(foto da internet)
Adriano Panatta (1950), è stato uno dei più grandi talenti del tennis italiano. Di umili origini, il padre era custode dei campi da tennis delle Tre Fontane, all'Eur, la vicinanza con i campi da gioco gli permette di avere, fin da bambino, una grande confidenza con lo sport che lo renderà famoso.
Il piccolo Panatta si esercita sui campi del club dove lavora suo padre ed impara ad eseguire le prime volée. Soprannominato, all'epoca, Ascenzietto, vezzeggiativo mutuato dal nome del padre, Ascenzio, vittoria dopo vittoria, la carriera di Panatta prende slancio, fino a portarlo a guadagnare i primi posti della classifica nazionale.
Nel 1970 si presenta ai Campionati Italiani Assoluti di tennis. Lo scontro è con Nicola Pietrangeli, allora campione in carica e mostro sacro del tennis italiano. A dispetto di ogni previsione, Panatta esce vittorioso dal confronto.
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Panatta, secondo la critica specializzata, era capace di giocate di genio alternate da periodi mediocri. Inoltre, pur dotato di uno straordinario talento, non era supportato da un fisico che ne fosse all'altezza e fu un campione pervaso da una proverbiale pigrizia. Ciononostante, riuscì a battete tutti i più famosi tennisti della sua epoca. Il suo successo internazionale più importante rimane proprio la vittoria dell'edizione 1976 del Roland Garros.
Il suo gioco era caratterizzato da un alto tasso tecnico, basato su un dritto micidiale e su di una battuta molto potente, senza contare la sua capacità di scendere in rete con volée di dritto e di rovescio impeccabili o di effettuare smorzate di grande raffinatezza. Il terreno di gioco su cui ottenne i migliori risultati fu la terra battuta.
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Nel 1976 vinse la Coppa Davis con la squadra nazionale. La squadra azzurra, composta da Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli, aveva conquistato la finale con il Cile, ma bisognava andare a giocare a Santiago, in casa del dittatore Augusto Pinochet. La politica, con la sinistra italiana in testa, spingeva per boicottare la finale, programmata per la seconda metà del mese di dicembre.
Il dibattito si incendiò. Il Pci era molto critico. I partiti di estrema sinistra nettamente contrari. Coni e Federtennis, attendisti. Ma il capitano Nicola Pietrangeli e i quattro tennisti non volevano assolutamente rinunciare. Cortei e cori presero di mira proprio Panatta, il figlio del custode.
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Panatta milionario, Pinochet sanguinario, era lo slogan più gridato. Panatta, di sinistra per tradizione familiare, soffrì la contestazione. Il figlio del custode dei campi dei signori romani, deriso e additato come un giocatore viziato e insensibile. La situazione era complicata. Ma poi accadde qualcosa che la sbloccò: Enrico Berlinguer, segretario del Pci, fece arrivare un messaggio chiaro ai giocatori: si doveva andare in Cile. Per il segretario del Pci non sarebbe stato giusto che la Coppa fosse finita nelle mani del Cile del regime di Pinochet piuttosto che nelle nostre. E così fu.
Il 17 dicembre 1976 l'Italia si giocò la Davis in Cile. In un clima surreale, senza la presenza del dittatore Pinochet, ma con alcuni generali in tribuna d'onore e un pezzo grosso: Gustavo Leigh Guzman, uno dei generali più duri della Junta. l'Italia ebbe la meglio sul Cile nei due scontri individuali, ma, per chiudere il match, mancava il doppio. La coppia italiana era composta da Panatta e Bertolucci. Al mattino, dopo l'allenamento, Panatta propose a Bertolucci di provocare il regime scendendo in campo con delle magliette rosse!
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Nonostante le proteste di Bertolucci, alla fine Panatta la spuntò: il doppio lo vinse l'Italia in quattro set, con Fillol e Cornejo in polo bianche e calzoncini celesti e i tennisti italiani in magliette rosso fuoco e calzoncini bianchi. Si seppe poi che le autorità cilene inviarono una nota di protesta al nostro governo tramite l'ambasciata...
Parliamo di nuovo di Panatta, perché, ormai lontano dai campi da tennis, si è cimentato con un cameo nel film La profezia dell'armadillo diretto da Emanuele Scaringi. Il film in questione è un adattamento cinematografico dell'omonimo libro a fumetti del fumettista Zerocalcare, presentato in concorso nella sezione Orizzonti alla 75ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.
La pellicola narra la storia di Zero, un giovane disegnatore che vive a Roma, nel quartiere di Rebibbia. In mancanza di un lavoro fisso si arrangia con i lavori più disparati. La sua vita scorre tra le giornate in periferia, le peripezie con l'amico d'infanzia Secco e le visite alla madre. Quando torna a casa lo aspetta la sua coscienza critica: un armadillo con cui si avventura in irreali conversazioni. La notizia della morte di Camille, una compagna di scuola e suo primo amore, lo costringe a prendere in pugno la sua vita, fatta di dubbi e incertezze tipiche delle sua generazione.
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Adriano Panatta, che interpreta se stesso, compare nel film per pochi minuti di scena che però hanno già catturato l'attenzione del pubblico, e la clip in cui compare l'ex tennista è diventata virale, in un botta e risposta con il protagonista Zero, interpretato da Simone Liberati (vedi>>), sul tennis e sulla vita.
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