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"Molti studenti scrivono male in italiano,
servono interventi urgenti". È il contenuto della lettera che oltre
600 docenti universitari, accademici della Crusca, storici, filosofi,
sociologi e economisti hanno inviato al governo e al parlamento per
chiedere "interventi urgenti" per rimediare alle carenze dei loro
studenti: "È chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso
scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e
faticano a esprimersi oralmente", si legge nel documento partito dal
gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità. Hanno deciso di denunciare con una lettera indirizzata al Governo, alla
ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli e al Parlamento: «il governo del
sistema scolastico non reagisce in modo appropriato - si legge nella
lettera, intitolata `Saper leggere e scrivere: una proposta contro il
declino dell’italiano a scuola´ - anche perché il tema della correttezza
ortografica e grammaticale è stato a lungo svalutato sul piano
didattico più o meno da tutti i governi. Ci sono alcune importanti
iniziative rivolte all’aggiornamento degli insegnanti, ma non si vede
una volontà politica adeguata alla gravità del problema».
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Da tempo - continua la lettera - i docenti
universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti
(grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza
elementare. Nel tentativo di porvi rimedio, alcune facoltà hanno persino
attivato corsi di recupero di lingua italiana". Secondo i docenti, il
sistema scolastico non reagisce in modo appropriato, "anche perché il
tema della correttezza ortografica e grammaticale è stato a lungo
svalutato sul piano didattico".
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"Ci sono alcune importanti iniziative rivolte all'aggiornamento degli insegnanti, ma - si fa notare - non si vede una volontà politica adeguata alla gravità del problema. Abbiamo invece bisogno di una scuola davvero esigente nel controllo degli apprendimenti, oltre che più efficace nella didattica, altrimenti né l'impegno degli insegnanti, né l'acquisizione di nuove metodologie saranno sufficienti". Nella lettera si indica quindi una serie di dettagliate linee d'intervento per arrivare, "al termine del primo ciclo" di studi, ad un "sufficiente possesso degli strumenti linguistici di base da parte della grande maggioranza degli studenti".
Nella lunga lista dei firmatari ci sono
molti nomi illustri della Accademia della Crusca, rettori universitari, docenti di letteratura
italiana, storici, matematici, costituzionalisti, economisti
e docenti di diritto pubblico comparato e romano.
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"Circa i tre quarti degli studenti delle triennali sono di fatto semianalfabeti - si legge tra i commenti dei docenti alla lettera - È una tragedia nazionale non percepita dall’ opinione pubblica, dalla stampa e naturalmente dalla classe politica. Apprezzo che finalmente si ponga il problema. Ahimè, ho potuto constatare anch'io i guasti che segnalate, dal momento che il mio esame è scritto e ne vengono fuori delle belle... È francamente avvilente trovarsi di fronte ragazzi che vogliono intraprendere la professione di giornalista e presentano povertà di vocabolario, scrivono come se stessero redigendo un sms, con conseguenti contrazioni di vocaboli, o inciampano sui congiuntivi".
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I docenti universitari, dunque, propongono alcune linee di intervento:
una revisione delle indicazioni nazionali che «dia grande rilievo
all’acquisizione delle competenze di base, fondamentali per tutti gli
ambiti disciplinari», che dovrebbero contenere i «traguardi intermedi
imprescindibili da raggiungere e le più importanti tipologie di
esercitazioni» e l’introduzione di «verifiche nazionali periodiche»
durante gli otto anni del primo ciclo: dettato ortografico, riassunto,
comprensione del testo, conoscenza del lessico, analisi grammaticale e
scrittura corsiva a mano. «Sarebbe utile - affermano - la partecipazione
di docenti delle medie e delle superiori rispettivamente alla verifica
in uscita dalla primaria e all’esame di terza media, anche per stimolare
su questi temi il confronto professionale tra insegnanti dei vari
ordini di scuola».
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I docenti si dicono «convinti che l’introduzione di momenti di seria
verifica durante l’iter scolastico sia una condizione indispensabile per
l’acquisizione e il consolidamento delle competenze di base. Questi
momenti costituirebbero per gli allievi un incentivo a fare del proprio
meglio e un’occasione per abituarsi ad affrontare delle prove, pur senza
drammatizzarle, mentre gli insegnanti avrebbero finalmente dei chiari
obiettivi comuni a tutte le scuole a cui finalizzare una parte
significativa del loro lavoro».
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