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Vuoi davvero capire il mondo? Allora impara il greco antico. Andrea Marcolongo, la giovane grecista italiana che ha scritto un libro sul greco che sta spopolando in Italia, non ha dubbi.
Il suo testo, La lingua geniale: 9 ragioni per amare il greco, edito da Laterza, è diventato un vero caso editoriale nazionale. In pochi mesi il testo ha scalato la classifica dei libri più venduti nel nostro Paese, arrivando sino a tredici ristampe (più di 80mila copie vendute), ed è stato tradotto in varie lingue (tra cui lo spagnolo).
La Marcolongo, laureata in Lettere Classiche con una tesi sulla Medea di Seneca, specializzata in storytelling ed esperta di comunicazione, tanto da lavorare per le campagne elettorali di Matteo Renzi e del Partito Democratico, e per prestigiose aziende quali Lavazza, Allianz e UniCredit, offre, nel suo bel libro, una precisa dichiarazione d’amore al greco antico incentrata su nove argomentazioni.
Marcolongo ama citare Virginia Woolf, secondo la quale al greco si torna quando si è stanchi della vaghezza della nostra epoca.
Marcolongo ama citare Virginia Woolf, secondo la quale al greco si torna quando si è stanchi della vaghezza della nostra epoca.
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Il testo, quindi, si propone di raccontare ciò che il greco sa dire in modo unico, speciale e diverso da ogni altra lingua. Un libro rivolto al grande pubblico che racconta la storia di una lingua fatta di concetti ancora vivi nel mondo odierno e difficili e/o impossibili da esprimere in italiano.
Il libro è nato per caso. Il primo capitolo, infatti, è stato scritto per uno studente cui l'autrice dava ripetizioni.
La Marcolongo sostiene che il potenziale nell’apprendimento di questa lingua è sconfinato, poiché offre al parlante la possibilità di spaziare quando vogliamo comunicare qualcosa. In un’epoca come la nostra in cui si è perennemente connessi a qualcosa, ma mai a qualcuno, in cui ci sono migliaia di canali per comunicare, spesso ci dimentichiamo che cosa si comunica e come. Il greco permette di fermarsi a pensare a ciò che si dice.
Le peculiarità che l'autrice presenta nel testo si possono riassumere nel seguente modo:
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a) La fonetica: purtroppo, non sapremo mai, con certezza, come venisse pronunciata una parola greca. I suoni del greco sono per sempre scomparsi insieme ai suoi parlanti. Abbiamo i testi della letteratura, li possiamo leggere e studiare, ma non pronunciare. Sono arrivati a noi muti. Questo silenzio rende la lingua affascinante perché obbliga ad ascoltare con la mente.
b) Il neutro: oltre al genere femminile e maschile, il greco possedeva un genere in più: il neutro. La distinzione avveniva tra genere animato (maschile o femminile), e genere inanimato. Le cose della vita erano classificate grammaticalmente tra quelle con o senz’anima. Al neutro troviamo i concetti astratti - il nome, il teatro; ma anche certi oggetti, come l’arma; certe entità, come l’acqua e la montagna. Femminili sono i nomi degli alberi, perché generano vita: l’ulivo per esempio; neutri i frutti di quell’albero, l’oliva, l’olio, visti, linguisticamente, come oggetti.
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c) Il duale: non solo singolare/plurale, ma anche il duale. E cioè due anime unite o le metà separate dell’essere umano, un uno formato da due. Non c’era una regola precisa che obbligasse ad usare il duale per parlare di due occhi, due amanti, due alleati. Se si parlava però di una coppia innamorata si usava il duale, per dire noi due.
d) I casi: e cioè le diverse forme che uno stesso nome assume per esprimere le diverse funzioni all’interno della frase, che pur non essendo una particolarità del greco, è comunque un modo di concepire la lingua a cui il parlante italiano non è abituato.
Oltre ai casi, va menzionato l'ordine parole all’interno della frase che, in greco, sono infinite e lasciate agli autori. La costruzione è così libera che l’ordine delle parole non conta.
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e) L’ottativo: è il modo del desiderio. Consente di distinguere se il desiderio è solo eventuale o possibile e per essere realizzato richiede impegno e fatica, o se include l’irrealtà o il rimpianto. Nel I secolo d.C. l'ottativo cominciò a scomparire ed era già assai raro in autori di epoca romana come Polibio. Nel greco moderno scomparve completamente. Dell'ottativo non c'è più traccia in nessuna lingua. Il congiuntivo ne ha occupato il posto, ma, come scrive il prestigioso linguista Antoine Meillet "la perdita dell'ottativo riflette una diminuzione di delicatezza del greco: è la perdita di un'eleganza da aristocratici".
f) L’aspetto del tempo: non il quando ma il come. La categoria del tempo era secondaria, in greco antico, per i greci non contava il tempo, ma l’aspetto: si esprimevano in un modo che considerava l’effetto delle azioni sui parlanti. I greci si chiedevano sempre, come. Noi, invece, ingabbiati nel tempo ci chiediamo sempre quando.
g) La lingua e la civiltà. Il greco antico è soprattutto una scienza sociale: serve per capire e farsi capire, per rappresentare un’idea di mondo che non esiste più. Gli antichi greci si sentirono accomunati dalla loro lingua, dall’essere ellenici. Essi non sono stati per millenni stato o nazione, ma solo un popolo accomunato da una geografia umana che si espresse mediante un'unità culturale altissima.
Andrea Marcolongo scrisse, molti anni fa, quando ancora era sui banchi del liceo classico, nelle pagine del suo Rocci, "il greco fa schifo"; anni dopo ci ha regalato un testo pieno di amore verso una lingua che è, come la vita, questione di passione e di militanza.
Andrea Marcolongo scrisse, molti anni fa, quando ancora era sui banchi del liceo classico, nelle pagine del suo Rocci, "il greco fa schifo"; anni dopo ci ha regalato un testo pieno di amore verso una lingua che è, come la vita, questione di passione e di militanza.
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