lunedì 31 ottobre 2016

Dacia Maraini a Valencia


(foto da internet)


Cari chiodini vicini e lontani, mercoledì 2 novembre, alle ore 19, presso il Col·legi Major Rector Peset dell'Università di Valencia, la scrittrice italiana Dacia Maraini presenterà il libro Donne della Repubblica.
La Maraini nacque a Fiesole (Firenze), da madre siciliana. Il padre, Fosco Maraini, per metà inglese e per metà fiorentino, fu un grande etnologo, specialista dell’Estremo Oriente.

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La famiglia Maraini si trasferì in Giappone, nel 1938, a causa degli studi del padre sugli Hainu, una popolazione in via di estinzione.
Nel '43 il governo giapponese, in base al patto d'alleanza cha stipulato con Italia e Germania, chiese ai coniugi Maraini di firmare l’adesione alla Repubblica di Salò



(foto da internet)

I Maraini rifiutarono e furono internati, insieme alle tre figlie, in un campo di concentramento a Tokyo, da cui vennero liberati soltanto a guerra finita. 
Rientrati in Italia, si trasferirono in Sicilia. Qualche anno dopo la famiglia si divise: il padre andò ad abitare a Roma, lasciando a Palermo la moglie e le tre figlie. 
Dacia Maraini visse a Palermo sino a 18 anni; decise, infatti, di andare a vivere a Roma con il padre e di  proseguire il liceo nella capitale. 
Iniziò a fare lavori saltuari quali l’archivista, la segretaria e la giornalista di fortuna. A vent'anni fondò, assieme con altri giovani scrittori, la rivista letteraria Tempo di letteratura, e comincia a collaborare, con dei racconti, in diverse riviste.
Nel '62 pubblicò il suo primo romanzo, La vacanza, cui seguirono L’età del malessere (1963, con cui ottenne il Premio Internazionale degli Editori “Formentor) e A memoria (1967). 
Nel ’66 uscirono con il titolo Crudeltà all’aria aperta le sue poesie, che furono recensite con molto favore da Guido Piovene



(foto da internet)


In questi anni la Maraini cominciò a occuparsi anche di teatro. Fondò, assieme ad altri scrittori, il Teatro del Porcospino, in cui si rappresentano solo novità italiane.
Nel ‘73 fondò il Teatro della Maddalena, uno spazio gestito e diretto da donne. Scrisse anche molti testi teatrali, tra i quali Maria Stuarda, che riscosse un grande successo internazionale.
Da allora ad oggi, Dacia Maraini ha scritto più di trenta opere teatrali, molte delle quali vengono ancora oggi rappresentate in Europa e in America.
Nel ‘72, pubblicò Memorie di una ladra, testo dal quale Monica Vitti ne ricavò uno dei suoi film più riusciti. L’anno successivo uscì Donna in guerra, e nell’80 fu la volta di Storia di Piera, scritto in collaborazione con Piera degli Esposti da cui Marco Ferreri ne ricaverà un fortunato film con Marcello Mastroianni.




(foto da internet)

Degli anni Ottanta sono i romanzi Il treno per Helsinki (1984) e Isolina (1985).
Nel ‘90 pubblicò La lunga vita di Marianna Ucrìa, che vinse il Campiello e altri prestigiosi premi, e ottenne un enorme successo di critica e pubblico. 
Nel ‘93 fu la volta di BagheriaNel ‘94 il romanzo Voci, anch’esso vincitore di molti premi letterari, offre una nuova interpretazione sul tema della violenza sulle donne.





(foto da internet)

I grandi temi sociali, la vita delle donne, i problemi dell'infanzia sono ancora al centro delle sue opere successive: il saggio Un clandestino a bordo (1996), il libro intervista E tu chi eri? (1998) e la raccolta di racconti sulla violenza sull’infanzia Buio. Del 1997 è il romanzo Dolce per sè, in cui una donna matura e giramondo scrive ad una bambina per evocare i ricordi del suo amore per un giovane violinista, descrivere viaggi, concerti, aneddoti familiari. 
Tra il 2000 e il 2001 vengono pubblicati: Amata scrittura (in cui svela con passione e umiltà i segreti del mestiere di scrittore), Fare teatro 1966-2000 (che raccoglie quasi tutte le sue opere teatrali) e La nave per Kobe (in cui rievoca l'esperienza infantile della prigionia in Giappone). 





