
(foto da internet)
Gli italiani sono sempre più annoiati della politica: destra, sinistra o centro, le cose non cambiano e il pessimismo cresce e cresce. Di una politica così cangiante e, in molti casi, inetta, davvero non se ne può più! Tanto è così che anche i Telegiornali stanno facendo, con sempre maggior frequenza, una scelta editoriale ben precisa: privilegiare la cronaca nera, raccontando l'Italia della provincia, quel pezzetto d’Italia quasi completamente espulsa dall'immaginario mediatico collettivo.
Allora, via alle interviste per strada, per capire gli umori dal basso. Si sa cosa succede a Udine o a Barletta? No: tutto si concentra sull'asse Roma - Milano, e se si parla di organizzazioni criminali si fa una puntatina su Napoli (purtroppo sempre più sulla scena per i problemi dei rifiuti) o su Palermo. Roma e Milano, ovviamente, sono metropoli importanti, ma che certo non rappresentano tutta l'Italia.
Se c’è il
noir, la provincia esce dall'anonimato e diventa protagonista. Ma, alla fin fine, sono comunque cifre negative che indicano un malessere sociale. In altre parole: gli
episodi di cronaca fungono da testimonial di un malessere sociale che pure esiste, ma che, certo, il
taglio dato a un evento potenzia e amplifica, com'è successo con il
caso Cogne.

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Il
Tg1 resta saldamente leader, ma il
Tg5, da quando ha dato priorità alla cronaca nera, ha notato gli effetti sull'audience.
Nonostante la contro-programmazione dei quiz, gode di buona salute anche
Studio Aperto, su Italia1. E, questo, senza aver rinunciato alla «politica non politicata» applicata al carovita o alle difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro, e garantendo quel target giovane che caratterizza la rete.
Non è un caso che il taglio a tutta cronaca sembri contagiare anche il
Tg2, un telegiornale con un format basato sull’informazione e coadiuvato da rubriche consolidate, quali
Costume & Società e
Medicina 33. Infine, il
Tg3 che, sebbene continui con la scelta di privilegiare i temi «difficili», dai diritti negati alla sicurezza sul lavoro, si assicura una certa audience.
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Anche i
talk show hanno acceso i fari sul
noir, e privilegiano, ormai, la cronaca rispetto alla politica, com’è il caso di
Porta a Porta su Raiuno, che, però, deve vedersela con un agguerrito
Matrix, su Canale 5.
Chi invece non cerca vie di fuga nella «nera», cavalca con successo l'antipolitica. È il caso di
Michele Santoro, che è riuscito con
AnnoZero a dar voce a una sinistra arrabbiata, poco istituzionale, ma che pesa sull’
Auditel. E anche
Ballarò, su Raitre, nato come contenitore riformista, ha propeso per la causa del trend anti-casta.

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Da una parte c’è Mediaset che descrive l'Italia come un paese «incazzato» e catalizza in chiave antigovernativa un malcontento diffuso, dall’altra c’è la Rai che preferisce la via dell'antipolitica perché garantisce ascolti, e anche immagine.
E allora dov’ è l'Italia positiva di cui parla Prodi? Infatti, quello che i TG non raccontano mai è l'Italia normale, quella che lavora e, perché no, in alcuni casi, funziona pure, ovvero quella maggioranza silenziosa e laboriosa che ha consentito il boom dell'export del made in Italy. Un record di cui Prodi si bea, ma che, in TV, ormai, non trova spazio.