«Abbiamo fatto l’italia adesso dobbiamo fare gli italiani», disse Massimo D’azeglio nel 1861, subito dopo l’Unità d’Italia. Sicuramente, non avrebbe mai creduto che nel terzo millennio ancora ci si domandasse con certa ferquenza: «L’Italia è un paese unito che condivide dei valori?».
Questa volta la risposta viene da un libro dello storico inglese Cristopher Duggan La forza del destino. In 674 pagine lo storico dà una risposta, non positiva, visto che, a suo giudizio, ancora non sono sciolti i nodi che fanno “L’Italia” una nazione. E il paese continua ad apparire un’idea malcerta e contestata incapace di fornire il nucleo emotivo necessario per poter parlare di una nazione unita. E, insiste, non ancora emotivamente in grado di guardare al futuro con fiducia.
Questa volta la risposta viene da un libro dello storico inglese Cristopher Duggan La forza del destino. In 674 pagine lo storico dà una risposta, non positiva, visto che, a suo giudizio, ancora non sono sciolti i nodi che fanno “L’Italia” una nazione. E il paese continua ad apparire un’idea malcerta e contestata incapace di fornire il nucleo emotivo necessario per poter parlare di una nazione unita. E, insiste, non ancora emotivamente in grado di guardare al futuro con fiducia.
Il più grande sintoma della malattia è un passato ancora contestato in un dibattito fazioso, aggravato da una realtà policentrica.
Costruire il nucleo emotivo dell’Italia unita è ancora un problema serio, e ci ritornano in mente le parole di Tancredi quando ne Il gattopardo (Giuseppe Tomasi di Lampedusa) disse: «Cambiare tutto per non cambiare niente».
Curioso paese il nostro con un grande paradosso: uniti e disuniti, con intermittenza patriottica. Uniti nella festa e nel dolore, ma disuniti nella routine di tutti i giorni.
Curioso paese il nostro con un grande paradosso: uniti e disuniti, con intermittenza patriottica. Uniti nella festa e nel dolore, ma disuniti nella routine di tutti i giorni.
E che dire poi degli italiani famosi al mondo per la fantasia e la creatività, ma l’Italia, a parte la nazionale di calcio, così impopolare?
E forse il cinema, dal Neorealismo in poi, ha raccontato con grande verità l’italiano: un po’ don Camillo e un po’ don Peppone, disuniti per storia, per abitudini, ma, se necessario, capaci di grande umanità.
E voi, come ci vedete?
5 commenti:
IO vi vedo male.
L'Italia è un paese molto strano
Trini
Anche io vedo male l'Italia e una parte degli italiani.
Pepe
Gente generosa, ma il paese va molto male.
Penso che anche in Spagna stiamo uniti e disuniti.
Amparo Santaúrsula
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