lunedì 5 marzo 2007

CONFERENZA-PRANZO


(Plinio Nomellini. Il fieno. Foto da internet)

Che cosa si mangiava in Italia a metà dell'800? Dagli studi condotti sull'alimentazione nel XIX secolo, si ha un quadro impressionante delle condizioni di vita delle popolazioni rurali e urbane.

Si mangiava pane di granoturco, minestre nelle quali si utilizzavano le materie più scadenti come polenta, patate, castagne, legumi che costituivano la quasi totalità del vitto. La carne era esclusa, eccetto quella da cortile, e una volta ogni tanto.
Questo tipo di alimentazione comportava, specialmente al nord, gravi e inevitabili conseguenze sanitarie come la pellagra.

La frutta era principalmente costituita da mele, pere e frutta minore, nonché da uva, che veniva trasformata in vino e che più che bevanda era cibo.

Al sud e nelle isole, il clima più mite consentiva una cucina a base d'olio, pomodoro e verdure, pane, pastasciutta nonché pesce e agrumi.


Si pensi, ad esempio, che il rancio preunitario dell'esercito sardo aveva alla base una robusta razione di pane, cui si aggiungeva un monotono susseguirsi di brodi di verdura e carni lessate, in cui si cuoceva cavolo, riso, pasta e legumi, con integrazioni di conforto come gli alcolici e il vino in speciali occasioni.

La carne da brodo lessata proveniva dalle vaccine più vecchie ed era naturalmente indigeribile.

Gli animali pesanti da fattoria erano allevati principalmente per il lavoro, poi per il latte e la riproduzione. Ne conseguiva che solo in avanzatissima età venivano abbattuti o cadevano da soli.

La quantità giornaliera di carne, alta anche secondo gli standard odierni, non deve quindi trarre in inganno.

Si trattava in genere di carne di scarsa qualità e valore nutritivo, detta anche frattaglia.

Nel nord solo il maiale faceva eccezione dove, nei mesi invernali, le parti meno nobili e grasse della bestia costituivano l’integrazione alimentare più importante. Col grasso, lardo, strutto poi si cucinava tutto l’anno. Essendo la carne di maiale un alimento deperibile, anche se insaccato (ricordiamo che le principali norme igieniche usciranno dalla scienza alla fine del secolo), difficilmente trovava posto nell'alimentazione militare nella versione arrosti-braciole.
Solo a fine secolo cominciano a fare la loro comparsa cibi conservati in scatola (non molto apprezzati), brodo concentrato, rum, grappa.

Se volete saperne di più sulla cucina e sull'alimentazione dell'unità d'Italia, il Centro Giacomo Leopardi di Valencia ha organizzato un'interessante conferenza-pranzo (a cura del professor Angelo Castro).

L'appuntamento per tutti gli storici-buongustai-curiosi è per venerdì 9 marzo 2007, alle ore 13.30, presso il ristorante Alter Ego (C/Conde de Altea, 40, Valencia).

E' richiesta la prenotazione: 96 36 21 711.
Chiudiamo con una canzoncina-gioco su Giuseppe Garibaldi, uno dei personaggi più importanti del Risorgimento, che cantavamo a scuola da bambini.

Regole del gioco: prima bisogna cantarla così com'è, e poi con una sola vocale (ad esempio, usando solo la e, e così via... buon divertimento e buon appetito!):


Garibaldi fu ferito

fu ferito ad una gamba

Garibaldi che
comanda

che comanda
i suoi soldà

5 commenti:

Pilar ha detto...

L'estate scorsa ho potuto assaggiare la polenta alla valdostana dopo una bella passeggiata dal rifugio Vittorio Emanuele, da dove escono gli alpinisti per scalare la cima del Gran Paradiso, al rifugio di Chabod (splendide panoramiche).
La polenta mi era piaciuta moltissimo. Da piccolina cantavo la canzone "Quando si pianta la bella polenta, si pianta così..." senza sapere cosa era in realtà, era molto divertente per me.
A Morgex altro giorno abbiamo assistito all'esibizione del gruppo "Storicanti" di folclore italiano che suona la fisarmonica, adesso ascolto il CD mentre scrivo questo commento...
Mi piacerebbe condividere questo piacere con voi, ma non so come inviare la musica. Peccato!

Anonimo ha detto...

Me parece una iniciativa muy interesante.

Adriana C. ha detto...

Viva "Carrefour" che vende la polenta argentina!

Anonimo ha detto...

Nelle guerre anche si mangiava di qualcosa somigliante al coniglio. Ma come ha detto uno scrittore la vera revoluzione global fu la invenzione del frigorifero o il surgelatore, essi ci ha permesso di consevare dei cibi, nonché di assaggiare la cucina lontana odierma invece di utilizare la sale o altre metodi di conservazione che erano i suoi sostituti...
Saluti
Alberto

Anonimo ha detto...

Penso che, nel XIX secolo, il nutrimento nel mio paesino fosse molto similare all'italiano. Ma, quando ho letto quello della polenta fatta di farina di granoturco, ho ricordato quello che mio padre mi raccontava del "pane nero"(pa negre) fatto con farina di mais(blat de moro); purtroppo molto popolare nel mio paesino dopo la Guerra Civile.