venerdì 30 novembre 2018

Sinuessa



(foto da internet)


La colonia di Sinuessa venne fondata nel 296 a. C. a difesa dell'accesso costiero dalla Campania Felix al Latium adiectum. Fu teatro di continue incursioni sannitiche e, nel 217 a. C., la cavalleria di Annibale assediò senza successo la colonia e saccheggiò tutto l'agro circostante provocando enormi danni. L'importanza della città nel II secolo a. C. è provata dall'ampliamento delle mura e dalla ristrutturazione del foro nel 174 a. C. Questa importanza scaturiva dalla ricchezza della colonia, dovuta alla produzione vinicola e alle acque termali; i nomi Falerno e Acque Sinuessane, iniziarono a circolare a Roma e in tutto il territorio della Repubblica
La città divenne famosissima tra l'aristocrazia romana che vi costruì numerose ville, mentre, i più grandi poeti, decantarono il suo Falerno come uno tra i vini più pregiati del mondo allora conosciuto. Nel 37 a. C. percorrendo l'Appia, vi si incontrarono Mecenate e Orazio con Virgilio, Plazio Tucca e Lucio Vario, impegnati nel portare la pace tra Ottaviano e Antonio




(foto da internet)

L'economia della colonia ebbe il suo massimo splendore nel 94 d. C. grazie al porto commerciale più grande del Tirreno meridionale: Puteoli (l'odierna Pozzuoli), e con la costruzione della Via Domiziana che collegava le due città. Il II sec. d. C., in coincidenza con il massimo sviluppo economico dell'Impero Romano, rappresentò un periodo di splendore per la città: venne effettuata una nuova sistemazione del Foro e continuò ad essere meta di riposo degli uomini illustri dell'impero. 
Il III secolo a. C. rappresentò l'inizio del declino economico e sociale della colonia. Poche notizie si hanno per questo periodo che scompaiono del tutto per il secolo successivo. Alcune notizie del IV secolo d. C., ci vengono da fonti ecclesiastiche. La città dovette subire il saccheggio dei Visigoti di Alarico nel 410 d. C., i quali, dopo il sacco di Roma, andarono verso sud attraverso l'Appia e quindi inevitabilmente produssero un forte impatto su Sinuessa





(foto d internet)

In questi giorni la colonia è tornata alla ribalta grazie a delle immagini satellitari: le foto hanno catturato insolite strutture che giacciono sul fondo del mare, a pochi metri dalla riva, in località Sant’Eufemia, nel comune di Cellole, in provincia di Caserta.

Vi si nota un intricato reticolo di strutture sul fondale, opera dell’uomo. La città romana di Sinuessa fu in parte fagocitata dal mare a seguito di un cataclisma naturale, probabilmente un forte terremoto seguito da uno tsunami che fece arretrare la costa di decine di metri ingoiando tutto ciò che vi si trovava: il porto con le sue imbarcazioni, i magazzini pieni di derrate e forse anche qualche villa marittima suburbana, certamente presente sulla costa.





(foto da internet)

Grazie a particolari condizioni climatiche, le foto ci hanno offerto dei fotogrammi inediti dalle quali è possibile intravedere una serie di ambienti, in parte ancora sconosciuti, che, secondo il parere di alcuni studiosi, ricondurrebbero, per forma e dimensioni, ad un ninfeo o un impianto termale.
A pochi decine di metri di distanza dalla colonia, si erge il complesso archeologico di Punta San Limato, che racchiude una fastosa residenza romana, esempio di edilizia suburbana di Sinuessa, attribuita al prefetto di Nerone, Gaio Ofonio Tigellino, e che è stata solo in parte scavata. Peccato.

mercoledì 28 novembre 2018

Addio al maestro del Novecento!

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(foto da internet)

Se non fosse davvero esistito, il personaggio Bernardo Bertolucci – poeta, documentarista, regista, produttore, polemista, autore per eccellenza del cinema italiano, star del cinema internazionale - prima o poi, questo personaggio più grande che natura l’avrebbe inventato qualcuno, per raccontare, in maniera romanzesca ed esemplare, quello che ha attraversato il cinema nella seconda metà del secolo scorso, dallo sperimentalismo al cinema d’autore, dalla cinefilia alla grandeur, dai low budget alle megaproduzioni, dal provincialismo alla visione internazionale. Il regista di capolavori come Novecento, Ultimo tango a Parigi, Il té nel deserto, Piccolo Buddha e L'ultimo imperatore, il film da nove Oscar, è morto all'età di 77 anni dopo una lunga malattia nella sua casa di Trastevere a Roma. La camera ardente è stata allestita ieri, 27 novembre, dalle ore 10 alle 19, in Campidoglio, Sala della Protomoteca.

