venerdì 29 febbraio 2008

Plagio o pubblicità?

(foto da internet)

Che Loredana Bertè sia polemica, in Italia non è un segreto per nessuno! Ormai leggendarie le sue performance: con il pancione finto e una minigonna vertiginosa a Sanremo (guarda>>) e vestita da sposa e gridando ai quattro venti “Non sono una signooora” al Festivalbar (guarda >>; leggi>>). Il suo unico obiettivo pare fosse far parlare di sè dopo alcuni periodi in cui erano calate le vendite dei suoi dischi. Agli antipodi della sorella, la ben più sobria Mimì Bertè, in arte Mia Martini, sofisticata interprete di brani raffinati quali Minuetto (leggi>>), Piccolo uomo (leggi >>); Almeno tu nell'universo (leggi >>), Gli uomini non cambiano (leggi>>), E non finisce mica il cielo (leggi >>), Loredana è sempre riuscita ad essere notizia di prima pagina grazie alle sue provocazioni nella vita privata e in quella professionale, soprattutto dopo le parentesi di alcune canzoni di grande successo come E la luna bussò (leggi >>) o Sei bellissima (leggi >>).


(foto da internet)

Adesso la Berté è notizia per l’esclusione dal Festival di Sanremo 2008, accusata di plagio dal compositore Tullio de Piscopo: il brano presentato dalla cantante alla gara, Musica e parole pare somigli troppo al brano scritto da De Piscopo e Alberto Radius e cantato da Ornella Ventura, L’ultimo segreto.

E voi, dopo aver ascoltato le due versioni, che ne pensate? Si tratta di un plagio o dell'ennesima trovata pubblicitaria?

giovedì 28 febbraio 2008

Tic (proprio per tutti)


(foto da internet)

Cari chiodini vicini e lontani, dedichiamo questo post al mondo delle tic.
Oggi vi proponiamo alcuni siti interessanti che abbiamo trovato gironzolando su internet.

a) per i chiodini un po' più grandicelli:

-Booksweb e Radioalt, due siti segnalati dalla nostra collega Angela Ferioli sul suo blog Incroci.
Booksweb è un programma televisivo online, dedicato al mondo dei libri. Offre interviste a scrittori, consigli di lettura, incontri letterari, commenti in vide e altri servizi interessanti.
RadioAlt, invece, è un'interessantissima proposta culturale attraverso una radio in streaming diretta da Massimo Villa su musica e libri.

-Wu Ming. Nel 1994, centinaia di artisti, attivisti scelsero di adottare la medesima identità. Tutti si ribattezzarono Luther Blissett e si organizzarono per scuotere l'industria culturale. Nel gennaio 2000, alcuni di loro si riunirono sotto il nuovo nome Wu Ming. Quest'ultimo progetto è concentrato sulla letteratura e la narrazione.
Insomma, una banda di scrittori al servizio del copyleft.
E per finire, vi presentiamo il DOP, il dizionario multimediale di ortografia e di pronunzia. Un'ottima risorsa con più di 92.000 lemmi e con un'antologia di più di 50 opere della letteratura italiana. Un dizionario da ascoltare!


(foto da internet)



b) per i chiodini piccini piccini:

grazie al lavoro di Maestro Alberto, questo mese vi possiamo consigliare alcuni link molto divertenti:
-Paint, un servizio che vi permetterà di disegnare con dei pennarelli colorati.
-Crayola, per disegnare con matite e pennarelli.

-Manythings, un sito con un sacco di risorse per imparare l'inglese.

Buon divertimento!

mercoledì 27 febbraio 2008

Italia:calma=Spagna:movimento

(foto da internet)
Fino a poco tempo fa che cosa pensava un italiano quando si nominava la Spagna?
La Spagna, paese del sole, era sinonimo di vacanze a prezzi accessibili, divertimento, ospitalità.

Oggi, cosa pensa un italiano se gli si parla della Spagna?
Al Sorpasso.
La Spagna, ormai, sotto tutti i punti di vista, ha superato il belpaese: in fatto di organizzazione il turismo spagnolo sembra non avere rivali, il Pil pro-capite è superiore e l’economia è molto più solida.
A un italiano, la parola sorpasso evoca immediatamente un film emblematico, appunto Il Sorpasso, di Dino Risi, del 1962, in cui nell’Italia del boom economico si viveva con spensieratezza, consci che il futuro sarebbe stato, comunque, migliore. Il film è uno spaccato di vita nostrana, dal punto di vista di un uomo istrionico, vuoto, a momenti generoso e amichevole, che incarna perfettamente la società italiana. E l’epilogo in tragedia del film è la conseguenza di tanta irresponsabilità.
In Spagna adesso ci sono le elezioni. Lunedì scorso c’è stato il primo dibattito televisivo tra i due candidati alla presidenza. La politica è entrata nelle case di tutti. In Italia, invece che cosa succede? L'indifferenza dell'elettorato e di coloro che lo comandano è impressionante.
(foto da internet)

Rajoy e Zapatero si sono confrontati (o, per meglio dire, Rajoy ha sottoposto Zapatero a un processo) sui problemi dell’immigrazione, dei diritti civili, della scuola e del terrorismo. E sempre Rajoy ha tentato di smontare, pezzo per pezzo, quanto è stato fatto dal leader spagnolo e dal suo governo. Ovviamente il partito socialista non ha avuto una vita facile e chiunque andrà alla Moncloa dovrà affrontare tempi duri che vedono coinvolti l’economia mondiale e le nuove forme di società che si propongono.
Ma, permettetecelo, da un’ottica italiana, che sobrietà!
Anche in Italia si andrà a votare a breve. A parte le previsioni dei sondaggi, come si vive la campagna elettorale?

(foto da internet)
A parte l’innovazione delle primarie, è sempre tutto uguale: i diritti civili, così centrali nella politica socialista della Spagna, spaventano tutti i politici italiani, visto che immediatamente si attivano le crociate del vaticano.
Solo l’individualismo, all’ italiana, è capace di raggiungere le prime pagine della stampa internazionale: adesso è la volta di un politico con velleità di buffone, adesso l’indebitamento pubblico che cresce parallelo all’indebitamento dei cittadini. E che dire dei primati della “monnezza”, ovvero il gravissimo problema dei rifiuti che invadono una regione, la Campania, così vituperata ma emblematica della cultura italiana? Oppure delle brevissime legislature?

