mercoledì 31 ottobre 2018

Dolce viaggio per il Nord Italia

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"Io sono innamorato di tutte le signore che mangiano le paste nelle confetterie, confessava Guido Gozzano ne Le golose (1907). Inebriate da aromi “di cedro, di sciroppo, di creme, di velluti, di essenze parigine”, sognava di baciarle una a una “nel sapore di crema e cioccolatte”Voluttuosa, per profumi e delizie, l’atmosfera di ogni pasticceriaSoprattutto, se la cornice è d’epoca.
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C’è un supplemento di piacere nel sedersi, per esempio, da Pfatisch a Torino agli stessi tavoli di Cesare PavesePrimo LeviMario Soldati, ad assaporare il famoso Festivo, la meringata al cioccolato simbolo della casa, tra interni Decò intatti dal 1915. Oppure, sempre a Torino, accomodarsi tra le pregiate boiserie ottocentesche della Farmacia del Cambio (in un’autentica farmacia!) per gustare un nuovo classico come la torta Jessica, che ha consacrato nel mondo il pastry chef Fabrizio Galla.
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In questo tour di dolci tentazioni nelle pasticcerie e confetterie storiche più belle d’Italia, impossibile non fare una sosta da Romanengo a Genova per scegliere tra quei frutti canditi che deliziarono pure Giuseppe Verdi e Fabrizio De André; alla Bomboniera di Trieste, interni Liberty e tradizione austro-ungarica, per le sue squisitezze dal sapore di una volta realizzate conmacchinari non più in produzione o da Gemmi a Sarzana, respiro fin de siècle per ricette senza tempo come la Spungata, già diffusa tra i pellegrini in cammino lungo la Francigena.
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Niente stucchi, affreschi, specchiere o boiserie invece alla premiata gelateria Just Peruzzi a Bogliasco, ma terrazze e verande a picco sul mare che incorniciano tutto l’incanto del Golfo Paradiso. Tentazioni golose con vista per una sosta che vale il viaggio.

lunedì 29 ottobre 2018

Segni d'arte





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Il Pio Istituto Sordomuti e l'Associazione Umane Alterazioni hanno lanciato un'interessante iniziativa, dedicata a chi soffre di ipoacusia, volta a superare le difficoltà quotidiane nella sfera comunicativa. Il progetto si chiama Segni d'arte e mira a sostenere la lingua visivo-gestuale attraverso dei viaggi nell'arte e nella cultura delle città italiane per un turismo accessibile e integrato a tutti. La prima tappa è Roma (vedi>>)
Giulia Clementi, interprete professionale della Lingua dei Segni Italiana (LIS), racconta alcuni dei luoghi più importanti della capitale. Il percorso è arricchito dall'interpretazione di due testi della cultura popolare romana: Roma nun fa la' la stupida stasera (vedi>>), scritta da Garinei e Giovanni e musicata da Armando Trovajoli, e la poesia (leggi>>La fretta (vedi>>) di Trilussa.


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Mediante una mail si potranno suggerire anche dei luoghi d'arte in cui realizzare le visite in linguaggio LIS.
Precedentemente, si era tenuta un'esperienza analoga a Milano, dove il Pio Istituto dei Sordi di Milano, l'Associazione Umane AlterAzioni e l'Assessorato alle Politiche Sociali, Salute e Diritti del capoluogo della città lombarda, proposero, per tutto l'anno in corso, un ciclo di visite guidate alle principali mostre milanesi in LIS, creando momenti di aggregazione e confronto con altri sordi, con udenti e con la città.
Una volta al mese da marzo a dicembre una guida sorda madrelingua LIS articolerà un percorso guidato ricco di spunti e di suggestioni, tra quadri, colori e segni d’arte. 
Il programma, è partito il 22 aprile con la mostra About di Keith Haring, per poi proseguire con altri sette appuntamenti: Manet e la Parigi moderna a Palazzo Reale, il 13 maggio e 10 giugno; Kandiskij. Il cavaliere errante al Mudec, il 1° luglio; Da Canova a Boccioni alle Gallerie d’Italia il 23 settembre; Il mondo fluttuante di Toulouse-Loutrec a Palazzo Reale il 18 novembre; e Dentro Caravaggio, a Palazzo Reale il 14 ottobre e il 16 dicembre!