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(foto da internet)

Bernardo Bertolucci, in queste avventure e capovolgimenti era sempre lì, da protagonista o da testimone del secolo. Così italiano e così internazionale. Così sofisticato e così nazional-popolare. Così letterario e così visuale. E non si può non restare stupefatti di fronte a una vicenda umana e a una carriera cinematografica che si sono aperte nell'Appennino di Casarola di Parma, la casa di famiglia dei Bertolucci, e hanno percorso le strade del mondo per viaggiare sempre, però, nello Zeitgeist, nello spirito del tempo, quello spirito che Bernardo, con antenne da vero artista, ha saputo identificare, interpretare, raccontare. Della favola, a tratti amara, sempre avventurosa che è stata la vita di Bernardo Bertolucci, ricordiamo l’inizio veramente da favola.
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(foto da internet)

Quando il bel ragazzo ventenne, figlio di un grande poeta come Attilio Bertolucci, amico di Pier Paolo Pasolini, amato da Moravia, vicino a Elsa Morante, a Cesare Garboli, a Enzo Siciliano, a Dacia Maraini, vince a vent’anni il Premio Viareggio per la poesia con Il cerca del mistero. Da questo laboratorio culturale, dalla tradizione letteraria e musicale della sua natia Parma, discendono, oltre all’amore di Bernardo Bertolucci per i testi letterari, il gusto per il melodramma, l’amore per le scene madri, l’approccio mitico e popolare, la tendenza postmoderna a costruire con materiali preesistenti – quelli che, direbbe Violeta Parra, formano il suo canto. E quindi, su una filmografia di sedici film, a realizzare ben cinque film di origine schiettamente letteraria pur restando un autore straordinariamente visivo.

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(foto da internet)

È un percorso cinematografico affascinante. Bertolucci lavora come assistente di Pasolini, gira documentari, affronta il primo film, La commare secca, su un'idea di Pasolini e con atmosfere tipicamente pasoliane. Poi un secondo, Prima della rivoluzione, nel 1964, che diventa il suo manifesto cinematografico, annuncia il suo lato cinefilo ("Non si può vivere senza Rossellini" è la citazione imperdibile) e lo promuove autore e cantore della borghesia di fronte ai cambiamenti drastici che segnano gli anni ’60.

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Nel fatidico '68 Bertolucci gira un film tipicamente sessantottino, Partner. Poi nel 1970, per la Rai, quello che all’epoca colpì tutti come un piccolo, sofisticato gioiello, Strategia del ragno, ispirato a Borges. Per offrire al pubblico nel 1970, ancora, quello che resta forse il suo film più compiuto, maturo, personale, Il conformista, che trasforma ed è al tempo stesso fedele al testo di Moravia. Un film che se non riuscì all'epoca a farsi amare dal pubblico italiano, di nuovo venne amato dalla Kael, che lo definì "un'esperienza sontuosa, emotivamente piena"- e che a tutt’oggi di Bertolucci resta il film più riuscito, concluso, coerente.

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(foto da internet) 

Ma il fenomeno internazionale B.B. esplode con Ultimo tango a Parigi, e la complessa vicenda giudiziaria/ censoria che seguì, e che rende difficile giudicare il film fuori dal suo contesto di scandalo. Uno scandalo paragonato dalla solita Kael allo shock culturale prodotto da Le sacre du printemps. E il fatto che Bernardo Bertolucci ogni tanto sia ritornato sulle sue responsabilità (o meglio sarebbe dire sulla sua irresponsabilità) nell’imporre scene e atmosfere brutali a Maria Schneider, non fa che rinnovare negli anni lo shock prodotto a suo tempo e a rendere più difficile un giudizio. Che all’epoca a taluni è sembrato semplice: intense le scene in interni, con un superbo Marlon Brando invecchiato e dolente, imbarazzanti le parti con Schneider e Leaud, appassionante (nonché discutibile) il tema della trasgressione e del sesso come unico valore.

