mercoledì 25 marzo 2015

Il successo di Eatitaly

(foto da internet)

Non è mica una novità: l'arte del mangiar bene è una tradizione italiana che sembra non tramontare mai. Ne è la prova la filosofia Eatitaly, il cui nome nasce dalla fusione di due parole: EAT, cioè "mangiare" in inglese, e ITALY, Italia. Eataly infatti è Mangiare Italiano, ma non soltanto cibo italiano. Quel modo tipicamente nostrano di stare a tavola è il prodotto della produzione agroalimentare dell'ottima cucina mediterranea, della cultura e della storia enogastronomica del Belpaese, della "riproducibilità" dei molti piatti di origini povere, delle contaminazioni positive che la cucina italiana ha ricevuto da altri Paesi (basti pensare all'origine americana del pomodoro o del mais).
Il più grande obiettivo di Eataly è dimostrare come i prodotti di alta qualità possano essere a disposizione di tutti: facilmente reperibili e a prezzi sostenibili.
(foto da internet)

Il marchio Eataly nasce riunendo un gruppo di piccole aziende che lavorano nei diversi settori dell'enogastronomia: dalla famosa pasta di grano duro di Gragnano alla pasta all'uovo piemontese, dall'acqua delle Alpi Marittime al vino piemontese e veneto, dall'olio della riviera ligure di Ponente alla carne bovina di razza Fassone piemontese ai salumi e formaggi della tradizione italiana. Era il 2004 quando Oscar Farinetti, 55 anni piemontese di Alba, già proprietario di Unieuro, iniziò a studiare il modo di promuovere il made in Italy del gusto. Il cibo faceva già parte della sua vita (il padre faceva la pasta a mano e il nonno era mugnaio), ma solo tre anni più tardi, nel 2007, aprì il primo tempio del gusto, a Torino. Da allora, Eataly è stato un notevole successo: 19 centri sparsi in tutto il mondo, da New York a Tokyo, 9 in Italia,  ancora in espansione. 


(foto da internet)

A Roma, all’Air Terminal della stazione Ostiense, ha aperto il più grande tempio dell’eccellenza dell’agroalimentare e della ristorazione italiana. Quello di Roma, dedicato “alla bellezza che salverà l’Italia”,è il più grande di tutti: quattro piani, 17 mila metri quadrati di superficie, 23 luoghi di ristoro, 8 aree di produzione a vista. E poi sale riunioni, un centro congressi e 40 aule dedicate alla didattica per sapere tutto sulla cultura, la storia e le caratteristiche dei prodotti in esposizione. Per chi vorrà, poi, ci sarà l’opportunità di partecipare ai corsi di educazione e godimento alimentare, rivolti a bambini e pensionati, per “imparare a cucinare bene una buga da 3 euro al chilo contro i 30 euro al chilo del branzino. Preparare “piatti ricchi con ingredienti poveri” è il titolo scelto per le lezioni. Fondamentale, nella filosofia di Farinetti, è capire cosa si mangia. “E come nell’amore, dove se conosci il o la partner godi di più, così avviene nel cibo. Se conosci ciò che mangi e bevi, godi il doppio”.

(foto da internet)

Eataly di Roma è “una Disneyworld della bellezza italiana”, come l’ha definita il suo fondatore, e appena si entra nell’immenso spazio circondato da enormi vetrate con vista sulla piramide Cestia, l’effetto è quello di trovarsi in un luogo dove trionfa il meglio dell’Italia e dell’italianità: dall’arte alla musica, fino all’ironia, con l’esposizione di 100 vignette satiriche originali (dal 1861 al 2012) sulla politica italiana intrecciata al cibo. Non c’è da stupirsi se girando tra gli spazi espositivi, il pastificio e il grande forno a legna, il birrificio e l’officina di tostatura del caffè interamente a vista, la cioccolateria e la gelateria, capiterà di ascoltare in sottofondo un’ouverture di Rossini o un successo di Lucio Dalla. Agli amanti dell’arte, poi, sarà gradito pranzare al Ristorante Italia in compagnia di quattro opere autentiche di Amedeo Modigliani, tra sculture e matite su carta.

(foto da internet)

Nell’Air Terminal Ostiense, struttura realizzata per i Mondiali di calcio del 1990 su progetto di Julio Lafuente e successivamente abbandonata al degrado e alla desolazione prima dell’arrivo di Farinetti che le ha ridato vita, il cibo di grande qualità (e di stagione) viene esposto, messo in vendita e, per che no, anche cucinato. Si tratta di un’esperienza unica in cui l’integrazione totale tra mercato, ristorazione e didattica trova perfetto compimento.

Tutto è curato nel minimo dettaglio (dalle lampade azzurre del ristorantino del pesce all’atmosfera vagamente Belle Époque della caffetteria): nulla è lasciato al caso e all’improvvisazione: il cliente (“che non ha sempre ragione”, come spiega il primo punto della politica perseguita da Eataly) deve sentirsi bene, trovare l’armonia e imparare di più su ciò che mangia. Da sempre Eataly offre particolare spazio ai prodotti della regione che la ospita, ma non è nella filosofia di Farinetti la lode del chilometro zero, anche perché “senza la circolazione delle merci il mondo si ferma”.

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