venerdì 28 febbraio 2020

Dagli all'untore!





(foto da internet)

Untore singolare maschile [dal latino unctor -oris, der. di ungĕre «ungere», participio passato unctus] è chi unge, ungitore. In particolare si chiamarono untori coloro che nella peste di Milano del 1630 furono sospettati di diffondere il contagio ungendo persone e cose (per esempio, le porte delle case, le panche delle chiese) con unguenti malefici; contro di essi si scatenò spesso l’ira popolare e si dette anche corso a persecuzioni giudiziarie. 
In italiano troviamo anche il diminutivo untorello, usato in senso figurato, per lo più ripetendo o parafrasando le parole dette, ne I promessi sposi del Manzoni, da un monatto a Renzo: "Va, va, povero untorello", rivolgendosi a persona che per la sua pochezza non è ritenuta capace di fare un gran male.




(foto da internet)

Le unzioni effettivamente ci furono, ebbero carattere di continuità e, nel colmo della peste, furono assai frequenti, soprattutto da parte degli stessi monatti che, interessati a perpetuare con la peste il proprio guadagno, potevano veramente diffondere l’infezione spargendo intorno il marciume degli appestati.
Proprio a Milano, il Manzoni, due secoli fa, raccontò ne la Storia della colonna infame, la storia vera della popolana Caterina Rosa, che accusò e fece condannare a morte gli innocenti Gian Giacomo Mora e Guglielmo Piazza, accusati di andare in giro a infettare case e uomini con la peste, aizzata da politici, giudici e avvocati, e da intere folle, tutti accomunati dalla paura interessata. 




(foto da internet)

Una paura che Manzoni spiegò così: "Il sospetto e l’esasperazione, quando non siano frenate dalla ragione e dalla carità, hanno la trista virtù di far prendere per colpevoli gli sventurati, sui più vani indizi e le più avventate affermazioni". 
E anche il Boccaccio, che fece cominciare il suo Decameron nel tempo della peste, parlò dello spavento strettamente legato all’ignoranza, alla bassezza culturale e all’egoismo privo di ragione. Scrisse: "parenti insieme rade volte o non mai si visitassero e di lontano: era con sì fatto spavento questa tribulazione entrata ne’ petti degli uomini e delle donne, che l’un fratello l’altro abbandonava e il zio il nipote e la sorella il fratello e spesse volte la donna il che suo marito; e (che maggior cosa è e quasi non credibile), li padri e le madri i figliuoli, quasi loro non fossero, di visitare e di servire schifavano". 



(foto da internet)

E molti anni dopo Caparezza cantò (ascolta>>): "Il mio cuore batte più delle battone, quando porto confusione nella popolazione, ne traggo giovamento massimo panico al prossimo ed il prossimo potrebbe essere chiunque"...

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