(foto da internet)
Per celebrare, a modo nostro, la ricorrenza del 9 Ottobre, festa grande nella nostra regione, vorremmo evocare la figura di una grande donna: la giudicessa Eleonora d’Arborea.
Siamo in Sardegna, nel XV secolo. Il desiderio di libertà dell'isola dalle antiche dominazioni venne incarnata da Eleonora d'Arborea, una donna energica e risoluta, che divenne protagonista di un'azione politica riformatrice assai coraggiosa.
Eleonora d'Arborea fu regina, stratega e giudicessa, e legò il suo nome alla cosiddetta Carta de Logu, considerata uno dei primi esempi di costituzione al mondo, esempio unico, nell'Europa del XIV secolo, della capacità di un popolo di autogestirsi e di costruire, per la prima volta nella storia dell'isola, una nazione sarda sotto lo stemma arborense.
Siamo in Sardegna, nel XV secolo. Il desiderio di libertà dell'isola dalle antiche dominazioni venne incarnata da Eleonora d'Arborea, una donna energica e risoluta, che divenne protagonista di un'azione politica riformatrice assai coraggiosa.
Eleonora d'Arborea fu regina, stratega e giudicessa, e legò il suo nome alla cosiddetta Carta de Logu, considerata uno dei primi esempi di costituzione al mondo, esempio unico, nell'Europa del XIV secolo, della capacità di un popolo di autogestirsi e di costruire, per la prima volta nella storia dell'isola, una nazione sarda sotto lo stemma arborense.
Nel periodo storico a cui facciamo riferimento, detto Giudicale, la Sardegna era divisa
in quattro regioni denominate, appunto, giudicati perché amministrate da un
giudice che aveva tutte le prerogative di un sovrano; esse erano: Arborea, Cagliari,
Torres e Gallura che, a loro volta, erano suddivise in curatorie ognuna
delle quali era costituita da un certo numero di ville (villaggi o
parrocchie).
Tra i Giudicati ebbe un ruolo di spicco, per potenza, organizzazione e durata, quello di Arborea con capitale nell’antica città di Tharros e successivamente ad Oristano. Alla sua guida si succedettero numerosi sovrani, tra i quali Eleonora d’Arborea che rimase al governo dal 1383 al 1392.
(foto da internet)
Eleonora nacque in Catalogna intorno al 1340, probabilmente a Molins de Rei, da Mariano de
Bas–Serra e da Timbra di Roccabertí ed ebbe due fratelli, Ugone e Beatrice.
La
sua vita si svolse prevalentemente in Sardegna dove, nel 1347, il padre Mariano venne
nominato giudice dalla Corona de Logu, un'assemblea di notabili, prelati e
funzionari delle città e dei villaggi dell'isola.
Eleonora d'Arborea trascorse gli anni della giovinezza a Oristano, fino al matrimonio con Brancaleone Doria, da cui ebbe due figli Federico e Mariano. Il suo matrimonio rientrava nel disegno di un'alleanza tra gli Arborea e i Doria, che già controllavano vasti territori della Sardegna.
Intorno al 1380, i genitori, il fratello Ugone e la di lui figlia Benedetta, furono assassinati da sicari assoldati dagli Aragonesi.
Per ottenere il riconoscimento del proprio figlio Federico, quale legittimo successore al trono di Arborea, Eleonora inviò il marito Brancaleone a trattare direttamente della questione alla corte aragonese. Il re però trattenne Brancaleone con un pretesto e lo prese in ostaggio. Eleonora iniziò allora la sua battaglia decidendo di continuare la politica paterna, ispirata da un forte senso di indipendenza, organizzando intorno a sé le varie popolazioni dell'isola.
Si autoproclamò Giudicessa d'Arborea, facendo leva sul diritto di piena sovranità nel proprio territorio grazie all'antico diritto sardo che, al contrario di quello aragonese, riconosceva l'accesso al trono paterno, o fraterno, delle donne. S'insediò, quindi, nel trono di Arborea, territorio che comprendeva l'attuale provincia di Oristano e parti considerevoli di quelle confinanti, e iniziò, con grande determinazione, il riordino e l'espansione del Giudicato.
Punì gli assassini del fratello Ugone, stipulò un accordo di pace con gli Aragonesi e ottenne la liberazione del marito. Divenne così una protagonista indiscussa della sua terra, fine e sapiente legislatrice grazie alla precisa visione delle complesse condizioni sociali ed economiche del suo popolo che condusse con determinazione e intelligenza.
La modernità del suo pensiero politico si manifestò proprio nella Carta de Logu, in cui è evidente la lungimiranza di alcune norme e la saggezza giuridica che tutelò le consuetudini locali compiute dal diritto sardo di tipo municipale. Il codice, promulgato nel 1392, era composto da 198 articoli che comprendevano un codice civile, un codice penale e un codice rurale. Rimase in vigore per più di 400 anni, fino alla sostituzione con il cosiddetto Codice di Carlo Felice, il 16 aprile 1827!
Eleonora d'Arborea trascorse gli anni della giovinezza a Oristano, fino al matrimonio con Brancaleone Doria, da cui ebbe due figli Federico e Mariano. Il suo matrimonio rientrava nel disegno di un'alleanza tra gli Arborea e i Doria, che già controllavano vasti territori della Sardegna.