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(foto da internet)

La storia delle vicende giudiziarie di Ultimo tango è un romanzo in se stesso, un po' grottesco un po' horror, tra condanne alla perdita dei diritti civili e roghi medievali di pellicola. Ma è la storia che ha creato la fama internazionale di B. B. e che gli consente nel 1976, sempre sensibile agli umori del tempo e ad anni di cultura di sinistra dominante, di girare Novecento, un’epica grandiosa e “hollywoodiana”, piena di grandi nomi del cinema nostro e internazionale, che racconta cinquant’anni di storia padana, a tratti potente e commovente, a tratti retorica e manieristica , sempre audace per le dimensioni e le ambizioni. Dopo la ricezione tiepida, nel 1979, di La luna, che racconta l’ambiguo e difficile rapporto , ai confini dell’incesto , di una madre e di suo figlio adolescente, dopo La tragedia di un uomo ridicolo ( 1981), una storia di avidità provinciale e rapimenti, che conquista a Tognazzi un premio a Cannes ma ha un risposta modesta dalle sale, nel 1987 Bertolucci conquista a sorpresa nove Oscar con un film veramente epocale, un trionfo di diplomazia e creatività, di gusto scenografico italiano e di abilità narrativa, L'ultimo imperatore, un grande successo a livello mondiale che apre le porte del mondo cinese e consacra Bernardo Bertolucci come un grande regista internazionale.

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(foto da internet)

Tornato in Italia dopo un lungo periodo a Londra, sua seconda patria, Bertolucci, con Io ballo da sola, da un racconto di Susan Minot, esalta la bellezza del Chiantishire e il piacere di vivere "dopo" la rivoluzione. Con Il té nel deserto (1990) riscopre l'opera di Paul Bowles e il mondo tragico ed elegante degli “expat”. Quindi si muove, nel 1993, verso il Nepal, per raccontare la storia di Piccolo Buddha e aprire alle culture orientali. Nel 1996, tornato a Roma, dirige tutto in interni la storia di un'ossessione amorosa, L’assedio. Mentre nel 2003 ritorna all’amato, mitico '68 con la storia di tre ragazzi che intrecciano scoperte erotiche, politica e cinefilia in The Dreamers, un film di scoperto voyeurismo e di scoperta nostalgia che per molti versi riconduce alle atmofere di Ultimo tango. Ma la malattia che da anni lo assedia, sta avendo il sopravvento. Bertolucci non riesce a "montare" il suo Gesualdo da Venosa, un film a cui pensa da tempo. Gli restano le storie intime e private, e gira, praticamente sotto casa, un intenso incontro scontro tra fratello e sorella in Io e te ( 2012), dal romanzo di Niccolò Ammaniti. 
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(foto da internet)

È la fine della bella favola. Ma Bernardo Bertolucci, il ragazzo poeta, il regista, la star, il premio Oscar, se ne va lasciando un segno che resta.       

lunedì 26 novembre 2018

La Festa degli alberi



(foto da internet)

Il 21 novembre si è tenuta la Festa nazionale degli alberi.
Noi, per festeggiarla a modo nostro, vi parliamo di un albero bellissimo che si trova a San Gimignano: un bagolaro.
Il bagolaro in questione -specie Celtis australis- ha una circonferenza di 5,7 metri e un'altezza di 26 metri.
Ha circa 130 anni e si trova nel centro storico del borgo toscano. Si trova nel cortile dell'Ostello della Gioventù, tra via Folgore da San Gimignano e via delle Fonti.
Il bagolaro di San Gimignano è un albero maestoso e robusto a chioma rotondeggiante, in discrete condizioni vegetative. Venne incluso nel progetto Grandi Alberi del WWF che ha predisposto la rimonda dei seccumi, il consolidamento delle branche a rischio di rottura, l'applicazione di micro-iniezioni e miglioramenti al terreno.



(foto da internet)

Il cortile nel quale si trova era nel XIX secolo un orto di proprietà del Conservatorio di Santa Chiara. Nel 1897 una porzione dell'orto divenne il luogo di ricreazione dell'asilo infantile Principessa Maria Vittoria, situato nell'edificio adiacente (Palazzo della Vergine, ora sede dell'Ostello). Nel 1934 il Comune tolse i locali all'asilo per crearvi la Casa del Balilla ma negli anni '50 l'asilo infantile ritrovò la sua sede e il suo cortile. 
Il Bagolaro è conosciuto anche con il nome di spaccasassi per via del potente apparato radicale. Un tempo, il legno duro ed elastico del bagolaro veniva utilizzato per fabbricare attrezzi e strumenti resistenti alle sollecitazioni. I frutti, molto appetiti dagli uccelli, contengono semi da cui si estrae un olio dal sapore gradevole mentre dalla corteccia e dalle radici si ricava un principio tintorio giallo.