(foto da internet)

Nel 2003 escono invece Piera e gli assassini, il secondo libro scritto in collaborazione con Piera degli Esposti, e le favole di La pecora Dolly
La letteratura, la famiglia e il mistero del corpo sono i temi principali di Colomba (2004). Degli ultimi anni è, invece, il saggio Il gioco dell'universo (2007) di cui è coautrice insieme al padre. 
Ancora estremamente prolifica, Dacia Maraini viaggiò attraverso il mondo partecipando a conferenze e prime dei suoi spettacoli. In questi ultimi anni pubblicò La ragazza di via MaquedaL'amore rubato e nel 2013 Chiara di Assisi
È appena uscito il suo ultimo romanzo, La bambina e il sognatore.





(foto da internet)

Donne della Repubblica, il libro che presenterà a Valencia, e di cui la Maraini ha curato l'introduzione, è un testo corale.
Il 2 giugno 1946 si tennero in Italia le prime elezioni politiche per le quali votarono anche le donne. Un passaggio che segnò l'affermazione di un nuovo protagonismo femminile nella società italiana. A restituirci la portata simbolica e politica di quella conquista, quattordici biografie di donne che con diversi talenti, e in vari campi, contribuirono alla nascita della Repubblica e a cambiare l'immagine della donna. 
Non vi sono solo le donne politiche, che fin dai tempi del fascismo si erano battute per la democrazia, come Camilla Ravera, Teresa Noce, Lina Merlin, o le donne della resistenza: Tina Anselmi, Nilde lotti, Teresa Mattei, Marisa Ombra, Ada Gobetti, ma anche scrittrici come Alba de Céspedes, Fausta Cialente, Renata Viganò, un'attrice come Anna Magnani, la famosa sarta Biki, e la leggendaria Dama Bianca, al secolo Giulia Occhini, compagna di Fausto Coppi
Vi aspettiamo!


venerdì 28 ottobre 2016

'O sole nostro (?)


(foto da internet)

Parliamo del sole. Iniziamo da un testo poetico:


Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:

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ed è subito sera

Ed è subito sera è una poesia del poeta siciliano Salvatore Quasimodo. Si tratta di uno dei testi più brevi e più famosi della letteratura italiana, e più in generale dell'ermetismo. Il testo venne pubblicato per la prima volta nel 1942.
In questa poesia il poeta racchiude i tre momenti fondamentali della vita dell'uomo: la solitudine, l'alternarsi della gioia e del dolore, il senso della precarietà della vita.  Proprio come alla luce del giorno succede rapidamente la notte, per la vita dell'uomo giunge la morte: ed è subito sera.



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E poi come non ricordare la celeberrima 'O sole mio, una canzone in lingua napoletana, pubblicata nel 1898, e nota in tutto il mondo. Giovanni Capurro, giornalista del quotidiano Roma di Napoli, nel 1898 scrisse i versi della canzone affidandone la composizione musicale a Eduardo Di Capua
Il brano venne presentato a Napoli ad un concorso musicale, promosso dalla Casa Editrice Ferdinando Bideri, senza ottenere grande successo, ma, in seguito, ottenne un grande successo in Italia e all'estero, fino a diventare un vero e proprio patrimonio della musica mondiale.



