lunedì 14 dicembre 2015

Lessico e arte (XII)





 (foto da internet)

Oggi parliamo delle braccia (m. s. il braccio),  e delle mani (f. s. la mano). 
Per farlo, vi proponiamo il gruppo scultoreo in marmo di Apollo e Dafne (di 243 cm di altezza), realizzato da Gian Lorenzo Bernini tra il 1622 e il 1625. 
L’opera, commissionata per la sua villa dal cardinale Scipione Borghese, nipote di PapaPaolo V,  è conservata presso la Galleria Borghese a Roma. 
Il soggetto  scultoreo, com'è noto, è stato tratto dalle Metamorfosi di Ovidio,
Il mito attribuisce al dio Apollo, figlio di Zeus, la superbia manifesta di saper usare come nessun altro arco e frecce.  Eros, come punizione per l'affronto subito, lo colpisce con uno dei suoi dardi facendolo innamorare della bellissima ninfa Dafne (alloro, in greco), figlia del dio Peneo e di Gea (la Terra), la quale però aveva consacrato la sua vita alla dea Artemide e alla caccia.





 
Apollo cerca disperatamente di raggiungere l’amata Dafne che chiede aiuto al padre per custodire la propria innocenza. Peneo, per evitare che i due giovani si possano congiungere, fa in modo che la forma umana della figlia si dissolva al tocco del dio.  
Apollo, infatti, insegue Dafne fino a quando, raggiungendola e toccandola, non la vede trasformarsi in un albero di alloro che, da quel momento, diventerà sacro per Apollo.
-->Bernini rappresenta fedelmente il momento della trasformazione della ninfa in pianta.



 (foto da internet)

La scena è spettacolare e terribile al tempo stesso. Rincorsa da Apollo, Dafne si protende in avanti, la sua metamorfosi si compie ed è visibile nella braccia bellissime che sfociano in mani che prendono forma di rami e di foglie, mentre i capelli e le gambe si trasformano in tronco e i piedi in radici. Apollo la guarda incredulo ma rimane impassibile; lo sguardo della ninfa è invece al contempo sbigottito e pieno di terrore.
Si noti il braccio sinistro di Apollo, proteso in avanti ad afferrare il fianco della ninfa, che è, a sua volta, spinto all’indietro; dall’altro il braccio destro del dio è aperto in direzione opposta, e al contrario il braccio destro di Dafne è sollevato in avanti.
La presenza di questo gruppo scultoreo, raffigurante un mito pagano, in casa di un cardinale, venne giustificata per mezzo di un distico moraleggiante, posto alla base della statua e composto dal cardinale Maffeo Barberini che riassume la metafora della vanità nell'inseguire la bellezza:

Quisquis amans sequitur fugitivae gaudia formae

fronde manus implet baccas seu carpit amara
           
 (Chi amando insegue le gioie della bellezza fugace
riempie la mano di fronde e coglie bacche amare)


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