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Il Pio Istituto Sordomuti nacque nella seconda metà dell’800 grazie alla generosità del Conte Paolo Taverna che si avvalse dell’aiuto di don Eliseo Ghislandi, giovane catechista dell’Imperial Regio Istituto di Milano. Sorse così l’idea di realizzare un istituto che potesse occuparsi dei bisogni delle persone sorde. L’ente venne originariamente denominato Pio Istituto Sordomuti Poveri di Campagna perché destinato ad accogliere i sordomuti meno abbienti della provincia.
Grazie al lavoro di don Giulio Tarra, primo rettore dell’Istituto, si adottarono nuovi metodi di studio per i giovani sordi sviluppando sempre più il cosiddetto metodo orale con il quale si sostituì il metodo mimico tradizionale,  e l'istituto diventò un punto di riferimento nazionale e internazionale. 
A seguito della legge del 4 agosto 1977, l’insegnamento ai sordomuti venne affidato alle scuole pubbliche e l’Istituto assistette alla progressiva diminuzione dei suoi alunni fino alla chiusura dell’attività didattica avvenuta nel giugno del 1994. 




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Il Pio Istituto Sordomuti riconvertì il suo patrimonio al fine di poter definire, in modo nuovo e diverso, le risorse disponibili per avviare nuovi interventi assistenziali nel rispetto dei principi etici e religiosi dei suoi fondatori. 
L’associazione Umane AlterAzioni, invece, si propone di favorire la crescita e il miglioramento delle condizioni di vita di comunità svantaggiate o di persone che vivono un momento di problematicità personale, con particolare attenzione ai migranti, alle donne, agli anziani, ai detenuti delle carceri minorili e ai disabili. Si propone, inoltre, di promuovere la cultura e l’arte in tutte le sue forme come motore importante di riscatto sociale, impegnandosi affinché tutti possano accedere e partecipare ad eventi, incontri, laboratori formativi.



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L'associazione, nata dalla volontà dei tre fondatori Roberta Pellegrino, Giuseppe Ferraro e Riccardo Losio, propone anche progetti per un pubblico più ampio. Da maggio si tengono gli incontri di MusicAreading al buio: qui si uniranno lettura e musica e ognuno degli appuntamenti è dedicato ad un grande classico del pensiero e della letteratura. Una voce dà vita ai testi e viene accompagnata da una musica selezionata ed eseguita dal vivo da musicisti professionisti. La particolarità dell’incontro è che si tiene al buio, per permettere alle persone di concentrarsi sulle parole e sul loro suono: in questo modo si potranno confrontare in una stessa condizione percettiva le persone che sperimentano quotidianamente la mancanza di vista e chi, invece, la vive come esperienza nuova e insolita.


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L’esperienza coinvolge da un lato i sensi dell’uomo e dall’altra la sua capacità razionale e di pensiero. Il primo incontro si è tenuto il 20 maggio nella sede dello spazio interattivo ChiAmaMilano e le letture sono state tratte da Le notti bianche di Fëdor Dostoevskij, recitate da Alessandra Caputo, con l’accompagnamento al pianoforte di Michele Renò (ascolta>>), jazzista non vedente. Altre letture programmate saranno tratte da Mario Rigoni Stern, Italo Calvino e Robert L. Stevenson.
Non siamo solo Salvini e Di Maio...

venerdì 26 ottobre 2018

I 60 anni del Gattopardo






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Sono passati 60 anni dalla pubblicazione, nel 1958, del Gattopardo di Tomasi di LampedusaIl libro, da cui è stato tratto il famoso film, girato, nel 1963, da Luchino Visconti, ha come sfondo le vicende politiche e sociali della Sicilia, dal maggio 1860, dopo lo sbarco a Marsala di Giuseppe Garibaldi.

La famosa frase tratta dal testo: bisogna che tutto cambi perché tutto rimanga com’è, da cui derivano l'aggettivo gattopardesco, e i sostantivi gattopardismo e gattopardi, sono entrati nell'uso comune della lingua italiana.  Gattopardo designa il felino Felis leptailurus serval, diffuso sulle coste settentrionali dell'Africa, di fronte a Lampedusa dove la belva era arrivata in immagine per ornare lo stemma della famiglia dei principi Tomasi di Lampedusa
L'11esimo principe di Lampedusa ne fece il titolo della sua opera apparsa postuma nel 1958.