(foto da internet)

Parliamo del bagolaro toscano per ricordare che gli alberi sono la nostra energia, i baluardi naturali nella lotta al cambiamento climatico. Abbiamo ancora davanti agli occhi le sconvolgenti immagini di migliaia di alberi caduti,  in Veneto e Trentino Alto Adige, solo poche settimane fa. 
Oltretutto, le foreste in Italia hanno un valore fondamentale: interessano, infatti, circa 11,8 milioni di ettari, pari al 39% del territorio nazionale e hanno superato perfino gli spazi dedicati all'agricoltura. 
Va ricordato che gli alberi hanno una funzione fondamentale nella nostra vita: possono assorbire fino a 30 kg di CO2 all'anno (ciò significa che venti alberi possono compensare le emissioni di una macchina), fornendo l'ossigeno necessario a duecento persone. 


(foto da internet)


Essi assorbono inquinanti vari, dalle polveri sottili agli ossidi di azoto e all'anidride solforosa. Depurano le acque, riducono l'inquinamento acustico e mitigano il clima. Il settore del legno, inoltre, genera circa l'1,6% del prodotto interno lordo e offre 300mila posti di lavoro. 
Per celebrare la Festa degli alberi, si sono svolti in tutto il Paese centinaia di eventi che hanno coinvolto, tra gli altri, gli alunni delle scuole, i collettivi e le associazioni ambientaliste.
Molto interessante ci è parsa l'iniziativa di Legambiente, intitolata Le radici dell'accoglienza, in cui gli alberi, così come i valori dell'accoglienza e della solidarietà, possono mettere radici forti e profonde nel nostro Paese.



A Roma si è tenuta una piantumazione presso l'Istituto Comprensivo Via Baccano, con attività di educazione ambientale e la musica dell'Orchestra Famo Baccano
A Parma, una famiglia ha deciso di piantare 11mila alberi (!) sul suo terreno di 10 ettari, anziché lasciar spazio a nuovi centri commerciali.
Ciononostante, il nostro Paese affronta problemi gravi di distruzione ambientale e di politiche di riforestazione sbagliate: si pensi ai circa 9000 incendi di ogni anno che hanno danneggiato o distrutto più di 100mila ettari di territorio, ai danni legati ai fenomeni climatici estremi come quelli che hanno interessato le regioni italiane del nord-est alla fine del mese scorso e che, secondo le prime stime, hanno provocato l'abbattimento di oltre otto milioni di metri cubi di legname, l'equivalente di quanto viene tagliato nell'arco di quattro anni! 


(foto da internet)


Legambiente si batte da anni affinché il ruolo delle nostre foreste torni ad occupare il centro dell'agenda politica, puntando su due elementi chiave: la tutela della biodiversità e le produzioni verdi. Le foreste preservano la biodiversità, prevengono l'erosione del suolo, sono un deposito naturale di carbonio, ostacolano il riscaldamento globale e costituiscono la base per nuove economie locali, sia per la loro funzione nell'ambito della filiera produttiva ed energetica del legno, sia per il loro uso in chiave turistica, ricreativa e culturale.
Il Wwf ha, invece, lanciato l'evento Urban Nature per far scoprire e incrementare la natura in città. Un progetto che coinvolge migliaia di alunni delle scuole invitandoli a soluzioni per la tutela del territorio: dai tetti verdi agli edifici amici di rondini e rondoni, dalla realizzazione di giardini mediterranei per gli insetti impollinatori al recupero di aree degradate limitrofe alla scuola. 
In occasione della Festa nazionale degli alberi, Pefc Italia e Legambiente hanno assegnato i premi Comunità Forestali Sostenibili per sostenere e rilanciare le buone pratiche di gestione forestale in tutta Italia. Il premio alla Filiera Forestale, è andato alla Filiera del legno del Friuli Venezia Giulia che ha fornito materiali e maestranze per costruire, in soli 288 giorni, il Polo del Gusto e della Tradizione ad Amatrice, prima grande opera della ricostruzione post-terremoto edificata interamente in legno. Complimenti!




venerdì 23 novembre 2018

In vino cultura


(foto da internet)

