(foto da internet)
Nulla è casuale: l’insulto è uno specchio della nostra cultura. Il celeberrimo scontro - prima verbale e poi fisico - tra
Zidane e Materazzi nel corso della finale della Coppa del Mondo di Germania è stato oggetto di un accurato studio sociologico sulle volgarità del mondo occidentale, i cui risultati sono pubblicati dall' ”
International Journal of Intercultural Relations”.
A nessun italiano ha meravigliato l’insulto di di Materazzi alla madre e alla sorella del rivale (anzi, forse, hanno stupito di più i
fiumi di parole che ha generato), ma sì è stata considerata spropositata la reazione del campione franco-algerino (la famosa testata al petto punita con l'espulsione).
Scontro di culture: l’offesa che chiama in causa gli affetti familiari (il più delle volte femminili), è tipicamente italiana. Se in Italia è accolta con una normale indignazione, all’estero non è automatico che sortisca lo stesso effetto.
Lo
studio, coordinato dal professore olandese Jan Pieter Van Oudenhoven e realizzato in dieci università europee e degli Stati Uniti, raccoglie le testimonianze di quasi tremila studenti di undici paesi. Testimonianze sotto forma di volgarità, espresse a ruota libera e commentate, per essere poi catalogate per paese e per categorie. Il risultato: una lista infinita di dodicimila insulti, che i ricercatori hanno diviso in sedici grandi gruppi. Ce n'è per tutti i gusti (o per ogni tipo di cattivo gusto). Dall’italiano
imbecille allo spagnolo
cabrón, dall'inglese
asshole al francese
putain.
(foto da internet)
Conclusione: quando state per mandare qualcuno a quel paese, sappiate che niente di quello che direte è mai lasciato al caso. Ogni mostruosità che esce dalla bocca, per quanto aberrante, ha una sua ragion d'essere. In realtà dietro ogni insulto c'è un pezzo di storia della società che lo produce. Gli italiani, pare, siano il popolo del
“vaffanculo”, (per concludere a gesti: quello di
Alberto Sordi nei
Vitelloni (1953) –regia di Federico Fellini), per un’accentuata tendenza a fare con insistenza riferimento agli organi genitali e ai rapporti sessuali, frutto di una cultura centrata sulla mascolinità e la virilità, comune a tutti i paesi mediterranei. Indovinate che cosa ha detto
Totti all'arbitro?
Nei paesi latini, la mancanza di educazione è tema ricorrente, così come lo sono i riferimenti agli handicap fisici. Anche se quel che è certo è che essere donna mette almeno in parte al riparo dagli insulti: questione di buona creanza, regola non scritta dell'educazione. Ma la regola non vale per la Germania e la Croazia. Qui è vero il contrario: le donne ricevono più insulti degli uomini. C’è una differenza notevole tra gli insulti pronunciati dai due sessi. Le donne attribuiscono un valore speciale all'intelligenza umana, tanto che, nel 52 per cento dei casi, profferiscono insulti corrispondenti alle parole, italiane, idiota o stupido. Termini, questi, utilizzati invece solo dal 30 per cento degli uomini, ossessionati piuttosto dalle caratteristiche fisiche della persona oggetto dei propri apprezzamenti.
(foto da internet)
L’Italia degli insulti: ha un'incorreggibile tendenza a riferirsi agli organi genitali e all'atto sessuale, con luride digressioni sugli escrementi e la parte del corpo dalla quale vengono espulsi. Pensa di vivere circondati da persone affette da seri
disturbi mentali, minorati fisici e impotenti sessuali.
E gli unici insulti che non rientrano nei costumi nazionali sono quelli legati alla mancanza d'igiene e alle malattie e i riferimenti satanici.
P.S.: Fare
le corna non è solo un gesto di scaramanzia. Non fategliele mai a un italiano, maschio, se siete al volante. L’offeso potrebbe fermare la sua automobile, scendere e dirvene di tutti i colori (se siete donne, se siete uomini è meglio non pensarci!!!)