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Il libro accompagnò i grandi movimenti che scossero l'Italia nella seconda metà degli anni '50: la crescita della scolarità e la riforma agraria, l'avvento della televisione e l'immensa migrazione interna verso le città industriali, l'abbandono dell'uso esclusivo dei dialetti e l'uso dell'italiano nel parlare. 
Alla voce gattopardo, il vocabolario, fra le accezioni, dice: chi si adatta a novità politiche e sociali per mantenere i propri anteriori privilegi, e per l'aggettivo gattopardesco dice: chi non teme le trasformazioni e i cambiamenti della società, nella convinzione che essi siano solo apparenti e non compromettano le posizioni di privilegio acquisite da determinate classi.





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Il testo, dotato di una grande malinconia poetica, ha un profondo senso storico.  Osteggiato, specialmente da certa critica di sinistra, il libro è il racconto di una decadenza e di una fine di un mondo. L’aspetto originale del romanzo è che a raccontare questa decadenza di una classe sociale sia proprio un autore che appartiene alla medesima classe, attraverso un personaggio anche lui interno a quel mondo. Il Gattopardo è quindi la narrazione di una morte, individuale e sociale. 
Il libro non ebbe vita facile: Elio Vittorini lo rifiutò due volte, prima per la Mondadori e poi per Einaudi, considerandolo un libro vecchiotto. Palmiro Togliatti lo stroncò ma poi, dopo l'elogio di Louis Aragon, secondo cui il Gattopardo dimostrava che il capitalismo sarebbe andato a finire male, ne parlò benissimo. Il testo si pubblicò presso Feltrinelli grazie all'intervento di Giorgio Bassani, consulente all'epoca della casa editrice, il cui parere contava moltissimo.



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Lo splendido film di Luchino Visconti dedica buona parte della pellicola a narrare le vacanze della famiglia nella residenza estiva di Donnafugata in cui, il nuovo sindaco del paese, don Calogero Sedara, un parvenu intelligente e ambizioso, cerca di entrare nelle simpatie degli aristocratici Salina, grazie alla figlia Angelica, alla quale il passionale Tancredi non tarderà a soccombere. 
Due episodi significativi nel film sono l'arrivo a Donnafugata di un funzionario piemontese, il cavaliere Chevalley di Monterzuolo, che offre a Don Fabrizio la nomina a senatore del nuovo Regno d'Italia che il principe rifiuta, e il connubio tra la nuova borghesia e la declinante aristocrazia che si manifesta durante un grandioso ballo (vedi>>), in cui viene interpretato Il Valzer brillante scritto da Giuseppe Verdi per la contessa Clara Maffei, orchestrato da Nino Rota, al termine del quale Don Fabrizio inizia a meditare sul significato dei nuovi eventi e fa un sofferto bilancio della sua vita.



Purtroppo, la Feltrinelli, la casa editrice che mandò alle stampe il romanzo, non è intenzionata a celebrare l'evento. L'erede di Tomasi di Lampedusa, il figlio adottivo Gioacchino Lanza Tomasi, ha espresso il proprio rammarico di fronte al rifiuto della casa editrice. La Feltrinelli ha risposto con un comunicato in cui  sottolinea il legame strettissimo e continuo tra la casa editrice e il Gattopardo, ricordando l'impegno nella gestione dei diritti in tutto il mondo e le tredici diverse edizioni del libro sinora pubblicate. Inoltre, segnalano che fu loro la scelta di far suonare le musiche tratte dal film di Luchino Visconti (ascolta>>) in tutte le librerie Feltrinelli d'Italia il giorno della scomparsa di Inge Feltrinelli.



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Lanza Tomasi avrebbe voluto organizzare un incontro in Italia con i letterati che amano il Gattopardo: Vargas Llosa, Xavier Marías e Yehoshua, fra gli altri, per spiegare perché questo romanzo è così importante nel mondo. La casa editrice ha risposto picche... Che peccato!
Comunque, buon compleanno.







mercoledì 24 ottobre 2018

Per ripulire le città italiane #oggiraccolgoio


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Sono scesi in campo perfino i marines per ripulire le strade d'Italia piene di rifiuti. Oppure, è accaduto a Roma, i turisti, come alcune ragazze asiatiche o di New York, che hanno deciso di infilarsi guanti e cappellino unendosi nella raccolta d'immondizia. Ma il dato più significativo è un altro: sono infatti migliaia gli italiani che domenica scorso, in tutto lo Stivale, hanno volontariamente aderito all'iniziativa di Repubblica e Legambiente #oggiraccolgoio, ripulendo parchi, giardini, strade e spiagge da centinaia di rifiuti abbandonati. 