L'Ufficio per la pastorale del tempo libero, del turismo e dello sport della diocesi di Roma ha promosso un interessantissimo corso che è un vero e proprio viaggio nel vino tra Bibbia, storia ed arte. Il titolo è molto originale: La vite e i tralci. Il vino nella Bibbia, nella Storia e nell'Arte. 
Responsabile dell'iniziativa è Marco Cum, teologo e sommelier. Il programma prevede quattro incontri -uno al mese- ed inizierà l'8 gennaio 2019 nella parrocchia romana di Sant'Ambrogio. 
I riferimenti culturali da sviluppare sono molteplici: dal vino delle nozze di Cana -La tramutazione dell'acqua in vino, conosciuto anche come miracolo delle nozze di Cana, è il primo miracolo di Gesù, compiuto durante un matrimonio a Cana di Galilea. L'episodio è descritto nel Vangelo secondo Giovanni (2,1-11)-, al primo cenno al Lambrusco, contenuto nel libro del Profeta Isaia, al vino della California che venne prodotto all'origine dai francescani inviati lì come missionari, ai più antichi trattati di enologia, risalenti al XVI secolo, uno dei quali si deve a Sante Lancerio, storico e geografo, e bottigliere di Papa Paolo III.




(foto da internet)

Marco Cum segnala che nel corso si vuol mettere in evidenza l'importanza del vino nella cultura, e come esso abbia influenzato la storia e l'arte (si pensi alla simbologia presente nella Sacra Scrittura, dall'Antico al Nuovo Testamento, e, nell'arte, a Giotto e all'Ultima Cena, ad esempio). 
Il teologo spazierà dalla storia dei monaci di Cluny alla lettura del Cantico dei Canticie, nel frattempo, gli iscritti al corso potranno degustare diversi vini: il Barolo, il Franciacorta, il Grechetto, il Pinot Nero e lo Champagne, che fu inventato, tra le mura di un monastero, dall'abate benedettino Pierre Pérignon.



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Ma perché la Chiesa si occupa del vino e della sua storia? Secondo i responsabili del sopraccitato Ufficio pastorale anche le normali attività quotidiane sono radicate in una storia e in un territorio, ed esse riguardano spesso anche la sfera spirituale, come, ad esempio, il rito del pasto. Perciò, si vuole riflettere, nel corso, sul mondo del vino e sul suo stretto legame con le Scritture e la Chiesa. Gli organizzatori sostengono che dopo questa iniziativa sarà difficile bere un bicchiere di buon vino senza gustarne la profondità nel tempo e la sua relazione con la fede... 
Amen.

mercoledì 21 novembre 2018

Un autunno da favola


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La vita, a volte, può essere amara. E non serve aggiungere dello zucchero per addolcirla. Non è una questione di ingredienti ma di esperienze che alimentano l’animo e rasserenano la mente. 
“Tutti hanno bisogno dei propri ricordi. Essi tengono lo spettro della banalità fuori dalla porta” – disse lo scrittore Saul Bellow. Perché allora non rispolverare vecchi amori, quelli che ci hanno tenuto compagnia durante l’infanzia? A mettere d’accordo intere generazioni sono loro, personaggi come Topolino e i Puffi che, proprio nel 2018, festeggiano importanti anniversari divenendo protagonisti di interessanti mostre autunnali allestite in tutto lo stivale. 

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Chi è cresciuto a pane e Puffi non può perdere “Mondo Puffo. Questa spettacolare mostra, in calendario fino al prossimo 25 novembre, è stata allestita presso WOW Spazio Fumetto – Museo del Fumetto, dell’Illustrazione e dell’Immagine animata di Milano per celebrare i 60 anni di queste piccole creature alte due mele o poco più, con la pelle blu e il caratteristico cappellino bianco. Ebbene sì, le loro origini sono da rintracciare nel 1958 quando Puffetta, Grande Puffo, Gargamella &Co. vennero ideati dal noto fumettista belga Pierre Culliford, noto ai più come Peyo, per poi divenire protagonisti di film, cartoni animati etc. E non solo. L’occasione è quella giusta per regalarsi un sorriso familiarizzando con il tipico “linguaggio puffo”, studiato addirittura da Umberto Eco.

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Si cambia genere con “City Booming” che, dopo il successo milanese, è sbarcato a Bologna (nell’Ex Chiesa di San Mattia) con un enorme diorama di 60 metri quadri nato dalla fantasia di Wilmer Archiutti (fondatore di LAB Literally Addicted to Bricks) per risvegliare il piccolo architetto che è in ognuno di noi. Basta guardarsi intorno per rendersi conto di essere circondati da ben 7 milioni di coloratissimi mattoncini Lego che riproducono una vera e propria metropoli dove nulla è lasciato al caso. A spiccare, infatti, tra il cinema, la pasticceria etc. è la riproduzione della torre degli Asinelli e della torre della Garisenda. A rubare l’attenzione sono anche i suoi cittadini: 6.000 omini gialli il cui aspetto strizza l’occhio a personaggi cult dei cartoons nonché a supereroi come Batman, Wonder Woman ma anche a celebrità del cinema.