Calma piatta: la classe politica si ripropone sempre, senza alcun cambio, solo più vecchia all’anagrafe
La cultura spagnola si è mobilitata per Zapatero, la Platoforma de Apoyo a Zapatero ha l’obiettivo di influenzare il voto in favore del presidente uscente. Tutti sappiamo che nessuno ha la bacchetta magica e Zapatero non può essere la panacea di tutti i mali. Però, almeno uno ci prova: bisogna Defender la alegría.
Invece, in Italia, nonostante lo slogan veltroniano di Obama “Yes, we can”, la delusione per la politica ha lasciato finora muti e afoni anche gli artisti che, un tempo, si sarebbero “spesi” per la battaglia elettorale. Nel 1996 fu la Canzone popolare di Ivano Fossati, regalata dal cantautore ligure a uno speranzoso Romano Prodi, a spronare il popolo del centrosinistra.
Vi ricordate della Zapatero (mania), in Italia, di cui vi parlammo l’anno scorso? Come il Belpaese guarderà la Spagna negli anni a venire ve lo diremo nelle prossime ... elezioni!

martedì 26 febbraio 2008

La vita è (puro) teatro

(foto da internet)

Luigi Pirandello conosceva molto bene la pazzia: si sposò con una donna la cui lucidità cominciò a venir meno nove anni dopo il matrimonio. Per questo la follia è un tema ricorrente in tutta l’opera pirandelliana. Nella sua poetica l’uomo non ha una personalità, ma molteplici e i suoi personaggi possono essere contemporaneamente uno, nessuno e centomila.

Pirandello ha una visione molto personale della vita, come evidenziano le sue parole:

Io penso che la vita è una molto triste buffoneria, poiché abbiamo in noi, senza poter saper né come né perché né da chi, la necessità di ingannare di continuo noi stessi con la spontanea creazione di una realtà (una per ciascuno e non mai la stessa per tutti) la quale di tratto in tratto si scopre vana e illusoria.
Chi ha capito il giuoco, non riesce più a ingannarsi; ma chi non riesce più a ingannarsi non può più prendere né gusto né piacere alla vita.
Così è. La mia arte è piena di compassione amara per tutti quelli che si ingannano; ma questa compassione non può non essere seguita dalla feroce irrisione del destino, che condanna l'uomo all'inganno. Questa, in succinto, la ragione dell'amarezza della mia arte, e anche della mia vita.

Il grande drammaturgo inserisce ne “Il berretto a sonagli” la sua sorprendente definizione di follia: “Dire sempre la verità, la nuda e cruda e tagliente verità, infischiandosene dei riguardi e delle maniere, delle ipocrisie e delle convenzioni sociali, porterà presto all'isolamento e, agli occhi degli altri, alla pazzia.”

L’alienazione è quindi un rifiuto delle convenzioni sociali e, persino, della stessa convenzione teatrale che l’autore smaschera servendosi dell’espediente del “teatro nel teatro”, come accade in “Enrico IV”, sicuramente l’opera che riflette nel migliore dei modi tutta la complessità del rapporto tra verità e finzione dell’universo pirandelliano ed è un testo chiave della drammaturgia contemporanea.

(foto da internet)

Questa è la vicenda narrata nell’opera:

Un giovane nobile, durante una cavalcata in costume, cade da cavallo mentre sta impersonando il personaggio di Enrico IV, alla messa in scena prendono parte anche Matilde di Spina, di cui è innamorato, ed il suo rivale in amore Belcredi. Per colpa di quest’ultimo, Enrico IV cade da cavallo e batte violentemente la testa. Al suo risveglio, crede di essere veramente l’imperatore di Germania e parenti ed amici, per assecondarlo, allestiscono la sua villa come fosse la reggia del sovrano, ingaggiando persino dei giovani che svolgano il ruolo di consiglieri e valletti prestandosi al gioco. Belcredi ne approfitta per sottrarre Matilde al "sovrano" rivale. Dopo dodici anni Enrico guarisce e...

Se volete sapere come finisce la storia, perché non andare a vedere la rappresentazione teatrale? In fin dei conti, il teatro è scritto per essere visto, non per essere letto!

Enrique IV

Teatre Principal de València

lunedì 25 febbraio 2008

Elogio della lentezza



(foto da internet)


Oggi si celebra in numerose città italiane, europee e a New York la giornata mondiale della lentezza.
Obiettivi: si cercherà di evitare il due in uno: non si faranno due cose contemporaneamente e si proverà a rallentare il ritmo. La cortesia prevarrà sull’impazienza e si applicheranno i famosi Comandalenti.
Eccoli:

1) Svegliarsi 5 minuti prima del solito per farsi la barba, truccarsi o fare colazione senza fretta e con un pizzico di allegria.
2) Se siamo in coda nel traffico o alla cassa di un supermercato, evitiamo di arrabbiarci e usiamo questo tempo per programmare mentalmente la serata o per scambiare due chiacchiere con il vicino di carrello.
3) Se entrate in un bar per un caffè: ricordatevi di salutare il barista, gustarvi il caffè e risalutare barista e cassiera al momento dell'uscita (questa regola vale per tutti i negozi, in ufficio e anche in ascensore).
4) Scrivere sms senza simboli o abbreviazioni, magari iniziando con caro o cara.
5) Quando è possibile, evitiamo di fare due cose contemporaneamente come telefonare e scrivere al computer, se no si rischia di diventare scortesi, imprecisi e approssimativi.
6) Evitiamo di iscrivere noi o i nostri figli ad una scuola o una palestra dall'altra parte della città.
7) Non riempire l'agenda della nostra giornata di appuntamenti, anche se piacevoli, impariamo a dire qualche no e ad avere dei momenti di vuoto.
8) Non correte per forza a fare la spesa, senz'altro la vostra dispensa vi consentirà di cucinare una buona cenetta dal primo al dolce.
9) Anche se potrebbe costare un po' di più, ogni tanto concediamoci una visitina al negozio sottocasa, risparmieremo in tempo e saremo meno stressati.
10) Facciamo una camminata, soli o in compagnia, invece di incolonnarci in auto per raggiungere la solita trattoria fuori porta.
11) La sera leggete i giornali e non continuate a fare zapping davanti alla tv.
12) Evitate qualche viaggio nei week-end o durante i lunghi ponti, ma gustatevi la vostra città, qualunque essa sia.
13) Se avete 15 giorni di ferie, dedicatene 10 alle vacanze e utilizzate i rimanenti come decompressione pre o post vacanza.
14) Smettiamo di continuare a ripetere: non ho tempo. Il continuare a farlo non ci farà certo sembrare più importanti.



(foto da internet)

E i 7 comandalenti per la cucina:

1) Il cibo è la tua prima medicina: insegna Ippocrate. Crediamoci!
2) La poesia del cibo inizia quando facciamo la spesa: scegliamo prodotti di stagione e di qualità. Se vogliamo risparmiare diminuiamo la quantità: che è anche un'ottima scelta per controllare colesterolo e peso.
3) E' scientificamente provato che l'acqua non bolle prima se continuiamo a osservarla: quindi senza fretta appassioniamoci alla preparazione della nostra cenetta e apparecchiamo con cura la tavola, un fiore?
4) Utilizziamo tutti i nostri sensi per godere dei singoli ingredienti: la vista, il tatto, l'olfatto, il gusto... anche l'udito (i rumori della cucina fanno tanto casa e calore!).
5) Gustiamo ogni forchettata e ogni piccolo sorso di quel vino che, anche se da incompetenti, avremo scelto con amore e cura.
6) Evitiamo il due in uno! Se mangiamo non telefoniamo, se telefoniamo non mangiamo.
7) Non precipitiamoci... il cinema, la lavastoviglie, l'ultimo ritocco al computer, possono aspettare.



