(foto da internet)
Spopola sul web una nuova tendenza: si chiama Social eating, e chi lo conosce bene lo definisce un modo di mangiare fuori dal comune. Perché, in pochi click, permette di riunire attorno al tavolo di casa propria un gruppo di sconosciuti come se si fosse in un qualsiasi ristorante. Persone mai viste prima, curiose delle cose del mondo ma soprattutto desiderose di fare nuove amicizie.
Un meccanismo che unisce due modi di socializzare: uno, più moderno, ovvero internet, e l’altro, classico e intramontabile: il cibo.
Tre giovani italiani, Gianluca Ranno, Walter Dabbicco e Cristiano Rigon, legati all'Incubatore delle Idee innovative del Politecnico di Torino, hanno creato Gnammo, che, dopo aver conquistato il Regno Unito e il Nord America, si sta affermando anche in Italia. I tre ideatori, hanno importato il modello dei supper club londinesi, circoli underground dove i frequentatori fraternizzano tra loro durante una portata e l’altra, trasferendolo sul web.
(foto da internet)
Il risultato è una piattaforma attraverso la quale gli utenti sponsorizzano eventi culinari - pranzi, cene a tema, aperitivi, degustazioni - a casa propria aperti a tutti.
Gli gnammers che decidono di partecipare pagano una quota, in parte destinata alla piattaforma e in parte al cuoco, proprio come accade per tutti i siti di e-commerce.
Una volta che l’organizzatore ha accettato l’ospite, per quest’ultimo si aprono le porte di casa sua che, per due o tre ore, si trasforma in un ristorante casalingo 2.0!
Dal 2012 a oggi, Gnammo ha organizzato oltre 800 eventi. La piattaforma conta circa 15mila iscritti.
Secondio i creatori il bello del progetto è l'esaltazione dell'italianità culinaria: collegandosi al sito, un turista straniero che si trova bel Belpaese ha la possibilità di cenare a casa di un italiano autentico.
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In Spagna esiste una piattaforma analoga, chiamata Eat With che si basa sullo stesso meccanismo.
Un'altra iniziativa interessante è anche Peoplecooks che si rivolge al vasto pubblico degli studenti e dei lavoratori fuorisede, con pochi soldi a disposizione e zero voglia di cucinare, proponendosi come un mezzo di mutuo soccorso: si uniscono le forze e ciò che resta nella credenza per mettere insieme un pasto dal costo necessariamente sotto i sei euro a testa.
Insomma, tutto ciò è social eating. Ovvero, uno degli esempi più noti di sharing economy, il modello economico che si basa sulla condivisione. Del proprio tempo e interessi e delle proprie abilità ai fornelli. E poi chi mangia risparmia e chi cucina arrotonda lo stipendio...
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