(foto da www.repubblica.it)
Se si vuole navigare su Repubblica, basta digitare "Repubblica.it". Facile. Ma basta parlare con il direttore dell'Istituto di informatica del Cnr, per capire che agli inizi di Internet nulla era così semplice, che ricorda: "Ogni computer aveva un indirizzo univoco fatto da una serie di cifre, il registro lo teneva a penna Jon Postel, ricercatore della Southern California University. Ma quando divennero troppi si pensò di affiancare ai numeri dei nomi, più semplici da ricordare, e così nacque il sistema dei domini, si divise lo spazio della Rete in zone".
(foto da internet)
Prima di tutto, ovviamente, ".com". E poi delle varianti specifiche per ogni Paese: ".de", ".fr", ".uk". Ciascuna controllata da un'autorità, incaricata di assegnare un dominio, un nome. a chi ne facesse richiesta. Non poteva che essere il Cnr, dove il giovane Laforenza lavorava, a diventare il guardiano del ".it". "Presentammo la richiesta e Registro.it nacque con un atto ufficiale, una delega, il 23 dicembre del 1987", racconta lo scienziato, che oggi lo dirige. praticamente trent'anni. Con il primo nome a dominio, Cnuce.cnr.it, registrato.
(foto da internet)
Così l'Italia piantava la sua bandierina, tracciava i confini del suo primo nucleo territoriale nel mappamondo del Web. Così le date di registrazione di alcuni domini celebri raccontano la diffusione di Internet nel nostro Paese: dalle università, unifi.it e sci.uniroma1.it le prime, alle aziende, olivetti.it, nel novembre 1990, e enel.it un anno dopo; dai quotidiani, lastampa.it (1995) e repubblica.it (1997), a qualche cantante d'avanguardia come baglioni.it (1996). Oggi poi, l'analisi dei numeri del ".it" è una sorta di fotografia dello stato di salute digitale dell'Italia. In chiaroscuro, c'era da aspettarselo. Perché l'Italia ha oltre 3 milioni di domini, e questo, dietro il dominio del ".com", ne fa la decima potenza nazionale (prima la Cina con 21 milioni) e la quinta a livello europeo. Ma se parametrata alla popolazione quella cifra non è poi così alta: la Germania, per esempio, ha 18 milioni di nomi a dominio per 82 milioni di abitanti, l'Olanda 6 milioni, il doppio dei nostri, con 17 milioni di cittadini, un terzo.
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"Siamo in ritardo", riconosce il direttore del Cnr. "Un ritardo effetto e specchio del ritardo tecnologico nel nostro Paese. Il responsabile di Registro.it guarda in particolare a professionisti e piccole e medie imprese: i dati della Commissione europea dicono che solo una su tre ha un sito completamente funzionale. E solo una su dieci vende online. "Poche sono consapevoli dell'importanza di esserci. Avere un dominio è come comprare uno spazio con delle vetrine lungo la strada. Poi bisogna usarlo bene, ma intanto è uno spazio proprio, mentre vendendo su Amazon si sta all'interno di una multiproprietà. Un aspetto incoraggiante per il nostro Paese c'è. La nostra insegna nazionale sembra riscuotere molto successo tra le aziende, perfino quelle straniere, per il sapore di "made in Italy" che porta con sè. "Degli oltre 1.200 registrar (cioè le società private autorizzate dal Registro a vendere i domini, ndr), circa 230 sono stranieri", dice Laforenza.
La storia si ripete anche online: il ".it" piace. Se solo anche gli italiani lo capissero.
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