(foto da internet)

La giornata della lentezza è di lunedì, il giorno in cui è più difficile provare a rallentare. L'idea è stata lanciata dall'associazione culturale L'arte del vivere con lentezza di Pavia è sostenuta dall'Assessorato alle Aree cittadine e Consigli di zona.
Grande voglia di rallentare anche a New York dove si svolgerà il festival della lentezza dal 25 al 27 febbraio. All'iniziativa hanno aderito quest'anno più di 200 città italiane, numerose città europee, come Lione, Londra e Parigi.
In Italia si va di corsa, soprattutto a Milano. Tutti sempre in movimento. La guida è frenetica e la camminata troppo svelta, quasi ci fosse qualcuno a inseguirci.
Allora, una volta ogni tanto, è bene che tutti si fermino almeno per un istante. La manifestazione ha lo scopo di proporre ai cittadini di riappropriarsi del loro tempo e della loro vita. Meglio fermarsi e guardare la propria città. A Milano, tra le altre iniziative, sono previste una serie di letture che dureranno tutta la notte.

Proviamo a staccare!

domenica 24 febbraio 2008

Quello che è meglio non dire

(foto da internet)
Indovinello: come si chiamano quelle parole che danno la giusta misura della conoscenza linguistica del parlante, il cui significato, non letterale, è estremamente legato al contesto?

Risposta: sono le parole brutte, sporche, quelle sconce, usate per offendere, più conosciute come parolacce, che esprimono il linguaggio delle emozioni. Sono quelle espressioni che danno voce all’inesprimibile: la rabbia, la sorpresa, la paura. Un insulto, un’esplosione verbale che oltraggia, un’ingiuria, un improperio, un’insolenza: il turpiloquio è una costante del comportamento umano, una corrente elettrica che attraversa da sempre il linguaggio individuale e collettivo, che compare dagli esordi della comunicazione verbale, in ogni civiltà.
Davanti a un’emozione, il parlante, attonito, rimane a corto di parole e ricorre a un intercalare, o a un’espressione che ha più valore di mille parole messe insieme: è quell’emozione che, essendo tale, non si riesce a verbalizzare in altro modo se non rifacendosi a un’espressione che, però, molto spesso, risulta volgare. Se da una parte le parolacce diventano un segno di povertà lessicale, dall’altra il giusto peso, nonché uso, del significato sono prerogativa del parlante nativo.




(foto da internet)
Il più “famoso”in Italia: cazzo! È un intercalare che non è usato con l’intenzione di offendere, infatti non ha più un significato letterale, è privo di qualsiasi riferimento sessuale. Occupa la settecentoventiduesima nel Lessico di frequenza dell’italiano parlato.
La parola presenta un’infinità di termini e derivati: cazzone, cazzuto, scazzo, incazzato, etc.).
Attenzione, però, perché, da qualche giorno, cazzo! non è soltanto un'espressione volgare, visto che costituisce anche una vera e propria ingiuria. E pertanto chi dice “Che cazzo vuoi” può essere legittimamente multato. Lo ha stabilito la Cassazione che sottolinea come l'espressione,”oltre che triviale”, è “sinonimo di disprezzo dell'uomo e della sua dignità”.
Certo le offese, nella maggior parte dei casi, hanno qualcosa in comune con il sesso (coglione, frocio, sfigato, etc.), ma perdono, poi, nell'uso più comune il significato originario. Ovvio: considerando che la paraloccia deve essere un insulto, un’imprecazione, o comunque un qualcosa di “sporco” o di volgare, non può poi non essere legata a temi intimi e intoccabili come la religione, il sesso o la morale, insomma tutto quello che riesce a dare subito forti emozioni.

(foto da internet)
Si crede che nella maggior parte dei casi sono pronunciate dai più incolti, ma Tullio De Mauro ci dice che «si può essere volgari anche in un buon Italiano medio». Dove non ha potuto la lingua colta c’è riuscita quella volgare: da nord a sud della Penisola, l’Italiano gergale fa uso libero delle parolacce. Ormai non c’è più bisogno di attingere dal dialetto, anche l’italiano diventa colorito, anche se, a volte, con qualche sfumatura di significato, a seconda della regione.
Esempio: tipica parolaccia diffusa a livello nazionale, ma specialmente a Roma, figlio di mignotta (da figlio di madre ignota), usata contro una persona per darle del “bastardo”. Questa, che pure pronunciata con durezza, è un'offesa abbastanza grave, ha poi in romanesco una connotazione quasi affettuosa. (I bambini figli di nessuno sono persone particolarmente furbe, abilissime nell'arte di arrangiarsi, abituate a lottare con la vita giorno per giorno. Per questo, non di rado, questa espressione viene rivolta a un amico furbo, che ha dimostrato la sua scaltrezza in qualche occasione speciale).
Attenzione: se quest’espressione la sentite in Sicilia può risultare molto offensiva.
Ci sono poi parolacce che, diffuse a livello nazionale e logorate dall’uso continuo, hanno perso il loro significato originario per acquisirne un altro: casino (“casa di tolleranza”, “bordello”) ha quasi sostituito il termine “confusione”, “caos disordinato”. Da qui i numerosi derivati: fare casino, fare chiasso, confondere le cose; incasinato, essere occupatissimo; casinista, disordinato nel pensare o nell'agire.

Curiosità: fregarsene ormai da tempo ha sostituito “infischiarsene”, ma ha perso completamente ogni riferimento al suo significato etimologico, visto che era usato, a mo’ di provocazione della propaganda fascista. (I bambini appartenenti all'organizzazione dei “Figli della Lupa” portavano scritto sulla camicia nera “Me ne frego della morte”).

E cosa direbbe la Cassazione del turpiloquio di Roberto Benigni sull’ormai sempre più solito cavaliere?
Voi, probabilmente, penserete Oh nooo!!! Sempre Berlusconi Che palle!!!

sabato 23 febbraio 2008

Se vuoi essere trendy, fatti una sciarpa al bar!

(foto da internet)

Sferruzzare non è più un intrattenimento da nonna Papera! Anzi! Ferri e gomitoli piacciono sempre di più a donne e uomini di ogni età e condizione sociale e professionale. E da quando star come Uma Thurman, Cameron Diaz, Julia Roberts, Julianne Moore e Sarah Jessica Parker sono state fotografate mentre si rilassavano lavorando a maglia, tricottare fa tendenza, tanto che ora anche in Italia arrivano i bar-da-calza (guarda il video >>), luoghi d'incontro dove sferruzzare in compagnia. Fuori, dunque, ferri e uncinetto in un "Knit Café", tra gomitoli colorati, senza alcuna vergogna. Il primo è sorto a Los Angeles, all'8441 di Melrose Avenue, e nella Grande Mela si trova quello di Miriam Maltagliati che pensa a una succursale italiana.

(foto da internet)

In America, i 'Knitting Group' organizzati da negozi di maglia, bar e gallerie d'arte, sono già diventati un vero fenomeno, tanto che è nata persino una comunità di appassionati che interviene sul paesaggio con i lavori a maglia (www.knittaplease.com): hanno iniziato con micro-tubolari messi alle antenne di auto in sosta, poi hanno decorato pali e piloni, fino ad arrivare a rivestire alcune pietre della Grande Muraglia.

