lunedì 26 marzo 2018

La giornata del cugino (argentino)




(foto da internet)

Durante la fiera Borsa Mediterranea del Turismo (BMT) che si è tenuta di recente a Napoli, il ministro del Turismo argentino, Gustavo Santos, ha lanciato una campagna di promozione turistica che istituisce il 23 marzo come il “Día del primo argentino” (La giornata del cugino argentino): un invito agli italiani a far visita ai loro familiari residenti in Argentina (vedi>>).  La compagnia di bandiera, Aerolíneas Argentinas, offrirà dal 26 al 31 marzo, nuove tariffe a partire da 764 euro per i voli diretti fra Roma e Buenos Aires, e altre connessioni per 37 destinazioni nazionali e del Sudamerica.
Oggigiorno i nomi di FangioSivoriManuel BelgranoAstor PiazzollaJorge Mario Bergoglio,  dello scultore Marino di Teana, dei pittori Antonio Berni Lucio Fontana, dello scrittore Ernesto Sabato, fanno parte della nostra memoria collettiva. Noi non abbiamo -almeno che si sappia ufficialmente- cugini in Argentina, ma vorremmo celebrare, a modo nostro, questa giornata.
Diceva Octavio Paz che gli argentini sono italiani che parlano spagnolo e si credono inglesi. Può darsi; ma i dialetti italiani, parlati dagli immigrati, diedero al lunfardo, un argot parlato fondamentalmente a Buenos Aires, termini quali biaba: paliza; facha: rostro (da faccia); fiaca: desgana, pereza (da fiacca); laburo: trabajo (da lavoro); matina: mañana (da mattina), ecc.




(foto da internet)

L’Argentina fu per gli italiani la terra promessa: solo dal 1886 al 1889 vi sbarcarono circa 350mila migranti, la maggior parte dei quali proveniva dall’Italia settentrionale. 
Nel libro Sull’oceano, pubblicato nel 1889, lo scrittore Edmondo De Amicis, raffigurava assai bene i motivi per i quali si lasciava l'Italia: mi emigro per magnar (emigro per poter mangiare), dice, infatti, un migrante a bordo di una nave per l'Argentina. Tra il 1876 e il 1900 l'emigrazione italiana in Argentina interessò prevalentemente l'Italia settentrionale, con tre regioni che fornirono da sole più del 47% dell'intero contingente migratorio: il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia ed il Piemonte. Nei due decenni successivi il primato migratorio passò all'Italia meridionale, con quasi 3 milioni di persone emigrate soltanto da Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, e quasi 9 milioni da tutta l'Italia.






(foto da internet)



La cosiddetta grande emigrazione, che avvenne tra la fine del XIX secolo e gli anni '30 del XX secolo, fu dovuta all'estrema povertà della popolazione italiana e alla mancanza di terre da lavorare, specialmente nell'Italia meridionale. Un'altra decisiva causa che si aggiunse a quelle sopraccitate fu la sovrappopolazione, soprattutto nel sud, che portò a una forte crescita demografica che spinse le nuove generazioni, tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX secolo, ad emigrare all'estero, soprattutto nelle Americhe.  
Per quel che riguarda l'Argentina, secondo le statistiche, gli italiani nati in Italia, sono poco più di un milione, ma calcolando anche i discendenti fino alla terza generazione, cioè coloro i quali hanno diritto alla cittadinanza italiana (mediante il cosiddetto ius sanguinis), si raggiungono i 5-6 milioni.






(foto da internet)


L’immigrazione rappresentò in Argentina un fenomeno prettamente urbano. Il primo censimento nazionale del 1869 registrava che il 59% di tutti gli italiani residenti viveva nella città di Buenos Aires e il 3% del totale viveva nella città di Rosario

L’immigrazione di massa in Argentina venne creata da spazi legislativi ben chiari: la Costituzione argentina del 1853 sancì la libertà d’immigrazione e la legge di Immigrazione e Colonizzazione del 1876 concedeva molte facilitazioni agli immigranti (alloggio gratuito per cinque giorni, biglietto gratuito in treno per l’interno, ufficio di collocamento, promesse di concedere terra pubblica con effetti, nella pratica, limitati).





(foto da internet)

Parimenti, la difficoltà a integrarsi dei migranti fu notevole: la difesa fuorviante della propria identità, l’idea di considerarsi ospiti a tempo determinato, le reti sociali ristrette e familiari generarono un'integrazione limitata. In questo contesto, il governo promulgò, nel 1902, una legge anticostituzionale che permetteva di espellere qualsiasi straniero ritenuto pericoloso senza un intervento giudiziario, soltanto attraverso una decisione unilaterale del ministero dell’interno. Molti italiani furono colpiti dal provvedimento, alcuni collegati ai movimenti sindacalisti e anarchici.



(foto da internet)


In Parlamento si discusse addirittura un accordo speciale con l’Italia per attirare nuovi immigrati: stabiliva le seguenti preferenze: piemontesi prima, italiani del nord dopo, meridionali, alla fine... Questa tendenza attecchì nella classe dirigente argentina: nel 1947, il governo di Perón spedì una delegazione in Italia per attirare immigrati, consigliando che il reclutamento dovesse tenersi solo a Nord di Roma... 
Ciononostante, l'eterogenea società argentina riuscì a trovare un modello di Paese in cui potettero coesistere insieme, senza perdere la loro identità, in un pluralismo sociale tollerante, varie culture ben definite.



(foto da internet)

Un fattore d'integrazione furono anche le grandi istituzioni sportive create da italiani: ad esempio, i due maggiori club di calcio, il Boca Juniors e il River Plate, trovarono un pubblico di tutte le nazionalità.
Nel mondo della politica, l’apporto italiano alla nascita dei primi sindacati e alla diffusione di anarchismo, socialismo e comunismo fu decisivo. Gli italiani contribuirono, in modo determinante, allo sviluppo di sé e dei paesi nei quali si recarono; furono una classe subalterna che subì repressioni e ostracismi, miserie e aggressioni, anche se, di quella migrazione, sembra sussistere scarsa memoria. 





(foto da internet)




Per celebrare la giornata abbiamo scelto due canzoni: Italiani d'Argentina (ascolta>>), di Ivano Fossati, e Argentina (ascolta>>) di Francesco Guccini.
p.s.  dedichiamo questo post a chi ci legge da lontano, alla memoria di una giovane coppia (anch'essi italiani di Argentina), che abbiamo assunto a simbolo dell'orrore della dittatura: Laura Noemi Creatore e Norberto Sant'Angelo, desaparecidos a soli 23 anni, nel 1976, e alla profonda dignità e umanità di Adriana Creatore e dei suoi familiari. 

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