(foto da internet)

'O Sole mio è una delle canzoni più famose di tutti i tempi: la più grande interpretazione di questa canzone rimane probabilmente quella di Enrico Caruso (ascolta>>), ma moltissimi altri artisti hanno interpretato questo brano, del quale esistono molteplici versioni. Fra le più famose quella di Elvis Presley, col titolo di It's Now or Never. Nel 2002, il cantante Al Bano incluse una versione particolare di 'O Sole mio nel suo CD Carrisi canta Caruso duettando, virtualmente,  con il tenore Enrico Caruso. Ricordiamo anche le versioni di Giuni Russo (2004>>), Dalida (1960>>) e di Claudio Villa (1964>>). Molto nota è anche la versione dei tre tenori: Pavarotti, Domingo e Carreras.
Torniamo al sole: com'è noto, nella notte tra sabato e domenica torna l’ora solare, le lancette andranno spostate indietro di un’ora con grande gioia di chi vuol dormire di più...
Orbene, nelle isole Baleari stanno provando a sfuggire a questo avvicendamento orario. Il parlamento delle Baleari, ha chiesto infatti di restare all’ora legale. 
Ibiza, Minorca, Maiorca e Formentera vorrebbero godere di un’ora in più di sole al pomeriggio per favorire i turisti fuori stagione, sempre più numerosi. Per sostenere questa battaglia è nato un comitato, Illes amb claror (isole con la luce) che ha scelto uno slogan bellissimo: Più luce, più colore, più vita




(foto da internet)

La risoluzione votata nel parlamento regionale vorrebbe approfittare al massimo di una risorsa come il sole. La proposta, a pochi giorni dal cambio delle lancette, è però poco più che simbolica. 
In Spagna il fuso orario è completamente sbagliato da un punto di vista geografico: venne cambiato da Franco per allinearsi alla Germania nazista ed è rimasto così anche dopo la fine del franchismo. La Spagna adotta, infatti, lo stesso fuso orario dell’Italia, sebbene sia molto più a ovest. 
In questi ultimi anni in molti, anche nei programmi elettorali, hanno chiesto di tornare al fuso che geograficamente appartiene al Paese (quello di Greenwich, un’ora in meno che in Italia, attualmente in vigore solo nelle Canarie). 
La proposta delle Baleari va nel senso opposto.
Teniamo duro.




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mercoledì 26 ottobre 2016

Il potere morbido della lingua italiana

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(foto da internet)


L’italiano, lingua degli angeli per Thomas Mann, è la lingua più romantica del mondo secondo un sondaggio di qualche anno fa rivolto a 320 linguisti dall’azienda londinese Today translations, che offre traduzioni e interpreti in oltre 200 lingue.
Questa è in sé una notiziola curiosa e niente più, ma aiuta a prendere in considerazione una questione più generale, e degna di nota. La lingua italiana è, per gli stranieri, sommamente attrattiva: non a caso è la quarta (o quinta) lingua più studiata al mondo. Per capire che cosa della lingua di Dante piace così tanto basta scorrere una delle molte liste di ragioni per imparare l’italiano che si trovano in rete. 

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Per esempio, la lista pubblicata dall’università di Princeton dice in primo luogo che l’italiano è sonoro e bellissimo, ed è la lingua di riferimento per chi ama l’arte, la musica, l’architettura, l’opera, il cibo, ecc. Insomma molte delle cose piacevoli della vita.
Dice anche che l’italiano è la lingua più vicina al latino, e che il 60 per cento del vocabolario inglese deriva dal latino: quindi imparare l’italiano aiuta anche a parlare meglio l’inglese. E ricorda che nelle università statunitensi le iscrizioni ai corsi di lingua italiana stanno crescendo.
L’attrattività di una lingua non è strettamente proporzionale alla numerosità dei parlanti. “Studiare l’italiano non è come studiare l’urdu, diciannovesima lingua più parlata al mondo (l’italiano è diciottesimo)”, dice Dianne Hales, autrice di La bella lingua. Con l’italiano “entri in contatto con la storia, l’arte, la religione, la musica, il cibo, la moda, il cinema, la scienza – tutto ciò che la civiltà occidentale ha inventato”.