(foto da internet)

L’entusiasmo di Julia Roberts per questa nuova passione è tale da ispirare il suo ritorno sugli schermi con un film auto-prodotto in uscita alla fine del 2007, 'The Friday Night Knitting Club'.

(foto da internet)

Se anche voi volete essere trendy, vi consigliamo un corso accelerato di maglia per imparare a fare il dritto, il rovescio e la chiusura.

venerdì 22 febbraio 2008

Gabriella Ferri

(foto da internet)

Gabriella Ferri è stata più che una cantante. Con la sua voce roca diventò il simbolo di Roma e ne interpretò il ricordo della borgata, le atmosfere di un mondo che non c’è più.
La Ferri nacque a Roma nel 1941. Iniziò la carriera negli anni ‘60, ottenendo grandi consensi con la rivisitazione dei successi della canzone romana. Rimase fedele alle sue origini d’interprete folk e riuscì a portare la sua arte al grande pubblico e, soprattutto, a rimanere nell’affetto della gente anche a dispetto delle mode e dei cambiamenti di stili.
Gabriella Ferri iniziò a cantare all’ Intras Club di Milano negli anni ’60; poi passò al Bagaglino di Roma. Fu proprio al Bagaglino dove cominciò la sua avventura con gli stornelli romani. Con il successo arrivarono anche le apparizioni in televisione dove il suo temperamento naturalmente teatrale trovò l’evoluzione ideale: erano gli anni ‘70 ed erano i tempi dei grandi varietà televisivi come Senza rete e Dove sta Zazà dove, con la canzone Sempre (leggi>>) -la sigla di chiusura-, lasciò una delle pagine più belle della storia della musica italiana in televisione.
Oltre alle più famose canzoni della tradizione romana Gabriella Ferri ha anche saputo interpretare in modo personale e profondo anche quelli della tradizione napoletana, l’altro grande patrimonio della nostra cultura popolare.

(foto da internet)


Tra i suoi grandi successi, ricordiamo Il valzer della toppa (testo di Pier Paolo Pasolini; leggi>>), Rosamunda (leggi>>), Dove stà Zazà, Semo in centoventitré, Tutti ar mare, Quando sei bella Roma (leggi>>).
Gabriella Ferri partecipò al Festival di Sanremo in coppia con Steve Wonder con il quale cantò Se tu ragazzo mio (leggi>>).
Conobbe, negli ultimi anni della sua vita, l'esperienza amara della depressione. Visse momenti difficili: la partenza per l’America, l’esilio volontario nella sua casa in provincia di Viterbo. Se ne andò a soli 62 anni.
Qualcuno ha scritto che se Anna Magnani ha dato volto a Roma nel cinema, Gabriella Ferri ha dato voce a questa città. Entrambe (leggi il testo de Le Mantellate>>) con passione, sangue ed emozione.

La ricordiamo con affetto con una sua canzone -Remedios- usata come colonna sonora del film Saturno contro di Ferzan Ozpetek.

giovedì 21 febbraio 2008

In nome dell'Italia e del caffè

(foto da internet)

Negli ultimi tempi, soprattutto a causa dei problemi politici, l’Italia non è poi così ben vista all’estero, giacché è opinione diffusa che il paese trascina da anni una crisi endemica ed è incapace di adattare la sua amministrazione e il suo sistema politico al mondo moderno: lo stato è una preda, il parlamento un luogo in cui si spartiscono i bocconcini più grossi. In realtà ciò che è sotto gli occhi di tutti è una notevole sproporzione fra quelli che sono gli interessi privati, o le piccole vendette personali, rispetto alla visione più generale ed il senso di responsabilità alla base di una sana amministrazione.
L’ultimo episodio di malgoverno all’estero è stato visto addirittura con compassione e pena. Non c’è alcun dubbio: sono molti, forse troppi, gli elementi che fanno dell’Italia un’anomalia, in cui sembra essersi persa la distinzione fra reale e surreale, fra commedia e tragedia.
È necessario un cambio nella mentalità, una maggiore lungimiranza per sostituire la filosofia del giorno per giorno, ovvero del “tirare a campare”. Un'abitudine, questa, che appartiene agli stereotipi che hanno fatto dell’Italia il sinonimo del Belpaese.

Il detto riferito a Ischia, isola del golfo di Napoli, riassume un po’ come gli stranieri vedano gli italiani: “a Ischia si mangia, si beve e si fischia”, o meglio in Italia si mangia, si beve e si fischia.

(foto da internet)


Andiamo per ordine:

1. In Italia si mangia, o meglio si stramangia: la regina è ovviamente lei, madame la pasta, un’autentica tradizione, ieri oggi e domani. La pasta è il primo piatto, immancabile, in un pranzo italiano. Il convivio attorno alla tavola è visto come sinonimo di condivisione e amicizia.
2. Si beve. Ogni buon pranzo è accompagnato da un buon vino, ed infine, dopo il dessert, da un buon caffè, abitudine che fa parte di tutti i momenti della vita quotidiana di ogni italiano: a colazione, dopo pranzo, dopo cena, durante le brevi pause di lavoro, a casa o al bar.



(foto da internet)

3. Si canta, si fischia o si fischietta. L'Italia è famosa per la sua musica e per il bel canto: canzoni come 'O sole mio, Volare così come arie operistiche sono tra le melodie più famose del mondo. Ovviamente ciò non significa che tutti gli italiani cantino. Il cliché, nato da una conoscenza superficiale della vita e della cultura popolare, soprattutto del meridione, ha messo radici così profonde nell'immaginazione degli stranieri che ha creato nelle città turistiche delle situazioni irreali ed assurde, al limite del grottesco. Vi immaginate una gita in gondola a Venezia, con accompagnamento musicale di melodie popolari napoletane?

I luoghi comuni degli italiani spensierati e sfaccendati fanno sorridere. Ma ci sono poi altri cliché, negativi, come la mafia, che, a volte suscitano un sentimento di irritazione, visto che lo sguardo hollywoodiano della mafia non è, nenche lontanamente, lo sguardo che ha un italiano su quello che è il problema più antico ed insieme più grave del paese, la cui mentalità ha invaso l'intera società italiana. Anche se negli negli ultimi anni accenna ad indebolirsi, in un passato non tanto lontano, la mafia ha coinvolto giudici, forze dell'ordine e semplici cittadini.

A questo proposito una notizia curiosa dalla Germania, dove, pare, che questo problema sia diventato una trovata pubblicitaria per attirare degustatori di caffè.


(foto da internet)
Un rivenditore di espresso ha avuto la stravagante idea di associare il caffè e la mafia, coniando, così, un nuovo marchio: «Kaffeemafia». Nel logo due rivoltelle al posto delle «f».
Si tratta di una vettura, per la precisione di un carro funebre, che si trasforma in bar mobile per chi non vuole rinunciare al buon caffè italiano. Da quasi un anno il carro funebre bianco, una Fiat del '65 ristrutturata, si presenta alle fiere più importanti del paese e suscita curiosità tra i visitatori e operatori del settore. Per la targa è stato ripreso il logo del film Il padrino. In questo caso però una mano impugna i comandi del simbolo del dollaro di color rosso-sangue.
Ma l'Italia è ancora identificabile con la mafia? In Germania sembra ancora di sì.

mercoledì 20 febbraio 2008

Le forme dell'acqua

(foto da Repubblica)

L’acqua, fondamento primordiale della vita, assume molteplici forme. E il modo in cui si mostra ne determina la nostra percezione.

