lunedì 23 aprile 2018

Gualtiero Bertelli


(foto da internet)

Probabilmente il nome di Gualtiero Bertelli sarà sconosciuto ai non addetti ai lavori.  Bertelli, infatti, è uno dei pilastri di quella che viene classificata, di solito, come canzone politica italiana. Il cantautore, che si definisce come un mascalzone giudecchino, nacque nell'isola della Giudecca, a Venezia, nel 1944. Frequentò l'istituto magistrale e, dopo il diploma, si dedicò all'insegnamento. In quel periodo, compì studi musicali e suonò in alcune formazioni di musica leggera. Cominciò a scrivere canzoni giovanissimo e fondò il Canzoniere Popolare Veneto
Nel 1967, pubblicò una delle sue canzoni più note, Vedrai come è bello, la storia di un ragazzo che si diploma ma non riesce a trovare lavoro, che venne ripresa anche da Bruno Lauzi (ascolta>>) e dal gruppo Marmaja (ascolta>>). 





(foto da internet)

Allo stesso anno risale Nina ti te ricordi, probabilmente il suo brano più noto, che, nel 2002, fu inserito da Francesco De Gregori e Giovanna Marini nel loro album Il fischio del vapore
Nel 2005, con il gruppo Compagnia delle acque lanciò Annicinquanta. I canti di un'Italia che torna a vivere, in cui riprese alcuni brani celebri di Domenico Modugno (Amara terra mia), Fausto Amodei (Qualcosa da aspettare), Mario Pogliotti (Un paese vuol dire non essere soli) e Ivan Della Mea (Io so che un giorno).
Bertelli è stato definito come il cantore della Venezia dimenticata, l'autore che narrò come la città della laguna, ormai diventata cartolina nel mondo intero, scenario di film e canzoni melense, era anche un luogo in cui persino l’amore era un lusso troppo caro. Bertelli cantò la città dell'acqua alta, dei morti sul lavoro, la Venezia segnata dall’orrore di Porto Marghera, oltraggiata dai mercanti e abbandonata dai suoi stessi abitanti, dispersi in un’immensa periferia.





(foto da internet)

Bertelli, con Nina ti te ricordi, cambiò il volto alla canzone politica italiana e portò in primo piano, in maniera delicata e struggente, il personale nel politico. Nina ti te ricordi rivelava come l’amore fosse necessario come il pane e il lavoro.
Nelle sue canzoni usò spesso la sua lingua: espressione bellissima, e, al tempo stesso, aspra, dolce e luminosa di un popolo che ha perduto ogni passata gloria, oltraggiato dalle orde dei turisti ma che mantiene, proprio attraverso la lingua, una traccia indelebile della sua storia e la consapevolezza di un elemento comune, argine contro l'omologazione e la falsa modernità.
Per finire, vi proponiamo due versioni (e il testo completo) di Nina te ti te ricordi: quella interpretata da Gualtierro Bertelli (ascolta>>), e la bella cover di Francesco De Gregori e Giovanna Marini (ascolta>>).

Testo:

Nina ti te ricordi
quanto che g'avemo messo
a andar su 'sto toco de leto
insieme a far a l'amor.

Sie ani a far i morosi
a strenzerla franco su franco
e mi  che ghero stanco
ma no te volevo tocar

To mare che brontolava
"Quando che se sposemo?"
e 'l prete che raccomandava
che non se doveva pecar

E dopo se semo sposai
che quasi no ghe credeva
te giuro che a me mi pareva
parfin che fusse un pecà

Adesso ti speti un fio
e ancuö la vita x'è dura
a volte me ciapa la pura
de aver dopo tanto sbaglià

Amarse no x'è un pecato
ma ancuö el x'è un lusso de pochi
e intanto ti Nina ti speti
e mi son disocupà.







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