martedì 13 marzo 2007

BUENOS AIRES: UN PORTO DI MARE


(Foto da Internet)
Per un italiano, alcuni paesi dell’America del Sud rappresentano il punto d’incontro della Spagna con l’Italia. Nonostante si parli castigliano (o portoghese), sono molte le abitudini che accomunano questo sud con il mondo di casa nostra. Diamo un po’ un’occhiata al paese sudamericano che ha visto concentrata, probabilmente, la più grande emigrazione italiana del XIX e XX sec., ovvero l’Argentina.
In molte famiglie ci sono parenti, più o meno prossimi, che hanno inseguito il sogno americano, con l’intenzione di “fare l’America” in Argentina. I cognomi argentini, sempre in primo piano nel mondo del calcio, indicano origini nostrane e, seppur con pronuncia spagnola, suonano familiari, indiscutibilmente italiani.
Proprio il quartiere argentino per antonomasia, La Boca, patria del tango, di Caminito, ormai diventato un museo all’aria aperta e meta prediletta di artisti di strada, ballerini e suonatori di bandoneón, è stato ricreato a immagine e somiglianza della città italiana di Genova. Scriveva, nel 1930, il cronista Souza Reilly a proposito del quartiere "genovese" di Buenos Aires: «Non appena giungete alla Boca del Riachuelo, i vostri cinque sensi vi grideranno all'orecchio come un
capostazione: "Genova! [...] Le parole, gli odori, i sapori, insomma tutto vi produrrà l'impressione pittorica, panoramica, superficiale di trovarvi a Genova. Una manciata di casette variopinte, il porticciolo gremito di imbarcazioni, la parlata genovese che risuona nelle strade, e ovunque il profumo inconfondibile della farinata e della focaccia calda...» Così era La Boca: una Genova in miniatura, popolata da marinai e pittori, massaie e prostitute, poeti vernacolari e contrabbandieri, commercianti e compositori di tango. Dipinte e ritoccate continuamente con le vernici delle imbarcazioni, le casette di La Boca conferivano al quartiere l'aspetto pittoresco che lo ritrae nell'immaginario urbano di Buenos Aires come un luogo esotico, come la piccola Genova dove gli immigrati avevano imposto il modus vivendi della loro patria. Un quartiere variopinto e inquietante, povero e fiorente allo stesso tempo, in cui l'immigrazione, prevalentemente ligure, aveva imposto pacificamente l'uso del dialetto genovese. Punteggiate di parole italiane, e più spesso ancora di termini genovesi, queste storie cominciavano immancabilmente con la nave da cui scesero i nonni -o i genitori: tutti avevano la ferma determinazione di voler passare dalla povertà a una discreta ascesa sociale attraverso la redenzione del lavoro.
Ma l'anima di La Boca non è solo l'orgoglio di un'immigrazione industriosa, il quartiere è anche il luogo degli altri due temi fondamentali della comunità immigrante creolizzata: la pittura e il tango. La Boca degli anni d'oro, ossia dalla seconda metà del secolo scorso fino alla fine degli anni '60, era il quartiere boemio; e del tango, la Boca ne è uno dei luoghi mitici, sia perché il tango esprime la malinconia degli immigrati, sia perché l'angiporto forniva lo sfondo adeguato per un ballo di origine postribolare, e per canzoni i cui testi erano scritti in lunfardo, il gergo della malavita infarcito di espressioni dialettali italiane, spesso genovesi.
Nonostante appartenga a un’epoca che fu, il fascino del quartiere rimane intatto per il turista italiano, pronto a scoprire una città che, dopo la profonda crisi del 2002, è entrata prepotentemente nelle mete turistiche per il basso costo della vita; una città che, di nuovo alla ribalta internazionale, incuriosisce il viaggiatore e lo affascina, giacché gli permette di riscoprire nell’emisfero australe un mondo così vicino e così lontano.
Se ne avete la possibilità buon viaggio!

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Molto interessante il post.

Anonimo ha detto...

Molto curioso il dialetto genovese. e' incomprensibile.

Anonimo ha detto...

Il lunfardo è studiato come lingua pidgin

Anonimo ha detto...

Il post mi è sembrato molto interessante,io sona stata tre anni fa e vale la pena andarci.

Adriana C. ha detto...

Essercitando il lunfardo:
“El pibe hacia fiaca cuando el capo no lo veía. De estudiar, ni hablar, había bochado todas en segundo y lo único que le quedaba por delante era laburar, así se lo había mandado el “jovie”.Una tarde, después de manyar, lo agarró y le dijo”si no querés terminar de cafishio viviendo de un yiro te ponés a laburar, porque los libros a vos te muerden”…y así fue, pero el laburo tampoco le gustaba. El era “zeneize de cuore” y lo que más quería era jugar al “fulbo”, no es que fuera pelandrún, pero la pelota le gustaba más que el laburo y los libros.
Mientras el capo se iba a afilar a la hija menor de la Coca, el pibe aprovechaba y se iba al campito, lo ponía al gordo”Bachicha” de arquero y dale! Meta tirarle pelotazos, claro, eran todos goles, el gordo Bachicha ni se movía, entonces el pibe se agrandaba y se creía Rojita!
Después de un rato, el Mario le gritaba ¡Atenti! Y él salía rajando para la verdulería para llegar antes que el Capo…”el esquifoso ese del Genaro, lleno de guita y contando las batatas una por una, a ver si le habían afanado alguna, y con la mishiadura que había una batata podía ser la cena…pedazo de amarrete!
El pibe soñaba, despierto, siempre soñaba con llegar a ser jugador de fulbo y meter goles en “La Bombonera”, su único miedo era que alguno lo enyetara y le aguara la festichola…
Adriana Creatore de marín.
Lontano da "casa" leggere questo post è una bella maniera d'avvicinarmi.Grazie!

Anonimo ha detto...

Anche io (argentino) mi sono sentito a casa in Italia, piu che in Spaña...

Anonimo ha detto...

Ciao. VI scrivo dall'italia e volevo sapere se qualcuno poteva aiutarmi a trovare i miei zii emigrati in argentina piu di 50anni fa. Loro si chiamano TORQUATO NOBILE E ACHEROPITA RIZZO. AVEVANO un negozio di fiori vicino una caserma militare a buenos aires. spero che qualcuno possa darmi un aiuto. LASCIO la mia mail sul blog

paolodur@katamail.com

Per chi mi da una mano ne sarò grato. Grazie e un saluto dal bel paese.