(foto da www.lastampa.it)
Interventi di prevenzione e contrasto del cyberbullismo partendo innanzitutto dalla conoscenza del fenomeno: il che significa coinvolgere prima di tutto i giovani, sovente trascurati dalle analisi e dagli studi sul tema. È l’obiettivo del Protocollo: avviare un’attività di monitoraggio sul fenomeno in 48 scuole pilota del Piemonte. Mello stesso tempo, si punta ad istituzionalizzare e ad estendere su base regionale il “patentino” rilasciato ai ragazzi e alle ragazze che si impegnano ad un utilizzo responsabile dei social.
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È questa l’idea nata nel programma “Scuole che promuovono la salute” del Piano regionale Piemonte della prevenzione, con il coinvolgimento dell’Asl Cuneo 1 e 2 e le scuole “Umberto Primo” di Alba e “Peano Pellico” di Cuneo, capofila del progetto. La filosofia di fondo è quella di dare agli alunni delle scuole secondarie di primo grado delle competenze affinché conoscano le potenzialità ma anche i pericoli che si corrono con l’uso del cellulare. “Si parte dall’idea – spiega il responsabile del progetto, il vice preside del “Peano Pellico” – che si prendono le patenti per guidare i motorini e si mette in tasca ai ragazzini una bomba senza che nessuno di loro sia adeguatamente istruito a usarlo”.
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Il patentino consiste in una sorta di formazione che viene erogata alle scuole medie attraverso gli insegnanti che hanno svolto un corso presso la scuola polo. Il primo passaggio di questo progetto è proprio quello di istruire i professori: “Abbiamo iniziato il corso – spiegano – con ottanta docenti che coinvolgono tutte le scuole del territorio che faranno attività con le diverse classi. Lo scopo è quello d’insegnare anche a loro l’uso dello smartphone, sia come strumento elettronico che per i contenuti. I docenti hanno studiato lo strumento e tutto ciò che attiene la parte ingegneristica; abbiamo affrontato il tema 5G. Abbiamo analizzato il principio di precauzione perché al momento non abbiamo dati sugli effetti dell’uso dello smartphone. La Polizia Postale ci ha informato su tutto ciò che è collegato al reato. Adesso entreremo più nella parte psicologica, sull’uso improprio che si può avere nella pratica quotidiana, sul discorso della dipendenza. Non mancherà un’analisi del ruolo della scuola che deve partire da un approccio che promuove l’uso consapevole e non solo punitivo”.
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Il lavoro nelle classi da parte degli insegnanti inizierà a dicembre e proseguirà fino a marzo. Agli studenti verrà poi posto un questionario, una sorta di esame, per ottenere il patentino. A maggio è previsto un evento pubblico per la consegna dei patentini, con la partecipazione delle famiglie. Il modello seguito è quello portato avanti lo scorso anno dalle scuole del Verbano che, in collaborazione con le aziende sanitarie, il Ministero della Pubblica Istruzione e le forze dell’ordine, hanno iniziato un progetto per rilasciare agli studenti che seguono un percorso formativo un patentino per l’uso responsabile dello smartphone.
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Ottanta ore di corso, una sorta di patto tra studenti e famiglie per imparare a gestire uno strumento potente e in alcuni casi devastante, come dimostrano alcuni fatti di cronaca, che richiede l’assunzione di responsabilità. Il “contratto di buon uso” ha una serie di punti: tra gli impegni dei figli si va dal “non scriverò mai nulla sui social ciò che non direi di persona”, al “non chiederò e non invierò foto intime perché questo potrebbe rovinare la mia vita in futuro”. I figli si impegnano poi a consegnare le password di accesso ai genitori che, da parte loro, assicurano la loro vigilanza, perché “lo smartphone è in prestito e la durata dipenderà dal comportamento, come la patente del motorino che viene ritirata se si sbaglia”.
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