venerdì 8 novembre 2019

A-5491 e 75190






(foto da internet)

È mancato a Roma, all'età di 91 anni, Alberto Sed un sopravvissuto al campo di sterminio nazista di Auschwitz-BirkenauIl 16 ottobre del 1943, appena quattordicenne, vide le camionette dei nazisti arrivare all'alba nel Ghetto di Roma; venne catturato, con sua madre e le  due sorelle, e fu portato per un breve periodo a Fossoli, per poi essere condotto a Birkenau: lì gli venne tatuato il numero A-5491.

Superstite della barbarie nazista, raccontò, sempre con il sorriso sulle labbra, l'inferno vissuto per far sì che l'orrore  non venisse mai dimenticato e per renderci persone migliori. 
Perse nel campo di concentramento la madre e due sorelle (una fu sbranata dai cani delle SS). Per cinquant'anni Alberto Sed tacque sull'orrore vissuto, persino con la moglie e con i figli, poi, all'improvviso, si sbloccò ed iniziò a raccontare la sua storia, prima in un libro scritto da Roberto Riccardi, intitolato Sono stato un numero, e successivamente in centinaia di incontri con scuole, giovani, detenuti e gente comune.


(foto da internet)

Sed raccontava che non era mai riuscito a prendere in braccio un neonato, nemmeno i suoi figli, perché ad Auschwitz i nazisti obbligavano i prigionieri a tirare in aria i bambini di pochi mesi e si divertivano a ucciderli, come nel tiro a piattello. Alberto Sed non riuscì mai a entrare in una piscina, perché aveva visto un prete ortodosso massacrato e annegato dai carnefici. I suoi racconti rimarranno per sempre nelle coscienze di chi ha voluto ascoltarlo.
In questi giorni in cui è scomparso Alberto Sed, un fatto, a dir poco sconcertante, ha avuto come protagonista la senatrice a vita Liliana Segre, anch'ella sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti.





(foto da internet)

Nata a Milano in una famiglia ebraica di forti tradizioni laiche, visse il dramma delle leggi razziali fasciste del 1938, in seguito alle quali venne espulsa dalla scuola che frequentava. Dopo l'intensificazione della persecuzione degli ebrei italiani, suo padre la nascose presso degli amici, utilizzando documenti falsi. Il 10 dicembre 1943 provò, assieme al padre e a due cugini, a fuggire a Lugano, in Svizzera: i quattro furono respinti dalle autorità del paese elvetico. Il giorno dopo, Liliana Segre venne arrestata a Selvetta di Viggiù, in provincia di Varese, all'età di tredici anni. Dopo sei giorni in carcere a Varese, fu trasferita a Como e poi a Milano, dove fu detenuta per quaranta giorni.
Il 30 gennaio 1944 venne deportata al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Fu separata dal padre, che non rivide mai più e che sarebbe morto il 27 aprile del 1944.




(foto da internet)

Nel maggio del 1944 anche i suoi nonni paterni furono arrestati a Inverigo (Como) e dopo qualche settimana vennero deportati ad Auschwitz e uccisi al loro arrivo, il 30 giugno 1944.
Liliana Segre ricevette il numero di matricola 75190, che le venne tatuato sull'avambraccio. Fu messa per circa un anno ai lavori forzati presso la fabbrica di munizioni Union, che apparteneva alla Siemens. Durante la sua prigionia subì altre tre selezioni. Alla fine di gennaio del 1945, dopo l'evacuazione del campo, affrontò la marcia della morte verso la Germania.
Venne liberata dall'Armata Rossa il primo maggio 1945 dal campo di Malchow, un sottocampo del campo di concentramento di Ravensbrück. Dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che furono deportati ad Auschwitz, Liliana Segre fu tra i 25 sopravvissuti.
Impegnata sul fronte della cultura e della formazione, ha fatto della lotta contro ogni forma di odio e razzismo la sua bandiera.
Il 31 ottobre scorso le agenzie d’informazione titolarono così una notizia recente: Senato approva mozione Segre con 151 sì e 98 astenuti.




