mercoledì 4 marzo 2009

Un dibattito

(foto da internet)
Qualche giorno fa Alessandro Baricco, dalle pagine di Repubblica, ha lanciato una forte provocazione, suggerendo nuovi metodi per incentivare la cultura in Italia. La premessa è: le democrazie si reggono sulla cultura dei propri cittadini, e, quindi, qualsiasi passo che stimoli e indirizzi la crescita culturale degli italiani serve anche a questo scopo.
L’idea dello scrittore torinese è che i soldi pubblici che lo Stato destina alla cultura debbano essere dirottati dal finanziamento del teatro e della musica contemporanea verso la scuola e la TV, gli unici luoghi realmente popolari della crescita civile dei cittadini.

(foto da internet)
Scuola e TV sono i mediatori: il primo porta nel suo DNA il fine di forgiare la conoscenza dei giovani. Insegnanti o alunni, si riferisce alla crescita intellettuale e psichica degli individui nel loro complesso. La TV è invece oggi un mediatore suo malgrado, dato che quello che è oggi lo è diventata con gli anni, senza che nessuno ne abbia la colpa. Certamente la sua fruizione ha allargato gli orizzonti dei suoi spettatori, ma l’alfabetizzazione culturale del paese mediata dalla televisione è andata riducendosi gradualmente. Oggi, è di dominio pubblico, non è per niente considerato uno strumento di acculturazione, anzi!


(foto da internet)
Ma, attenzione, la realtà attuale relega la televisione a un passatempo di una utenza invecchiata, abulica e poco rappresentativa del contesto sociale generale.
In realtà l’articolata e lunga provocazione di Baricco ha lanciato una vera e propria bomba culturale dove emerge che su due punti sono tutti d'accordo: in nessun paese del mondo il teatro e la musica sopravvivono senza soldi dello Stato, e le regole di investimento di quei soldi vanno cambiate. Sul resto, però, è quasi guerra. Apriti cielo!
In questo dibattito ci sembra interessante dar voce alla rifessione del blogger Massimo Mantellini il quale ricorda che, mentre lo scrittore suggerisce di dirottare i fondi pubblici per la cultura da teatro e musica alla televisione, l'Italia è fanalino di coda in Europa per alfabetizzazione digitale. Infatti l’idea di Internet come luogo moderno ed attuale della crescita culturale del paese è la grande incomprensibile assente nella analisi di Baricco.

(foto da internet)
Davvero basterà che qualche programma sui libri nel “prime time” televisivo sia capace di stimolare l’acculturamento degli italiani? E di quali italiani poi? Di coloro che che vegetano davanti agli schermi? Possibile che nemmeno l’élite culturale di questo paese intraveda le grandi potenzialità di uno sviluppo sano e positivo dell’accesso a Internet?
Accade invece l’esatto contrario: le carenze di fondi del Ministro Gelmini chiudono i laboratori di informatica nelle scuole, il Parlamento sforna a giorni alterni disegni di legge che si propongono di regolare Internet, che ne chiudono parti, che limitano la libera espressione dei cittadini in rete, E che, soprattutto, calano un velo di incomprensione generalizzata su tutto ciò che l’alfabetizzazione telematica porterebbe nelle case di tutti in termini di maggior informazione, maggior cultura, maggior libertà.
Il dibattito è servito. Dite pure la vostra!

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Io voto per abolire la televisione. La alfabetizazione digitale è necesaria ma come si fa? La cultura si fa con il denaro.

Anonimo ha detto...

E' una buona idea.
Trini

Anonimo ha detto...

Una televisione educativa è necessaria, ma chi la fa?
Clemente

Anonimo ha detto...

Io credo che la televisone è fondamentale come strumento usato per tutti. La cultura ha bisogno di soldi e anche l'uso di internet si deve vedere a scuola.

Anonimo ha detto...

Meno soldi alla televisione e piú alla scuola.

Anonimo ha detto...

Salve!

Credo che il mondo in generale bisogna una sostituzione dei valori morali per altri più opportuni ed adatti alla era che viviamo; la era delle telecomunicazione che senza dubbi ci ha cambiato.
Saluti
Mercedes

Lluna ha detto...

Penso che la tv non sia un buon metodo per acculturare gli italiani.

Amparo Santaúrsula