«Qual è la forma dell'acqua?». «Ma l'acqua non ha forma!» dissi ridendo: «Piglia la forma che le viene data» (A.Camilleri, La forma dell'acqua)

Secondo i personaggi di Camilleri, l’acqua non ha forma, ma per i lettori di Repubblica l’acqua ha almeno 2300 forme: infatti superano questo numero le foto inviate alla redazione del giornale per plasmare le molteplici forme della preziosa risorsa. Fiumi, laghi, neve, ghiaccio, nuvole, fontane, cascate sono state alcune delle numerosissime forme immortalate dai partecipanti al concorso “le forme dell’acqua” indotto dal quotidiano. Fra le 30 finaliste i lettori dovranno votare lo scatto più bello.

(foto da Repubblica)

Bruno Maiolini, conservatore della Sezione di Zoologia degli Invertebrati e Idrobiologia del Museo Tridentino Scienze Naturali nonché presidente della giuria racconta:

Abbiamo avuto notevoli difficoltà nel selezionare le 30 foto da sottoporre al giudizio del pubblico. La partecipazione era rivolta a tutti, con qualsiasi mezzo tecnico, quindi abbiamo creduto opportuno non tenere troppo conto di aspetti di qualità fotografica quanto della capacità di cogliere un momento magico, di isolare un particolare significativo, di evocare una storia con un atteggiamento colto al volo. Abbiamo anche tentato di classificare in alcune categorie arbitrarie le immagini pervenute, per capire quale fosse stata la percezione delle "Forme dall'acqua" da parte dei partecipanti.

(foto da Repubblica)

Vi piacciono le foto finaliste? Scriveteci quale preferite. E, se volete, potete anche partecipare alla votazione?

martedì 19 febbraio 2008

Spello




(foto da internet)


Spello è saltata alla ribalta alcuni giorni fa grazie a Walter Veltroni che ha scelto proprio lo sfondo delle colline di questo paese per iniziare la sua campagna elettorale del PD.
"Cominciare da qui, da questa piazza, da questo borgo, è un modo per dire a cosa pensiamo: non al destino di questo o quel leader, non a questo o quel partito, ma al destino dell'Italia, al nostro paese, alle gravi difficoltà del suo presente e alle straordinarie potenzialità del suo futuro", ha esordito Veltroni.
Parlando con alle spalle la splendida campagna di Spello, quasi a farsi incorniciare in un quadro rinascimentale, Veltroni ha puntato buona parte del suo discorso sull'ambizione di cambiare il Paese attraverso la rivoluzione della politica.
Spello, quindi, la cornice. Spello è posta nella parte centro-orientale dell’Umbria tra Assisi e Foligno, ed è adagiata sulla pendice meridionale del monte Subasio da dove si affaccia sulla fertile valle del fiume Topino. Per il notevole patrimonio ambientale, culturale ed artistico fa parte del club de I Borghi più Belli d’Italia.

Spello unisce al suo carattere medievale, con vicoli tortuosi e antiche case in pietra, numerose testimonianze di epoca romana, come la cinta muraria, poi fondamenta per quella medievale, i resti del teatro, dell’anfiteatro, delle terme e del cosiddetto Arco di Augusto, antica porta di accesso all’acropoli. L’abitato è ancora circondato da mura, erette nel 1360 inglobando parte della cinta romana e tre splendide porte: porta Consolare (I secolo a.C.), la porta Urbica (o porta San Ventura) e la porta Venere di età augustea, costruita a foggia di arco trionfale, con ai lati le due torri di Properzio a pianta dodecagonale.



(foto da internet)



Tra gli edifici religiosi segnaliamo la chiesa di Santa Maria Maggiore (XII-XIII secolo), con grandi tesori d’arte all’interno: sul lato sinistro della navata la splendida cappella Baglioni decorata con affreschi del Pintoricchio, oltre a dipinti del Perugino e un antico pavimento in maiolica di Deruta (1516). Del Pintoricchio è anche la grande tavola Madonna e Santi (1508) custodita nella duecentesca chiesa di Sant'Andrea, che conserva anche un Crocifisso di scuola giottesca, ed è esposto il corpo del Beato Andrea Caccioli, compagno di San Francesco.






(foto da internet)


Oltre al palazzo Comunale, sede della Biblioteca, dell’Archivio storico e dell’Accademia di Studi Costantiniani, da visitare palazzo Baglioni (1358), palazzo dei Canonici, sede della Pinacoteca, e la chiesa di San Lorenzo (XII secolo), che conserva un prezioso tabernacolo in marmo, opera monumentale dello scultore Flaminio Vacchi (1587).

Nei dintorni l’interessante chiesa di San Claudio, bellissimo esempio di architettura romanica, la chiesa di San Girolamo con annesso convento, complesso edificato nel 1472 con il finanziamento di Braccio II Baglioni, signore di Spello, Villa Fidelia (XVI secolo), edificata dove un tempo sorgevano il Tempio di Venere, il Teatro e le Terme, ospita una ricca collezione di quadri, sculture, oggetti di antiquariato.

Il complesso di San Girolamo -il luogo scelto da Veltroni- si colloca nella parte più suggestiva del territorio: la zona, a ridosso del monte Subasio, è caratterizzata da una vegetazione che in modo naturale ha seguito nel corso degli anni la morfologia del monte, sviluppandosi in modo omogeneo alle prerogative ambientali e naturalistiche del luogo.




(foto da internet)



Celeberrima è anche la cosiddetta Infiorata, una rievocazione storico religiosa, che ha luogo tra maggio e giugno, nel giorno del Corpus Domini. Anticamente le strade della città venivano adornate di fiori per il passaggio della processione, poi con il passare degli anni si cominciò a conferire alle infiorate sempre più una forma artistica. Dal gettare semplicemente petali di fiore sulla strada si passò alla creazione di veri e propri disegni che oggi hanno raggiunto un elevato livello artistico. Gli infioratori lavorano tutto l'anno per la preparazione della loro infiorata raccogliendo erbe e fiori in ogni stagione. La maggior parte del lavoro viene fatto in primavera e, nei giorni che precedono l'evento, vere e proprie squadre di infioratori sono impegnati nella raccolta dei fiori sul monte Subasio. Ci vogliono numerosi giorni per la preparazione del disegno e per il reperimento dei fiori e delle foglie, alcuni utilizzati freschi altri fatti seccare, in modo da raggiungere le varie tonalità cromatiche. I disegni sono generalmente a sfondo religioso e sono creati da famosi artisti di fama nazionale. Le infiorate sono realizzate su fondo stradale, devono avere una superficie di almeno 24 metri quadri ed una lunghezza minima di 12 metri lineari. L'Infiorata di Spello ha inizio nel pomeriggio del sabato che precede la festa religiosa, e prosegue per tutta la notte, fino alle 8 del mattino. La notte dell'Infiorata è animata da migliaia di persone che attraversano senza sosta le strette vie del centro storico per vedere gli infioratori di Spello all'opera. La domenica mattina una giuria passa per giudicare e premiare la migliore infiorata, prima che siano calpestate dal passaggio della processione. Questo evento nel suo genere è considerato il più celebre d'Italia (vedi>>).