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Dalle prime stime l'iniziativa è stata un successo, ma soprattutto un messaggio riuscito: in ogni città d'Italia che ospita una delle nove sedi locali di Repubblica almeno 100 volontari hanno infatti deciso di impegnarsi in prima persona dedicando una domenica alla salvaguardia dell'ambiente. Centinaia di sacchetti e tonnellate su tonnellate di rifiuti recuperati danno, meglio delle parole, il senso dell'importanza della giornata.

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Nel capoluogo pugliese sono scesi in strada a centinaia per unirsi all'iniziativa. Ripuliti il giardino Fabrizio De André, il molo san Nicola e perfino, grazie all'aiuto dei sommozzatori, le palafitte del teatro Margherita. Così come nelle altre città anche qui i giornalisti della redazione locale del quotidiano hanno indossato il cappellino bianco dell'iniziativa, con doppio logo Legambiente e Repubblica, e hanno aiutato i volontari e lettori a ripulire. Al loro fianco anche il sindaco Antonio Decaro. 

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A Palermo la pulizia è iniziata fin dalle 9,30 sulla spiaggia della Bandita. Centinaia i detriti di plastica recuperati e decine le onlus e le associazioni che si sono unite alla raccolta. 
 
Oltre 370 i chili di rifiuti raccolti invece nel capoluogo lombardo dove in centinaia hanno risposto all'appello di #oggiraccolgoio: i 120 cappellini col logo sono andati esauriti nell'arco di poco tempo. Vetro, bicchieri di plastica, ma anche immondizia di ogni genere sono stati tolti dalle strade di via Nervesa e nei giardini vicino alla redazione di Repubblica Milano.

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Nella Capitale tantissimi volontari si sono invece radunati attorno al Colosseo: da lì hanno iniziato a ripulire l'area storica passando per Colle Oppio fino al Circo Massimo. All'iniziativa si sono uniti perfino turisti e cittadini di New York.  Fra i protagonisti delle pulizie romane anche il presidente di Legambiente Stefano Ciafani.
Stesso successo a Torino dove un centinaio di partecipanti hanno dedicato la loro domenica a ripulire la zona di Beinasco. Tra loro c'era anche il direttore di RepubblicaMario Calabresi. Plastica, taniche vuote, monitor di computer, vecchi pneumatici e bottiglie sono stati recuperati da intorno alle scuola elementare Gramsci e media Gobetti. Tantissimi i bambini presenti.  
Numeri simili, per partecipazione, anche a Firenze dove intere famiglie si sono messe al lavoro per ridare dignità al giardino di via Allori. Alla fine oltre quaranta i sacchi da 110 litri ciascuno riempiti di bottiglie, lattine, verti, sacchetti di plastica. Recuperate anche delle siringhe che sono state messe in sicurezza. 

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In tanti anche a Genova al Parco del Peralto per partecipare a  #oggiraccolgoio. "Iniziativa fondamentale per promuovere il senso civico dei cittadini" ha detto l'assessore comunale Matteo Campora intervenuto insieme ad altri politici e ai giornalisti della redazione locale.  
Raccogliere la plastica che avvelena le rive e l’acqua del canale Navile, a Bologna, è stato invece lo scopo di centinaia di volontari bolognesi. È stato trovato di tutto: copertoni, carcasse di scooter, resti di picnic, pannelli di eternit, vasche da bagno addirittura. 
Alla console degli Stati Uniti Mary Ellen Countryman, a Napoli, si è unita una squadra di marines "armati" di sacchi e guanti per pulire viali e aiuole della Villa Comunale. Insieme a loro tantissimi cittadini che con i giornalisti e i collaboratori di Repubblica Napoli hanno preso parte a #oggiraccolgoio raccogliendo centinaia di rifiuti, soprattutto di plastica.

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Non solo le città dove Legambiente e Repubblica hanno lanciato l'iniziativa, ma anche diversi comuni dove i singoli cittadini hanno deciso di impegnarsi e da dove hanno postato le foto sui social, con tanto di hashtag #oggiraccolgoio, del loro sforzo per un Paese migliore. C'è perfino, come a Benevento, chi si è organizzato: i residenti hanno deciso di unirsi e darsi da fare per raccogliere erbacce e rifiuti dai vicoli circostanti piazza Piano di Corte per restituire decoro ad una della aree più belle del capoluogo sannita.

