conigli e considerando anche l'ipotesi che le coppie così create procreassero alla stesso ritmo. Si può dedurre che la prima coppia di conigli dopo 1 mese sarà fertile, che al secondo mese le coppie di conigli saranno due, che dopo 3 mesi ci saranno tre coppie di conigli e così via, secondo una serie numerica che nei primi termini è la seguente: 

0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, 233... 

I numeri di Fibonacci rappresentano, quindi, una successione numerica tale che per determinare un numero qualsiasi della predetta successione, basta conoscere i due che lo precedono, poiché esso è dato dalla loro somma (per esempio 21 + 34 = 55 e dopo 55, verrà 89 e così via...).



 (foto da internet)

I numeri della successione di Fibonacci hanno una serie incredibile di proprietà. La prima, è che tutti i numeri della sequenza sono dati dalla somma dei due numeri che li precedono; il rapporto tra un qualsiasi numero della successione e quello che lo precede, tende a 1,618, noto come φ, che indica il cosiddetto rapporto aureo
La successione di Fibonacci trova diverse applicazione in natura (foglie di fiori, spirali di conchiglie, scaglie di ananas...), e nella geometria; è nota infatti la spirale che si ricava proprio da essa.

mercoledì 2 dicembre 2015

Addio a Luca De Filippo

Teatro: addio a Luca De Filippo, erede della tradizione napoletana

(foto da www.repubblica.it)

Siamo alle soglie di Natale e davvero sarà un po' strano per chi, in questo periodo, è abituato a vedere da sempre la commedia Natale in casa Cupiello. Ebbene, quest'anno non solo saremo orfani del grande Eduardo, ma anche di Luca, il mitico Lucariello: il figlio del drammaturgo napoletano è morto lo scorso venerdì.
Un male tremendo lo ha ucciso in poche settimane mentre lui preparava la ripresa della commedia Non ti pago, che avrebbe dovuto portare al Carignano di Torino a marzo e lascia un vuoto incolmabile nel teatro italiano e nella cultura del Paese.


Luca è morto a 67 anni ed è come se, si fosse persa anche l’ultima costola di Eduardo. Dal 1984, da quando Eduardo è morto, Luca ne ha coltivato la memoria e il repertorio. Luca «era» Eduardo. Aveva finito per somigliargli anche fisicamente. Lui, un tempo così atletico, aveva preso la faccia scavata e spigolosa, lo sguardo febbrile e tagliente, i silenzi, i famosi silenzi che parlavano. 

Non aveva mai pensato di fare l’attore. È vero, a sette anni era stato Peppinello nella commedia di suo nonno Eduardo Scarpetta Miseria e nobiltà, ma rinnovare quel lontano gioco e trasformarlo in professione era davvero possibile? 



Luca ci provò. E affinché nessuno lo considerasse un figlio di papà decise di chiamarsi Luca Della Porta ed entrò nella compagnia di Eduardo per recitare in teatro o in tv Filumena MarturanoNapoli milionariaSabato domenica e lunedì,Le voci di dentro. Nell’84, quando Eduardo morì, Luca recitava in Chi è cchiù felice ‘e me. La notizia lo raggiunse all’intervallo. Concluse lo spettacolo, parlò con i suoi attori e corse a Roma.  

Da quando Eduardo si era ritirato Luca aveva costituito una propria compagnia e con questa consegnava al pubblico spettacoli per lo più eduardiani, curatissimi nella realizzazione e nell’interpretazione.

(foto da internet)

Era inquieto. Inquieto e prudente. Usava prudenza innanzi tutto con se stesso, poi con i tanti che gli chiedevano il permesso di rappresentare le opere del padre. Voleva che le cose fossero fatte bene e si rendessero «necessarie». Nell’amministrare questo bene prezioso cercava di non staccarsi dai principi artistici e civili che Eduardo gli aveva inculcato poco per volta, senza darlo a vedere. Gli era sempre stato grato della lezione. Gli rimproverava soltanto una cosa: di non avergli mai detto «Bravo!».


(foto da internet)
E bravo, Luca, è stato davvero: un artista appartato e sincero, un attore di tradizione superba che adesso, con la brusca scomparsa, tronca un ramo di una famiglia d’arte lunga tre generazioni e padrona del cuore di tanti.

 Il presepio non gli piaceva, ma a noi sì. E ormai dopo Eduardo, Troisi, Pino Daniele, con Luca se ne va un altro po' di quella cultura napoletana che ha arricchito non solo Napoli, ma l'Italia tutta.