Un viaggio da non perdere!

lunedì 18 febbraio 2008

Alla ricerca del libro perduto

(foto da internet)
Nel Monferrato, sulle rive del Po, una vecchia sala da ballo e una moderna pista di discoteca non vedono più ballare persone, bensì pagine. Invece del rumore assordante di una discoteca c’è silenzio in giro, e ci sono tanti libri: quelli dimenticati, quelli mangiati dai topi, o lasciati in balia del tempo e dell’umidità.
Ma la carta è fragile solo in apparenza. Le parole hanno un sacco di pazienza, aspettano. “Frassineto Po, dove i libri non muoiono mai”, questo è lo slogan del primo outlet del libro in Italia, aperto sabato scorso. In realtà più che outlet sarebbe un "booklet". In questo caso outlet non significherebbe “finalmente i prezzi sono alla mia portata” e neppure “non posso, ma faccio finta”, com’è il caso degli spacci dei vestiti e delle scarpe. In questo piccolo paese del Monferrato, outlet vuol dire il libro che non si trovava più, quello che ormai stava in magazzino, a due passi dal macero. Ma significa anche libro raro, dove la preziosità non si misura in euro ma in difficoltà d’incontro e di acquisto. Il libro scomparso, usato, antico o solo vecchio, in bilico sul catalogo o già fuori, il controbestseller, il titolo perduto e recuperato.
(foto da internet)
L'atmosfera è da mercatino. Il bibliofilo si aggira tra le bancarelle con l'occhio dell’esploratore: guarda, mette a fuoco e a volte sente un tuffo al cuore perché ha trovato quello che cercava da anni. «I libri chiamano, avvertono il lettore della loro esistenza»: è la “libridine”. Il booklet è stato voluto da tre nomi importanti dell'editoria italiana: Gerardo Mastrullo -fondatore della casa editrice La Vita Felice, Claudio Maria Messina -del gruppo Robin Biblioteca del Vascello, ed Enrico Moretti -della Moretti & Vitali.
La megalibreria (che inizialmente sarà aperta il sabato e la domenica dalle 9 alle 13,30 e dalle 14,30 alle 19,00) si inserisce nel progetto Libri in Porto, che dal 2003 ha legato Frassineto Po ed il Monferrato a una iniziativa eccezionale nel suo genere: quella di diventare un Villaggio del Libro.

(foto da internet)
Un luogo dove i libri non muoiono mai, dove anche le pagine più antiche o dimenticate, quelle rare o semplicemente curiose, e la cultura di cui sono espressione sono protagoniste 365 giorni l'anno.
Qui bisogna dimenticare i colossi dell'editoria, l’outlet è il regno degli editori medi e piccoli. E di conseguenza gli sconti sono significativi: dal 30 al 75% sul prezzo di copertina. «Io faccio l'editore da vent’anni, ho circa 700 titoli in catalogo, più o meno un centinaio all'anno, ma solo gli ultimi dieci sostano in libreria per una novantina di giorni. Poi s’inabissano. Ed è una regola generale» spiega Messina.
Dunque si tratta di recuperarli dal fondo dell'oceano e farli riemergere.

domenica 17 febbraio 2008

Arte senza veli

( foto da internet)

Il nudo nell’arte è sempre stato oggetto di pesanti discussioni. Per questa ragione, fino all’800 il nudo era accettato solo se presentato in un contesto mitologico che permetteva ai pittori di sfuggire alla censura ecclesiastica. La rappresentazione del nudo femminile ha negli anni accumulato un enorme potenziale erotico inconscio ed è stata vittima dell’ira bacchettona dei singoli e delle istituzioni: la Venere allo specchio di Velázquez fu infatti aggredita a colpi d’ascia nel 1914 da una suffragetta, femminista ante litteram, che le cronache descrivono tanto brutta quanto infuriata ed i cui colpi provocarono un restauro fatto durare dalla amministrazione del museo oltre cinquant’anni, mentre la Maja desnuda, trasformata dalle poste spagnole in francobollo, assieme alla collega vestita, fu per anni respinta al mittente se spedita negli Stati Uniti, le cui autorità erano certe di preservare in tal modo la morale dei cittadini di quella grande nazione, ritenuta da sempre faro di libera circolazione di idee e democrazia.

(foto da internet)

Numerosissime sono anche le rappresentazioni di nudi maschili: basti pensare alle sculture greche dell’epoca classica, al David di Michelangelo, al Giudizio Universale della cappella Sistina. E neanche queste si sono sottratte alla rigida e imperante morale cattolica: il Giudizio Universale, per esempio, fu oggetto di una forte disputa tra il Cardinale Carafa e Michelangelo: l’artista venne accusato di immoralità e intollerabile oscenità e l’opera fu definita dalla Santa Inquisizione come “un bordello di nudi”. La reazione non si fece aspettare e la censura si materializzò nella “campagna delle foglie di fico”. Dopo la morte di Michelangelo, venne emessa una legge per coprire i genitali, lavoro che venne commissionato a Daniele da Volterra, un apprendista del pittore che coprì i genitali delle figure con delle specie di perizomi e dopo questo lavoro venne soprannominato "Braghettone”.



(Cranach il vecchio, Venere, foto da internet)


Fortunatamente questo oggi non succederebbe più. O forse sì? Pare che la censura non sia poi tanto lontana, dato che nel metrò di Londra non sarà affisso il poster con la Venere nuda del pittore rinascimentale tedesco Lucas Cranach il vecchio. Malgrado l'8 marzo apra alla Royal Academy of Arts la mostra dedicata all'artista, molto noto e apprezzato in Gran Bretagna, il quadro con la dea dell'amore e' stato giudicato "potenzialmente offensivo per i passeggeri". Si dovrà' quindi cercare un'altra opera 'meno nuda'. "Purtroppo non abbiamo una versione B con Venere vestita", ha risposto acido un portavoce del museo.



sabato 16 febbraio 2008

(dopo) S. Valentino


(foto da internet)

Dopo i festeggiamenti per San Valentino, pubblichiamo uno stralcio di un'inchiesta del serioso Times. Su cosa? Udite, udite, sul rimorchio!
Riassumendo, lo studio cerca di analizzare l'arte della conquista secondo le nazionalità. Cominciamo.

Tedeschi
La conquista è per loro come uno sport estremo. Tutto si riduce a tre elementi essenziali: resistenza, tecnica e giusto equipaggiamento. Da queste parti la frase più gettonata per provarci con una chiodina è: "I tuoi occhi hanno lo stesso colore della mia Porsche". Sembra che funzioni alla grande. Va forte anche "Vuoi vedere la mia collezione di pistole?". Secondo lo studio in questione, le chiodine tedesche vorrebbero un uomo che le sapesse ascoltare ma che non fosse assillante; che mostrasse le proprie debolezze ma che non fosse un buono a nulla; che avesse il dono della parlantina ma non la passione per il pettegolezzo; che avesse senso dell’umorismo ma anche un po’ rude.