(foto da internet)

Si trattava dell’istituzione di una Commissione contro l’odio, il razzismo e l’antisemitismo che porta il nome della senatrice a vita. Il Centro-Destra si astiene in blocco e non tributa l’applauso alla senatrice presente in aula. Restano, vergognosamente seduti immobili ai loro banchi. È solo Mara Carfagna a condannare la scelta di astenersi del suo gruppo.
Lega e Fratelli d’Italia giustificano la loro scelta in modi ridicoli. Giorgia Meloni pare abbia chiamato la senatrice Segre dicendole che l’astensione era in difesa della famiglia. La Segre risponde per le rime in un’intervista per La Repubblica:
"Mi ha telefonato l’altra sera [Giorgia Meloni]: Sa, ci siamo astenuti perché noi difendiamo la famiglia. Le ho risposto [Liliana Segre]: Cara signora, io difendo così tanto la mia famiglia che sono stata sposata per sessant’anni con lo stesso uomo. Qualcuno mi dovrà spiegare cosa c’entri tutto questo con la Commissione contro l’odio."
E raddoppia la dose: in risposta all’astensione su motivazioni inconsistenti e pretestuose dell’intero Centro-Destra italiano al Senato, pubblica una pagina del suo diario, per raccontare una delle tante vicende vissute ad Auschwitz: il suo incontro con un’altra anima sfortunata:
"E fu fantastico poterci scambiare dolci brevissime frasi: Patria mea pulchra est (La mia patria è bella), Familia mea dulcis est (La mia famiglia è dolce), Cor meum et anima mea tristes sunt (Il mio cuore e la mia anima sono tristi). Fu molto importante quel momento e anche se non ho mai saputo il nome di quella ragazza con lei ho vissuto un’altissima affinità spirituale e la massima condivisione in una condizione umana bestiale. Grazie amica ignota, spero che tu sia tornata a raccontare di quel giorno di marzo 1944 nella 'Sauna' di Birkenau".


(foto da internet)


Giorgia Meloni interviene con un’altra dichiarazione, politicamente significativa: “la rispetto (la Segre) ma la sua commissione è censura (...) Invito a votare un documento condiviso di lotta all’antisemitismo che lasci perdere le parole d’odio".
Ma dietro al termine ombrello libertà d’espressione si è davvero liberi d’insultare, di massacrare l’altro con ingiurie e vessazioni? Si può aggredire verbalmente persone di colore, omosessuali, ebrei o musulmani? No, non si può, perché non si esercita più un diritto, ma si commette un atto d’odio, un crimine di stampo razzista, sessuale, omofobo e/o religioso.
Alberto Belli Paci, figlio primogenito di Liliana Segre, dopo l’approvazione della proposta della senatrice a vita di istituire una Commissione contro odio, razzismo e antisemitismo, ha scritto una lettera al direttore del Corriere della Sera.
Il testo è il seguente:
"Caro direttore, sono allibito da quello che leggo in questi giorni, dalle dichiarazioni dei politici, da questo travisare intenzionalmente concetti come censura, libertà di opinione, difesa della famiglia, antisemitismo, in bocca a chi vorrebbe chiuderci dentro in una Italia sempre più isolata, lontana dai valori liberali nei quali siamo cresciuti e nei quali mi riconosco profondamente. Dove gli uni scrutano con sospetto gli altri, dove ognuno si tiene stretto il proprio tornaconto, la bandiera di partito, la propaganda, le dichiarazioni roboanti. 
A voi che non vi alzate in piedi davanti a una donna di 89 anni, che non è venuta lì per ottenere privilegi o per farsi vedere più brava ma è venuta da sola (lei sì) per proporre un concetto libero dalla politica, un concetto morale, un invito che chiunque avrebbe dovuto accogliere in un mondo normale, senza sospettosamente invece cercare contenuti sovversivi che potevano avvantaggiare gli avversari politici. A voi dico: io credo che non vi meritiate Liliana Segre
Guardatevi dentro alla vostra coscienza. Ma voi credete davvero che mia madre sia una che si fa strumentalizzare? Con quel numero sul braccio, 75190, impresso nella carne di una bambina? Credete davvero che lei si lasci usare da qualcuno per vantaggi politici di una parte politica in particolare? Siete fuori strada. Tutti. Talmente abituati a spaccare il capello in quattro da non essere nemmeno più capaci di guardarvi dentro. 
Lei si aspettava accoglienza solidarietà, umanità, etica, un concetto ecumenico senza steccati, invece ha trovato indifferenza al suo desiderio di giustizia".
Sul blog satirico Spinoza.it -un blog serissimo- per dirla con gli autori, appare un semplice, esemplare, commento:
"In un mondo ideale Giorgia Meloni telefonerebbe a Liliana Segre per proporle di passare a Vodafone".
Amen.

p.s. Liliana Segre, a 89 anni, è finita sotto scorta a causa dei continui attacchi degli odiatori del web. Ma “finché mi reggono le forze”, ripete nella sua pacata lucidità la Segre,  porterà la sua parola per ricordare: perché la memoria è la nostra ricchezza e la nostra difesa.







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