mercoledì 9 maggio 2012

Il mundial del 1942




Era una campagna virale, è diventato un film. Tutto è iniziato con un video, pubblicato un paio di settimane fa su Repubblica.it: un sedicente insegnante giapponese lanciava attraverso il suo blog un appello per far riconoscere dalla Fifa i mondiali di Patagonia del 1942, mai registrati dalla storia (VIDEO ). Il povero Katsuro aveva pochi giorni prima visto sfumare un milione di euro a un quiz televisivo, proprio sull’ultima domanda relativa a quei campionati.

Una storia surreale che con oltre 100mila clic ha subito diviso la rete tra scettici e quanti rimanevano convinti che, nel fondo della leggenda, doveva pur esserci un po’ di verità. E infatti, nei giorni seguenti, sono spuntati anche presunti filmati inediti di quel Mundial e testimonianze di miti del calcio come Altafini e Buffon a sostenere che sì: quel Mondiale fu giocato per davvero. Tanto che un'associazione importante come Survival ha anche lanciato la sua proposta-provocazione alla Fifa: "Organizzate in Patagonia il Mondiale del 2026, per portare l'attenzione del mondo i diritti dimenticati degli Indios."

Una campagna virale che ci porta dritti al film dei due registi toscani, opera di pura finzione travestita da documentario, dove non bastano una storia strampalata e dei personaggi improbabili per smettere di credere che sia tutto vero. Un arbitro che spara colpi in aria invece di fischiare, un portiere indio che ipnotizza i rigoristi, una squadra nazista in missione segreta, emigranti e anarchici che organizzano i mondiali di calcio del 1942 in Patagonia, lontano dalla guerra che affligge l’Europa. Sono i protagonisti di una storia grottesca e visionaria, come sanno riconoscere i lettori di Osvaldo Soriano, lo scrittore argentino che meglio ha saputo far incontrare l’epica del calcio con la letteratura (“Il figlio di Butch Cassidy”, Einaudi 1995).

"Il Mundial dimenticato", nelle sale dal 1° giugno, riprende questa storia e la trasforma in un’avvincente inchiesta giornalistica, con la complicità di Sergio Levinsky, cronista argentino della rivista sportiva El Gráfico, e di alcune vere icone del calcio mondiale, come Roberto Baggio, Gary Lineker, Jorge Valdano, João Havelange.

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