Americani
Strategia, pianificazione, opportunismo ed esecuzione: queste le regole del pragmatismo americano alla conquista dell’altra metà del cielo. Contano anche il sorriso e le buone maniere

Italiani
Maschio in crisi (in tutti i sensi). Oggi sono sempre di più le chiodine che fanno il primo passo. Malgrado tutto, però, la fama di rubacuori del chiodino italiano resiste nel tempo. Il segreto? La capacità di fare i complimenti sempre e ovunque (il "ciao bella" è quasi un marchio registrato) e, soprattutto, il fatto di non dover ricorrere all’alcool per avvicinare una chiodina (come accade in altri paesi).
(foto da internet)

Francesi
Forse una volta, bastava incrociare lo sguardo di una chiodina in un caffé o in una galleria d’arte e metà del lavoro era fatto. Con i ritmi forsennati di oggi, invece, una conquista è un’autentica impresa e non ci sono regole fisse. Anzi, sì. Una, la solita: far ridere. Secondo le chiodine francesi, però, i chiodini spesso se ne dimentichino e puntano piuttosto sull’approccio rude, quasi maleducato. Insomma, vanno subito al sodo, alla faccia del romanticismo!

Australiani
"Se a un barbecue ti fai una birretta e vedi una ragazza che sta facendo lo stesso, allora significa che avete qualcosa in comune". In questa frase è racchiusa tutta la tecnica spicciola di conquista dei giovani Aussie, eterni bamboccioni con fisici bestiali e modi non proprio da dandy, che teorizzano la necessità del grappino per sfogare la loro spavalderia e farsi coraggio con le donne, mescolando il tutto con un’eccessiva sicurezza in se stessi e un umorismo sopra le righe.

E gli ispanici?

venerdì 15 febbraio 2008

Un pirata ciclista

(foto da internet)

Il mondo del ciclismo commemora il quarto anniversario della morte di Marco Pantani, il Pirata. Stasera la RTV di San Marino proporrà - dal Teatro di Cesenatico – "Il Mito Spezzato”, uno speciale dedicato all’asso del ciclismo, la cui vita è stata prematuramente stroncata da una overdose di cocaina il 14 febbraio 2004, almeno secondo l’inchiesta ufficiale.
Ci saranno testimonianze di tifosi d’eccezione come Davide De Zan (telecronista sportivo) o Vittorio Zucconi (giornalista di La Repubblica). In onore alla sua passione per la musica (quando, nel Giro del 1996, un infortunio gli impedì di gareggiare, lui ci volle comunque essere, e cantò la sigla della trasmissione E adesso pedala), Gaetano Curreri, voce degli Stadio, interpreterà E mi alzo sui pedali, colonna sonora della fiction a lui dedicata Il pirata.


(foto da internet)

Due ore di diretta in cui ospiti illustri e servizi giornalistici tenteranno di ripercorrere le tappe più significative dell’iter sportivo e umano del campione. Ci sarà Philippe Brunel, giornalista francese di L'Equipe e amico di Marco, autore di Gli ultimi giorni di Marco Pantani (edito da Rizzoli), il quale, oltre a ricostruire in maniera fortemente critica le indagini ufficiali - tanto da far riaprire di nuovo il caso sulla morte del Pirata da parte della procura di Forlì - contribuisce ad alimentarne il mito. Brunel ha detto che il suo «è un atto di ringraziamento per la generosità del ciclista nei confronti dei cronisti sportivi che come me lo seguivano». Purtroppo in Italia, ad eccezione del libro di rivelazioni della madre di Pantani, che uscirà a breve, non ci sono pubblicazioni significative su questa tragica vicenda.


(foto da internet)
Il libro pone tanti interrogativi su ciò che accadde in quella stanza d'albergo. È proprio vero che non ci fosse nessuno con Pantani quella sera? Perché è stata solo presa in considerazione come causa del decesso accidentale l'overdose per cocaina e sono state scartate frettolosamente altre ipotesi, sollevate per esempio da inspiegabili ecchimosi dietro le orecchie di Pantani? E perché il medico che eseguì l'autopsia portò a casa propria il cuore di Marco nel timore che qualcuno lo trafugasse?
È lungo l'elenco dei dubbi formulato nella contro-indagine, mentre sono lapidarie e poco convincenti, per il giornalista transalpino, le risposte dell'inchiesta, già riaperta una volta dopo che la mamma di Pantani parlò di minacce subite dal figlio a Campiglio dopo la tappa del 5 giugno 1999, tappa che ne provocò la sospensione.
Certo è che quel giorno iniziò la lunga discesa del ciclista amante della musica, la cui vita si concluse tragicamente in una stanza d'albergo, proprio come per Luigi Tenco. E, come nel caso del cantautore, che ancora fa discutere a quarant'anni dalla morte, la fine del pirata sembra una never ending story.

giovedì 14 febbraio 2008

Capolavori di uso quotidiano

(foto da internet)

"Se qualcosa ci salverà, sarà la bellezza", diceva il recentemente scomparso Ettore Sottsas, genio della creatività italiana, che trasformò l'Italia in un paese protagonista del gusto mondiale. E la bellezza si può trovare ovunque: in una caffettiera, in una libreria, in una macchina da scrivere, in una sedia, in una radio. Oggetti di uso quotidiano che hanno scritto la storia dell’italian design e che lo hanno reso famoso a livello mondiale. Proprio per questo era inspiegabile che finora in Italia non ci fosse un museo che li mettesse in mostra, come succede a Londra o a New York.

(Donna, Gaetano Pesce, 1969)


Finalmente il museo c’è, inaugurato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nella Triennale di Milano. All’inizio i visitatori rimangono a bocca aperta, sorpresi perché nelle teche del museo ci sono oggetti presenti nelle case di molti di loro. "Mettere in mostra la Gioconda è facile: il difficile è capire quali oggetti di uso quotidiano siano dei capolavori", spiega Silvana Annicchiarico, architetto e curatrice della mostra. Eppure tutti noi viviamo fra gli oggetti che hanno fatto la storia del design e, senza farci caso, li usiamo tutti i giorni.


(foto da internet)

Annicchiarico, direttrice del Museo del Design Italiano, ha dato alla manifestazione un’impostazione innovativa:

Faremo vedere gli oggetti di sempre raccontando una storia. Ogni 15 mesi una mostra intorno ad un grande tema, perché attraverso questi oggetti si può capire meglio la storia del nostro Paese. Potevamo scegliere una esposizione anagrafica. O cronologica (il dopoguerra, il boom...). Oppure scegliere gli stili. Abbiamo pensato di intraprendere un’altra strada. Anche perché noi pensiamo che la storia del design in Italia cominci nell’antichità. Basta guardare gli oggetti delle case di Pompei. Tutti avevano forme umane o animali, proteggevano i proprietari e non sono mai stati pensati come semplici utensili di uso quotidiano, come è accaduto invece in Germania o in Danimarca. Per noi fin dall’antichità gli oggetti erano qualcosa di magico. Parlavano di noi. Scelgo l’imbuto di Stefano Giovannoni che è una maschera, un Pinocchio. Da Pompei a oggi la storia del design è punteggiata da burattini, da maschere, da librerie che diventano quinte teatrali. Come se la casa fosse un teatro, nella quale gli oggetti si muovono come nelle fiabe.

mercoledì 13 febbraio 2008

La pizza (doc?)


