venerdì 19 febbraio 2016

Miao!




(foto da internet)

Il 17 febbraio si è celebrata in Italia la Festa Nazionale del Gatto. L'iniziativa è nata nel 1990 grazie alla proposta dei lettori della rivista Tuttogatto, diretta dalla giornalista Claudia Angeletti, per stabilire il giorno da dedicare a questi animali domestici. La proposta vincitrice fu quella di Oriella De Col, che scelse questa data per le seguenti ragioni: 
a) febbraio è il mese del segno zodiacale dell'Acquario, ossia degli spiriti liberi ed anticonformisti come quelli dei gatti che non amano sentirsi oppressi da troppe regole; 
b) tra i detti popolari, febbraio veniva definito il mese dei gatti e delle streghe collegando in tal modo gatti e magia;
c) il numero 17, nella nostra tradizione, è sempre stato ritenuto portatore di sventura, stessa fama che, in tempi passati, è stata riservata al gatto. La sinistra fama del 17 è determinata dall'anagramma del numero romano che da XVII si trasforma in VIXI, ovvero sono vissuto, di conseguenza sono morto. Non è così, però, per il gatto che, per leggenda, ha sette vite. Il 17 diventa, quindi, 1 vita per 7 volte. 



(foto da internet)
Il vocabolo gatto è presente nella nostra lingua in molti modi di dire (leggi>>). Ve ne proponiamo uno, fra i tanti,  che ci piace molto: gatta da pelare. Si usa nella locuzione: avere una bella gatta da pelare, e dicesi di incombenza fastidiosa, problema, guaio o situazione difficile.
In gastronomia ci sono, poi, le note lingue di gattobiscotti della tradizione europea che accompagnano spesso creme, macedonie e gelati. La loro forma stretta ed allungata ricorda la lingua di un gatto. In Italia si trovano comunemente nelle pasticcerie e nei forni (ecco la ricetta>>).
In musica c'è la mitica canzone per bambini 44 gatti (ascolta>>), un brano musicale del 1968, vincitore della 10ª edizione dello Zecchino d'Oro nell'interpretazione di Barbara Ferigo, e la celeberrima La gatta (ascolta>>) di Gino Paoli.


(foto da internet)
In letteratura, troviamo il gatto e la volpe, due personaggi immaginari del libro Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino di Carlo Collodi. Costoro campano di elemosina e inganni, infatti il protagonista Pinocchio è vittima dei loro raggiri. Il Gatto si finge cieco per aver studiato troppo, e la Volpe si finge zoppa per il medesimo motivo. Nel nostro immaginario collettivo sono divenuti gli imbroglioni e i falsi amici per antonomasia. E poi ancora c'è il testo poetico La gatta di Giovanni Pascoli. 
-->
Ad Arquà Petrarca, nei pressi di Padova, si trova la casa di Francesco Petrarca. A piano terra, in una nicchia, c'è la gatta imbalsamata del poeta toscano, il quale, a quanto pare, amava molto i gatti. Nella parte inferiore ci sono due epigrammi latini del canonico Antonio Quarenghi. In uno di essi si legge:



Arcebam sacro vivens a limine mures,

Ne domini exitio scripta diserta forent;

Incutio trepidis eadem defuncta pavorem,

Et viget exanimi in corpore prisca fides.


(Quand’ero in vita tenevo lontani i topi dalla sacra soglia, affinché non distruggessero gli scritti del mio padrone. E ora pur da morta li faccio tremare ancora di paura: nel mio petto esanime è sempre viva la fedeltà di un tempo).




 (foto da internet)

Nel mondo del cinema, La gabbianella e il gatto,  un film d'animazione italiano del 1998 diretto da Enzo D'Alò, (vedi>>) basato sul romanzo Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare dello scrittore cileno Luis Sepúlveda, nel quale un gruppo di gatti, Zorba, Colonnello, Segretario, Diderot e Pallino, avranno cura di una gabbianella e l'aiuteranno a crescere e a volare.




(foto da internet)
Chiudiamo con detto popolare veneto:  padovani gran dotori, venesiani gran signori, vicentini magnagati, veronesi tuti mati (padovani gran dottori, veneziani gran signori, vicentini mangiagatti, veronesi tutti matti).
L'epiteto magnagati (mangiagatti) affibbiato ai vicentini, è legato ad una leggenda che li lega a Venezia. Si narra infatti che un tempo i veneziani avessero ceduto in prestito dei felini per aiutare i vicentini ad affrontare il problema dei topi in città. I gatti però non tornarono mai a Venezia, perciò i veneziani chiamarono i vicentini magnagati, pensando che i gatti fossero stati mangiati a causa delle diffuse fame e povertà nella città. 
Sarà??




Nessun commento: