(foto da internet)
Per festeggiare, a modo nostro, la Giornata europea delle lingue, vi proponiamo il Vocabolario europeo, un'interessante iniziativa sorta durante l’ultimo Festival della letteratura di Mantova. L'idea ha visto impegnati alcuni scrittori che si sono cimentati nel regalare una parola della propria lingua da inserire in un ideale vocabolario. Il progetto prende spunto dalla dichiarazione, da parte dell’Unesco, del 2008 come anno internazionale delle lingue madre.
Ecco a voi le scelte realizzate.
Ecco a voi le scelte realizzate.
L’italiano Marco Santagata, si è centrato sulla parola stile che mostra il passaggio tra l’ambito retorico e il comportamento.
L’inglese Howard Jacobson ha scelto la parola argument (“prova o un argomento addotto per supportare un’asserzione, ma anche dibattito, discussione”») che dovrebbe essere un modo per entrare nel carattere degli inglesi, “nel loro amore per la diatriba, ma anche nel loro innato scetticismo”.
Il rumeno Mircea Cartarescu ha preferito la parola soarta, la sorte, per il quale “ogni gesto che faremo, ogni parola, ogni secrezione, ogni crimine, ogni buona azione, il bene e il male cui siamo condannati e il nostro stesso libero arbitrio sono già previsti”.
Heimat, è la parola scelta dall’altoatesino di lingua tedesca Joseph Zoreder, secondo cui la parola è “sinonimo di nido, cioè di sicurezza, pace, abitudine, ma più di tutto familiarità. Familiarità con la lingua, con gli usi, con il carattere della gente e, non ultimo, con la natura di un certo territorio”.
L’ungherese Zsuzsa Rakovszky ha scelto múlt, passato, l’islandese Guðrún Eva Mínervuddóttir che ha scelto útúrdúr, cioè digressione, il sardo Giorgio Todde ha proposto Scramentu, cioè “il dolore per avere insistito in un’azione che — lo si poteva prevedere — è fallita. E in questo suono "scr" è contenuto comunque un dolore. Esistono il verbo scramentai e l’aggettivo corrispondente, ed esprimono anche un atteggiamento del corpo, un’espressione del viso. Dolore, rabbia e dispetto”.
(foto da internet)L’inglese Howard Jacobson ha scelto la parola argument (“prova o un argomento addotto per supportare un’asserzione, ma anche dibattito, discussione”») che dovrebbe essere un modo per entrare nel carattere degli inglesi, “nel loro amore per la diatriba, ma anche nel loro innato scetticismo”.
Il rumeno Mircea Cartarescu ha preferito la parola soarta, la sorte, per il quale “ogni gesto che faremo, ogni parola, ogni secrezione, ogni crimine, ogni buona azione, il bene e il male cui siamo condannati e il nostro stesso libero arbitrio sono già previsti”.
Heimat, è la parola scelta dall’altoatesino di lingua tedesca Joseph Zoreder, secondo cui la parola è “sinonimo di nido, cioè di sicurezza, pace, abitudine, ma più di tutto familiarità. Familiarità con la lingua, con gli usi, con il carattere della gente e, non ultimo, con la natura di un certo territorio”.
L’ungherese Zsuzsa Rakovszky ha scelto múlt, passato, l’islandese Guðrún Eva Mínervuddóttir che ha scelto útúrdúr, cioè digressione, il sardo Giorgio Todde ha proposto Scramentu, cioè “il dolore per avere insistito in un’azione che — lo si poteva prevedere — è fallita. E in questo suono "scr" è contenuto comunque un dolore. Esistono il verbo scramentai e l’aggettivo corrispondente, ed esprimono anche un atteggiamento del corpo, un’espressione del viso. Dolore, rabbia e dispetto”.
Il basco Bernardo Atxaga ha scelto Ikasi, cioè apprendere. Lo svedese Hakan Nesser: Allemanstäd, che significa la possibilità, per ciascuno, di “camminare liberamente nelle campagne, nei boschi, nelle foreste“. Una parola che gli svedesi hanno nel sangue, ma che è difficilmente riscontrabile altrove.
Saray Ahiner ha scelto il termine turco belki, cioè forse. Il gallese Cynan Jones propone Hiraet, e cioè il “desiderare intensamente di essere in un luogo, la consapevolezza di essere lontani dalla propria casa e nello stesso tempo la certezza che questa lontananza ci è necessaria”.
Mancano, come potete ben vedere, parole in spagnolo e in catalano.
Quali sono i termini che vorreste includere nel Vocabolario europeo?
8 commenti:
Mi piace saó
Avinentesa, ocasió, temps en què s'esdevé una cosa
A me in spagnolo mi piace molto la parola casta.
Io scrivo horabaixa
l'ora che il sole va a nascondersi (quasi)
Mi piacerebbe includere una parola che diciamo ogni tanto le persone che parliamo il valenzano: 'coenta'.
Sono sicura che ricordi questa parola, vero?.
Amparo Santaúrsula
Salve, Gianpir¡ero!!
Un articolo molto "chulo". C'é un tema per dire le parole?!
Grazie per rispondere. Dopo io dico le parole.
Encarna
Salve !!
Io sceglierebbe la parola "Olè!" per lo spagnolo.
Saluti.
Mi ricordo perfettamente di coent/coenta (ne ho conosciuti diversi)!
Non c'è un tema per includere le parole: puoi proporre quel che vuoi. Saluti.
Io vorrei includere: "compartir" avere in comune con altri/essere d'accordo con altri/provare gli stessi sentimenti di altri.
Anche "plaer" sensazione fisica o spirituale gradevole/godimento, soddisfazione/onore.
Per me entrambi hanno di vedere con le lingue, la comunicazione e con questa celebrazione.
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