(foto da internet)
ll nostro viaggio continua ancora verso sud, in Emilia Romagna, in provincia di Rimini. Ci dirigiamo al borgo di San Leo, che deve il suo nome al Santo Leone che, giunto insieme a San
Marino dalle coste della Dalmazia, avrebbe evangelizzato la zona diventandone
il primo vescovo.
Il monte su cui poggia San Leo dà nome all’intero
comprensorio: il Montefeltro, storicamente appartenuto alle Marche.
San Leo svetta su 600 metri d’altezza; la rocca domina la vallata e un panorama di boschi, picchi rocciosi e
calanchi che si spinge fino al mare. Il borgo è raccolto e
compatto, ancora lastricato in pietra e pervaso di una rilassante atmosfera.
La visita al borgo inizia dall’edificio
più antico, la Pieve, che raccoglie intorno a sé il nucleo della città
medievale. Costruita in epoca carolingia e rimodernata in età romanica, la pieve sarebbe sorta tra VIII e X secolo nel luogo –
sostiene la tradizione – dell’originaria celletta in cui San Leone si ritirava
in preghiera. L’interno è a pianta basilicale con tre navate separate da
pilastri e colonne.
(foto da internet)
In quello stesso secolo, accanto alla pieve fu eretta la
Cattedrale, consacrata al culto del Santo Leone. A partire dal 1173 (la data è
scolpita sul pilastro di una navata) la cattedrale fu completamente rinnovata
nelle forme romanico-lombarde e unita alla possente
torre campanaria di probabile origine bizantina. Nel catino dell’abside centrale del presbiterio è conservato un
Crocefisso del XIII secolo, mentre nella cripta le colonne hanno capitelli
bizantini.
Da non perdere la piazza Dante Alighieri con gli edifici civili e la sede
municipale, la chiesa della Madonna di Loreto e
abitazioni costruite fra il XIV e il XIX secolo.
(foto da internet)
Fuori dall’abitato, per ragioni difensive, si erge la Fortezza costruita in cima a uno sperone di roccia in quasi miracoloso
equilibrio. Il mastio medievale, fu disegnato nel 1479 per volere di Federico da Montefeltro. La fortezza fu
protagonista di importanti vicende guerresche durante il periodo
rinascimentale, che alimentarono la fama della sua inespugnabilità. Con la
devoluzione del ducato di Urbino allo Stato Pontificio (1631), la rocca perse
il suo scopo militare e fu adattata a carcere. Dal 1791 e fino alla morte avvenuta nel 1795, vi fu rinchiuso il
conte di Cagliostro, uno dei più enigmatici avventurieri dell’età dei Lumi. Il
carcere fu utilizzato anche per molti patrioti antipapalini.
A circa due km dall’abitato si trova il convento di
Sant’Igne, la cui fondazione è attribuita a San Francesco.
(foto da internet)
Da degustare il celeberrimo coniglio al finocchio selvatico, il cosiddetto balsamo di Cagliostro, un digestivo a base di liquirizia e il miele della zona.
Buon viaggio!
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