Nelle sfilate parigine per l’autunno-inverno 2008 ci hanno colpito due notizie. La prima è tutta made in Italy: è stata la prima sfilata della lussuosa maison Valentino senza la genialità del suo creatore; la seconda, invece, ci è sembrata una piccola rivendicazione per le donne che, soldi a parte, non hanno poi tante occasioni per sfoggiare quegli abiti che presuppongono un’uscita di solo "bon ton", un'uscita statica. Quei vestiti così irreali e allo stesso tempo troppo reali, perché dicono esattamente l’anno e anche quanto sono stati pagati. Insomma quei vestiti usa e getta, che, dopo essere costati un occhio della testa, non si possono mettere di nuovo in circolazione.
1. È stata definita una svolta garbata quella di Alessandra Facchinetti nel suo primo giorno da Valentino: un Valentino vestito di nuovo e tinto di rosa, che ha passato l’esame. I temi di Valentino si colgono alla prima occhiata anche se sono in versione minimal, riletti con il tratto tipico degli stilisti new generation che riscrivono il lusso dei marchi storici con tratti essenziali, stemperati da un’allure contemporanea fatta di sottrazioni e ricerche minuziose. «Ho voglia di pulizia e di capi classici, non è vero che la gente ama i trend usa e getta. È solo l’inizio, devo ancora fare tanta strada», spiega la Facchinetti sottolinenado la sua entrata in punta di piedi nella maison simbolo del made in Italy, conscia del fatto che Valentino senza Valentino è una sfida difficilissima.
1. È stata definita una svolta garbata quella di Alessandra Facchinetti nel suo primo giorno da Valentino: un Valentino vestito di nuovo e tinto di rosa, che ha passato l’esame. I temi di Valentino si colgono alla prima occhiata anche se sono in versione minimal, riletti con il tratto tipico degli stilisti new generation che riscrivono il lusso dei marchi storici con tratti essenziali, stemperati da un’allure contemporanea fatta di sottrazioni e ricerche minuziose. «Ho voglia di pulizia e di capi classici, non è vero che la gente ama i trend usa e getta. È solo l’inizio, devo ancora fare tanta strada», spiega la Facchinetti sottolinenado la sua entrata in punta di piedi nella maison simbolo del made in Italy, conscia del fatto che Valentino senza Valentino è una sfida difficilissima.
(foto da internet)
Su una pedana rosa cipria fatta a 8, come il simbolo dell’infinito, scorrono gli abiti ripuliti dalle decorazioni, ma con le stigmate del marchio rivolto a un pubblico più giovane. Gonne ad anfora arricciate davanti, sottili cinture concluse da fibbie a fiocco di metallo, bluse con plastron di ruches. E poi giacche a marsina con volant sfuggenti dietro, cappotti geometrici, toilette con scolli a farfalla sulla schiena, tuniche a lamelle.
È un Valentino formato famiglia; il clan Facchinetti si riunisce appassionatamente: in pole position c’è papà Roby, tastierista dei Pooh, il quale afferma contento: «Se il mondo assomiglia a te non siamo in pericolo». E risuonano nella memoria quelle note di Alessandra, canzone dei Pooh e dedicata alla prima figlia del batterista, appunto alla nuova stella del made in Italy.
2. Ad opera dello stilista israeliano Alber Elbaz, genietto di Lanvin, amatissimo per la sua poetica concretezza, si ritorna alla bella camicia bianca, che non ha tempo e fa comodo a tutte averla nell’armadio, perché risolve sempre ogni situazione. Ma soprattutto si guarda la realtà: evviva la donna normale. Ecco il nuovo, portabile, arriva la femme de famille che se ne frega dei trend e la mattina si veste per star comoda e correre tutto il giorno fra la scuola dei figli, il lavoro, il supermercato.
Si è detto che Parigi ha chiuso scoprendo il fascino discreto delle persone vere, con i piedi per terra, le rughe, la cellulite... Per queste clienti si è creato un guardaroba anonimo e pratico. «Il sexy e il glamour puzzano di muffa. Basta con il retrò fatto di abitini, cappottini e giacchettine da signora bon ton. Vince la modestia e tutto ciò che è sussurrato, lo show off è un orrore». Insomma sembrerebbe che Elbaz predichi bene e ... razzoli meglio.
La tecnologia rende anche l’abbigliamento più confortevole, aerodinamico, per la vita frenetica di tutti i giorni. Lo stilista parte da un nastro di gros grain srotolato e lo trasforma in tessuto applicandolo sul tulle. Da lì nascono paltò, gonne, giacche da buttare in acqua e non stirare. Aria vissuta, tagli al vivo, volumi ampi. In poche parole: largo e stropicciato è chic.
Ma chissà se sarà davvero un piccolo aiuto per chi non preferisce stirare e/o non ha tempo per farlo. Vedremo, i prezzi sveleranno il mistero!!!
2 commenti:
Meglio non stirare.
Un bell'articolo con delle bellissime foto... complimenti. Maria
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