lunedì 29 febbraio 2016

La poesia di Ignazio Buttitta



 (foto da internet)


Oggi dedichiamo il nostro post a Ignazio Buttitta (Bagheria, Palermo, 1899 - ivi 1997), uno dei più grandi poeti dialettali siciliani.  La sua poesia tradusse in versi un secolo di storia sociale, politica ed intellettuale della Sicilia
Visse in prima linea le lotte contadine, le due guerre, l’antifascismo, la lotta contro la mafia e la classe politica italiana. Autodidatta, esercitò da giovane i più umili mestieri, per poi dedicarsi al commercio
Nel 1922, alla vigilia della marcia su Roma, capeggiò una sommossa popolare, e, nello stesso anno, fondò un circolo culturare che pubblicò il foglio La povera gente
Fu direttore del mensile palermitano di letteratura dialettale La trazzera, soppresso dal fascismo. 
Nel 1923, pubblicò Sintimintali  e, nel 1928, il poemetto Marabedda.


(foto da internet)
 
Dopo anni di silenzio,  nel 1954, con Lu pani si chiama pani, ricominciò a pubblicare e ottenne fama internazionale. Durante la seconda guerra mondiale,  Buttitta si trasferì a Codogno (Milano).  
In questo periodo il poeta ebbe modo di frequentare Vittorini e Quasimodo. Nel 1960 si stabilì definitivamente a Bagheria dedicandosi a pieno alla poesia. È considerato, assieme con Leonardo Sciascia, Renato Guttuso, Elio Vittorini, Salvatore Quasimodo e Rosa Balistreri uno dei siciliani importanti del XX secolo.
Pier Paolo Pasolini lo definì sentimentale ed estroverso, ingenuo e tormentato. Buttitta amò raccontare di sé e degli altri, di Bagheria e del mondo, delle cose di ogni giorno, dell'incontro con un contadino, con un professore o con un mafioso. Inconfondibile, col suo berretto e i grandi occhiali, scrisse su tutto, sull'esperienza in senso lato, sulla memoria e sui suoi sensi.  


(foto da internet)
 
Poeta forte -per dirla con Harold Bloom-, la sua poesia va detta, comunicata da uomo a uomo, da uomo agli uomini, con la voce, il gesto, lo sguardo, le pause, le sospensioni, il respiro, il registro e il timbro. 
D'altra parte, questa è la radice popolare e contadina della sua poesia: la poesia che è parola-voce, il poetare che coincide con l'esistere. 
Le radici popolari e contadine della poesia di Buttitta, fanno di lui un poeta popolare, ma solo nel senso di poeta che sta dalle parte del popolo. Anche gli oggetti poetici presenti nei suoi versi, anche quelli che sembrano più banali, sono volutamente difficili; versi memorabili in cui fa spicco, sempre e su tutto, la sua profonda coscienza.
Vi proponiamo il suo testo più famoso: Un populu (leggi>>/ascolta>>).
Buona lettura!

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