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Anche Roma spalanca le braccia a tutti i fumettari dello stivale offrendo non una ma più mostre autunnali. Al Palazzo delle Esposizioni, fino al 6 gennaio 2019, ad andare in scena è la mostra (a ingresso gratuito) “Roma Fumettara. Una scuola di autori – 25 anni in mostra” messa a punto per celebrare i 25 anni di attività  della Scuola Romana dei Fumetti. Come? Attraverso le opere realizzate dai docenti e/o da ex allievi. Tra i nomi più altisonanti ci sono quelli di Massimo Rotundo (disegnatore di Tex) o ancora Stefano Caselli (disegnatore Marvel) e Maurizio Di Vincenzo (disegnatore di Dylan Dog). Non solo, lo stesso contenitore, fino al 9 gennaio 2019, ospita anche la mostra “Pixar. 30 anni di animazione” che, attraverso più di 400 opere tra disegni, sculture, bozzetti, collage e storyboard, invita a scoprire il duro lavoro che si cela dietro a capolavori come Toy Story, Monsters & Co. e Inside Out. 

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Rimanendo nel cuore della città eterna, in quel di Villa Borghese l’ospite d’onore è proprio lui, Topolino. Tutti i fan dell’iconico personaggio della Disney possono fare tappa alla Casa del Cinema per festeggiare, fino al 7 dicembre, i suoi 90 anni attraverso “Mickey 90 – L’Arte di un Sogno: Topolino e il cinema”. Si tratta di un percorso interattivo che, attraverso rari e preziosi materiali, offre un assaggio della spettacolare mostra allestita, fino al 10 febbraio 2019, nelle sale del castello di Desenzano del Garda. Proprio così, immagine dopo immagine, permette di ricostruire la carriera artistica della creazione più celebre di Walt Disney. Dal 1928, quando tutto ebbe inizio, a oggi di anni ne sono passati ma Topolino si conferma essere un mito intramontabile per grandi e piccini di tutto il mondo.

sabato 17 novembre 2018

Birra addio...


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Il cambiamento climatico scalderà di oltre un grado e mezzo il nostro pianeta e sarà sempre più difficile coltivare l’orzo e produrre i lieviti; diminuirà drasticamente la produzione della birra e il prezzo aumenterà.
La birra è la bevanda alcolica più consumata al mondo. La resa dell’orzo, il suo ingrediente principale, è legata alle condizioni ambientali, ed è particolarmente suscettibile ad aumenti di calore e siccità. 
Dei ricercatori hanno simulato al computer cinque diversi scenari climatici futuri e ne hanno calcolato l’impatto sulle coltivazioni di orzo: ne è emerso che, a seconda della gravità dello scenario, le produzioni potrebbero diminuire dal 3 al 17%. Il che si tradurrebbe in una corrispondente diminuzione della disponibilità di birra e in un aumento del prezzo della bevanda.


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In Irlanda, ad esempio, tra 60 anni, il prezzo di una pinta potrebbe aumentare tra il 43% e il 338%, a seconda della gravità dello scenario. In Italia correremo il rischio di pagare quasi quattro euro in più per una birra media.  Prima, però, che giunga l'apocalisse, il nostro Paese viene considerato, nel panorama birrario internazionale, un fenomeno interessante, se si tiene conto delle sue radicate e intense tradizioni vinicole. In Italia, infatti,  si verifica da anni, un aumento costante del consumo di birra.  
Il leader italiano in questo settore è il gruppo che porta il nome dei proprietari, i Peroni; seconda fabbrica italiana per volume di produzione è la Dreher, controllata dal colosso birrario olandese Heineken. Seguono Wurher che produce birre con marchio Wuhrer, Simplon e Kronenbourg, e Sib-Nuova Birra Messina. Poretti è presente nel mercato con le birre Splugen. Tuborg, Carlsberg e altre marche minori. Ci sono poi Forst di Merano, Prinz e Moretti a Udine che produce l'omonima birra e la San Souci. In Sardegna si produce la Ichnusa.