lunedì 22 ottobre 2018

Lo sdoganamento della fisarmonica


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Giovanni Gioanola, direttore del Conservatorio Vivaldi di Alessandria, in Piemonteha annunciato il potenziamento dell’offerta formativa del centro per l'anno scolastico 2018/19: si istituiranno quattro nuove cattedre, tre delle quali (liuto, violino barocco, pianoforte storico) nel comparto della musica antica più un corso di fisarmonica. 
Il Conservatorio alessandrino si prefigge lo scopo di  diventare un punto di riferimento nella musica classica, specialmente con l'istituzione della cattedra di liuto, puntando sulla capacità del centro piemontese di diventare un polo d'attrazione sia verso studenti di altre parti d’Italia, sia provenienti dall’estero.
Ma forse la novità più significativa è proprio l'istituzione del Diploma Accademico di Primo livello in fisarmonica. Secondo la professoressa Giuseppina Scravaglieri, docente di pianoforte presso il Conservatorio di Alessandria, la fisarmonica deve soltanto essere riscoperta, come successe per la chitarra, uno strumento molto più antico ma che era considerato minore, popolare e da piazza. 



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La fisarmonica si compone di un mantice a soffietto che, azionato dal movimento delle braccia del suonatore, si riempie d'aria. Alle estremità vi sono due, e anche più tastiere, disposte a destra e a sinistra. A quelle di destra è affidata la melodia e a quelle di sinistra l'accompagnamento. Queste tastiere corrispondono a una serie di ance libere che, per l'azione del vento che esce dal mantice, risuonano. 
L'invenzione della fisarmonica è attribuita al viennese Damian (1829). Questo strumento si presta moltissimo per le danze popolari o per riprodurre canzonette e arie di ballo.
Le fisarmoniche sono di diversa grandezza e variano anche nella forma esterna.
Nel 1829 Charles Wheatstone inventò la concertina, che differisce dalla fisarmonica principalmente perché dà la stessa nota tanto tirando quanto premendo, mentre la fisarmonica dà due note diverse.




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La fisarmonica venne riprodotta per la prima volta in Italia a Castelfidardo (Ancona) (vedi>>), per merito di Paolo Soprani nel 1863, e, nel 1876,  Mariano Dallapé creò a Stradella (vedi>>), in provincia di Pavia, la prima fisarmonica polifonica, dalla quale discendono tutte le fisarmoniche attuali (Paolo Conte dedicò una canzone alla fisarmonica di Stradella). 
Castelfidardo e Stradella, sono tutt'oggi i due poli più importanti nel nostro Paese per la produzione delle fisarmoniche.
Un'altra variante della fisarmonica è la cosiddetta fisarmonica a piano che si caratterizza per la presenza nel lato destro dello strumento di una serie di tasti bianchi e neri come quelli di un pianoforte. 

E ancora, parente della fisarmonica è il bandoneon, che ha una serie di bottoni sui due lati delle casse armoniche che emettono un solo suono alla loro pressione; Astor Piazzolla ne è considerato il più grande interprete (vedi>>).





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Per finire ricordiamo l'organetto (vedi>>che ebbe una rapida diffusione a livello popolare in tutta Europa grazie alla sua semplicità nella produzione dei suoni ed al fatto di essere facilmente trasportabile
Diversi compositori contemporanei come Adamo Volpi, Lino Liviabella, Luciano Fancelli, Efrem Casagrande, Luigi Ferrari Trecate, Vittorio Melocchi, e tanti altri, hanno contribuito e aperto le porte alle antiche e nuove sonorità per questo strumento particolare.




venerdì 19 ottobre 2018

La vita (secondo Panatta)




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Adriano Panatta (1950), è stato uno dei più grandi talenti del tennis italiano. Di umili origini, il padre era custode dei campi da tennis delle Tre Fontane, all'Eur, la vicinanza con i campi da gioco gli permette di avere, fin da bambino, una grande confidenza con lo sport che lo renderà famoso.
Il piccolo Panatta si esercita sui campi del club dove lavora suo padre ed impara ad eseguire le prime volée. Soprannominato, all'epoca, Ascenzietto, vezzeggiativo mutuato dal nome del padre, Ascenzio, vittoria dopo vittoria, la carriera di Panatta prende slancio, fino a portarlo a guadagnare i primi posti della classifica nazionale.
Nel 1970 si presenta ai Campionati Italiani Assoluti di tennis. Lo scontro è con Nicola Pietrangeli, allora campione in carica e mostro sacro del tennis italiano. A dispetto di ogni previsione, Panatta esce vittorioso dal confronto.


