(foto da internet)
Il 17 febbraio si è celebrata in Italia la Festa Nazionale del Gatto. L'iniziativa è nata nel 1990 grazie alla proposta dei lettori della rivista Tuttogatto, diretta dalla giornalista Claudia Angeletti, per stabilire il giorno da dedicare a questi animali domestici. La proposta vincitrice fu quella di Oriella De Col, che scelse questa data per le seguenti ragioni:
a) febbraio è il mese del segno zodiacale dell'Acquario, ossia degli spiriti liberi ed anticonformisti come quelli dei gatti che non amano sentirsi oppressi da troppe regole;
b) tra i detti popolari, febbraio veniva definito il mese dei gatti e delle streghe collegando in tal modo gatti e magia;
c) il numero 17, nella nostra tradizione, è sempre stato ritenuto portatore di sventura, stessa fama che, in tempi passati, è stata riservata al gatto. La sinistra fama del 17 è determinata dall'anagramma del numero romano che da XVII si trasforma in VIXI, ovvero sono vissuto, di conseguenza sono morto. Non è così, però, per il gatto che, per leggenda, ha sette vite. Il 17 diventa, quindi, 1 vita per 7 volte.
(foto da internet)
Il vocabolo gatto è presente nella nostra lingua in molti modi di dire (leggi>>). Ve ne proponiamo uno, fra i tanti, che ci piace molto: gatta da pelare. Si usa nella locuzione: avere una bella gatta da pelare, e dicesi di incombenza fastidiosa, problema, guaio o situazione difficile.
In gastronomia ci sono, poi, le note lingue di gatto, biscotti della tradizione europea
che accompagnano spesso creme, macedonie e gelati. La loro forma stretta ed allungata ricorda la lingua di un
gatto. In Italia si trovano comunemente nelle pasticcerie e nei forni (ecco la ricetta>>).
In musica c'è la mitica canzone per bambini 44 gatti (ascolta>>), un brano musicale del 1968,
vincitore della 10ª edizione dello Zecchino d'Oro nell'interpretazione di
Barbara Ferigo, e la celeberrima La gatta (ascolta>>) di Gino Paoli.
In letteratura, troviamo il gatto e la volpe,
due personaggi immaginari del libro
Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino di Carlo Collodi. Costoro
campano di elemosina e inganni, infatti il protagonista Pinocchio è vittima dei
loro raggiri. Il Gatto si finge cieco per aver studiato troppo, e la
Volpe si finge zoppa per il medesimo motivo. Nel nostro immaginario collettivo
sono divenuti gli imbroglioni e i falsi amici per antonomasia.
E poi ancora c'è il testo poetico La gatta di Giovanni Pascoli.
(foto da internet)
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Ad Arquà Petrarca, nei pressi di Padova, si trova la casa di
Francesco Petrarca. A piano terra, in una nicchia, c'è la gatta imbalsamata del
poeta toscano, il quale, a quanto pare, amava molto i gatti. Nella parte inferiore
ci sono due epigrammi latini del canonico Antonio Quarenghi. In uno di essi si
legge:
Arcebam sacro vivens a limine mures,
Ne domini exitio scripta diserta forent;
Incutio trepidis eadem defuncta pavorem,
Et viget exanimi in corpore prisca fides.
(foto da internet)
Nel mondo del cinema, La gabbianella e il gatto, un film d'animazione italiano del 1998 diretto da Enzo D'Alò, (vedi>>) basato sul romanzo Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare dello scrittore cileno Luis Sepúlveda, nel quale un gruppo di gatti, Zorba, Colonnello, Segretario, Diderot e Pallino, avranno cura di una gabbianella e l'aiuteranno a crescere e a volare.
(foto da internet)
Chiudiamo con detto popolare veneto: padovani gran dotori, venesiani gran signori, vicentini
magnagati, veronesi tuti mati (padovani gran dottori, veneziani gran signori, vicentini mangiagatti, veronesi tutti matti).
L'epiteto magnagati (mangiagatti) affibbiato ai vicentini, è legato ad una leggenda che li lega a Venezia. Si narra infatti che un tempo i veneziani avessero ceduto in prestito dei felini per aiutare i vicentini ad affrontare il problema dei topi in città. I gatti però non tornarono mai a Venezia, perciò i veneziani chiamarono i vicentini magnagati, pensando che i gatti fossero stati mangiati a causa delle diffuse fame e povertà nella città.
Sarà??
L'epiteto magnagati (mangiagatti) affibbiato ai vicentini, è legato ad una leggenda che li lega a Venezia. Si narra infatti che un tempo i veneziani avessero ceduto in prestito dei felini per aiutare i vicentini ad affrontare il problema dei topi in città. I gatti però non tornarono mai a Venezia, perciò i veneziani chiamarono i vicentini magnagati, pensando che i gatti fossero stati mangiati a causa delle diffuse fame e povertà nella città.
Sarà??
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