Oggi, all'indomani delle elezioni catalane, abbandoniamo i risultati politici per condividere con tutti i chiodini una riflessione linguistica.
(foto da internet)
È possibile fare letteratura in una lingua che non sia la materna. L'esempio più ecletante è Nabokov, il romanziere russo che scelse l'inglese per i suoi romanzi, lingua così lontana dalla sua.
Conosciamo casi simili con la lingua di Dante? Sì, un poeta molto vicino a tutti, Pere Gimferrer, il quale, negli anni ´60 con la pubblicazione di Arde el mar si impose sul panorama letterario spagnolo come uno dei poeti catalani più importanti. Il poeta ha pubblicato, appena un anno fa, simultaneamente, in edizione bilingue (catalano-italiano) un libro di poesia. El Castillo de la pureza (Tusquets) e Per riguardo (Vandalia). Il primo è stato tradotto in castigliano da José María Micó e il secondo dal poeta e romanziere Justo Navarro, il quale ha affermato che tradurre l'italiano di Gimferrer rende possibile comprendere appieno la lingua castigliana.
(foto da internet)
La bellezza di questa scelta, a detta di Gimferrer, è che è l'italiano è per lui una lingua propria. E soprattutto la scelta di una lingua anziché di un'altra ti guida per il cammino e ti fa prendere una strada invece di un'altra.
L'italiano è per il poeta una lingua a cui lui si è avvicinato grazie al cinema, grazie alla letteratura, in primis a Dante che poi lo ha portato a sentire una vera e propria passione italiazzante. Non è la lingua a essere patrioti.
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