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Però, tutto questo non sembra importare molto agli italiani. E addirittura, una nota caratteristica del comportamento nazionale consiste nel sottovalutare sistematicamente ciò che di bello e desiderabile appartiene al Belpaese, dal paesaggio all’arte allo stile di vita, dalla creatività all’intraprendenza, alla lingua, appunto, rinunciando quindi a valorizzarlo in maniera adeguata. Rinunciando, poi, a praticare le indispensabili opere di manutenzione, materiali e immateriali. E rinunciando perfino a essere, giustamente, orgogliosi.
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Il fatto è che la capacità attrattiva di una lingua è un importante fattore di soft power. I paesi anglofoni lo sanno fin dai tempi della guerra fredda. Lo sa la Cina, che sta facendo grandi sforzi per diffondere lo studio del cinese. E la faccenda del soft power è tutt’altro che banale.
Qual è la traduzione di soft power? Nell'articolo che abbiamo letto su www.internazionale.it si preferisce tradurlo come "potere morbido".
Il concetto di soft power è stato formulato verso la fine degli anni ottanta da Joseph Nye, politologo e docente ad Harvard. Nye definisce il potere come “nient’altro che la possibilità di influenzare gli altri per ottenere i risultati voluti”.
Si può esercitare potere, dice Nye, in tre modi: con il bastone, cioè minacciando e usando la forza. Con la carota, cioè usando il denaro. Ma c’è un terzo modo: convincere gli altri a desiderare spontaneamente di fare quello che vogliamo che facciano. E questo è soft power: pura capacità seduttiva. Se l’hard power della forza muove la gente a spintoni, il soft power la attira suscitandone il consenso.
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Poiché il soft power è fatto di reputazione e di desiderabilità, una nazione lo può esercitare in modo efficace perfino senza essere una grande potenza economica o militare. Esiste una classifica internazionale del soft power: nel 2016 l’Italia è undicesima, prima della Spagna e dopo i Paesi Bassi, e sta guadagnando posizioni.
Promuovere la lingua italiana (e magari cominciare a trattarla meglio, anche in patria) può aiutare ad avere prestigio nel mondo e ad accrescere appunto il soft power. E, diciamolo: per l’Italia promuovere l’italiano, già in sé così desiderabile, è molto più facile di quanto non sia per il Pakistan promuovere l’urdu. O per la Cina promuovere il cinese.
Di tutto questo si è parlato la settimana scorsa nella seconda edizione degli Stati generali della lingua italiana nel mondo

lunedì 24 ottobre 2016

Parole, parole (VI)


(foto da internet)

Rendiamo omaggio all'indimenticabile Totò, con una parola desueta assai cara al comico napoletano: uopo.
Uopo significa bisogno, necessità; il termine è specialmente usato nella locuzione è uopo o è d’uopo, ovvero è necessario.
La suddetta locuzione entrò a far parte della comicità orale di Totò, il quale prese parte attiva a  sovvertire il materiale linguistico dell'italiano, sbeffeggiando le tradizioni ammuffite della burocrazia e dell'autorità proprio, e in maniera paradossale, con il loro uso beffardo e pedantesco.




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Il linguistica Tullio De Mauro, nel suo libro Storia linguistica dell'Italia unita, scrisse che Totò aveva contribuito, con i suoi scherzi verbali, con la voluta pedanteria di certe espressioni, ad ammodernare l'italiano, tant'è vero che oggigiorno la locuzione che vi proponiamo è usata proprio dall'emittente con questo valore pragmatico: ridere di qualcosa o di qualcuno usando, volutamente, un materiale linguistico desueto.
Fa d'uopo, dunque, una chicca per chiudere: la poesia 'A livella, scritta da Totò (vedi>>).