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La produzione in Italia era tradizionalmente legata a metodi artigianali, per il raro consumo dei pochi estimatori. Si trattava di produzioni discontinue, legate a fattori strettamente temporanei. La birra veniva vissuta, dal grande pubblico, come una bevanda tipica delle popolazioni del nord. La birra si importava per lo più dall'Austria ed era legata ad un uso elitario, mentre i consumi popolari confluivano essenzialmente sul vino, anche per ovvi motivi di minor costo e di più facile reperimento.
Nella metà del secolo scorso nacquero in Italia le prime vere e proprie fabbriche di birra, organizzate con moderni criteri di produzione industriale. Erano opera, per lo più, di industriali d'oltralpe, ai quali fecero seguito anche commercianti italiani, soprattutto fabbricanti di ghiaccio che videro nella birra il naturale complemento della loro attività.
In poco tempo si verificò un continuo fiorire di fabbriche di ogni tipo e dimensione, sino ad arrivare, nel 1890, a ben 140 unità produttive. Nel breve volgere di un ventennio, ci fu un'espansione dei consumi, grazie anche al più accessibile costo della bevanda che potette raggiungere le fasce popolari. La produzione venne quadruplicata sino allo scoppio della Grande Guerra, periodo in cui praticamente cessò la produzione della bevanda. 


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Con la fine della guerra e il ritorno alla normalità, ci fu una vera e propria esplosione di consumi. Nel 1920 le fabbriche italiane erano soltanto 58; i consumi salirono ancora e crebbe anche l'importazione.
I vinai, però, contrattaccarono e riuscirono a far approvare dal Governo leggi protezionistiche a tutela dei loro interessi. Nel 1927, venne varata la legge Marescalchi la quale, con l'apparente scopo di favorire l'agricoltura, impose ai birrai l'immissione di un 15% di riso. Contemporaneamente si inasprirono le tasse con l'aggiunta di una imposta straordinaria di ben 40 lire per hl. La legge prevedeva inoltre una apposita licenza di vendita di bassa gradazione e ne limitava lo smercio al dettaglio esclusivamente nei bar, trattorie e birrerie. I vini e oli, categoria di esercizi molto diffusa all'epoca, non poterono più vendere al minuto. 




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A rincarare la dose, in molti Comuni il dazio sulla birra fu regolato con l'applicazione di fascette sul collo di ciascuna bottiglia, con immaginabili intralci e perdite di tempo che fecero cadere l'interesse dei commercianti per il prodotto.
I consumi scesero vorticosamente e il prodotto si pose fuori della portata delle masse popolari.
Molte fabbriche chiusero. Mediante un'azione concordata e lungimirante gli industriali del settore reagirono e suddivisero gli spazi di mercato, rilevando, nel contempo, le aziende in crisi e riducendo ulteriormente il numero dei centri di produzione.
Ciononostante, il consumo fu stagnante fin verso gli anni '40.  Di nuovo la guerra rallentò ancor di più la produzione. Alla fine delle ostilità, gli industriali del settore birrario ripresero faticosamente l'attività. Solo nel 1950 le quote produttive di birra tornano ai livelli del 1925.
La birra era ancora una bevanda che veniva bevuta in un arco di tempo che andava da marzo a settembre e rientrava fra le comuni bevande dissetanti, come le bibite gassate, e come tale veniva consumata esclusivamente al banco. Nei mesi invernali quindi le fabbriche chiudevano, dedicandosi a lavori di manutenzione e riordino delle strutture.


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Dal 1960 la birra raggiunse facilmente le famiglie:  i consumatori compresero lo spirito della bevanda, nobilitandola nella sua giusta dimensione. 
La crisi del 1975 colpì inevitabilmente anche il settore birrario nazionale, che perse importanti quote di mercato e fu penalizzato dalle scelte del Governo che decise di aumentare del 50% l'imposta di fabbricazione.
Dagli anni '80 in poi, e sino ad oggi, i consumi crescono costantemente di anno in anno, anche se siamo lontani dai consumi di birra delle altre nazioni europee; con i nostri 27 litri pro capite siamo all'ultimo posto della scala, preceduti dalla Francia (un altro paese a forte vocazione vitivinicola) con 39,3 litri, dalla Grecia con 42 litri e dalla Spagna con 66,5 litri!









venerdì 16 novembre 2018

Una lingua in auge




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Probabilmente si è sempre pensato che la lingua italiana fosse poco diffusa all’estero; le statistiche parlano chiaro: è solo al 21esimo posto tra le lingue più parlate nel mondo.
Orbene, la terza edizione degli Stati Generali della lingua italiana nel mondo, dedicata a L’italiano nella rete, le reti per l’italiano, che si è tenuta a Villa Madama a Roma, sembra offrire motivi di ottimismo.  Il ministro degli Affari Esteri Enzo Moavero Milanesi, ha fornito dei dati interessanti, secondo i quali l’italiano è oggi la quarta lingua più studiata nel mondo! L'incontro, organizzato dal Ministero degli Affari Esteri in collaborazione con l’Accademia della Crusca, la Società Dante Alighieri, la Confederazione Elvetica e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali,  ha delineato una chiara mappatura dell’insegnamento dell’italiano nel mondo che, per l’anno accademico 2016/17, ha raggiunto, tramite gli Istituti Italiani di Cultura, più di due milioni di studenti in ben 115 paesi.



