A G. Moffa (con affetto)
(foto da internet)
Il nostro viaggio riparte dalla Puglia, in provincia di Foggia, dal borgo di Roseto Valfortore.
Anticamente chiamato Rosito, prende nome dall’abbondanza di
rose selvatiche nel suo territorio. Il toponimo Valfortore si riferisce al
fiume Fortore che nasce ad est del paese e ne solca la valle.
Il paese è adagiato su un pendio della valle del Fortore, e si presenta sufficientemente ben conservato. L’impianto urbanistico è
di derivazione medievale e le viuzze lasciano intravedere i profumi e gli scorci di verde del vicino bosco
Vetruscelli.
I vicoli (in dialetto stréttole) del centro storico di Roseto partono
tutti da Piazza Vecchia. Sono disposti secondo una tecnica di costruzione
longobarda: a uno più largo su cui si affacciano le scalinate delle abitazioni,
si alterna uno più stretto che funge da raccoglitore di acqua piovana. In fondo
a ogni vicolo c’era una porta che veniva chiusa al tramonto, a protezione del
borgo.
(foto da internet)
Accanto alla Piazza Vecchia sorge la maestosa Chiesa
Madre, costruita nel 1507. E’ da ammirare
la balaustra, scolpita in pietra locale da artisti rosetani. Con la stessa
pietra sono scolpiti i due sarcofagi gentilizi che la tradizione associa ai
nomi di Tuleje e Mmaleje. Di fronte al lato sinistro della Chiesa Madre si nota
il Palazzo Marchesale. Di fronte alla
scalinata principale della Chiesa Madre c’è l’arco della Terra che serviva da
porta principale. In un angolo del muro esterno che sovrasta l’arco, si scorge
una testa lapidea che forse raffigura uno dei feudatari di Roseto.
Nel 1623 l’arciprete De Santis portò a Roseto il culto di
San Filippo Neri, diventato poi il patrono del paese. Nella sua abitazione,
trasformata in oratorio, si conserva un prezioso busto d’argento del santo.
Al centro del borgo si trova la chiesa del SS. Corpo di
Cristo, importante luogo di culto nei secoli XVIII e XIX. Restaurata e
ribattezzata col nome di Cristo Re, ora risulta sconsacrata.
(foto da internet)
L´opera degli scalpellini locali rappresenta il patrimonio
artistico più importante del paese. Portali, colonne, bassorilievi sono stati
realizzati da maestri che per secoli hanno lavorato la pietra della locale
cava, situata a sud del borgo.
Il territorio è ricco di sorgenti d’acque e zampillanti
fontane, di mulini ad acqua, di aree da picnic, di orologi e meridiane.
La grande quantità di fiori e il tartufo nero che abbonda
nei boschi fanno di Roseto la città del miele e del tartufo. La gastronomia del borgo è ricca di
cibi semplici e genuini, come il pane, che è buonissimo, e i dolci.
(foto da internet)
Da assaggiare i famosi cecatédde ch’i tanne checuzze: e cioè dei cavatelli fatti con
farina di grano duro, germogli teneri della pianta di zucchine, un sughetto di
pomodori freschi e un po’ di peperenòle, polvere acre di peperoncini
essiccati.
Buon viaggio!
Nessun commento:
Posta un commento