(foto da internet)

Da Bruxelles sono giunte otto normative per la vera pizza napoletana. Negli ultimi giorni di vita del governo Prodi, Laura La Torre, direttore generale per la qualità dei prodotti alimentari del ministero per le Politiche agricole e forestali, ha consegnato alla Gazzetta ufficiale europea la proposta di riconoscimento del marchio di S.T.G. (specialità tradizionale garantita) della pizza napoletana.
Alla fine del 2008 chi vorrà esporre il marchio S.T.G. per la sua pizza napoletana protetta dovrà rispettare pesi, ingredienti, tempi di cottura, dimensioni.
I comandamenti sono molto rigidi.
Venti minuti per l'impasto, due ore di lievitazione. Realizzazione di panetti per le singole pizze tra i 180 e i 250 grammi, il disco di pasta steso dovrà avere al centro lo spessore non superiore a 0.3 centimetri e al bordo non superiore di 1-2 centimetri formando così il cosiddetto cornicione.
Altre norme: con un cucchiaio si depongono al centro del disco di pasta 80 grammi di pomodori pelati frantumati, con movimento a spirale il pomodoro viene sparso su tutta la superficie centrale.
La cottura si realizzerà solo in forni a legna dove si raggiunge una temperatura di 485 gradi. In quanto all'aspetto finale: cornicione rialzato, colore dorato, morbida al tatto e alla degustazione da un centro con la farcitura dove spicca il rosso del pomodoro cui si è perfettamente amalgamato l'olio.
I divieti: La pizza va consumata immediatamente appena sfornata. L'eventuale asporto verso abitazioni o locali differenti dalla pizzeria determina la perdita del marchio. Come faranno i tifosi che si godono la partita organizzando una pizza con gli amici? Mangeranno una pizza qualsiasi. Niente marchio.
E per finire: la pizza deve avere un diametro di non oltre i 35 cm; calorie: 149,47 per 100 grammi per la Marinara, ad esempio.
A quando la ricetta della pizza alla burocrazia?








martedì 12 febbraio 2008

Un film di Nanni Moretti

(foto da internet)

Nelle sale dall’8 febbraio Caos calmo: il nuovo film di Nanni Moretti, in quest’occasione in panchina dalla regia.
Attore, regista, produttore, direttore di festival, le molte anime di Moretti si ramificano, si sovrappongono, si intersecano. L'effetto-Moretti è sempre lo stesso. La cassiera del botteghino, al cinema torinese, ha impiegato 25 minuti a vendere i 450 biglietti per la première nazionale, in anteprima per il pubblico, a pagamento: un tributo al Torino Film festival.
È probabilmente l'unico regista e autore italiano della sua generazione che può concedersi il lusso di fare i film che vuole, come e quando vuole, investendo sulla credibilità della storia e sulla visibilità degli attori. La sua regia è essenziale, basa tutta la sua bravura su invenzioni di sceneggiatura brillanti che portano i riflettori dei mass media su temi e critiche importanti. È un regista politico, certo, ma anche intimista. La chiave del suo successo è il pubblico. Chi meglio di lui ha saputo spiegare, raccontare, far vivere una paternità, (quando sua moglie mette alla luce Pietro, che il pubblico conosce in anteprima in Aprile -1996) i suoi limiti, i suoi pregi? In fondo, Moretti parla al pubblico come l'amico del bar, quello seduto a tavolino con davanti un bel caffè.
(foto da internet)
Il suo film cult, quello che lo fa entrare definitivamente a contatto con il pubblico e la critica, è Ecce bombo (1978), presentato al Festival di Cannes. Dopo, alla fine degli anni Ottanta, arriva Palombella Rossa, vero e proprio omaggio alla pallanuoto (in realtà pretesto per parlare dell'ennesima crisi d'identità), un successo in Francia.


(foto da internet)

Del 1993, è il suo capolavoro: Caro diario. La pellicola è divisa in tre parti: In vespa, Isole e Medici. Si passa dai sentiti omaggi al cinema e alla città che l'ha cresciuto, Roma, fino alla scoperta di un tumore benigno, senza tralasciare un'ironica critica alla televisione.
Nel 2001 affronta il tema della paternità interrotta e dell'elaborazione di un lutto familiare in La stanza del figlio, con cui vince la Palma d'Oro a Cannes per il miglior film, e il Nastro d'Argento per la categoria miglior regista. Nel 2006 dirige il politicamente schierato Il caimano, sottile atto di denuncia verso Silvio Berlusconi. Il film fa incetta di David di Donatello (Miglior Film, Miglior Regista, Miglior Produttore).
Ma non è solo la politica anti-berlusconiana la leva sulla quale Moretti fa peso per attirare l’attenzione. Ci sono la crisi della generazione post-sessantottina, la mediocrità della classe dirigente, il masochismo della sinistra (ai posteri la frase: «D'Alema, dì una cosa di sinistra!»), la volgarità della televisione e l'indifferenza cinica della gente.


(foto da internet)

Adesso è la volta della panchina e di fare l’attore. Caos calmo, tratto dal romanzo di Sandro Veronesi, è la storia di un lutto. Il regista Antonello Grimaldi affronta il romanzo con delle varianti, la principale è il luogo dell'azione: non più Milano ma Roma (nonostante un finale con neve fitta). Caos calmo, storia interiore, visione dell'indifferente dolore della gente giovane e ricca, elaborazione di una perdita, è quello che Pietro Paladini ha nel cuore da quando ha perso sua moglie Lara.
Un giorno d'estate Lara muore all'improvviso, ma lui non è con lei, in quel momento è in mare e sta salvando la vita a una sconosciuta. Sua figlia Claudia ha dieci anni e frequenta la quinta elementare. Pietro, per paura di una sua possibile reazione negativa alla morte della madre, decide di accompagnarla a scuola e l’aspetta fino alla fine delle lezioni su una panchina nei giardinetti prospicienti la scuola. Così giorno dopo giorno. E sulla panchina, con la scusa di consolarlo, lo accompagnano i suoi amici o conoscenti. Quasi sempre infastidendolo, gli parlano dei problemi di lavoro o di questioni familiari.
Moretti, ancora una volta, parla al pubblico, fra nevrosi e dolore: crucciato, in equilibrio fra dubbi e tormenti, con una mimica che dice di più, sulle contraddizioni e le ansie, di quanto non dicano le battute di dialogo che gli si ascoltano attorno. Personaggio e film raccontano, con pudore e sensibilità, i temi sommersi o repressi che attraversano una società che sembra aver smarrito il proprio centro.