lunedì 21 novembre 2016

Parole, parole (IX)



(foto da internet)

Oggi dedichiamo il post della sezione Parole, parole, a un termine desueto che, fino agli anni '70-'80, era ben noto in ambito giornalistico: dimafonista.
Il dimafonista era  il tecnico del giornale addetto alla trascrizione del pezzo che i collaboratori esterni inviavano alla testa, dettandolo o registrandolo al centralino. Il sostantivo in questione proviene da dimafono, nome composto da sillabe diverse: di(ctation) (auto)-ma(tic) e -fono, un apparecchio che consentiva la registrazione delle conversazioni telefoniche su un apposito disco, per poi riascoltarle o trascriverle.


(foto da internet)

Qualcuno ricorderà i vecchi film americani in cui, nelle redazioni dei quotidiani, un giornalista dimafonista, aveva il compito di raccogliere gli articoli che riceveva dai collaboratori del giornale fuori sede, inviati e corrispondenti, che dettavano i loro pezzi al telefono, o registrandoli nella segreteria telefonica  del giornale. Il dimafonista trascriveva i pezzi su carta e poi li batteva a macchina prima di inviarli ai membri della redazione.  

La dettatura imponeva ai giornalisti una tecnica particolare, che prevedeva la pronuncia delle parole in modo attento, soprattutto nelle sillabe che seguivano l'accento tonico. Ogni parola inconsueta, o nome proprio, doveva essere sillabata usando i nomi delle città italiane (ad esempio, il nome russo Serghei, si sillabava così: Savona, Empoli, Roma, Genova, Acca come Hotel, Empoli, Imola). Insomma, un lavoraccio... Un dimafonista c'è nel film ll muro di gomma di Marco Risi, sulla strage di Ustica





(foto da internet)

Risi racconta la storia di Rocco, un giornalista del Corriere della Sera che seguì, per dieci anni, l'evoluzione delle indagini sull'incidente aereo nel quale morirono 81 persone. Il film si chiude in una giornata di pioggia, quando Rocco detta il suo articolo sui fatti degli ultimi giorni da una cabina telefonica: 
"(...) Ora, finalmente, mentre fuori da questo palazzo, dove lo Stato interroga lo Stato, piove, a molti sembra di vedere un po' di sole. Aspetta. Queste ultime tre righe non mi piacciono. Aggiungi soltanto... Perché?"
Un'altra notizia, forse l'ultima sui dimafoni dei giornali francesi, risale al maggio del '98, quando, un individuo, dall'altra parte del telefono, lesse al dimafonista un comunicato, stilato da George Beaume, l'agente francese dell'attrice Monica Vitti
Le parole vennero scandite chiaramente: "Monica Vitti è morta. Si è suicidata nel suo appartamento romano... Ha inghiottito una dose mortale di barbiturici... Ricoverata in ospedale d' urgenza tutte le cure del caso si sono rivelate inutili..."


(foto da internet)

Le redazioni dei giornali impazzirono. Erano in chiusura. Scattò immediatamente l'ordine di dare la notizia, corredata dal cosiddetto coccodrillo, e cioè da una biografia dell'attrice, che godeva di grande popolarità in Francia, eroina indimenticabile dei film di Antonioni. Ma nessuno si preoccupò di verificare la veridicità del comunicato. 
A Le Monde non dubitarono: George Beaume era realmente l'agente francese di Monica Vitti, e il suo studio era tra i più noti nell'ambiente teatrale e cinematografico. L'interlocutore misterioso, fornì ai dimafonisti l'indirizzo e di numero di telefono: due particolari che corrispondevano esattamente. Si provò a cercare George Beaume, ma l'agente non rispose alle ripetute chiamate dei redattori della testata parigina. 
Si tentò in Italia, ma non ci fu niente da fare: nessuno rispose. Il tempo stringeva: la biografia della Vitti era già stata stilata da uno dei critici cinematografici più importanti del giornale. 
La redazione non aveva dubbi: alle 13 le prime copie andarono in edicola, con la notizia, ben in evidenza, nella pagina destinata alle informazioni dell'ultima ora. Due colonne con su scritto: La morte di Monica Vitti, e con una biografia che cercava anche una motivazione per il suicidio dell'attrice allora cinquantaseienne. Quando i lettori di Le Monde lessero l'articolo di commiato si rivelò la macabra burla. 


(foto da internet)

Qualcuno era riuscito a mettersi in contatto con il vero George Beaume il quale cadde dalle nuvole. Monica Vitti stava benissimo! Ma il gioco era fatto: qualcuno, letta la notizia su Le Monde o sui dispacci dell'agenzia Efe che la rilanciò in tutto il mondo, telefonò a Roma, e riuscì a parlare con l'attrice. Si trattava di uno scherzo di pessimo gusto. 
Scattò, di nuovo, l'allarme in redazione e in tipografia. Parola d'ordine: arrestare la tiratura e ritirare, se possibile, le copie già in circolazione. 
Non ci fu nemmeno il tempo per scrivere una smentita. Il giorno successivo, apparve un articolo, con tanto di autocritica e di scuse verso i lettori, e soprattutto verso la Vitti morta resuscitata
A Le Monde hanno sempre sostenuto che qualcuno abbia voluto screditare il giornale, abituato a lavorare, come del resto tutte le testate, in tempi serratissimi.
Meno male che l'avvento di alcuni aggeggi elettronici sancì la fine di questo mestiere...

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