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Panatta, secondo la critica specializzata, era capace di giocate di genio alternate da periodi mediocri. Inoltre, pur dotato di uno straordinario talento, non era supportato da un fisico che ne fosse all'altezza e fu un campione pervaso da una proverbiale pigrizia. Ciononostante, riuscì a battete tutti i più famosi tennisti della sua epoca. Il suo successo internazionale più importante rimane proprio la vittoria dell'edizione 1976 del Roland Garros.
Il suo gioco era caratterizzato da un alto tasso tecnico, basato su un dritto micidiale e su di una battuta molto potente, senza contare la sua capacità di scendere in rete con volée di dritto e di rovescio impeccabili o di effettuare smorzate di grande raffinatezza. Il terreno di gioco su cui ottenne i migliori risultati fu  la terra battuta.




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Nel 1976 vinse la Coppa Davis con la squadra nazionale. La squadra azzurra, composta da Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli, aveva conquistato la finale con il Cile, ma bisognava andare a giocare a Santiago, in casa del dittatore Augusto Pinochet. La politica, con la sinistra italiana in testa, spingeva per boicottare la finale, programmata per la seconda metà del mese di dicembre. 
Il dibattito si incendiò. Il Pci era molto critico. I partiti di estrema sinistra nettamente contrari. Coni e Federtennis, attendisti. Ma il capitano Nicola Pietrangeli e i quattro tennisti non volevano assolutamente rinunciare. Cortei e cori presero di mira proprio Panatta, il figlio del custode. 



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Panatta milionario, Pinochet sanguinario, era lo slogan più gridato. Panatta, di sinistra per tradizione familiare, soffrì la contestazione. Il figlio del custode dei campi dei signori romani, deriso e additato come un giocatore viziato e insensibile. La situazione era complicata. Ma poi accadde qualcosa che la sbloccò: Enrico Berlinguer, segretario del Pci, fece arrivare un messaggio chiaro ai giocatori: si doveva andare in Cile. Per il segretario del Pci non sarebbe stato giusto che la Coppa fosse finita nelle mani del Cile del regime di Pinochet piuttosto che nelle nostre. E così fu. 
Il 17 dicembre 1976 l'Italia si giocò la Davis in Cile. In un clima surreale,  senza la presenza del dittatore Pinochet, ma con  alcuni generali in tribuna d'onore e un pezzo grosso: Gustavo Leigh Guzman, uno dei generali più duri della Junta. l'Italia ebbe la meglio sul Cile nei due scontri individuali, ma, per chiudere il match, mancava il doppio. La coppia italiana era composta da Panatta e Bertolucci. Al mattino, dopo l'allenamento, Panatta propose a Bertolucci di provocare il regime scendendo in campo con delle magliette rosse! 



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Nonostante le proteste di Bertolucci, alla fine Panatta la spuntò: il doppio lo vinse l'Italia in quattro set, con Fillol e Cornejo in polo bianche e calzoncini celesti e i tennisti italiani in magliette rosso fuoco e calzoncini bianchi. Si seppe poi che le autorità cilene inviarono una nota di protesta al nostro governo tramite l'ambasciata... 
Parliamo di nuovo di Panatta, perché, ormai lontano dai campi da tennis, si è cimentato con un cameo nel film La profezia dell'armadillo diretto da Emanuele Scaringi. Il film in questione è un adattamento cinematografico dell'omonimo libro a fumetti del fumettista Zerocalcare, presentato in concorso nella sezione Orizzonti alla 75ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia
La pellicola narra la storia di Zero, un giovane disegnatore che vive a Roma, nel quartiere di Rebibbia. In mancanza di un lavoro fisso si arrangia con i lavori più disparati. La sua vita scorre tra le giornate in periferia, le peripezie con l'amico d'infanzia Secco e le visite alla madre. Quando torna a casa lo aspetta la sua coscienza critica: un armadillo con cui si avventura in irreali conversazioni. La notizia della morte di Camille, una compagna di scuola e suo primo amore, lo costringe a prendere in pugno la sua vita, fatta di dubbi e incertezze tipiche delle sua generazione.




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Adriano Panatta, che interpreta se stesso, compare nel film per pochi minuti di scena che però hanno già catturato l'attenzione del pubblico, e la clip in cui compare l'ex tennista è diventata virale, in un botta e risposta con il protagonista Zero, interpretato da Simone Liberati (vedi>>), sul tennis e sulla vita.