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Moavero Milanesi, ha sottolineato l'idea della lingua in quanto luogo di identificazione identitaria ed ha attribuito l’attuale espansione in alcune zone strategiche del mondo, dovuta anche alla capacità di influenza culturale dell'italiano, con un aumento del 22% nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, e del 14% nell’Africa Sub-sahariana. 
Il Ministro si è impegnato a trovare nuovi fondi per rilanciare la rete delle scuole italiane all’estero  e per rispondere alla forte domanda proveniente dai Paesi in cui sono presenti le cosiddette comunità storiche e le terze e quarte generazioni di italiani, in special modo in Argentina, Brasile e USA.

Leggendo le statistiche, troviamo al primo posto fra gli studenti di italiano gli australiani, con aumento del 3,85%; c'è un aumento notevole in Egitto e vi sono anche degli aumenti significativi in Francia, Germania, Stati Uniti e Uruguay. 


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La contrazione è invece presente nel Regno Unito (-28,08%) e in Giappone (-36,28%). 
La maggioranza degli studenti (>57%), si concentra nelle scuole pubbliche locali e si rivela una flessione della frequenza negli Istituti Italiani di Cultura (-7,89%). I numeri restano invariati per l'insegnamento  universitario e si nota un aumento notevole in contesti di apprendimento diversi come associazioni private e Università della terza età (+23%).
Il presidente dell’Accademia della Crusca, Claudio Marazzini, punta sulla promozione della lingua italiana all'estero come strumento strategico. 
Fabio Rossi, docente di Linguistica presso l’Università di Messina, sottolinea che questa promozione vuol dire difendere l’identità culturale ed è l'esatto contrario del provincialismo. 
Paolo Costa, docente di Comunicazione all’Università di Pavia,  racconta l’esperienza delle comunità di lettura che condividono in rete la lettura dei classici con un calendario prefissato. Si leggono Le città invisibili di Italo Calvino e poi si commentano insieme. 



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L’esperienza è stata supportata da un'applicazione ed è diventata metodologia didattica in varie università straniere come quella di Harvard, Gand in Belgio, Toronto, la City University di New York, l’Indiana University. 
Giampiero Finocchiaro, dirigente dell’ufficio scolastico del Consolato di Buenos Aires, segnala che  l’italiano non deve essere considerato solo un mero obiettivo di apprendimento, ma deve essere promosso come strumento di approccio ad ambiti culturali come l’arte, la musica, il cinema e la danza. L'italiano, quindi, si erge come lingua che può aiutare alla formazione culturale degli studenti stranieri. 
Monsignor Rizzi  ha fatto presente che l'italiano è la lingua ufficiale del Vaticano e dunque di tutta la Chiesa. In Vaticano si sta lavorando affinché la lingua curiale mantenga l'eleganza e l'armonia, evitando però ricercatezza e prosopopea retorica inutili. 
Per quel che riguarda il tema fondamentale della Certificazione della Lingua ItalianaFederico Wen, Direttore del Dipartimento di Italianistica della Beijing Foreign Studies University, ha ricordato che il francese, il tedesco, lo spagnolo sono entrati come obbligatori nell’esame di stato con dignità pari all’inglese, e che anche l’italiano dovrebbe far parte della formazione ufficiale degli studenti cinesi. 




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Wen è sicuro che in Cina presto l’italiano diventerà di tendenza, e già 5mila studenti, grazie ai programmi Marco Polo e Turandot,  vengono ogni anno in Italia. 
Siamo sulla strada giusta anche se occorrono ulteriori sforzi: è necessaria una proposta globale atta a ridare slancio al nostro peso reale e alla nostra influenza culturale, rafforzando la cultura italiana come progetto che possa contribuire a rilanciare l'intero Paese.
Le intenzioni degli esperti sono buone, ma ci chiediamo se possono davvero essere messe in atto da politici che fanno a pugni col congiuntivo, non sanno quanti gradi abbia un goniometro... Insomma, per dirla con Guido Quaranta: scusate, ma abbiamo il patè d'animo...