martedì 18 novembre 2008

Poesie ermetiche

(foto da internet)

Agli inizi del ‘900 un gruppo di scrittori italiani fu costretto dalla censura fascista a scegliere tra due possibili strade: o scrivere propaganda anti-regime per il grande pubblico, o chiudersi in un proprio mondo esclusivo e raffinato di parole e di sentimenti, espressi in un linguaggio giocato sull’allusione, destinato a pochi lettori. Così nacque l’ermetismo, uno fra i più importanti movimenti poetici italiani del ventesimo secolo, fondato da Eugenio Montale (ascolta alcune poesie >>, >>, >>) e Giuseppe Ungaretti (ascolta alcune poesie >>, >>). Il suo nome procede dalla definizione, coniata in senso dispregiativo, che diede titolo al saggio La poesia ermetica di Francesco Flora. Questo critico la definisce una poesia volutamente oscura e di difficile comprensione, dovuto soprattutto all’uso eccessivo di analogie.
Per gli ermetici la letteratura era un modello di vita assoluto, atemporale, lontano dalle tematiche tradizionali e perseguivano un’espressione poetica di forte carica espressiva, libera da ogni vincolo comunicativo. La guerra aveva distrutto la fiducia negli uomini e nel mondo e i poeti si rinchiusero in un mondo personale, fatto di parole scelte accuratamente per esprimere ciò che volevano trasmette. Opere brevi, ma dense di significato. Indifferenti alle regole, ripudiano la poesia classica e costruiscono poesie che distano poco dalla prosa. Eppure non si tratta di prosa, ma di poesia pura che si esprime con termini essenziali. Il risultato è di una bellezza sorprendente.

Uno dei principali esponenti di questo movimento è Salvatore Quasimodo, che nella sua opera Oboe sommerso mostra le principali caratteristiche formali di questo nuovo modo di fare poesia: un linguaggio evocatore, l’uso di sostantivi assoluti senza articolo, i plurali indeterminati e le immagini oniriche.
(foto da Mymovies)

L’ermetismo esercita un fascino notevole ancora oggi ed ha lasciato tracce in opere di alcuni autori odierni. Il musicista Jan Kaczmarek, ad esempio, ha musicato Fatica d’amore, un poema di Quasimodo, per la banda sonora di Washington Square (vedi), trasposizione cinematografica del capolavoro letterario di Henry James.
Fatica d'amore, tristezza,
tu chiami una vita
che dentro, profonda,
ha nomi di cieli e giardini.
E fosse mia carne
che dono di male trasforma.
Neanche Franco Battiato è riuscito a sottrarsi alla bellezza di questa poetica ed in una sua canzone, Scalo a Grado (vedi), parafrasa un poema di Ungaretti a cui si allude nel video che potete vedere in seguito. Potreste scriverci il paragrafo della canzone in cui l’autore siciliano allude al famoso, nonché brevissimo, poema? Se volete saperne di più su questo autore, vi consigliamo di dare un' occhiata a questo video, in cui Giovanni Bivona (alias Il Dotto) parla non poco del suo ammirato (l)Ungaretti.

E voi che ne dite? Vi piace la poesia ermetica?

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Per noi è un po' complicata

Gio ha detto...

Che bel post! Complimenti, Cristina.

Cristina Manfreda ha detto...

Ti ringrazio, Giovanna.

Anonimo ha detto...

Molto bella, ma un po' difficile.

Lluna ha detto...

Credo che il paragrafo della canzone in cui Battiato allude al poema sia: Ci si illumina d'immenso mostrando un po' con la lingua al prete che dà l'ostia. Ci si sente in paradiso cantando dei salmi un po' costernati.

Quando studiavo al liceo non mi piaceva la poesia perché non sempre la capivo ma questa poesia ermetica mi piace. La canzone di Battiato è molto bella.

Amparo Santaúrsula

Cristina Manfreda ha detto...

Complimenti, Amparo. La risposta è giusta, ma hai confuso "poco" e "po'" e per questo hai frainteso due parole.

Il paragrafo è:

Ci si illumina d'immenso mostrando un poco la lingua al prete che dà l'ostia. Ci si sente in paradiso cantando dei salmi un poco stonati.

debo ha detto...

credo che anche se volutamente ma inconsapevolmente anch'io sia tendenzialmente abbastanza ermetica.

difficile magari capire, ma mi piace come concetto.