venerdì 21 ottobre 2016

La patria del fioretto



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La scherma è uno sport che consiste nel combattimento leale tra due contendenti armati di spada, fioretto o sciabola
Il termine scherma deriva dal longobardo skirmjan che significa proteggere, coprire.
Le tre armi sopraccitate hanno particolarità differenti, derivanti dai diversi regolamenti e stili di combattimento. Il fioretto ha una lunghezza massima di 110 cm e un peso massimo di 500 g; è un'arma accademica in quanto non è mai stato strumento di combattimento sul terreno. Storicamente nacque come una spada alleggerita per l'allenamento, destinata all'esercizio nelle sale d'armi.  
Il fioretto è una disciplina che richiede leggerezza e riflessività, conciliando agilità e buone capacità tattiche; proprio per questo, nella tradizione della scuola italiana, è l'arma con la quale vengono avviati alla scherma i bambini che iniziano il loro percorso in questo sport. 
Il bersaglio del fioretto, coperto da un giubbetto conduttivo di tessuto laminato, comprende il busto con esclusione di braccia, gambe e testa. 
Il bersaglio valido può essere colpito solo con la punta dell'arma, che ha sulla sommità un bottone sostenuto da una molla. Affinché sia segnalato il colpo, è necessario che sia esercitata una forza equivalente ad un peso minimo di 500 gr.




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Inoltre, in questa disciplina, vige la cosiddetta convenzione: si tratta di una serie di regole che disciplinano l'attribuzione del punto. L'atleta che attacca per primo ha la priorità su chi subisce l'attacco. Chi subisce l'attacco deve prima parare e solo dopo può rispondere. In caso di attacco simultaneo, il punto non viene attribuito. 
Per stabilire tutto ciò, il ruolo del giudice di gara è fondamentale in quanto deve ricostruire l'azione in base alle convenzioni ed assegnare il punto.
Per gli appassionati di scherma, è d'obbligo una visita alla splendida Jesi, in provincia di Ancona,  nelle Marche, città nota, tra l'altro, per aver dato i natali a tre grandi campionesse: Elisa Di Francisca (vedi>>), medaglia d'argento ai Giochi Olimpici di Rio, Giovanna Trillinila sua allenatrice, medaglia d'oro alle Olimpiadi del '92 e Valentina Vezzali



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Le schermitrici hanno costruito i loro successi sotto lo stesso tetto: il Palascherma di Jesi, vero e proprio tempio della scherma azzurra. In questa struttura si possono ammirare gli allenamenti delle campionesse di ieri, oggi e domani. 
Jesi è una splendida città medievale, che offre al viaggiatore luoghi affascinanti, nei quali non è difficile immaginare un duello all’arma bianca! Ad esempio, gli spalti delle mura, lunghe 1500 metri e Piazza Federico II
In questo luogo, nacque, nel 1194, sotto un padiglione allestito per l’occasione, il futuro sovrano del Sacro Romano Impero




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A Jesi sono nati anche personaggi di grande pregio artistico come il compositore Giovan Battista Pergolesi, autore, tra l'altro, del noto Stabat mater (ascolta>>), al quale è intitolato il principale teatro cittadino, e l'attrice Valeria Moriconi, alla quale è dedicato il Teatro Studio. 
Da Jesi si può ammirare lo splendido paesaggio collinare in gran parte ricoperto da vigneti. Sono le terre del Verdicchio (vedi>>), uno dei più rinomati vini bianchi d’Italia. 
Buon viaggio e... attenzione alle lame!

mercoledì 19 ottobre 2016

Caro Google ti scrivo

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Quali sono le domande più frequenti sugli italiani poste dagli utenti Google al motore di ricerca più famoso al mondo? 
Repubblica ha provato a scoprire quali siano le principali curiosità degli utenti google sugli italiani.

Ve le proponiamo: 



1. Perché le famiglie italiane sono così unite?

2. Perché gli uomini italiani sono così belli?

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3. Perché le parole italiane finiscono per vocale? 

4. Perché gli italiani hanno il naso grande?

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5. Perché la maglia della nazionale italiana è azzurra?

6. Perché gli italiani gesticolano?

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7. Perché gli italiani non si ribellano?

8. Perché gli italiani emigravano in America?

9. Perché gli italiani sono ignoranti?

10. Perché gli italiani parlano sempre di cibo?

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11. perché gli italiani odiano i francesi?

Anche voi vi fareste queste domande sugli italiani?

Mentre ci riflettete, ascoltate questa bella canzone di Lucio Dalla, L'anno che verrà, epoca ormai remota che, quando se uno aveva voglia di scrivere si rivolgeva ad un amico