(foto da internet)
Politica zero, media poco meglio. E la
felicità che, più che alle onnipresenti protesi digitali, ruota intorno
alla cultura. Un elemento che probabilmente consente ai giovani europei –
i Millennials fra i 16 e i 34 anni – di salvarsi dalle sirene del
populismo che sembrano risuonare ai quattro angoli del Vecchio
continente. Sono solo alcuni dei risultati di Generation What?,
il progetto durato mesi e coordinato dalla European Broadcasting Union -
Rai in collaborazione con Rep.it e concluso lo scorso ottobre.
Un'indagine a tutto campo, che ha approfondito le posizioni delle
giovani generazioni europee entrando nel merito di una serie di
temi-chiave, dalla politica all’immigrazione passando per l’identità
nazionale, il lavoro e, in generale, le speranze per il futuro.
A fare
da pilota è un questionario, cui ancora è possibile rispondere fino ad aprile.
(foto da internet)
Se ne è parlato alla
Rai, nel corso di una giornata di lavori battezzata “Reconnecting
Europeans-The role of public service media” in occasione di due scadenze essenziali per il Dna europeo: il
60esimo anniversario del Trattato di Roma – che cadrà precisamente il 25
marzo – e il coincidente 30esimo compleanno del programma Erasmus,
quell’architettura di interscambio universitario che fra studio e amori
ha coinvolto negli anni 3,5 milioni di ragazzi. Contribuendo forse più
di molti altri progetti alla costruzione di un embrione d’identità
europea.
Dunque, come si vedono i giovani europei e
come inquadrano il loro futuro e le varie componenti della società? Se
il 90% crede che alcuni o tutti i politici siano corrotti, al vertice di
questa poco lodevole classifica ci sono Grecia e Francia mentre Paesi
Bassi e Irlanda si attestano su un confortante 22%. L’Italia, fra l’una e
l’altra risposta, si attesa sul 95%. In generale una media dell’83%
prova sfiducia nelle classi dirigenti che sono alla guida dei governi
dell’Unione e oltre (nel senso che hanno partecipato anche giovani di
Paesi formalmente non aderenti all’Ue) con dei picchi in Italia (94%),
ancora Grecia (92%) e Francia (92%). Le cose vanno meglio in Olanda e
Germania, anche se non di molto (rispettivamente 62% e 63%).
(foto da internet)
Tuttavia il milione di giovani che ha
risposto alle 149 domande del sondaggio lanciato quasi un anno fa, ad
aprile 2016, vuole partecipare alla vita politica: il 69% ha per esempio
voglia di esprimere la propria preferenza nelle urne. Non bene i media:
mentre quelli tedeschi rasentano un livello accettabile con una fiducia
del 39%, lo spazio di manovra si riduce quasi totalmente in Paesi come
Regno Unito, Italia o Grecia, dove la sfiducia vola oltre il 90%.
I Millennial europei
sono aperti all’immigrazione e non sembrano rispondere ai richiami dei
nazionalismi. Il 73% crede infatti che l’immigrazione arricchisca la
società (ci credono in particolare spagnoli , 85%, tedeschi, 83%, e
danesi 83%). Si tratta di un sentimento maggiormente femminile (75%
contro 69%). Insomma, la voce verso l’accoglienza è chiara: quasi un
terzo (32%) si dice infatti a favore dell’apertura a tutti i rifugiati, a
prescindere dalle ragioni che li hanno spinti in viaggio, e un
ulteriore 31% si dice d’accordo per chi fugge dalle guerre. Meno
disponibilità, invece, per i migranti cosiddetti “economici”. Solo il 6%
dei 16-34enni è del tutto contrario a ogni genere di accoglienza
(soprattutto in Irlanda, Gran Bretagna e Repubblica Ceca).
(foto da internet)
Ma che sapore ha la felicità dei giovani
europei? Quello della musica (il 98% spiega che non sarebbe felice senza
ascoltarne in grande quantità) e della lettura: il 73% lega infatti la
propria felicità ai libri. Non tutto, insomma, se,brerebb girare intorno al grande
totem contemporaneo che lo smartphone e le sue infinite possibilità: il
63% dichiara infatti di poter sopravvivere senza un telefono cellulare
mentre un più contenuto 52% ritiene che internet non sia vitale per la
felicità. Ciò di cui sembrano poter fare a meno, invece, è proprio
quella tv che ha promosso l’indagine: il 79% dei partecipanti afferma di
poter vivere senza. Così come della religione: solo il 15% la considera
una strada privilegiata per una vita serena e felice. Sono invece
importanti lo sport (56%) e ovviamente gli amici, fondamentali per il
92% degli intervistati, più dell’amore che si ferma all’86%.
(foto da internet)
Certo è che, pur molto legati alle loro
radici – è vero in particolare per i giovani italiani – i Millennial
dipinti da Generation What? hanno del tutto smarrito il concetto di
nazione: il 60% non lotterebbe per la patria anche se le sacche più
convinte si trovano nei Paesi Bassi, Regno Unito, Repubblica Ceca e
Irlanda. Il futuro è inoltre una terra accidentata ma da guardare in
fondo con fiducia: il 72% sente di avere in pugno il proprio destino.
Anche se la scarsa occupazione rende tutto maledettamente complesso in
contesti come Spagna (38%), Italia (43%) o Grecia (48%). L’ottimismo sul
futuro, che si attesta al 63% con ampie differenze fra i Paesi (Paesi
Bassi e Repubblica Ceca sopra il 70%, Italia, Grecia e Uke sotto il
50%), non ruota però intorno all’Europa stessa (a cui si accorda una
fiducia troppo bassa, sul 47%). Anche se in fondo il 76% si vede dentro i
confini dell’Ue e la Brexit fa pochi proseliti.
Insomma, come si legge nell’indagine in
particolare riguardo agli italiani, i Millennials sono “cosmopoliti e
disponibili a muoversi all’estero” e “percepiscono l’Europa come
un’opportunità e un punto di riferimento, sebbene restino fortemente
legati al luogo di origine. Ciò si traduce anche nell’apertura al
diverso da sé, in principio accettata ma nella pratica poco realizzata
poiché tutto si svolge nell’ambito della cerchia delle proprie amicizie,
la quale è composta sostanzialmente solo da gruppi affini”. Opportunità
tuttavia senza grande seguito (il 31% non ritiene lo stipendio in linea
con le competenze professionali) se è vero che proprio “incertezza”,
“boh”, “incertezze”, “disillusa” e “senza futuro” sono alcuni dei
termini più utilizzati.
(foto da internet)
“Quasi un milione di giovani ha ricevuto l’opportunità dai media di servizio pubblico di parlare e di essere ascoltato – ha spiegato Ingrid Deltenre, direttrice generale dell’Ebu – nell’immediato futuro la generazione del nuovo millennio si troverà alla guida del nostro continente, pertanto ascoltare la loro voce ed imparare da questo sondaggio ha per noi un grande valore. I media di servizio pubblico non stanno solo ad ascoltare ma forniscono al contempo una piattaforma per creare ponti, non solo fra generazioni, ma anche fra i cittadini e le istituzioni che hanno un impatto sulle loro vite. Generation What? sarà l'inizio di un dialogo sempre in crescita fra i giovani di vari Paesi, le istituzioni, i governi e l’Unione Europea”.
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