Intorno al 1380, i genitori, il fratello Ugone e la di lui figlia Benedetta, furono assassinati da sicari assoldati dagli Aragonesi.
Per ottenere il riconoscimento del proprio figlio Federico, quale legittimo successore al trono di Arborea, Eleonora inviò il marito Brancaleone a trattare direttamente della questione alla corte aragonese. Il re però trattenne Brancaleone con un pretesto e lo prese in ostaggio. Eleonora iniziò allora la sua battaglia decidendo di continuare la politica paterna, ispirata da un forte senso di indipendenza, organizzando intorno a sé le varie popolazioni dell'isola.
(foto da internet)
Si autoproclamò Giudicessa d'Arborea, facendo leva sul diritto di piena sovranità nel proprio territorio grazie all'antico diritto sardo che, al contrario di quello aragonese, riconosceva l'accesso al trono paterno, o fraterno, delle donne. S'insediò, quindi, nel trono di Arborea, territorio che comprendeva l'attuale provincia di Oristano e parti considerevoli di quelle confinanti, e iniziò, con grande determinazione, il riordino e l'espansione del Giudicato.
Punì gli assassini del fratello Ugone, stipulò un accordo di pace con gli Aragonesi e ottenne la liberazione del marito. Divenne così una protagonista indiscussa della sua terra, fine e sapiente legislatrice grazie alla precisa visione delle complesse condizioni sociali ed economiche del suo popolo che condusse con determinazione e intelligenza.
La modernità del suo pensiero politico si manifestò proprio nella Carta de Logu, in cui è evidente la lungimiranza di alcune norme e la saggezza giuridica che tutelò le consuetudini locali compiute dal diritto sardo di tipo municipale. Il codice, promulgato nel 1392, era composto da 198 articoli che comprendevano un codice civile, un codice penale e un codice rurale. Rimase in vigore per più di 400 anni, fino alla sostituzione con il cosiddetto Codice di Carlo Felice, il 16 aprile 1827!
La Carta de Logu disciplinò in modo chiaro i rapporti giuridici, l‘amministrazione della giustizia, l’uguaglianza di fronte alla legge, e segnò una tappa fondamentale nel cammino che sfociò nella concezione dello Stato di diritto moderno.
Nella Carta si dice che tutti gli uomini liberi sono uguali davanti alla legge: una stessa sanzione colpiva chiunque l’avesse violata senza distinzione di classe sociale; fatto quasi rivoluzionario in un‘epoca nella quale i nobili ed il clero la facevano da padroni.
La giudicessa inserì anche una norma che permetteva il matrimonio riparatore alla violenza carnale. Altri esempi della portata innovativa della carta sono la contemplazione del reato di omissione di atti d'ufficio, la parità e la tutela del trattamento dello straniero e il controllo delle successioni in presenza di minori. Nel codice non c'è nessuna legge contro gli ebrei e gli eretici, e vi sono altre norme sorprendenti per la loro attualità, come quelle contro l'usura o per la difesa del territorio, con disposizioni su agricoltura, allevamento, caccia, salari che i lavoratori dovevano ricevere, bracconaggio, ecc. Eleonora volle, con la sua reggenza, uscire dal medioevo puntando anche sulla liberazione dei servi, e cercò di costituire un esercito misto, composto da truppe mercenarie e da quelle formate dai suoi concittadini.
Eleonora d'Arborea morì per la peste del 1394 senza essere riuscita a creare un Regno Sardo indipendente. Ancora oggi la Sardegna la ricorda come una combattente e come simbolo dell'emancipazione femminile.
Eleonora d'Arborea, fu così definita dal patriota Carlo Cattaneo: "... la figura più splendida di donna che abbiano le storie italiane, non escluse quelle di Roma antica".
(foto da internet)
La giudicessa inserì anche una norma che permetteva il matrimonio riparatore alla violenza carnale. Altri esempi della portata innovativa della carta sono la contemplazione del reato di omissione di atti d'ufficio, la parità e la tutela del trattamento dello straniero e il controllo delle successioni in presenza di minori. Nel codice non c'è nessuna legge contro gli ebrei e gli eretici, e vi sono altre norme sorprendenti per la loro attualità, come quelle contro l'usura o per la difesa del territorio, con disposizioni su agricoltura, allevamento, caccia, salari che i lavoratori dovevano ricevere, bracconaggio, ecc. Eleonora volle, con la sua reggenza, uscire dal medioevo puntando anche sulla liberazione dei servi, e cercò di costituire un esercito misto, composto da truppe mercenarie e da quelle formate dai suoi concittadini.
Eleonora d'Arborea morì per la peste del 1394 senza essere riuscita a creare un Regno Sardo indipendente. Ancora oggi la Sardegna la ricorda come una combattente e come simbolo dell'emancipazione femminile.
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Eleonora d'Arborea, fu così definita dal patriota Carlo Cattaneo: "... la figura più splendida di donna che abbiano le storie italiane, non escluse quelle di Roma antica".
In suo onore è stato dato il nome di falco eleonorae (in italiano falco della regina) a un falco ampiamente diffuso nel bacino del Mediterraneo.
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